domenica 30 novembre 2008

Messina città negata

Tra un mese, il 28 dicembre, oltre tremila famiglie “celebrano” nelle baracche il centenario del sisma. Viaggio nelle speranze deluse delle favelas di casa nostra

UN CENTESIMO ANNIVERSARIO evoca celebrazioni, discorsi in pompa magna, targhe e ricostruzioni storiche. Di tutto questo il centenario del terremoto che ha distrutto Messina e Reggio Calabria il 28 dicembre 1908, togliendo la vita a 80mila persone, non ha bisogno. Sono le baracche il vero, vergognoso monumento al sisma di 10 gradi della scala Mercalli che quella mattina di un secolo fa, in 37 lunghissimi secondi, ha raso al suolo gran parte della città siciliana. Una ferita ancora sanguinante nella storia e nella dignità di un popolo.

SLUM ITALIA
Siamo andati a vedere con i nostri occhi: un flashback sensoriale ci riporta tra i terremotati dell’Irpinia agli inizi degli anni Ottanta. Nulla da invidiare alle favelas brasiliane o agli slum di Nairobi. Tra vicoli stretti, spazi umidi e angusti e fogne che esondano, la sensazione più forte girando nei quartieri di fondo De Pasquale, fondo Basile, Giostra, Annunziata, Camaro, fondo Fucile e fondo Saccà è l’odore di detersivo che fa da contrappunto alle precarie condizioni igieniche. «Stiamo sempre a lavare e a pulire – racconta una signora che vive con marito, figli e nipoti in trenta metri quadri – Qui è pieno di topi e insetti di ogni tipo. E se d’inverno sotto queste lastre di eternit si crepa dal freddo, l’estate è una continua lotta contro ospiti indesiderati e odori nauseabondi». Quello di Assunta Irrera è uno dei 3.100 nuclei familiari che occupano le 3.336 baracche esistenti: cartongesso, amianto che cade a pezzi, lamiere e talvolta legno vecchio cent’anni, proprio lo stesso delle prime baracche approntate dopo il sisma all’Annunziata. In un secolo al legno si sono aggiunte quelle in muratura del ventennio fascista e le “casette ultrapopolari ad uso provvisorio” del dopoguerra.
OCCASIONE SPRECATA
Il centenario celebrato con tanto di francobollo e convegno internazionale all’università qui è lontano anni luce dalla solennità. «È stato emesso un francobollo commemorativo – dice Giovanni d’Arrigo, che per Legambiente dei Peloritani segue con passione la questione del “risanamento” – ma poi ci si dimentica delle migliaia di persone messe ai margini della civiltà. Speravamo che il centenario fosse un’occasione per riportare al centro del dibattito regionale e nazionale la questione, ma per ora non si vedono novità di rilievo». Si era anche fatto cenno a una possibile visita del presidente della Repubblica, ma non se n’è fatto più nulla. «Napolitano qui non aveva nulla da inaugurare» commenta laconico D’Arrigo. Possibile che nessuno si sia fatto carico, in tutti questi anni, di affrontare la questione? «Politici ne arrivano a bizzeffe quando si tratta di avere il nostro voto – riprende Assunta mentre ci mostra gli spazi angusti della sua abitazione – Poi dopo le elezioni spariscono. È venuta la televisione. Striscia la notizia e perfino la Rai ne hanno parlato, però nessuno si è fatto carico di trovarci una sistemazione più degna».
GUERRA FRA POVERI
Ma che fine ha fatto la legge sul risanamento, quella che nel 1990 stanziava 500 miliardi di lire per lo sbaraccamento e la riqualificazione? «Di quei soldi sono stati usati soltanto 150 milioni. Dei 350 restanti si sono perse le tracce – denuncia Enzo Colavecchio, presidente di Legambiente dei Peloritani – I piani particolareggiati sono stati approvati solo nel 2002 (e nel 2004 la Regione ha stanziato altri 70 milioni di euro) ma di nuove costruzioni non si vede neanche l’ombra». Poi capita che chi riesce ad avere la casa popolare piazzi il figlio nella baracca, o addirittura la venda, nonostante il censimento del 2003 tolga il diritto all’assegnazione di alloggi a chi è arrivato dopo. E tra gli assegnatari molti hanno ricevuto gli alloggi senza certificato di abitabilità o senza i servizi essenziali, semplicemente in custodia, per evitare che se ne appropri qualcun altro. Le guerre fra poveri qui sono all’ordine del giorno. «Sono messinese, ma la mia città mi ha abbandonato nel fango da cinquant’anni – spiega Antonio Mancuso, 77 anni – non ho mai avuto i soldi per potermi permettere una casa, ma ho sempre cercato di vivere con dignità, anche se abitavo in una baracca. Quest’ambiente degradato, però, ha portato anche me a fare degli errori e a cedere a violenza e disperazione».
IL PONTE DEI PERICOLI
Siamo a ridosso dei luoghi che potrebbero ospitare il ponte sullo Stretto, in una zona dove un recente studio dell’Ispra (l’ex Apat) conferma che il rischio sismico, oltre a quello di frane e maremoti, è particolarmente elevato a causa dell’intenso sviluppo urbano. «Eppure – conclude Colavecchio – si decide di spendere sei miliardi di euro per un’opera che rischia di crollare già durante i lavori di costruzione, mentre una classe dirigente tutta di centrodestra dal Comune alla Regione non trova qualche decina di milioni per ridare dignità a una città e all’intero paese che, passivo o inconsapevole, ospita un pezzo di mondo sottosviluppato».
info www.messinacittanegata.it

fonte: lanuovaecologia.it

Solare e doppi vetri più cari stop agli incentivi per l'efficienza

Il concetto di efficienza energetica si conferma decisamente ostico per il governo. Dopo la battaglia per impedire l'obiettivo del miglioramento del 20% entro il 2020 imposto dalla apposita direttiva dell'Unione Europea e dopo aver cancellato l'obbligo di certificazione energetica nella compravendita degli immobili, Palazzo Chigi ha dato un'altra picconata alle misure per ridurre la bolletta energetica nazionale. Questa volta la misura è contenuta nel recente piano anticrisi approvato dall'esecutivo e va a colpire la possibilità di ottenere vantaggi fiscali in caso di interventi di riqualificazione energetica.

La normativa introdotta un paio di anni fa dall'allora ministro dello Sviluppo economico Pierluigi Bersani prevede infatti l'opportunità di detrarre dalla dichiarazione dei redditi il 55% delle spese sostenute, ad esempio, per installare un pannello solare o sostituire un impianto di climatizzazione o cambiare gli infissi alle finestre. Ma ora, con l'entrata in vigore del decreto anticrisi, accedere a questo incentivo sarà molto più difficile.

L'iter per avere accesso alle detrazioni Irpef e Ires diventa decisamente più complesso. Il decreto prevede che per le spese sostenute dopo il 31 dicembre 2007, i contribuenti debbano inviare all'Agenzia delle entrate, esclusivamente in via telematica, "un'apposita istanza per consentire il monitoraggio della spesa e la verifica del rispetto dei limiti di spesa complessivi".

Il provvedimento stabilisce ancora che l'Agenzia delle entrate esamini le domande secondo l'ordine cronologico di invio e comunica entro 30 giorni l'esito della verifica agli interessati. Decorsi i 30 giorni senza esplicita comunicazione di accoglimento "l'assenso si intende non fornito" e il cittadino non potrà usufruire della detrazione.

Per quanto riguarda invece le spese sostenute nel 2008, in caso di mancato invio della domanda o di diniego da parte dell'Agenzia, l'interessato potrà comunque usufruire di una detrazione dall'imposta lorda pari al 36% delle spese sostenute fino ad un massimo di 48.000 euro da ripartire in 10 rate annuali.

Un cambio di registro rispetto ai buoni risultati ottenuti sino ad oggi duramente criticato dall'opposizione e dalle associazioni ambientaliste. "Lo sconto fiscale del 55% sulle ristrutturazioni edilizie a fini ambientali - denuncia il ministro ombra dell'Economia Pierluigi Bersani - era una tipica norma di sostegno all'economia e all'ambiente secondo priorità universalmente riconosciute dal Protocollo di Kyoto in poi. Anche questo viene vanificato, addirittura con effetti retroattivi. Per stare al concreto, chi ha realizzato l'intervento sulla sua casa nel 2008 potrà rimetterci fino a 15mila euro".

"Lo sgravio fiscale del 55% introdotto dal governo Prodi - ricorda ancora il ministro ombra dell'Ambiente Ermete Realacci - è stato utilizzato da 230 mila famiglie e ha messo in moto un volano di affari superiore ai 3 miliardi di euro permettendo di ripagare lo sgravio fiscale previsto, attraverso l'emersione del sommerso e l'attivazione di una nuova economia".

Dura anche la presa di posizione di Legambiente. "Non si comprende - dice il responsabile energia Edoardo Zanchini - la ragione per la quale si è deciso di cambiare un provvedimento che ha avuto un grande successo e che permetteva alle famiglie di risparmiare sulle bollette elettriche e termiche grazie alla possibilità di installare impianti solari termici, caldaie a condensazione, interventi di efficienza energetica. A meno di voler proprio limitare il ricorso a questo tipo di incentivi"

fonte: repubblica.it

venerdì 28 novembre 2008

L'inflazione precipita al 2,7% su ottobre -0,4%, record dal '59

Forte rallentamento dell'inflazione a novembre, scesa al 2,7% dal 3,5% di ottobre. Lo rende noto l'Istat: si tratta ancora della stima provvisoria. Rispetto al precedente mese di ottobre i prezzi hanno registrato un calo dello 0,4%: si tratta del calo maggiore dal luglio 1959, -0,4% anche in quell'occasione.

Record anche a livello europeo. Inflazione in picchiata in Eurolandia, dove nel mese di novembre - secondo la stima flash di Eurostat - è scesa al 2,1%, contro il 3,2% di ottobre, tornando al livello del settembre 2007. Si va materializzando, dunque, il rischio deflazione dovuto al drastico calo dei consumi. Sempre più probabile, pertanto, un ulteriore taglio dei tassi da parte della Bce il 4 dicembre.

Istat, il crollo dei beni energetici. Sull'arretramento dei prezzi a novembre ha inciso molto la caduta dei prodotti energetici. A cominciare dalla benzina, che è calata in un mese del 10,5%, portando così il tasso tendenziale a registrare una variazione negativa di -7,5% (in forte calo dal 5,5% di ottobre). Il gasolio è sceso in un mese dell'8,6%, portando la variazione tendenziale a segnare -2,1% (dal +10,6% di ottobre). Nel complesso i prezzi dei beni energetici sono diminuiti in un mese del 4,8%, portando la variazione tendenziale al +3,2% (dal +10,4% di ottobre): il calo congiunturale - precisano i ricercatori dell'Istat - è dovuto soprattutto alla componente non regolamentata, che ha segnato un -8,1% congiunturale e un -3,4% tendenziale (dal -8% di ottobre).

Le altre variazioni mensili. Su base mensile gli aumenti più significativi dei prezzi si sono verificati per i capitoli 'comunicazioni' (+0,3%), 'mobili, articoli e servizi per la casa', 'servizi sanitari e spese per la salute' (+0,2%). Variazioni negative si sono verificate nei capitoli 'trasporti' (-2,3%), 'servizi ricettivi e di ristorazione' (-0,6%) e 'abitazione, acqua, elettricità e combustibili' (-0,4%).

E quelle annuali. Gli incrementi tendenziali più elevati si sono registrati nei capitoli 'abitazione, acqua, elettricità e combustibili' (+6,4%), 'bevande alcoliche e tabacchi' (+5,3%) e 'prodotti alimentari e bevande analcoliche' (+4,7%). Una variazione tendenziale negativa si è verificata nel capitolo 'comunicazioni' (-3,6%).

fonte: repubblica.it

Ponte, impossibile fare espropri i tempi si allungano ancora

Il sogno del Ponte sullo Stretto di Messina passa per la riunione del Cipe in programma domani. E non è solo una questione di soldi. L'amministratore delegato della "Stretto", Pietro Ciucci, ma soprattutto il General Contractor, vincitore dell'appalto per la progettazione e la realizzazione della megaopera, aspettano i finanziamenti necessari per far ripartire l'iter e, ancor di più, garanzie dal Governo affinché questo non venga più bloccato.

