venerdì 30 ottobre 2009

Minuto, asino tecnologico in viaggio per l'ambiente

Si chiama Minuto e apparentemente è solo uno stravagante asino, in giro per le Asturie, con una buffa attrezzatura sulla schiena. In realtà è molto di più. Un esempio di media art, una performance, un modello di ecologia e di vita sostenibile. E ancora un sito web strutturato come un blog in continuo aggiornamento. Insieme all'asino ci sono l'artista Cristian Bettini e il fotografo Martin Ruano. Ripercorrendo la memoria letteraria di Cervantes lo strano terzetto attraversa, per circa tre mesi, le Asturie vivendo in stretto contatto con la gente, le tradizioni locali e "geoetichettando" il mondo asturiano. Lo scopo finale, infatti, è soprattutto la realizzazione di una Green Map per un progetto internazionale che si propone di creare una carta del mondo basandosi su un'etica di sostenibilità ambientale. La mappa verde evidenzierà la presenza di eco-sistemi a rischio, denuncerà l'eventuale contaminazione e l'uso insostenibile della terra.

"Durante i loro viaggi i tre racconteranno in tempo reale le loro avventure attraverso il sito", spiega la curatrice Roberta Bosco, "ogni giorno saranno on line nuovi video e foto, chiunque è invitato ad unirsi alla comitiva e Minuto si fermerà nelle scuole".

Nel sito web si formeranno mapas dove sarà possibile seguire il viaggio in modo interattivo. C'è un mapa de cuentos, un mapa de fotos e un mapa de videos. Per gli artisti non ci sono alberghi e comodità perché la regola è che devono dormire dove dorme l'asino. Cercheranno, invece, ospitalità delle persone che potrà accoglierli nei loro giardini (offrendo dell'erba per l'asino).

Minuto è equipaggiato di placche solari, videocamere e gps. Perché proprio un asino? "Perché l'asino è un mezzo appartenente a un mondo vicino ma che la tecnologia ha reso rapidamente obsoleto", spiega la Bosco, "il progetto, per essere fedele alle sue premesse, non poteva funzionare se gli artisti avessero viaggiato con mezzi pubblici. La sostenibilità e il riciclaggio sono il tema portante di donkijote e l'aggiornamento del sito avviene grazie all'alimentazione delle placche solari che caricano il computer, le videocamere, il gps e i cellulari per le connessioni internet".

Il vagare di Minuto è testimoniato con tutti gli strumenti contemporanei: blog con archivi, diffusione di foto e video con Flickr e YouTube, mappe interattive per foto, video e racconti e le green map costruite sulle interfacce open source di Google Maps. Grazie a Skype il pubblico può contattare direttamente gli artisti nel loro cammino.

Ma anche streaming in tempo reale attraverso webcam (audio/video) della sala espositiva nella LABoral (Centro de Arte y Creación Industrial di Gijon), http://www.donkijote.org/exposicion/streaming/ e una mostra, fino all'11 gennaio 2010, nella sala Plataforma 1 (sempre della LABoral) permetterà al pubblico di seguire le avventure di Minuto e contribuire (utilizzando gli adesivi preparati) alla creazione di una grande mappa reale (10x10 metri) http://www. donkijote. org/exposicion/la-sala/. Nel frattempo nelle pareti della sala si proietteranno le fotografie del viaggio (1.338 fino ad ora) e, in un'area sonoramente isolata gli 88 video realizzati dagli artisti (http://www.youtube.com/user/DonkijoteenAsturias).

"Scopo della nostra iniziativa", concludono gli artisti, "è incoraggiare il pubblico a porsi delle domande su dove stiamo andando, su che relazione esiste ancora tra l'ambiente rurale e la città, su quanto la tecnologia ci sta spingendo verso un mondo virtuale e anche su cosa stiamo perdendo di vista del nostro passato".

fonte: repubblica.it

Nave di Cetraro, le reazioni

È stato accolto con un sospiro di sollievo in Calabria l'annuncio che il relitto scoperto in mare a largo di Cetraro non è quello della Cunsky, come aveva indicato il pentito di 'ndrangheta, Francesco Fonti. La notizia degli esiti delle verifiche effettuate dalla nave Mare Oceano, che escludono la presenza di radioattività, è stata salutata con soddisfazione dal sindaco della cittadina tirrenica, Giuseppe Aieta. "È una notizia bellissima - ha detto - però mi pongo il problema di come quel relitto continui e possa ancora continuare a rappresentare un ostacolo per settori vitali per la nostra economia. Adesso chiedo semplicemente che quel relitto venga rimosso per farne un simbolo in positivo ed esporlo nel porto della mia città. Secondo me questa potrebbe essere un'operazione mediatica pari a quella che si è verificata quando è scoppiato il caso".

