martedì 1 luglio 2008

Europa, Sarkozy attacca la Bce

Una presidenza sotto il segno della modestia, poco appariscente, senza grandi ambizioni, ma con la volontà di riavvicinare l'Europa ai suoi cittadini: Nicolas Sarkozy gioca la carta della discrezione, non promette niente, ma spera di portare a casa qualche risultato che gli possa consentire di far risalire la sua popolarità. Parla di caro-petrolio, critica di nuovo, sia pur con moderazione, la Banca centrale europea, invoca misure comunitarie per calmare l'impazienza, se non l'ira, dei consumatori. Ma globalmente, durante una lunga intervista televisiva, il capo dello Stato sembra aver accettato il consiglio del suo ministro degli Esteri, Bernard Kouchner, che ieri mattina ha parlato dell'Europa come di "un esercizio contro l'arroganza".

Pochi avvertimenti, ma almeno uno di rilievo: se non si approva il Trattato di Lisbona, se non si supera lo scoglio rappresentato dal no irlandese, la Francia si opporrà all'adesione di nuovi paesi, in primis la Croazia. Una dichiarazione che è arrivata poco la decisione del presidente tedesco, Horst Koehler, di non firmare la ratifica del Trattato fino a quando la Corte di Karlsruhe non si sarà pronunciata sulla costituzionalità del patto.

Parlando ai giornalisti europei riuniti per presentare gli obiettivi della presidenza francese, che comincia oggi, Kouchner è stato esplicito: "Più parlo dell'Europa, più la gente non capisce. Perché non capisce che quando il prezzo del petrolio va alle stelle noi si parli di istituzioni". Il presidente della Repubblica non è meno preoccupato: "Bisogna cambiare profondamente il nostro modo di costruire l'Europa. I nostri connazionali si chiedono se lo Stato nazionale non potrebbe proteggerli meglio. E' un passo indietro: dobbiamo riflettere per fare di questa Europa uno strumento per proteggere gli europei nella loro vita quotidiana".

Concentrarsi su questo aspetto significa abbandonare i grandi obiettivi. L'unione per il Mediterraneo, già fortemente ridimensionata per l'opposizione tedesca, non è stata nemmeno citata da Sarkozy, che un anno fa l'aveva sbandierata ai quattro venti. La presidenza sarà dunque modesta, affrontando però temi tutt'altro che irrilevanti: Parigi tenterà di trovare un compromesso per lanciare una politica comune in materia di immigrazione, si batterà per convincere i partner a plafonare l'Iva applicata ai prezzi petroliferi, caldeggerà un'Iva ridotta al 5,5 per cento sulle nuove costruzioni "ecologiche".

Una presidenza modesta, insomma, che tenterà di ottenere risultati concreti, sui quali dovrà fare i conti con gli altri ventisei paesi, ben poco propensi a fare sconti: Sarkozy dovrà lasciare nel guardaroba i panni del decisionista per vestire quelli del mediatore che sa giocare sulle virgole, ammansire le suscettibilità nazionali, accettare i tempi lunghi che l'Ue richiede per poter distillare i suoi compromessi. Il presidente della Repubblica non ha però rinunciato a criticare, senza troppa enfasi, la Banca centrale europea: "Dovrebbe porsi la questione della crescita economica in Europa e non semplicemente quella dell'inflazione". Una posizione condivisa da alcuni leader europei, ma non dalla cancelliera tedesca, Angela Merkel.

Quanto all'impasse provocata dal no irlandese, Sarkozy ha invitato gli altri paesi, prima di tutto l'incerta Repubblica cèca, a votare il Trattato. Per il resto, "non abbiamo molto tempo. Non dobbiamo mettere fretta, ma il limite è giugno 2009, perché abbiamo le elezioni europee". Nessuna ingiunzione agli irlandesi perché organizzino un nuovo voto ("non voglio dar l'impressione di forzare la mano"), ma un avvertimento: senza la riforma delle istituzioni, la Croazia e gli altri aspiranti membri rimarranno fuori della porta.

fonte: repubblica.it

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