Insomma la società non vuol più correre il rischio che eventuali futuri cambi di maggioranza possano trasformarsi in un nuovo stop al collegamento stabile tra Calabria e Sicilia, come già avvenuto alla fine del 2006 col governo Prodi. Garanzie e soldi dunque, tanto più in un periodo di recessione internazionale e di crisi.

In caso contrario non vi sarebbe la disponibilità dei privati ad andare avanti in un'operazione che di incognite ne ha già tante di suo. Ad iniziare da quelle sollevate dal professore Remo Calzona - per anni componente della commissione Anas, coordinatore del comitato scientifico della Stretto di Messina e dello stesso Cipe, per la fattibilità del Ponte - che dopo aver taciuto (almeno pubblicamente) le proprie perplessità da consulente, ha scritto un libro, "La ricerca non ha fine", nel quale in sostanza afferma che il ponte, così come progettato, potrebbe non stare in piedi.

L'iter riparte. Del Ponte si discuteva già in campagna elettorale, con Totò Cuffaro e Raffaele Lombardo (rispettivamente ex e attuale governatore della Sicilia) impegnati a guidare la rivolta degli isolani a Roma al grido "U ponti u vulimu". Rincuorati, nello stesso periodo, dallo stesso Belusconi che garantiva ai suoi elettori "U ponti vi facimu". E coerentemente a quanto affermato nella scorsa primavera, subito dopo le elezioni, nuove assicurazioni sono arrivate sia dalla maggioranza che dai membri del nuovo Governo, premier in testa, e dall'intero centrodestra.

A stretto giro di boa, lo scorso 16 settembre la Stretto di Messina si è riunita; il Cda ha chiesto all'amministratore delegato Pietro Ciucci di rinnovare la convenzione che regola la società con il Ministero delle Infrastrutture, con l'obiettivo di "dare avvio alla progettazione definitiva nel 2009, di aprire i cantieri entro la metà del 2010 e di inaugurare l'opera entro il 2016".

A ottobre Ciucci però chiarisce: "Il ponte sullo Stretto sarà percorribile nel 2016-2017, ma dipende dalla coerenza dell'azione del Governo e da quanto saremo bravi noi". Un invito, in altri termini, a non fare gli errori del passato. In una fase decisiva, visto che nell'aria c'è già l'intenzione di Roma di mettere mano ad un nuovo piano nazionale per le infrastrutture.

I finanziamenti. A settembre, a Messina, alla festa del Movimento per l'autonomia di Lombardo (Mpa) arriva il sottosegretario alla presidenza Gianfranco Micciché che annuncia entusiasta: "Il Cipe, in una delle sue ultime riunioni ha stanziato 700 milioni di euro per gli espropri dei terreni". Il forzista tuttavia invita ad andar cauti sulla realizzazione del ponte e aggiunge: "Posa della prima pietra? Non esageriamo perché quando sarà non lo so. Quello che so è che il Cipe ha finanziato gli espropri per i terreni, e gli espropri si fanno non per costruire campi da calcio...".

E via ai complimenti e agli abbracci. Peccato che l'annuncio di Micciché non abbia fondamento, visto che la legge italiana prevede che gli espropri possono essere fatti solo in presenza di un progetto definitivo, che al momento non esiste ancora. A inizio novembre il ministro alle Infrastrutture Altero Matteoli ha annunciato: "Nel piano anticrisi da 80 miliardi di euro del Governo, da varare per far fronte alla crisi economica, 44 miliardi, divisi in due tranche, saranno destinati alle opere pubbliche". Tra queste "il Mose a Venezia, il raccordo Parma-La Spezia della Cisa, la Milano-Mantova, l'autostrada Civitavecchia-Livorno, la BreBeMi e poi una parte del Ponte sullo Stretto di Messina".

Da qui per aggiungere che 16,6 miliardi di euro, "arriveranno con il Cipe". Soldi che fanno gola a tutti, tant'è che Lombardo pochi giorni dopo, lancia in resta, si affretta a ricordare che oltre il Ponte "vanno mantenuti gli impegni con la Regione al fine di garantire il recupero delle risorse già assegnate per legge alla Sicilia per la riqualificazione funzionale della viabilità secondaria non statale".

Il governatore si aspetta "un impegno finanziario aggiuntivo coerente con le più volte conclamate necessità di recupero del gap infrastrutturale della Regione rispetto al resto del Paese". E questo "senza nulla togliere alle altre regioni". Evidenziando però che in Sicilia servono interventi "sui porti commerciali, gli interporti e gli aeroporti dell'Isola indispensabili per l'attuazione della strategia che vuole la Sicilia una piattaforma logistica per il Mediterraneo". E ancora "il miglioramento della mobilità interna delle tre città Metropolitane di Palermo, Catania e Messina, attraverso la realizzazione dei sistemi di trasporto pubblico di massa; interventi di riqualificazione urbana, anche per il superamento del disagio sociale determinato dalla carenza di alloggi ed, infine, interventi necessari al definitivo superamento della crisi idrica della Regione con il completamento delle dighe esistenti".

Insomma, il rischio è che di soldi al Ponte ne restino pochini - anche in virtù della contropartita che la Lega chiederà per il nord - mentre alla "Stretto di Messina" fanno il punto della situazione e tentano di far ripartire la macchina.

Lo stato dell'iter. A partire dal primo ottobre 2007 l'Anas (presieduta dallo stesso Pietro Ciucci) è azionista di maggioranza della Società Stretto di Messina, concessionaria per la progettazione, realizzazione e gestione del Ponte sullo Stretto di Messina. l'Anas possiede una quota pari all'81,8%, nell'ambito di una compagine azionaria che vede Rfi con il 13% e le Regioni Calabria e Sicilia ciascuna con una partecipazione pari al 2,6%. Il controllo di "Stretto di Messina" da parte dell'Anas consente di sviluppare alcune sinergie nella realizzazione dell'opera. In linea teorica la realizzazione della viabilità calabrese e siciliana e quella del Ponte dovrebbero camminare di pari passo. Altra sinergia potrebbe riguardare l'utilizzo di risorse professionali interne all'Anas. Unici, ad esempio, potrebbero essere parti degli uffici tecnici e di quello legale. Insomma due società e unico manager (Pietro Ciucci, ndr), dunque sintonia e possibilità di scambio delle risorse umane e tecniche.

I soggetti scelti con gare internazionali per realizzare l'opera, restano quelli del 2006 che hanno già sottoscritto i contratti. Il General Contractor - soggetto che realizza l'opera e si assume il rischio tecnico della realizzazione - è una Ati (Associazione temporanea d'impresa) composta da Impregilo spa, Sacyr Sa (Spagna), Società italiana per le condotte d'acqua spa, Cooperativa Muratori e Cementisti Cmc di Ravenna, Ishikaswajima - Harima Heavy Industries e Co (Giappone) e Aci scpa - Cosorzio stabile. Un'associazione che ha indicato quali progettisti la CowiA/s (Danimarca), la Buckland e Taylor Ltd (canada) e la Sund e Bealt A/S (Danimarca). Il general contractor si era aggiudicato una gara da 4,4 miliardi di euro con un ribasso del 12%.

Il riavvio del progetto, alla luce dello stop di un anno e mezzo, deve necessariamente riguardare l'aggiornamento dei corrispettivi contrattuali, della Convenzione con il concedente Ministero delle Infrastrutture e del relativo piano finanziario. In particolare, devono essere individuate le risorse finanziarie necessarie alla realizzazione, anche in sostituzione dei fondi ex Fintecna in precedenza destinati al Ponte e che con legge dell'ottobre del 2006 sono stati versati al bilancio dello Stato e finalizzati alla realizzazione di altre opere.

La "Stretto di Messina" punta a concludere le attività propedeutiche entro il 2008 per emettere l'ordine di inizio attività al Contraente Generale nei primi mesi del 2009, prevedendo l'apertura dei cantieri a metà del 2010.

Come prima indicativa cifra, alla fine dell'estate la "Stretto" aveva fissato il costo aggiornato del progetto intorno a circa 6,1 miliardi di euro, a prezzi correnti, e aveva ipotizzato per la costruzione, dall'apertura dei cantieri, in 5 anni e mezzo.

Per quanto riguarda il quadro economico, il progetto mantiene le modalità del precedente piano finanziario, ossia il 40 per cento del Ponte sarà finanziato con l'aumento di capitale della società Stretto di Messina ed il restante 60 per cento tramite finanziamenti da reperire sui mercati nazionali ed internazionali dei capitali secondo lo schema tipico del project finance. Allo stato nelle casse della Stretto non ci sono risorse. Questo significa che stando alle stime, circa 2,2 miliardi di euro, dovrebbe arrivare dallo Stato, tramite gli azionisti della Stretto di Messina, il resto dovrebbe essere finanziato da privati, ancora da individuare sul mercato globale.

Le perplessità di Remo Calzona.

Ad agosto scorso la casa editrice Dei-Tipografia del genio Civile, ha pubblicato un libro dell'Ingegner Remo Calzona, dal titolo sibillino "La ricerca non ha fine", nel quale vengono messi in discussione alcuni elementi del progetto. Calzona è stato per anni componente della Commissione Anas per il parere di fattibilità del Ponte, e sullo stesso argomento vanta il titolo di componente e relatore della Commissione del Consiglio superiore dei Lavori pubblici e coordinatore del Comitato scientifico della "Stretto di Messina".

Smessi i panni di consulente entusiasta del progetto oggi sostiene che il ponte potrebbe non stare in piedi a causa del suo stesso eccessivo peso e che i materiali potrebbero collassare, non essendoci prova della loro resistenza. In più esprime perplessità sulle reali condizioni di sismicità dell'opera, sulla situazione geomorfalogica, sull'impatto ambientale e socio culturale. Calzona inoltre propone un progetto alternativo che prevede un enorme pilone in mezzo al mare, a fronte della campata unica prevista dalla Stretto di Messina. All'esperto ha già risposto il Cda della "Stretto" che ha confermato di ritenere il progetto preliminare del ponte sospeso, a campata unica con pile in terraferma, la "soluzione definitiva di costruzione del Ponte sullo Stretto", sulla base di valutazioni di fattibilità tecnica, di impatto ambientale e di costi economici. Al contempo la "Stretto" avrebbe esaminato lo studio compiuto dal proprio Ufficio Tecnico, "con la collaborazione di alcuni esperti noti a livello internazionale (i docenti universitari Fabio Brancaleoni, Giorgio Diana e Michele Jamiolkowski), sul progetto alternativo proposto dal professor Remo Calzona, e dall'analisi è emersa la complessiva infondatezza delle affermazioni critiche di Calzona sul progetto preliminare del 2002 e la non fattibilità dell'ipotesi progettuale dallo stesso prospettata". Insomma, capitolo chiuso.

fonte: repubblica.it

Prezzi produzione, a ottobre -1,5%

I prezzi alla produzione dei prodotti industriali hanno registrato a ottobre una diminuzione dell'1,5% rispetto al mese precedente e un aumento del 5,2% rispetto a ottobre 2007. L'Istat ha precisato che il calo congiunturale è il maggiore dal 1980, cioè da quando esiste l'indice, ed è dovuto soprattutto al fortissimo calo dei prodotti petroliferi raffinati, che in un mese hanno segnato -12,7%, altro record, da sempre. Al netto dell'energia i prezzi sono calati dello 0,7% su base mensile, mentre su base annuale sono cresciuti del 3%.

Il -1,5% mensile è dovuto per l'85% proprio al calo dei prodotti petroliferi, mentre il resto deriva dal calo dei metalli e prodotti in metallo (-2,1%). In controtendenza, invece - precisano i ricercatori dell'istituto - l'energia elettrica, gas e acqua, il cui aumento congiunturale (+2,1%) è dovuto soprattutto all'aumento del gas.