Bocche cucite nella Procura della Repubblica di Paola da dove é partita l'inchiesta sui rifiuti radioattivi."Non avendo visionato nulla nel prosieguo dell'inchiesta - ha detto il procuratore capo Bruno Giordano - non ho commenti da fare". Per il presidente della Regione Calabria, Agazio Loiero, "gli esiti degli accertamenti corrispondono a quanto da noi auspicato. I risultati arrivano oggi, ma forse potevano arrivare un po' prima per tranquillizzare i calabresi e consentire l'attività di pesca". Secondo Loiero, "se il caso Cetraro è chiuso, ci auguriamo che il governo continui ad occuparsi della situazione ambientale della Calabria con tutte le verifiche possibili in mare ed a terra e la bonifica di tutti i siti inquinati da scorie". Dal fronte ambientalista arriva l'appello a non chiudere il capitolo delle navi dei veleni.

"L'esito delle indagini sul delitto di Cetraro annunciate oggi - ha sostenuto Fulco Pratesi, presidente onorario del Wwf Italia - non può oscurare la ricerca della verità sulle navi dei veleni. La buona notizia di oggi darà senz'altro una pausa di sollievo ai cittadini della costa calabrese e di questo siamo contenti ma non bisogna comunque dimenticare che la rilevanza e la gravità dei traffici internazionali illeciti di rifiuti pericolosi e radioattivi, connessi anche al traffico d'armi e alla nascita e al consolidamento di una rete criminale internazionale, hanno riscontri ufficiali dalla metà degli anni '90''.
L'avvocato Claudia Conidi, legale di Francesco Fonti, difende l'attendibilità del pentito che ha parlato dell'affondamento delle navi dei veleni in Calabria. "Sul fatto che le tre navi da lui affondate avrebbero continuato a navigare dopo il 1992 - ha detto il legale - lo stesso ha sempre ribadito che non ha affondato dei nomi, ma delle navi. Quei nomi di navi non erano stati da lui verificati prima dell'affondamento. E nulla osta a che proprio quell'indicazione erronea, evidentemente voluta e a lui fatta, si sia poi rivelata nel tempo idonea a renderlo inattendibile agli occhi di chi avrebbe raccolto il suo dire".
La vicenda è stata lo spunto per il sottosegretario all' Ambiente, Roberto Menia, per chidere le dimissioni dell'assessore della Regione Calabria Silvio Greco. "Chi ha messo in piedi questa cosa - ha detto Menia - se avesse un po' di dignità dovrebbe dare le dimissioni. Una settimana fa 50 sindaci manifestavano sotto Palazzo Chigi, capeggiati dall'assessore regionale calabrese all'Ambiente, Silvio Greco, che ora deve chiedere scusa alla sua gente e se avesse un po' di dignità dovrebbe dare le dimissioni". Pronta la replica del presidente della Regione, Agazio Loiero. "L'assessore Silvio Greco - ha detto - è solo da elogiare per il grande lavoro e per i risultati che ha ottenuto non solo in questa vicenda di Cetraro. Speriamo di non dover chiedere noi le dimissioni del sottosegretario Menia"

fonte: lanuovaecologia.it

«Quel relitto non è la Cunsky»