Una diminuzione su base mensile si registra anche nel settore degli altri manufatti (compresi i mobili) (-1,5%), e nei settori dei prodotti chimici e fibre sintetiche ed artificiali e delle macchine ed apparecchi meccanici (per entrambi -0,6%). Aumenti congiunturali significativi si registrano invece, oltre che nell'energia elettrica, gas ed acqua (+2,1%) anche per i prodotti delle miniere e delle cave (+0,5%).

Rispetto a ottobre 2007, invece, gli aumenti più rilevanti sono stati registrati nei settori dell'energia elettrica, gas ed acqua (+25,9%), dei prodotti delle miniere e delle cave (+13,8%) e dei metalli e prodotti in metallo (+6%). Variazioni tendenziali in diminuzione nei prodotti petroliferi raffinati (-1,7%) e nei settori del cuoio e prodotti in cuoio e del legno e prodotti in legno (esclusi i mobili) (per entrambi -0,1%).

Nei primi 10 mesi del 2008 i prezzi alla produzione sono cresciuti del 6,9% rispetto allo stesso periodo del 2007, mentre negli ultimi 12 mesi la variazione è stata del +6,6% rispetto ai dodici mesi precedenti.

fonte: repubblica.it

L’energia sporca del Canada

Un’altra corsa al petrolio. Ma da “giacimenti” di sabbia bituminosa. Succede a Fort McMurray, nello stato dell’Alberta. Qui le miniere sono immensi canyon. Circondati da scorie e gas tossici. Siamo andati in un paradiso della natura che oggi è una discarica

Non è una città per turisti, Fort McMurray. Un’infilata di motel e negozi di liquori, fast food, stazioni di servizio, accampamenti di roulotte e il cartello all’ingresso che, orgogliosamente, dichiara, «We have the energy», abbiamo l’energia. Qui d’inverno il termometro scende anche a meno 35 e le 80mila anime che abitano questa cittadina dell’ovest canadese, hanno poco con cui distrarsi, a parte le partite della squadra di hockey locale, gli Oil Barons. Qui, del resto, blasonati del petrolio lo sono un po’ tutti, anche se non si avvistano pozzi in questo «Emirato del XXI secolo”, come lo definisce la stampa locale. Che lo ribattezza Fort McMoney e qui dichiara aperta «la nuova corsa all’oro».

Nero. E sporco. È «dirty oil» il petrolio che si estrae dal secondo giacimento più ricco del mondo dopo l’Arabia saudita: non sgorga dalla terra come in Texas, non viene dalle profondità tempestose come nel mare del Nord. Il petrolio di Fort McMurray è mescolato, in una poltiglia nera e velenosa, alle «tar sands», le sabbie bituminose che, nello stato dell’Alberta occupano 141mila chilometri quadrati di foresta boreale, il più grande ecosistema del mondo, poco meno di metà della superficie dell’Italia. Le conoscevano già i nativi americani che, di quell’impasto nero e appiccicoso, cospargevano il fondo delle canoe per renderle impermeabili, poi per decenni, dell’estrazione del dirty oil si sono occupate solo due aziende locali, la Suncor e la Syncrude. Nel 2003, con il prezzo del petrolio alle stelle, le major, Shell, Exxon, Chevron, Total e poi le cinesi Cnoc e Sinopec, hanno aperto 15 miniere a cielo aperto, che sono andate a sommarsi alle due degli inizi, con un investimento di 30 miliardi di dollari, che diventeranno 150 nel prossimo decennio, con l’apertura di nuove strade, la costruzione di oleodotti e raffinerie che, entro il 2015 dovrebbero essere in grado di coprire il 20 per cento del fabbisogno nordamericano.

Era il 2005 e il portavoce di Exxon Mobil, William J. Cummings, dichiarava: «Tutto il petrolio e il gas "facile" è stato trovato. Adesso viene il lavoro duro: trovare e produrre petrolio da zone più ardue». E se ardua è senz’altro la vita di chi lavora nelle miniere di Fort Mc- Murray, 20 minuti di lavoro all’esterno, 20 al coperto durante l’inverno (ma per stipendi che arrivano anche a 100mila dollari l’anno), ancora più ardua è la sopravvivenza per i residenti che al boom rischiano di soccombere. Chief Allan Adam è il capo di una First Nation, aborigeni della zona di Fort Chipewyan, villaggio indiano 300 chilometri a valle del nuovo Emirato. In aprile ha testimoniato davanti alle Nazioni Unite: per dire che la sua gente, che da secoli abita queste terre e che ha sempre vissuto di caccia e pesca, ora non può più: «Alcune specie di caribù sono scomparse e la carne degli altri non può essere consumata a causa dell’elevato livello di arsenico riscontrato» spiega. «E abbiamo trovato pesci e topi muschiati deformi. I dottori locali parlano di un aumento spropositato di casi di disordini immunitari, leucemie e di cancro, anche molto rari, nella zona. Abbiamo chiesto al governo di fare un’indagine sanitaria seria, ma non ci hanno mai risposto. “Fantasie” dicono».

Fort McMurray è circondata da miniere che sono veri e propri canyon, anche 80 chilometri quadrati, percorsi da camion il cui peso e dimensioni, 400 tonnellate, sono in proporzione. Le scavatrici lavorano 24 ore su 24, sette giorni a settimana con una produzione di 80 chili di gas effetto-serra per ogni barile di olio prodotto. Le raffinerie sono poco distanti. Il vapore necessario per separare sabbia e metalli dal greggio, viene dai 359 milioni di metri cubi di acqua che ogni anno vengono sottratti al fiume Athabasca, un quinto dei quali, carico di scorie di lavorazione, viene poi pompato in laghi artificiali, fino a 130 chilometri quadrati, circondati da cannoni a propano che a intervalli regolari sparano decibel per scoraggiare gli uccelli migratori dal posarsi sulle distese velenose. Un nuovo sistema di oleodotti infine convoglia parte del greggio giù giù fino al Midwest america americano perché venga raffinato. E il piano per un secondo che dovrebbe spedire 400mila barili al giorno da Edmonton, poco più a sud, alla British Columbia per essere poi esportato in Cina e in Asia è già in corso di attuazione. La produzione di dirty oil, oggi intorno ai 1,2 milioni di barili al giorno, dovrebbe triplicare a 3,5 milioni di barili entro il 2020. Con conseguenze tragiche per l’ecosistema.

«L’estrazione e la lavorazione del dirty oil sono responsabili del 4 percento delle emissioni di Co2 dell’intero Canada, e triplicheranno al 12 per cento nel 2020» spiega Simon Dyer del Pembina Institute, centro di ricerca sulle energie sostenibili di Calgary. «La politica canadese in materia di emissioni è debolissima, come quella statunitense, con la differenza che il Canada ha siglato il protocollo di Kyoto e poi non ha fatto niente per adeguarsi. Avremo dovuto ridurre le emissioni dal 6 al 10 per cento rispetto ai dati del ‘90 e siamo del 30 per cento sopra quei valori. Lo sfruttamento delle tar sands certo non aiuta». Il governo conservatore, appena riconfermato pensa soprattutto alle migliaia di nuovi posti di lavoro che il business ha creato.

Come in ogni febbre dell’oro che si rispetti avventurieri da tutto il mondo approdano a Fort McMurrayin cerca di fortuna. «La popolazione è aumentata a un ritmo (9 per cento all’anno negli ultimi sei anni, ndr) a cui gli scarsi servizi non possono far fronte» prosegue Dyer. «Non sono solo gli ingorghi e la gente che si adatta a vivere in scantinati il problema. Droga, alcolismo, prostituzione sono voci in attivo di un bilancio drammatico». Sono passati due anni da quando il premio Nobel Al Gore, parlando dell’Alberta, dichiarava: «Per estrarre un barile di petrolio da queste parti serve una quantità di gas naturale sufficiente a scaldare una famiglia per quattro giorni. È folle. Ma si sa, i tossici riescono a trovarsi le vene persino negli alluci». Lester Brown, fondatore, trent’anni fa, del Worldwatch institute e oggi presidente dell’Earth policy institute di Washington, di dipendenze se ne intende, avendo scritto un bestseller sull’argomento, Piano B. Una strategia di pronto soccorso per la Terra: «Con le tar sands siamo all’antiquariato delle politiche energetiche. Anche negli Stati Uniti le abbiamo, in Colorado ce n’è un discreto giacimento, ma ci guardiamo bene dall’usarle: troppo costosa l’estrazione, disastrose le conseguenze ambientali. Ormai persino i grandi produttori di petrolio stanno investendo nelle fonti rinnovabili. Il Texas alimenta con i generatori eolici esistenti sul proprio territorio le case di 24 milioni di persone e tra non molto sarà in grado di esportare elettricità pulita. Lo stesso vale per il South Dakota, il Maryland, il Wyoming, il Colorado. Se lo sviluppo dell’eolico proseguirà a questo ritmo, basterà l’energia prodotta da tre stati per sostenere tutta l’economia degli Stati Uniti. Tar sands e nucleare sono gli ultimi sussulti di un’era che sta per finire ». Un’era iniziata con la crisi petrolifera degli anni Settanta, figlia dei grandi investimenti fatti negli Ottanta e che ha toccato l’apice nei primi anni 2000 quando il prezzo del barile continuava a salire e le riserve a calare. «A quel punto anche l’estrazione di petrolio non convenzionale sembrava conveniente» spiega Ugo Bardi, professore di Chimica all’università di Firenze. Oggi è una scelta antistorica. Dalle sabbie si estrarrà ancora per qualche decennio, speriamo meno. Nonostante le fosche previsioni dell’Intergovernmental Panel for Climate Change, infatti, le immissioni di gas serra nell’atmosfera potrebbero rallentare. Se fosse solo una questione di petrolio e di gas forse gli effetti del riscaldamento globale potrebbero non essere così gravi come si pensa. Ma le buone notizie finiscono lì. Perché se insistiamo nell’estrazione delle tar sands e del carbone, i livelli si alzeranno sopra la soglia di guardia. Un suicidio». L’apocalisse parte dal Canada. Antidoti? «Siamo in ritardo. Avremmo già dovuto iniziare a investire in energie rinnovabili. Le grandi compagnie come Exxon, Shell e BP stanno correndo ai ripari. In Germania il 10 per cento dell’energia viene dall’eolico. In Italia siamo fermi all’1 per cento. E l’italiana Eni di investimenti in quel campo non vuol sentire parlare. Ha puntato tutto sui giacimenti del Caspio e del Kazakistan, estrazioni costose. Legate all’idea che il prezzo del petrolio salirà a 200 dollari al barile. Preistoria»

fonte: corriere.it

Risparmio energetico: quanto ne sanno gli Italiani?

Sensibili ai consumi energetici, attenti alle agevolazioni fiscali ed interessati al tema rinnovabili: questo il quadro italiano dipinto dall’ultima inchiesta in materia di risparmio energetico

Sarà perché ormai è divenuto un tema centrale di molte campagne ed iniziative, sia pubbliche che private, sarà perché la questione è strettamente connessa a quella del portafoglio, ma gli italiani dimostrano essere molto sensibili sul fronte risparmio energetico. A rivelarlo è l’indagine statistica di Tecnoborsa secondo cui a mettere in pratica comportamenti “virtuosi” nell’ambito dei consumi energetici è ben il 98,6% degli intervistati. Queste buone pratiche vanno dallo spegnere le luci degli ambienti quando si esce da una stanza (88,7%), all’utilizzo di lampadine a basso consumo (71,9%), all’acquisto di elettrodomestici ad alta efficienza (56,7%), fino allo spegnere gli apparecchi elettronici invece di lasciarli in stand-by (54,8%), all’installazione di vetri termici (45,9%) e all’adozione di valvole termostatiche sui termosifoni (24,6%). Nel dettaglio il tipo è emerso che più della metà del campione (86,7%) ha eseguito lavori per la riqualificazione e la riduzione del fabbisogno energetico della propria abitazione (per lo più modifiche all’impianto di riscaldamento e dell’illuminazione); il 53,8% ha fatto interventi per ridurre le dispersioni termiche sull’involucro dell’edificio (come la sostituzione degli infissi e/o la coibentazione delle pareti e dei solai); il 34,6% per l’installazione di pannelli solari per la produzione di acqua calda e il 33,2% per la sostituzione di impianti di climatizzazione invernale per installare caldaie a condensazione. Più impreparati, invece rispetto al livello di conoscenza delle agevolazioni fiscali per il risparmio energetico, conosciute solo dal 55% e/o per le ristrutturazioni (36%). Registrato anche il grado di conoscenza delle fonti rinnovabili, con 53,2% di risposte positive che, unite al 17,1% che risponde un sì parzialmente, denota un notevole interesse verso il problema della produzione energetica.

fonte: rinnovabili.it

Quando il bosco cresce in città

Un bosco urbano che cresce all’interno del Parco Bizzozero, vicino a due scuole, ad un centro anziani e dalla futura sede dell’Agenzia per l’Energia e di Legambiente. Un’area di sosta di un ettaro immersa tra frassini e aceri, carpini e ciliegi, meli e bagolari, ginko e querce. Inaugurato nei giorni scorsi, l’importante intervento di “biocompensazione” contro lo smog prodotto in città può contare subito sui 100 alberi donati dal giornale La Repubblica nell’ambito dell’iniziativa “Gli alberi di Repubblica, il quotidiano per l’ambiente”, mentre il progetto del Comune di Parma prevede la piantumazione, in alcuni punti della città, di altri 700 alberi su una superficie di 7 ettari attualmente occupati da prati urbani, aiuole spartitraffico e parchi. Tutte piante che, secondo il concetto di biocompensazione, sono ad alto fusto e particolarmente indicate per l’assorbimento dello smog all’interno delle aree urbane.

Alla cerimonia di inaugurazione erano presenti l’assessore all’Ambiente del Comune di Parma Cristina Sassi, la responsabile del Verde pubblico Angela Zaffignani, il direttore de La Repubblica Ezio Mauro, il direttore generale del gruppo editoriale Repubblica-Espresso Carlo Ottino e Teodoro Georgiadis del Cnr - Istituto di Biometereologia di Bologna, la realtà incaricata della redazione del Piano pluriennale di biocompensazioni sul territorio. Le ultime tre piante sono state messe a dimora da alunni della scuola elementare Don Milani, della scuola media Don Cavalli e della scuola per l’infanzia Alice con l’aiuto dei giardinieri comunali.

"Grazie a questa iniziativa del quotidiano La Repubblica - ha dichiarato l’assessore Cristina Sassi - si regala alla città il primo Bosco urbano. Strategicamente lo abbiamo voluto vicino a due scuole e a un centro anziani, il luogo ideale per chi vorrà ritagliarsi un attimo di sosta approfittando della pace e serenità che solo la natura sa infondere. Il Bosco urbano si colloca nel progetto di biocompensazioni che l’Amministrazione comunale porta avanti nel tentativo di limitare l´azione degli agenti inquinanti presenti nell´aria. È un’altra tappa di un lungo cammino cui guardiamo con particolare attenzione”.

Gli interventi di forestazione urbana non si limiteranno, secondo le premesse del progetto del Comune, a ridurre impatto visivo e acustico, ma si consolideranno come “infrastruttura naturale multifunzionale” volta al contenimento dell’inquinamento dell’aria, dell’acqua e del suolo e con una funzione di regolatore delle condizioni microclimatiche (temperatura e umidità).

fonte: ermesambiente.it

Salute e ambiente in primo piano, anche per l’industria chimica

L’esigenza è duplice. Da un lato, assicurare competitività e capacità innovativa all’industria chimica nell’economia europea e mondiale. Dall’altro, si tratta di gestire i rischi in modo più stringente, con particolare riferimento alle sostanze che possono pregiudicare la salute delle persone e danneggiare l’ambiente in modo irreparabile.

Reach, acronimo di “Registration, evalutation, authorisation of chemicals”. Questo il nome del regolamento adottato dalla Commissione europea, che introduce nell’Unione un sistema integrato di registrazione, valutazione, autorizzazione e restrizione e soprattutto impone a produttori e importatori di sostanze chimiche di tenere conto in modo sistematico dei rischi connaturati alla manipolazione di determinati tipi di sostanze. Tra gli obblighi in questo senso, quello di una vera e propria schedatura delle sostanze utilizzate.

Come si può leggere sulla pagina web che l’Unione europea ha deciso di dedicare all’argomento nel proprio sito istituzionale, l’entrata in vigore di Reach impone alle imprese del settore di responsabilizzarsi rispetto ai rischi delle sostanze utilizzate, fornendo un dettagliato prospetto dei potenziali pericoli. Tali informazioni dovranno essere condivise tra produttori, intermediari, importatori, e inserite in un database europeo che ha sede a Helsinki. Scopo non secondario di Reach, imporre alle aziende di sostituire progressivamente le sostanze più pericolose per la salute e per l’ambiente con sostanze alternative, man mano che queste vengono identificate.

Adottato il primo giugno 2007, il regolamento sarà pienamente operativo a partire dal primo gennaio 2009. Per mettere in condizioni le aziende del settore di conoscere nel dettaglio il regolamento europeo e attrezzarsi per tempo, Unioncamere Emilia-Romagna e la Camera di commercio di Forlì organizzano il seminario gratuito “Reach - Nuovo Regolamento comunitario sulle sostanze chimiche: obblighi e implicazioni per il tessuto industriale”. L’incontro, aperto a tutti gli operatori interessati, si terrà martedì prossimo 2 dicembre nella sede della Camera di commercio a Forlì (corso della Repubblica 5), dalle 15 alle 18. La partecipazione è gratuita.

fonte: ermesambiente.it

Automobili a bio-gas

Negli ultimi anni i biocarburanti hanno conquistato l'attenzione pubblica e dei mass-media dapprima dal lato dei benefici (minore impatto ambientale, diversificazione energetica...) e successivamente per le eventuali conseguenze sui prezzi agro-alimentari. Dal dibattito è emersa l'esigenza di sviluppare biocarburanti di seconda generazione in grado di non incidere sul settore dei beni agricoli destinato al consumo alimentare. Su questa strada si collocano anche le agroenergie e in particolar modo il bio-gas e il bio-metano. Su quest'ultimo fronte la Commissione Agricoltura della Camera, la risoluzione della XIII Commissione UE del 10/1/2007 (fonte Ansa 27/11/2008) in base alla quale il bio-metano viene ammesso ufficialmente tra le energie rinnovabili per raggiungere l'obiettivo del 20% di consumo da fonti rinnovabili entro il 2020. Il bio-metano può essere utilizzato come carburante per automobili trasformate a gas oppure immesso nella rete distributiva per usi civili e industriali. Essendo prodotto dagli scarti delle materie organiche di origine agricola non intacca la struttura agroalimentare e i prezzi al consumo. Inoltre, da molti esperti viene considerato come un carburante di passaggio sulla strada dell'idrogeno. Oltre a costituire una via conveniente per ridurre la dipendenza dalle fonti d'energia tradizionali il bio-gas vanta anche un minore impatto ambientale. L'Italia beneficia di una rete distributiva del gas capillare su tutto il territorio nazionale ma una scarsa produzione di bio-metano. A questo handicap dovrebbe provvedere il lavoro della Commissione nei prossimi anni mediante interventi a sostegno delle agroenergie.

fonte: ecoage.it

Gorizia, troppe denunce per l’amianto In procura servono più magistrati

Nella provincia friulana sono numerosi i procedimenti penali sulle malattie da amianto. Ma alla procura dei sei magistrati previsti a breve ne rimarranno solo due. L’interrogazione al ministro della Giustizia

Ripristinare l'organico della Procura della Repubblica di Gorizia, dichiarandola anche sede disagiata: lo chiedono, con un'interrogazione al Ministro della Giustizia, i sen. Felice Casson e Carlo Pegorer (Pd).

Nel circondario della Procura della Repubblica di Gorizia - scrivono i due senatori - sono stati registrati, negli ultimi nove anni, complessivamente 1.921 casi di malattie professionali dovute all'esposizione dei lavoratori all'amianto, che hanno dato luogo a numerosi procedimenti penali condotti dalla Procura della Repubblica di Gorizia.
A fronte di un costante incremento dei procedimenti penali, gli uffici della Procura registrano una significativa diminuzione del personale della magistratura effettivamente in servizio.

Dei sei magistrati previsti in organico - hanno ricordato Casson e Pegorer - in breve ci saranno unicamente due sostituti, dal momento che uno avrà funzioni direttive e gli altri tre sono stati trasferiti in altre sedi giudiziarie.

fonte: lanuovaecologia.it

Pacchetto clima, Ue verso un accordo al ribasso

La presidenza francese ha mandato di preparare un progetto complessivo. L’accordo prevede lo slittamento per le case automobilistiche per limitare le emissioni al 2015

Più vicino l'accordo con il Parlamento europeo sulla limitazione delle emissioni CO2 delle auto nuove prodotte e vendute nella Ue. Dopo un lungo negoziato notturno, tra Commissione, Consiglio e Parlamento Ue è stato trovato - ha annunciato stamane il relatore Guido Sacconi (Pd-Pse) - "un accordo su molti punti".

Nel corso del negoziato triangolare "si è proceduto positivamente, trovando importanti punti di accordo su una molteplicità di capitoli del Regolamento", ha precisato. "Solo sul tema delle penalità, alcuni gruppi politici hanno ritenuto necessaria una pausa di riflessione prima di procedere alla stretta conclusiva del negoziato".

Tutti i gruppi parlamentari hanno però convenuto sull'opportunità di dare mandato al relatore di definire con la presidenza francese un progetto complessivo di accordo che sarà poi sottoposto alla valutazione dei gruppi stessi. Un'intesa definitiva a dicembre sembra quindi a portata di mano.

Il compromesso di cui si discute accorda ai costruttori automobilistici tre anni in più, fino al 2015 anziché il 2012, per limitare le emissioni di CO2 delle auto nuove prodotte e vendute nella Ue a 130 grammi per chilometro, rispetto agli attuali 158.

La proposta originaria presentata dalla Commissione europea prevedeva invece l'obbligo per i costruttori di auto di raggiungere nel 2012 un livello di emissioni pari a 130 grammi di CO2 al chilometro ed inseriva un sistema di multe in caso di inadempienza (dai 20 euro al grammo fino ad arrivare ai 95 euro/grammo).

Questa proposta aveva avuto accoglienze diverse nell' europarlamento da parte delle due Commissioni competenti: quella Ambiente l'aveva accolta in pieno, quella Industria, invece, aveva raccomandato di concedere ai costruttori di auto tre anni in più per mettersi in regola

fonte: lanuovaecologia.it

giovedì 27 novembre 2008

Minerali come animali e piante

MINERALI e rocce, così come la vita sulla Terra, sono in continua evoluzione. Una ricerca condotta da un team di geologi canadesi e riportata sull'autorevole rivista scientifica American Mineralogist, ha scoperto un'improvvisa differenziazione di minerali avvenuta dopo la nascita della vita sulla Terra. Dai risultati ottenut,i il gruppo di ricercatori ha avanzato una rivoluzionaria ipotesi secondo la quale le rocce, così come gli animali e le piante, si sono evolute durante la lunga storia del pianeta.

Secondo Wouter Bleeker, che guida un gruppo di 8 ricercatori del Geological Survey di Ottawa, ipotizza che molte delle rocce della Terra sono "specie" dinamiche che emergono e si trasformano nel tempo, più o meno come fanno le specie viventi, al punto da poter dare adito all'idea che esiste una sorta di "evoluzione minerale". Dice Bleeker: "Il messaggio della nostra scoperta è quello di averci fatto capire che l'interazione tra il mondo minerale e quello organico e biologico è molto più importante di quanto abbiamo sempre pensato, al punto che la vita può influenzare la "nascita" o meno di nuovi minerali".