L'ANNUNCIO. Quella adagiata a quasi 500 metri di profondità a largo di Cetraro non è la Kunsky. E non c'è traccia in zona di radioattività. "Il caso del relitto di Cetraro - ha detto ieri il Procuratore nazionale antimafia Piero Grasso - è chiuso ma quello dell'inquinamento, in generale, della Calabria è sempre aperto. Serve certo un programma organico di interventi, per la Calabria, per accertare se vi è necessità di bonifiche alle quali procedere con risorse adeguate". Quella individuata a metà settembre è una nave passeggeri lunga 103 metri, il Catania, costruita a Palermo nel 1906, dell'armatore 'Società marittima italiana' di Genova, silurata nel corso della Prima Guerra Mondiale da un sommergibile tedesco, il 16 marzo 1917, nel viaggio di ritorno sulla tratta Bombay-Napoli. Niente contaminazioni radioattive fino a 300 metri di profondità e per un raggio di 7 chilometri, né fusti a rischio (erano maniche a vento cilindriche). L'annuncio è stato dato in una conferenza stampa congiunta del Procuratore Grasso, del ministro dell'Ambiente, Stefania Prestigiacomo, e delle procure di Catanzaro e Reggio Calabria, convocata a Roma alla sede della Direzione nazionale antimafia.

LA POLEMICA. Quarantasette giorni con il fiato sospeso che hanno procurato non poco allarme nella popolazione e danni economici soprattutto alla pesca e al turismo. E su questo punto è deciso il ministro Prestigiacomo: "Quarantasette giorni, quanto è durata questa vicenda, sono un tempo record per fare piena luce, come abbiamo fatto. Abbiamo registrato un tentativo di soffiare su questa vicenda da parte di chi, amministratori e sindaci, avrebbero dovuto agire con più cautela. Abbiamo registrato ostilità a tutti costi delle autorità regionali verso il governo. Oggi è giusto rassicurare al più presto l'opinione pubblica e la popolazione calabrese". Fa eco il procuratore Grasso: "Si è certamente causata una vittima: l'area di Cetraro e la Calabria. Perché gli operatori turistici guardano con timore alla prossima stagione, perché la popolazione si sente in pericolo temendo per le condizioni di salute, perché i pescatori hanno smesso di pescare". In merito ai risultati la Mare Oceano è costata 40mila euro al giorno.

IL RELITTO. La missione è iniziata il 19 ottobre e ha comportato prima l'individuazione e l'identificazione del relitto rinvenuto a largo di Cetraro e del relativo carico quindi rilievi acustici e poi l'ispezione visiva grazie a un robot subacqueo filoguidato. Infine la raccolta dei campioni e la contestuale misurazione di radioattività che ha dato esito negativo. Sul nome della nave, 'Catania' e non 'Cunsky' (la nave dei veleni) la certezza è data dal fatto che è stampato su una delle fiancate, ha detto il procuratore di Catanzato, Vincenzo Lombardo. Per quanto riguarda il fronte indagini, non ci sono rifiuti tossici nella nave ritrovata a Cetraro, perché "la stiva della nave è vuota". Lo ha chiarito il viceprocuratore di Catanzaro, Giuseppe Borrelli.

IL PENTITO. E sul ruolo del pentito Francesco Fonti, che con le sue dichiarazioni ha dato avvio all'indagine, i magistrati delle procure calabresi di Catanzaro e Reggio Calabria hanno chiarito che "non è attendibile" e non solo perché la nave ritrovata al largo di Cetraro (Cosenza) non è la Cunsky, come indicato da lui, ma anche perché tutte e tre le navi che avrebbe contribuito ad affondare "hanno continuato a navigare anche dopo il '92'', anno al quale risalirebbero gli affondamenti. Su Cetraro "il riscontro è stato negativo - ha detto Grasso - ma le indagini non si fermano". Chiarito anche il capitolo dei fusti a terra: Borrelli ha riferito che "in nessuna circostanza Fonti ha detto che i rifiuti siano stati seppelliti nel greto del fiume Oliva". E per le verifiche a terra, ha sottolineato Prestigiacomo, il ministero dell'Ambiente ha consegnato il piano di caratterizzazione e nelle prossime settimane si effettuerà una campionatura e controlli incrociati