Reobert Hazen, che fa parte del team di ricerca, ricostruisce così l'evoluzione dei minerali terrestri. Tra le particelle di polvere presenti quando, circa 5 miliardi di anni fa, il sistema solare andava formandosi non vi era più di una dozzina di minerali. Quando la Terra primordiale iniziò a formarsi, la temperatura e le pressioni elevate che entrarono in gioco portarono ad una prima evoluzione dei minerali presenti che salirono a circa 250. A quel punto l'attività vulcanica, lo scontro tra le prime zolle che costituivano la crosta terrestre e altri processi geologici portarono nell'arco di circa un miliardo di anni alla formazione di circa 1.500 minerali.

Ad un certo punto però, quando la chimica degli oceani e le condizioni atmosferiche andarono trasformandosi di pari passo con la nascita e l'evoluzione della vita terrestre, nel mondo inorganico scattò una scintilla che portò ad una diversificazione senza precedenti del mondo minerale. "Un esempio di roccia che prima della vita non c'era è il calcare, che è di origine organica e che oggi occupa grandi parte della crosta terrestre", spiega Hazen. Ma un gran numero di situazioni diverse portò alla nascita delle circa 4.300 specie di minerali che oggi si conoscono.

"Ovviamente non si deve pensare che l'evoluzione dei minerali abbia seguito o segua la strada darwiniana - ha aggiunto Hazen -, in quanto le rocce non devono combattere per la loro sopravvivenza, tuttavia è indiscutibile il fatto che minerali e rocce abbiano subito un'evoluzione importante nel corso del tempo".

Secondo i ricercatori negli ultimi 2 miliardi e mezzo di anni la mineralogia si è evoluta parallelamente all'evoluzione della vita sulla Terra. Questa ipotesi risulta essere anche una nuova potenziale strada per capire se su lontani pianeti esiste o è esistita la vita, in quanto l'interazione tra gli esseri viventi e le rocce lascia testimonianze importanti che vanno ben al di là della presenza dei singoli fossili, i quali, se non si è direttamente, sul terreno non si possono scoprire.

fonte: repubblica.it

Argentina, veto della Fernandez sulla legge salva-ghiacciai

Era stata approvata a larghissima maggioranza dal Parlamento, ma non è bastato. L'importante e innovativa legge argentina sulla protezione dei ghiacciai nazionali è andata a sbattere contro la decisione del presidente Cristina Fernàndez di porre il veto. La norma era stata pensata soprattutto per sancire il valore e la tutela delle riserve idriche del Paese, ma per ottenere questo risultato rischiava di intralciare il grande business delle estrazioni di metalli preziosi.

La decisione di porre il veto è stata presa infatti su richiesta dal Segretario alle miniere con la motivazione che le limitazioni previste nella legge "sono eccessive" e danno "la precedenza agli aspetti ecologici piuttosto che ad attività che possono comunque essere portate avanti nel rispetto dell'ambiente".

"I governatori delle province interessate - ha precisato la presidente - hanno espresso la loro preoccupazione sulla norma in quanto avrebbe avuto ripercussioni economiche negative su sviluppo e investimenti nelle loro zone". La legge avrebbe bloccato in particolare i progetti di estrazione ventennale di oro, argento e rame nella provincia di San Juan, al confine con quella cilena di Atacama, messi in cantiere dal colosso minerario canadese Barrick Gold.

La legge, chiamata del "budget minimo per la protezione dei ghiacciai e dell'ambiente periglaciale", era stata approvata lo scorso ottobre con grande soddisfazione dei numerosi movimenti che si oppongono a questi invasivi progetti estrattivi e dallo Ianigla, l'istituto argentino per la nivologia, la glaciologia e le scienze ambientali. "E' difficile capire cosa sia accaduto - ha commentato Ricardo Villalba, il direttore del centro di ricerca - la comunità scientifica non vuole frenare lo sviluppo economico ma preservare le riserve idriche in regioni dove si fa affidamento su queste risorse per il consumo e gli usi agricoli".

La legge aveva tra l'altro il merito di definire in maniera chiara cosa bisogna intendere per ghiacciaio, vietando nei paraggi qualsiasi attività di scavo minerario e sondaggio petrolifero, oltre alla costruzione di edifici o infrastrutture. Ma oltre a proteggere le riserve idriche della regione da possibili contaminazioni, lo stop allo sfruttamento minerario secondo gli ambientalisti argentini aveva il pregio di bloccare attività potenzialmente dannose per il riscaldamento globale.

"Lo sfruttamento minerario - ha ricordato Norberto Ovando, il vicepresidente degli Amici dei parchi nazionali argentini - contribuisce a disperdere nell'ambiente sostanze che accelerano lo scioglimento dei ghiacciai. Per noi l'acqua ha più valore dell'oro e non ha sostituti". Contro l'iniziativa del presidente Fernàndez si è pronunciato anche l'autorevole quotidiano argentino La Nacion definendola in un editoriale un "veto sospechoso".

fonte: repubblica.it

L'elettronica verde

Siamo arrivati alla decima edizione della Greener Electronics, la classifica stilata da Greenpeace su quanto sono eco-verdi le multinazionali dell'hi-tech. La domanda, che vuole porre una competizione per il migliore, è: "Chi sarà il primo a essere completamente verde?". E parte da un presupposto indiscutibile: il mondo consuma sempre più prodotti di elettronica, e li consuma nel vero senso della parola, cioè il ciclo d'utilizzo di telefoni, pc e quant'altro è sempre più breve. Questo causa un'enorme quantità di rifiuti hi-tech - chiamati e-waste - che contengono prodotti chimici e metalli che non possono essere riciclati in sicurezza.

Dunque la presa di coscienza ecosensibile da parte delle aziende dell'elettronica è un passo fondamentale per provare a mantenere il nostro pianeta un posto decente. Che decente decente già non è, anzi. E infatti, da questa edizione, la classifica tiene conto non solo di tutti i parametri delle metodologie di produzione (e anche post), ma anche delle politiche attive che ogni azienda mette in atto per migliorare la situazione ambientale-climatica attuale.

Sotto, l'arcobaleno dei bravi e dei cattivi, con possibilità di vedere chi migliora e chi peggiora:



Nokia è davanti a tutti e punta alla palma verde. Ma la strada anche per i resposanbili finlandesi è ancora lunga (hanno anche perso un 0,1%), e questo malgrado il programma di ritiro dell'usato messo in atto sui cellulari in 124 Paesi. Sony non si piazza male, i dolori arrivano con Apple e, soprattutto, Microsoft. La Mela in realtà migliora, grazie a una maggiore attenzione ai materiali di produzione, ma meno rispetto agli altri e cala in classifica. Il colosso di Redmond invece va piano come un elefante e si attende quanto promesso, sempre sui materiali di produzione, per il 2010. All'ultimo posto, e qui lo stupore nasce spontaneo, è Nintendo, l'azienda dei videogiochi (soprattutto, ma non solo) per i più piccoli: tanto poetici e sognatori quanto disgraziati nella produzione, questi giapponesi di Kyoto. Come riporta Greenpeace, l'azienda di Mario segna uno zero spaccato su praticamente tutti i criteri di valutazione ecologica della loro produzione e post-produzione.

fonte: corriere.it

Taranto: drammatico tasso di tumori a + 40%.

E’ il dottor Mazza, primario di Ematologia ospedale Moscati, a rilasciare un’intervista ad Affaritaliani.it: dichiarando che il tasso di tumori è aumentato del 40% e la situazione si presenta davvero drammatica

“La situazione è drammatica”. Non usa giri di parole il dottor Patrizio Mazza, primario del reparto di Ematologia dell’ospedale Moscati di Taranto. Ed è lui che ha scoperto il cosiddetto “tumore da fumo” in un bambino di appena dieci anni. Un caso unico.
Il primario, che si occupa di tumori ematologici e quindi di leucemie, linfomi e mielomi, spiega nell’intervista, che con la sua equipe hanno constatato un aumento di circa il 30-40% di questa patologia. Dati che risultano a livello ambulatoriale, sui casi registrati negli ultimi dieci anni e che presentano una crescita maggiore negli ultimi tre anni.
Il primario spiega che il fenomeno è provocato dalla diossina che si trova negli scarichi industriali, e che inquina tutto, dall’aria, che si respira, alla terra e addirittura al sottosuolo. E purtroppo si tratta di una sostanza che non può essere eliminata. A Taranto sta succedendo quello che si verificò a Seveso dove il terreno fu addirittura raschiato fino a mezzo metro per tentare di eliminarla. Infatti la diossina provoca un danno permanente al Dna, ma occorre ricordare che negli scarichi industriali a Taranto troviamo anche altri inquinanti come gli idrocarburi, i benzeni, i derivati del petrolio, le polveri sottili, i metalli. E vengono immessi nell’aria dalla grossa acciaieria pesante, dall’impianto Petrolchimico, e dal cementificio. Ormai questa situazione si protrae da più di 40 anni e quindi si è verificato un accumulo di combustione. Una buona fetta circola nell’aria, il resto è sepolto intorno all’Ilva. Questo significa, illustra il dottor Mazza ad Affari Italiani, che tutte le acque che attraversano quel terreno portano questi inquinanti fino al mare, contaminando tutto quello che c‘è intorno. E questo processo, come si specificava prima, perdura ormai da 40 anni…
E’ chiaro che ora si è arrivati al limite con una situazione sanitaria e ambientale drammatica. Ovunque si sono accumulate sostanze venefiche che si respirano continuamente. Una volta inalate, alcune di sostanze si limitano ad una nocività locale, spiega il primario del Moscati, ma ce ne sono altre che penetrano nel sangue e si depositano sui tessuti. Uno di questi è il benzene, una sostanza che si assimila respirando, arriva nel sangue, circola e va a finire nei grassi, sul tessuto adiposo e si deposita. Qui nascono le leucemie associate al benzene. La diossina invece incide di più sui prodotti alimentari, sul mare.
L’esperienza umanamente più tragica e toccante, per il dottor Mazza, è stato senz’altro quella che gli capitò tre anni fa’. Racconta, infatti, di un bambino che presentava un sospetto di carcinoma, ma la diagnosi individuò un linfoma del rinofaringe. Si tratta di una patologia che affligge persone adulte, per lo più anziane, che hanno fumato per anni. In quella situazione unica, il primario contattò l’ospedale Gaslini di Genova dove però non avevamo mai rilevato di un caso simile. E anche altri centri specializzati gli confermarono l’unicità del caso e purtroppo l’assenza di specifiche terapie. E così il dottor Mazza ne sperimentò una appositamente studiata per il quadro clinico del bambino e, per fortuna, riuscì a guarirlo ed oggi sta bene.
Le sostanze tossiche, spiega il medico, erano trasmesse al suo organismo dai genitori e possono aver creato un problema alle cellule germinali, aver cioè determinato delle mutazioni, che poi sono state trasmesse al figlio, creando una predisposizione al tumore e più precocemente della media. La cosa davvero terribile è che questo meccanismo genera delle cellule che sono in grado di trasmettere il tumore alle generazioni future.
E tutti i bambini del Rione Tamburi, quelli che giocano lì, mangiano lì e lì vanno a scuola, sono esposti ad una sovraesposizione per 24 ore al giorno. E il dottor Mazza spiega che si tratta di un problema che si può ripercuotere molto di più dannosamente nelle generazioni future che in quelle dei genitori. Questo, conclude il primario nella sua intervista, è davvero grave, perché le emissioni emesse da una ciminiera equivalgono al fumo di una sigaretta, niente di meno. Quindi, è come se i bambini fumassero di continuo.

fonte: rinnovabili.it

Innovazione e ricerca alla base delle risposte al mercato delle rinnovabili

Si iniziano a vedere anche da noi i primi risultati di chi ha creduto nel mercato delle rinnovabili, sfruttando anche la ricerca che viene portata avanti nelle università. E questo produce non solo energia pulita, ma anche occupazione

Ci sono economisti, politici e statisti ed associazioni ambientaliste che lo affermano ormai da qualche tempo. Adesso, nonostante nel campo dell’industria ambientale l’Italia abbia perso diversi treni, e primo tra tutti quello fondamentale della ricerca, la tecnologia delle rinnovabili, e più propriamente il fotovoltaico, anche da noi sta iniziando a produrre non solo energia, ma anche posti di lavoro. Sta infatti crescendo il numero di società che realizzano in proprio celle fotovoltaiche senza dover così ricorrere ad importazioni e a partner esteri.
Un esempio può essere la Omniasolar Italia di Benevento che, nata nel 2007 dall’unione di imprenditori del settore e il fondo Atmos Private Equity, ha l’obiettivo di costituire un polo all’avanguardia nella produzione di celle fotovoltaiche. Questo lo possiamo notare all’High Tech Expo di Rho, (Milano), fino al 28 novembre, con una sezione riservata alle tecnologie fotovoltaiche. In questa fase iniziale alla Omniasolar si producono circa 10 megawatt l’anno e si dà lavoro ad una ventina di persone. Ma nel triennio 2008-2011 si porteranno gli addetti fino a 40 occupati per assicurare più turni di lavoro.
Quella di Omniasolar è un esempio di come si può iniziare in un settore in rapida evoluzione come quello dell’energia solare. Le ordinazioni provengono dal nord Italia, ma anche da paesi europei e aziende cinesi che si sono interessate alla produzione beneventana.
“V-energy” (Biella) ha invece voluto puntare non solo alla produzione di moduli fotovoltaici, ma ad estendere i servizi anche alla consulenza tecnica-economica, inserendosi nel settore della formazione di progettisti, installatori e incentivando grossisti del comparto. In un mercato molto specializzato, i nostri operatori stanno affrontando una serie di cambiamenti per poter impegnarsi nelle nuove sfide tecnologiche e commerciali, mettendo anche a frutto la sinergia con il know how sviluppato nelle nostre università

fonte: rinnovabili.it

Il caso metano cresce come il suo prezzo

Segnalato dal mensile specializzato “Quattroruote” un fenomeno d’altronde sotto gli occhi di tutti. Mentre negli ultimi tempi il prezzo del petrolio scende e, seppur di poco, scende anche quello di benzina e gasolio, quello del metano invece sale. Come mai?

Quanti italiani, anche sotto la spinta delle campagne che promuovevano carburanti meno inquinanti, ma soprattutto per risparmiare sui prezzi della benzina e del gasolio, rincarati eccessivamente, hanno venduto la loro auto per comprarne una a metano? Bene tutti questi oggi sono piuttosto arrabbiati… Infatti, nonostante il costo del petrolio sia sceso da oltre 145 dollari al barile agli attuali 53, il costo del metano, va in evidente controtendenza.
Infatti quando a luglio la quotazione del greggio aveva raggiunto il suo picco massimo (147,04 dollari al barile), il gasolio alla pompa era venduto mediamente a 1,528 euro e il metano 0,905: differenza 62 centesimi e un -40% Oggi, con il gasolio a 1,149 euro e il metano invece cresciuto a 0,930 la differenza è diventata di soli 22 centesimi ed un -19% (quasi la metà rispetto a luglio). E allora tutta la convenienza di questo tipo di alimentazione? Cosa è successo? Si tratta di pressione fiscale o, come al solito, di speculazione nel meccanismo di formazione del prezzo oppure di mancanza di regole certe? Antitrust o Mister Prezzi, che fanno? Spiegheranno se la convenienza del metano, sarà solo ecologica o manterrà un suo vantaggio anche economico? Forse anche il governo potrebbe scomodarsi a fare luce su tali meccanismi, soprattutto in questi tempi di crisi economica e di emergenza ambientale.

fonte: rinnovabili.it

Ambiente; Prestigiacomo: "Più rifiuti biodegradabili e meno CO2 per produrre energia"

"Più rifiuti biodegradabili e meno combustibili fossili per produrre energia"
Lo afferma il Ministro dell’Ambiente Stefania Prestigiacomo commentando l’emendamento governativo che è stato inserito nel decreto rifiuti nel corso dell’esame in Commissione alla Camera.
In pratica la misura approvata consente di includere la quota biodegradabile dei rifiuti (biomasse, rifiuti umidi) nella normativa delle fonti rinnovabili e quindi di far scattare per questa quota gli incentivi di legge previsti per le rinnovabili.
"E’ un intervento importante – spiega il Ministro Prestigiacomo – perché consente di promuovere la valorizzazione energetica dei rifiuti con il doppio effetto di contribuire al loro smaltimento e aumentare la quota di energia rinnovabile nel portafoglio energetico nazionale. Al contempo il provvedimento renderà possibile la riduzione dell’impiego di combustibili fossili, nel caso di utilizzazione del combustibile derivato dai rifiuti (CDR) nelle centrali elettriche, con conseguente riduzione delle emissioni di Co2".
"Quando parliamo di trasformare i rifiuti da problema in risorsa e di moltiplicare la produzione di energia da fonti alternative – prosegue Stefania Prestigiacomo – pensiamo anche a provvedimenti come questo, che fanno parte di una strategia complessiva di indirizzo delle politiche del governo per uno sviluppo ecosostenibile".

fonte: minambiente.it

Ambiente; concessa l'AIA: la centrale di Fusina brucerà anche rifiuti al posto del carbone

Con un decreto del ministro dell'Ambiente, Stefania Prestigiacomo, il ministero ha dato il definitivo via libera alla concessione dell'Autorizzazione integrata ambientale (AIA) per l'incenerimento di 70mila tonnellate di Combustibile derivato dai rifiuti (Cdr) nell'impianto "Andrea Palladio" della centrale a carbone Enel di Fusina, in provincia di Venezia.
"L'utilizzo di tecnologie innovative permetterà di sostituire 70mila tonnellate di Cdr, di alta qualità e certificato, ad un'equivalente quantità di carbone che prima veniva bruciato nella centrale – ha affermato Prestigiacomo -. In questo modo si raggiungono ottimi risultati: una notevole diminuzione delle emissioni di CO2 e l'eliminazione degli scarti, perché le ceneri saranno trattate, trasformate in cemento e quindi riutilizzate. Il tutto porterà a un risparmio annuo di 12 milioni di euro per i cittadini e le amministrazioni locali grazie alla corretta gestione del ciclo dei rifiuti. Insomma, si risolve un problema ambientale sia dal punto di vista ecologico sia da quello economico".
"La chiusura definitiva del procedimento amministrativo – ha detto ancora il ministro - è un importante passo avanti, anche perché è la prima volta che si concede l'AIA su un impianto esistente. I problemi sono stati maggiori rispetto a strutture di nuova generazione e i requisiti di controllo per il rinnovamento dell'impianto sono stati vagliati con la massima attenzione e in perfetta sintonia con gli enti locali".

fonte: minambiente.it

Mantenere gli obbiettivi sul clima

La cancelliera tedesca Angela Merkel ha esortato l'Ue sul pacchetto salva-clima: «Lo dico molto chiaramente, non credo che sarebbe giusto sacrificare gli obiettivi climatici dell'Unione Europea a causa della crisi economica»

La cancelliera tedesca Angela Merkel ha esortato l'Unione Europea a mantenere gli obiettivi del pacchetto salva-clima malgrado la crisi. "Lo dico molto chiaramente, non credo che sarebbe giusto sacrificare gli obiettivi climatici dell'Unione Europea" a causa della crisi economica, ha detto la cancelliera al Parlamento durante un dibattito sulla Finanziaria 2009.

"Le mete devono rimanere le stesse", ha sottolineato. Tra gli obiettivi dell'Ue, da raggiungere entro il 2020, ci sono la riduzione del 20% delle emissioni di gas serra, l'aumento del 20% delle energie rinnovabili e un aumento del 20% di efficienza energetica.
L'Italia, che ha chiesto tra l'altro una "clausola di revisione" sulle misure di lotta ai gas ad effetto serra, e altri stati della comunità europea - tra cui la Polonia - hanno annunciato che le previste misure graveranno pesantemente sulle loro economie.

fonte: lanuovaecologia.it

mercoledì 26 novembre 2008

"Raccogliamo Miglia Verdi", a Piacenza 32 tonnellate di CO2 in meno

Dodici scuole elementari di Piacenza, sessantasei classi, quasi 1400 alunni impegnati per un mese intero nella quarta edizione della gara a muoversi "sostenibile". Per un totale di 32 tonnellate di CO2 risparmiate all´ambiente. E´ il frutto di "Raccogliamo Miglia Verdi", il progetto di educazione ambientale e mobilità sostenibile promosso dal Centro di educazione ambientale Infoambiente negli istituti piacentini, sulla base delle esperienze positive già sperimentate nei Comuni di Reggio Emilia e di Padova. Premiate pochi giorni fa (il 20 novembre) le classi vincitrici, in occasione della ricorrenza della Convenzione ONU e della delibera dell´Assemblea generale delle Nazioni Unite sui diritti dell´infanzia e alla presenza del sindaco di Piacenza Roberto Reggi, dell’assessore Giovanni Castagnetti e del rappresentante UNICEF Giovanni Cuminetti, nonché dei rappresentanti dei due sponsor Tempi Servizi e Tempi Agenzia, che hanno provveduto alla consegna dei premi ai vincitori.

Doppio l´impegno dei bambini: da una parte, andare a scuola con mezzi di trasporto non inquinanti messi loro a disposizione, dall´altra farsi "promotori" in famiglia di comportamenti virtuosi in fatto di mobilità, ma anche di risparmio energetico e idrico, di raccolta differenziata, di comportamenti d´acquisto responsabili. Mossi da una motivazione ideale, quella di raccogliere "miglia verdi" sufficienti per arrivare fino a Kyoto e portare a casa il Protocollo. E i bambini son andati ben oltre, totalizzando 84.580 miglia verdi (quando andare e tornare da Kyoto misura 20.570 miglia).

Premiate sei classi con materiale scolastico e di educazione ambientale messo a disposizione da ENIScuola e dalla Regione Emilia-Romagna, mentre le due scuole che hanno sommato il maggior numero di Miglia Verdi avranno a disposizione un pullman (concesso gratuitamente da Tempi Agenzia) da utilizzare per una gita sul territorio piacentino.

fonte: ermesambiente.it

I Magazzini Generali delle Tagliate scelgono il sole

Sfruttare una fonte di energia pulita e gratuita per risparmiare e ridurre le emissioni di CO2. Anche nel settore privato, perché una politica ambientale lungimirante significa vantaggi competitivi e reputazione, responsabilità sociale e costi energetici meno salati. Inaugura stamattina a Castelfranco Emilia (Mo) il nuovo impianto fotovoltaico che ricoprirà i Magazzini Generali delle Tagliate, con una superficie di 2700 metri quadrati in grado di catturare energia solare per venti anni garantiti. Dimensioni mastodontiche per una struttura che si colloca per potenza al quarto posto in regione e tra i primi sessanta in tutto il Paese. L´appuntamento è alle 9,30 presso la biblioteca di Castelfranco con il convegno Agriday, al termine del quale verrà ufficialmente varata la nuova copertura di via Emilia.

Tecnicamente, si tratta di ben 2040 pannelli in silicio monocristallino (prodotti dall´azienda Sharp) che si abbinano a 5 convertitori per la corrente alternata forniti da Siel. Questo significa per Magazzini Generali di Tagliate, la società del gruppo Credem specializzata nei servizi di stagionatura, manutenzione, custodia e logistica di Parmigiano reggiano e Grana Padano, avere 440mila chilowattora di energia elettrica ogni anno (l´equivalente stimato dei consumi medi di 150 famiglie).

"In media, ogni chilowattora prodotto con il fotovoltaico determina una riduzione di 0,5 kg di anidride carbonica nell´aria - ha sottolineato il direttore generale Walter Bizzarri - Grazie al nuovo impianto saranno quindi eliminate 220 di tonnellate all´anno di CO2".

Installata dall´azienda reggiana Electric World, la struttura è stata realizzata grazie alla società Credemleasing (una realtà facente parte di Credem), la quale è convenzionata con l´azienda pubblica Gse che gestisce agevolazioni per l´utilizzo delle energie rinnovabili, oltre a promuovere installazioni fotovoltaiche negli stabilimenti industriali e commerciali.


fonte: ermesambiente.it

Nuova direttiva sui rifiuti, attuazione entro il 12 dicembre 2010

Netta definizione dei confini tra "rifiuti", "sottoprodotti" e "materie prime secondarie", nuove definizioni di "riciclaggio" e "recupero". Queste le principali novità della nuova direttiva 2008/98/Ce sui rifiuti.

Il nuovo provvedimento, pubblicato sulla Gazzetta ufficiale dell'Unione europea del 22 novembre 2008 sostituirà dal 12 dicembre 2010 l'attuale direttiva 2006/12/Ce, la direttiva 75/439/Cee sull'eliminazione degli oli usati e la direttiva 91/689/Cee sui rifiuti pericolosi, obbligando gli Stati membri ad allineare entro la medesima data le loro relative regole interne.

fonte: reteambiente.it

OLTRE 2 MILIONI DI OCCUPATI NELL'EOLICO AL 2020

L'eolico potrà fornire il12% dell'energia elettrica mondiale al 2020, permettendo di risparmiare in 12 anni circa 10 miliardi di tonnellate di CO2, pari al doppio di quanto emesso dalla Cina nel 2005. Questo il dato principale del nuovo rapporto "Global Wind Energy Outlook 2008", presentato oggi a Pechino da Greenpeace e dal GWEC (Global Wind Energy Council). Il rapporto è stato lanciato a Pechino perché la Cina è il mercato in maggiore espansione per l'eolico a livello mondiale, ed entro la fine del 2009 diventerà il primo Paese nella produzione di turbine e apparecchiature in grado di catturare l'energia del vento.

Al 2050 oltre il 30% del fabbisogno mondiale di elettricità potrebbe arrivare dal vento ( Il rapporto completo "Global Wind Energy Outlook 2008"). "Abbiamo pochi anni per ridurre le emissioni mondiali di CO2 e l'eolico avrà un ruolo cruciale. Nessun'altra tecnologia è in grado di fornire un tale contributo su scala mondiale in tempi così ristretti" afferma Steve Sawyer, Segretario Generale del GWEC.

"Oltre ai benefici per l'ambiente, l'eolico èun settore in grado di sostenere l'economia in un periodo di recessione - afferma Giuseppe Onufrio, direttore delle Campagne di Greenpeace Italia -. Sono circa 350 mila i 'colletti verdi' che lavorano già oggi nell'industria eolica, e il dato sugli occupati salirà a oltre 2 milioni al 2020".

Il settore della produzione di energia elettrica è responsabile di circa il 40% delle emissioni mondiali di CO2 e senza il rapido dispiegamento di misure radicali per l'efficienza energetica e lo sviluppo delle rinnovabili, a partire dall'eolico, non sarà possibile mantenere l'aumento della temperatura terrestre entro i 2 gradi centigradi, con conseguenze irreversibili per il Pianeta.

"I governi hanno il dovere morale nei confronti delle future generazioni di avviare adesso una rivoluzione energetica pulita - sostiene Francesco Tedesco, responsabile campagna Energia e Clima di Greenpeace -. L'ostilità del governo italiano al pacchetto europeo 'clima ed energia' ci ridicolizza e mostra chiaramente che Berlusconi non è all'altezza degli altri premier europei".

La situazione in Italia è paradossale se pensiamo che nel 2007 gli incentivi per le rinnovabili sono stati pari a 932 milioni di euro mentre i sussidi alle fonti fossili (fonti assimilate e rifiuti attraverso il meccanismo CIP6) sono ammontate a 5,3 miliardi, cinque volte tanto (scheda sui sussidi all'energia).

fonte: ambiente.it

Lancio mondiale del Living Planet Report 2008

L'umanità è in debito ecologico nei confronti del Pianeta, c'è un terzo di pianeta sottoforma di acqua, suolo fertile, foreste, risorse ittiche che l’umanità consuma freneticamente ma che in realtà non esiste perché ancora non si è potuto rigenerare. Quello che nel 1961 era ancora un credito rispetto al nostro utilizzo di risorse si è trasformato in un debito crescente. Negli ultimi 45 anni la domanda dell’umanità sul pianeta è più che raddoppiata in conseguenza dell’incremento demografico e dei crescenti consumi individuali. E’ questo il duro monito contenuto nell’ultima edizione del Living Planet Report del WWF, la principale analisi dello stato di salute del pianeta lanciata oggi al livello mondiale. Inoltre, lo stato di salute dell’ambiente globale e della biodiversità è in continuo declino e sempre più aree del pianeta stanno andando verso uno stato di stress idrico permanente o stagionale.

“Il mondo sta vivendo l’incubo di una recessione economica per aver sovra-stimato le risorse finanziarie a disposizione– ha dichiarato James Leape, direttore del WWF Internazionale - ma una crisi ancor più grave è alle porte – ovvero, l’erosione del credito ecologico causato dall’aver sottovalutato l’importanza delle risorse ambientali come base del benessere di ogni società. Se la nostra pressione sulla Terra continuerà a crescere ai ritmi attuali, intorno al 2035 potremmo avere bisogno di un altro pianeta per mantenere gli stessi stili di vita”. Il Report, prodotto dal WWF insieme alla Società Zoologica di Londra (ZSL) e al Global Footprint Network, mostra come oltre tre quarti della popolazione umana viva in paesi che sono ‘debitori’ in termini ecologici, dove i consumi nazionali hanno abbondantemente superato la capacità biologica nazionale.

“Troppo spesso i nostri stili di vita, la nostra crescita economica consumano, in maniera sempre più insostenibile, il capitale ecologico di altre parti del mondo – dichiara Gianfranco Bologna, direttore Scientifico del WWF Italia - Nel 1961 quasi tutti i paesi del mondo possedevano una capacità più che sufficiente a soddisfare la propria domanda interna, al 2005 la situazione è radicalmente mutata e molti paesi sono in grado di soddisfare i loro bisogni solo importando risorse da altre nazioni ed utilizzando l’atmosfera terrestre come un’ enorme “discarica” di anidride carbonica ed altri gas ad effetto serra".

Dieci anni di LIving Planet -

Il Report viene pubblicato dal 1998 e, a partire dal 2000, ogni due anni (l’attuale è la settima edizione del Rapporto). Nell’edizione del 2008 viene resa nota, per la prima volta, la misurazione l’Impronta idrica, sia al livello nazionale che globale che si aggiunge come indicatore aggregato agli altri due, ovvero, l’Impronta Ecologica, l’analisi della domanda di risorse naturali derivante dall’attività umana, e l’Indice del Pianeta Vivente, la misurazione dello stato di salute dei sistemi naturali. L’Indice del Pianeta Vivente, compilato in particolare dalla Società Zoologica di Londra, mostra come dal 1970 si sia verificato il declino complessivo della biodiversità (della ricchezza della vita sul pianeta) di circa il 30% tenendo conto dell’analisi di circa 5.000 popolazioni di 1.686 specie di animali vertebrati (mammiferi, uccelli, rettili, anfibi e pesci). Nelle aree tropicali la riduzione è più drammatica che altrove, essendo al 50%, e le cause principali sono costituite dalla deforestazione e dalle modificazioni dell’uso del suolo; per le specie di acqua dolce le cause principali sono l’impatto delle dighe, la deviazione dei corsi fluviali e i cambiamenti climatici (per un declino del 35%). Gli ambienti costieri e marini invece soffrono soprattutto di inquinamento e di pesca eccessiva o distruttiva.

La recessione ecologica.

In molte città europee il lancio del Living Planet Report è stato accompagnato da un evento con 1.600 panda di cartapesta. Qui siamo ad Amsterdam“Abbiamo nei confronti del pianeta lo stesso atteggiamento dilapidatorio che le istituzioni finanziarie hanno avuto nei mercati. Siamo abituati a pensare nel breve termine mirando ad una crescita materiale e quantitativa ormai insostenibile basata sullo sfruttamento dissennato delle risorse naturali senza alcuna considerazione delle generazioni che abiteranno questo pianeta dopo di noi – continua Bologna – Gli effetti di una crisi ecologica globale sono persino più gravi del disastro economico attuale”.

Le emissioni di anidride carbonica da fonti di energia fossili e il consumo del suolo costituiscono tra le attività umane, quelle che più pesano nel calcolo dell’Impronta Ecologica e che si legano ad una delle maggiori cause di pericolo attuale, ovvero, i cambiamenti climatici. L’analisi dell’Impronta Ecologica, prodotta dal Global Footprint Network, mostra come la biocapacità globale – ovvero, l’area necessaria a produrre le risorse primarie per i nostri consumi e a “catturare” le nostre emissioni di gas serra – è di circa 2.1 ettari ‘globali pro-capite mentre l’Impronta ecologica e cioè il nostro utilizzo delle capacità produttive dei sistemi naturali sale a 2.7 ettari globali pro-capite. Abbiamo quindi un deficit di 0,6 ettari globali pro-capite. “Continuare ad alimentare il nostro deficit ecologico avrà ripercussioni gravi anche in economia – ha dichiarato il direttore esecutivo del GFN, Mathis Wackernagel – Il limite della disponibilità delle risorse e il collasso dei sistemi naturali possono far scattare una potente stagflazione (l’incrocio tra stagnazione ed inflazione) con un crollo del valore degli investimenti mentre i costi di cibo ed energia salgono alle stelle".

Stati Uniti e Cina hanno le Impronte Ecologiche nazionali maggiori, con circa il 21% ciascuna di consumo della biocapacità globale, ma nei valori pro-capite gli statunitensi mantengono il primato assoluto di grandi divoratori del pianeta, richiedendo una media di 9.4 ettari globali (come dire, che ciascun americano vive con le risorse di circa 4.5 pianeti) mentre i cittadini cinesi sono su una media di 2.1 ettari pro-capite (un solo Pianeta). L’Italia è al 24° posto.

Invertire la rotta si può

“I dati contenuti nel Living Planet rappresentano delle chiare e inequivocabili indicazioni su cosa bisogna fare – ha dichiarato James Leape, Direttore Gebnerale WWF Internazionale - La nostra speranza è che negli anni a venire noi potremo rilevare un aumento dell’Indice del Pianeta Vivente, un’Impronta Ecologica più ridotta e una disponibilità di acqua maggiore in molte parti del pianeta”. Il Report suggerisce alcune strategie di “sostenibilità” che se combinate tra loro possono stabilizzare o invertire la rotta che ci sta portando verso il debito ecologico e a un danno permanente di tutti i sistemi globali che sostengono il nostro sviluppo. Per quella che si ritiene come la sfida più importante – i cambiamenti climatici – il Report mostra come un insieme di azioni mirate all’efficienza, all’uso delle rinnovabili e alle tecnologie a basse emissioni possa soddisfare la domanda di energia prevista per il 2050 con una riduzione in emissioni di CO2 dal 60 all’80%.

In occasione del lancio il WWF ha organizzato in Italia un incontro dal titolo “Economia e Sostenibilità”: presso la sede nazionale del WWF Italia, a Roma, con la partecipazione di Piero Angela, Angelo Maria Petroni, Segretario generale Aspen Institute e Professore di Epistemologia delle Scienze Sociali dell’Università di Bologna, Riccardo Valentini, direttore del Dipartimento di Scienze Ambiente Forestale dell’Università della Tuscia, Michele Candotti, direttore generale del WWF Italia e Gianfranco Bologna direttore scientifico del WWF Italia.

Scarica il Living Planet Report completo (in italiano) >>

fonte: wwf.it

OCEANA, FALLIMENTO ICCAT CONDANNA FUTURO TONNO ROSSO

''Da Marrakech un esito disastroso per il futuro del tonno rosso''. Con queste parole l' associazione Oceana commenta la conclusione dei lavori della 16/a riunione dell'Iccat (Commissione Internazionaleper la Conservazione del Tonno Atlantico) in Marocco. Secondo Oceana ''le quote di cattura concordate ignorano completamente le raccomandazioni scientifiche''. L'associazione, che aveva sostenuto una chiusura temporanea della pesca al tonno rosso, si dichiara in un comunicato ''sconcertata da questa decisione che minaccia la futura sopravvivenza di questa specie e soddisfa solamente interessi sul breve periodo dell'industria della pesca''. ''La credibilita' di Iccat - ha dichiarato il direttore generale di Oceana in Europa Xavier Pastor - e' stata demolita dai governi che si sono opposti a delle misure di gestione responsabile del tonno rosso. Invece di adottare misure di preservazione, al fine di evitare il collasso della specie del tonno rosso, questi governi hanno appoggiato gli interessi immediati dell'industria della pesca. Adesso - ha concluso Pastor - non si puo' fare altro che attendere la scomparsa definitiva del tonno rosso''

fonte: ansa.it

TELO PROTEGGI-GHIACCIAIO 'SALVA' 115.000 LITRI ACQUA

ono ''ottimi'', secondo i responsabili, i risultati della prima sperimentazione in Italia di protezione attiva di un ghiacciaio, condotta su una porzione del ghiacciaio Dosde' Orientale nelle Alpi Lombarde: la copertura geotessile, stesa lo scorso 14 maggio dal team di ricercatori guidato dal presidente del Comitato glaciologico italiano, Claudio Smiraglia, ha permesso di 'salvare' uno strato di quasi due metri di neve e ghiaccio, per un totale di 115.000 litri d'acqua. Il geotessile, disposto su una superficie di 150 metri quadrati, costituendo una barriera riflettente per i raggi Uv, ha limitato la fusione dei ghiacci durante l'estate e ha cosi' preservato lo spessore complessivo del ghiacciaio di 190 cm, di cui 75 cm di neve densa al di sopra di 115 cm di ghiaccio. Il prossimo passo, spiegano i ricercatori dell'Universita' di Milano che insieme a Levissima hanno intrapreso lo studio, sara' quello di riposizionare il geotessile su una porzione accanto a quella coperta quest'anno, per salvare un'altra parte di ghiacciaio e ''consentire una migliore distribuzione degli effetti ottenuti''. ''Considerando la continua riduzione dei ghiacciai a causa del riscaldamento climatico in atto, e' certamente impensabile intervenire con strategie di protezione attiva su tutti i ghiacciai italiani - ha commentato Claudio Smiraglia - tuttavia abbiamo verificato l'applicabilita' e l'efficacia di questo metodo, che potrebbe percio' essere applicato in particolari situazioni che lo richiedono''.

fonte: ansa.it

Programma Attuativo FAS Nazionale "Ricerca e Competitività Mezzogiorno e Centro Nord" QSN 2007-2013

Si comunica l'avvio della fase di consultazione ai sensi dell'art.14 comma 2 del D:Lgs 4/2008 del Rapporto Ambientale e del Programma PAN FAS, nell'ambito della procedura di VAS del Programma.
La documentazione relativa al Rapporto Ambientale (e relativi allegati), la Sintesi non tecnica nonché la proposta del Programma, è disponibile sul sito di questo Ministero e di quello del Ministero dell'Istruzione e dell'Università e della Ricerca (http://www.ponricerca.it/Public/PonRicerca/F1848/F1848.aspx).

fonte: minambiente.it

Politica, cemento e 'ndrangheta Ecco la cupola di Europaradiso

Politici, imprenditori e funzionari pubblici indagati per concorso esterno in associazione mafiosa e corruzione e perquisiti nell'inchiesta che ha portato al fermo di 24 affiliati alle cosche di Crotone. In questo contesto sono avvenuti i tentativi di infiltrazione mafiosa nel megaprogetto turistico al momento accantonato

Le mani della ’ndrangheta sul progetto di Europaradiso. È questa l’ipotesi degli investigatori che questa mattina hanno effettuato una serie di perquisizioni a Crotone e in altre città fuori dalla Calabria. Un’operazione che ha coinvolto anche politici, imprenditori e funzionari pubblici indagati nell'inchiesta che ha portato al fermo di 24 affiliati alle cosche di Crotone. Dalle indagini sono emerse pesanti interferenze delle cosche nella vita politica e amministrativa di Crotone, peraltro già denunciate da un'ex parlamentare. Le cosche sostenevano gli amministratori locali al momento del voto ricavandone vantaggi per i loro affari. In questo contesto sono avvenuti i tentativi di infiltrazione mafiosa nel progetto turistico Europaradiso, al momento accantonato.

IPOTESI DI CORRUZIONE. Nei confronti dei politici, imprenditori e funzionari pubblici indagati, che sarebbero intervenuti per influenzare l'iter burocratico di approvazione del progetto Europaradiso, vengono ipotizzati vari reati, tra cui la corruzione, per avere promesso, elargito e ricevuto somme di danaro per condizionare, ai vari livelli amministrativi, la realizzazione della struttura turistica. Oltre ai fermi gli agenti della Polizia di Stato hanno perquisito le abitazioni dell'ex direttore generale del Comune di Crotone, Francesco Antonio Sulla; del capogruppo del Pd in consiglio comunale Giuseppe Mercurio; dell'architetto del comune Gaetano Stabile; dell'agente immobiliare, Romano Rocco Enrizo; dell'ex vice sindaco, Armando Riganello (An); del presidente della Camera di commercio, Fortunato Roberto Salerno; del capo di gabinetto del Ministero dell'Ambiente, Emilio Brogi; del direttore generale del Ministero dell'Ambiente, Aldo Cosentino; e di un funzionario dell'Unione Europea, Riccardo Menghi. Le ipotesi di accusa sono a vario titolo di concorso esterno in associazione mafiosa e corruzione aggravata dalla modalità mafiosa. Nel maggio scorso a Francesco Sulla era stata già notificata una informazione di garanzia e successivamente l'ex direttore generale del Comune era stato sentito dal sostituto procuratore Pierpaolo Bruni.

IL COLLABORATORE DI MATTEOLI. Uno degli indagati Emilio Brogi, è attualmente capo della segreteria del Ministro delle Infrastrutture, Altero Matteoli. Il presunto coinvolgimento di Brogi nell'inchiesta è riferito a quando nel 2005 era nella segreteria tecnica sempre di Matteoli, allora ministro dell'Ambiente. A Brogi è stata perquisita l'abitazione in provincia di Livorno ed altre strutture di sua pertinenza. L'accusa sostiene che Brogi ed il direttore generale dello stesso Ministero, Aldo Cosentino, avrebbero trasmesso volutamente all'Unione Europea una documentazione parziale circa i vincoli a cui era sottoposta l'area sulla quale doveva sorgere la mega struttura turistica Europaradiso. Ma Emilio Brogi respinge le accuse con decisione. "Sono del tutto estraneo ai fatti che mi vengono contestati – replica – Ho fiducia nella magistratura e nelle forze dell'ordine con cui collaborerò attivamente per dimostrare la mia piena estraneità. Desidero precisare che non sono mai stato capo di gabinetto del ministero dell'Ambiente, all'epoca dei fatti oggetto di indagine ero capo della segreteria del ministro".
PRESSIONI SUI VINCOLI. Indaini e perquisizioni anche nei confronti di Salvatore Aracri e Antonio Francesco Russelli. Secondo gli investigatori le cosche di Crotone si sarebbero interessate a fare in modo che l'area dove doveva sorgere la struttura di Europaradiso non fosse sottoposta ai vincoli previsti dalle zone a protezione speciale (Zps).
Gli inquirenti ritengono inoltre che, attraverso i funzionari del ministero dell'Ambiente, sarebbe stata inviata all'Unione Europea una documentazione parziale per quanto riguarda i vincoli a cui era sottoposta l'area dove si intendeva realizzare la mega struttura turistica. Dalle indagini emergerebbe che tutte le cosche del crotonese, anche quelle storicamente in contrasto tra loro, erano fortemente interessate all'opera.
LE DENUCE DELL’EX PARLAMENTARE. Le interferenze e le infiltrazioni erano state denunciate in passato dall'ex parlamentare dei Ds, Marilina Intrieri, la quale in diverse occasioni aveva evidenziato rapporti privilegiati di alcune cosche con amministratori locali eletti con l'appoggio della criminalità organizzata.
La Intrieri aveva denunciato anche i tentativi di infiltrazione mafiosa nella realizzazione della mega struttura turistica Europaradiso. Un fermo decisivo alla realizzazione della struttura fu dato dalla Giunta Regionale in carica che bocciò il progetto, dopo una riunione e una relazione dell' allora vicepresidente dell'esecutivo, Nicola Adamo, attuale capogruppo alla Regione del partito Democratico. In una delle denunce fatte nel marzo scorso, l'ex parlamentare affermò che c'era "il tentativo costante della 'ndrangheta crotonese di farsi istituzione candidando i propri familiari nelle liste elettorali e inserendoli nel governo degli enti locali''.
IL PASSAGGIO DEI SOLDI. “Su Europaradiso abbiamo la prova del passaggio dei soldi”. Lo ha detto il procuratore aggiunto della Direzione nazionale antimafia, Emilio Le Donne, nel corso della conferenza stampa sui fermi degli esponenti delle cosche di Crotone. "La vicenda di Europaradiso - ha aggiunto - rappresenta una fetta di questa operazione ed evidenzia il sistema corruttivo nelle pubbliche amministrazioni fino a permeare alti funzionari di ministeri". "Dalle intercettazioni - ha proseguito Le Donne - emerge la consegna di denaro e nella fattispecie una somma di quindicimila euro ed una di quattromila. Bisogna insistere su questa strada in modo da eliminare le infedeltà che ci stanno nella pubblica amministrazione". Il Procuratore di Catanzaro, Vincenzo Antonio Lombardo, ha evidenziato che "dalle intercettazioni e dalle indagini emerge come le cosche hanno tentato di mettere le mani sulla grande opera di Europaradiso"

Riscaldamento globale, Accordo Ue-Isole del Pacifico

Le isole del Pacifico sono a rischio a causa dell'effetto serra e l’Unione Europea le aiuterà ad affrontare la minaccia dando sostegno a progetti di conservazione delle risorse naturali, di energie rinnovabili e di ricerca locale sul cambiamento climatico

L'Unione Europea aiuterà le isole del Pacifico ad affrontare la minaccia del riscaldamento globale, che si teme possa rendere inabitabili, se non sommergere del tutto, le isole meno elevate. Secondo l'accordo raggiunto con il Forum delle isole del Pacifico (Pif), a cui aderiscono 14 Stati-arcipelago più Australia e Nuova Zelanda, l'Ue fornirà assistenza tecnica e finanziaria.

In collaborazione con Australia e Nuova Zelanda, riferisce l'agenzia australiana Aap, l'Ue darà sostegno a progetti di conservazione delle risorse naturali, di energie rinnovabili e di ricerca locale sul cambiamento climatico.La dichiarazione congiunta osserva che l'Ue e le isole del Pacifico hanno preoccupazioni simili e che le differenti posizioni possono essere riconciliate, data l'urgenza del riscaldamento globale.

"E' un importante progresso verso approcci congiunti e obiettivi ambiziosi per un accordo post-Kyoto", si dichiara.Il presidente di turno del Pif, che ha partecipato con la Ue alla tavola rotonda sul clima a Strasburgo, è il premier del minuscolo Stato-isola di Niue, Toke Tilagi. "Questa - ha detto - è una regione dove un aumento di due gradi nella temperatura globale significa la differenza fra vita e morte"

fonte: lanuovaecologia.it
Google

Passatempo Preistorico

Moonstone Madness

Pronti a partire, pronti per distruggere tutto? Bene, allora fate un salto indietro nell'era preistorica e immergetevi in questa nuova avventura dal gusto tribale. A bordo del vostro cinghiale dovrete raccogliere le gemme preziose necessarie per passare alle missioni successive, saltando gli ostacoli se non volete perdere il vostro bottino e distruggendo i totem a testate per conquistare altre gemme utili. Inoltre, una magica piuma vi catapulterà verso il cielo dove punti e gemme preziose sono presenti in gran quantità, per cui approfittatene! cercate di completare la missione entro il tempo limite, utilizzando le FRECCE direzionali per muovervi, abbassarvi e saltare, e la SPACEBAR per prendere a testate i totem.

Change.org|Start Petition

Blog Action Day 2009

24 October 2009 INTERNATIONAL DAY OF CLIMATE ACTION

Parco Sempione - Ecopass 2008

Powered By Blogger