fonte: lanuovaecologia.it

Ue: Adattamento climatico, necessari 100 mld l’anno ai Paesi Poveri

Al prossimo vertice sul clima dell’Onu, l’attesa conferenza danese di dicembre, la Comunità europea porterà la sua proposta di finanziamento da destinare ai Paesi in via di Sviluppo come misura di lotta al surriscaldamento globale. L’entità dell’impegno, secondo una bozza redatta dai leader dell’Unione, non può essere inferiore ai 100 miliardi annui fino al 2020, recependo, dunque, l’indicazione dell’Esecutivo europeo che stima, tra l’altro, una quota fra i 22 e i 50 miliardi di euro l’anno proveniente da fondi pubblici.
La Commissione Ambiente dell’Europarlamento, lo scorso 19 ottobre, ha avanzato la richiesta che la stessa Europa contribuisca all’obiettivo con 30 miliardi l’anno.
“L’UE è pronta a prendere la giusta parte all’interno dello sforzo globale per fissare un obiettivo ambizioso di mitigazione, consentendo compensazioni e fornendo la propria quota di sostegno pubblico”, recita il testo, elaborato dal vertice dei 27 a Bruxelles. “Il Consiglio europeo approva la stima della Commissione secondo cui i costi incrementali per mitigazione e adattamento nei paesi in via di sviluppo potrebbero ammontare a circa 100 miliardi di euro annui entro il 2020”, con contributi annuali crescenti a partire dal 2013.
Nessun passo avanti su come ripartire lo sforzo all’interno del blocco, punto di stallo per il Consiglio e che continua a ruotare attorno ad due ipotesi: prendere in considerazione le emissioni dello Stato membro e/o la sua ricchezza calcolata in base al Prodotto interno lordo. Ciò riflette a pieno la mancanza di un accordo condiviso tra gli stati membri, alcuni, come la Germania, convinti che sia prematuro entrare nei dettagli di una suddivisione economica, altri come i paesi dell’est Europa, che si sono già detti pronti a collaborare solo “in base alle proprie possibilità” ed escludendo tra i destinatari le grandi economie emergenti.

fonte: rinnovabili.it

Scilipoti: rinnovabili da preferire al nucleare

A seguito del convegno Nucleare o energie rinnovabili organizzato dal deputato dell’Italia dei valori Domenico Scilipoti è emerso che la vera soluzione per intraprendere la green economy potrebbe essere la completa conversione alle energie rinnovabili, come mostra il percorso scelto dallo stato brasiliano del Paranà, divenuto tra i maggiori produttori di biodiesel ed etanolo. Il Paranà, ha reso noto il vice governatore Orlando Pessutti, è “il secondo maggior produttore di biocarburanti del Sudamerica con una produzione di etanolo di oltre 1,5 miliardi di litri l’anno, e di biodiesel pari a 12 milioni di tonnellate di soia” – ha poi concluso – “il 43% dell’energia è rinnovabile, composta dal 28% di biomassa e 15% di idroelettrico”, il resto dell’approvvigionamento energetico è di petrolio e combustibili fossili per il 39%, gas per il 9% e uranio per il 2%. E nel trasporto, in Paranà si arriva a un 40% di mezzi che usano biocarburanti.
“Bisogna abbandonare completamente il nucleare – ha sottolineato Scilipoti – che costa troppo e ha dei rischi, e quello di terza generazione oggi sembra nuovo ma domani sarà superato, e investire nelle rinnovabili che sono il futuro”, ricordando inoltre che la creazione di nuove centrali richiederebbe un impiego eccessivo di risorse umane e di tempo, mettendo a rischio l’incolumità dei cittadini senza garantire un effettivo beneficio e senza che sia risolto il problema del processo per lo smaltimento dei rifiuti tossici.

fonte: rinnovabili.it

'Revivoil', l'olio rigenerato che rispetta l'ambiente

Tra le tante attività e progetti che verranno presentati lungo il cammino della manifestazione di Ecomondo anche l’iniziativa dell’azienda Viscolube, una tra le poche organizzazioni a livello europeo che si occupa di gestire e raffinare in maniera rispettosa per l’ambiente, gli oli esausti. L’impresa di Lodi, che per l’anno 2007 ha registrato ottimi risultati nella lavorazione di circa 140.000 tonnellate di olio usato producendo 97.000 tonnellate di lubrificante rigenerato, vanta di una tecnologia all’avanguardia nella raffinazione. Revivoil, così è chiamata la miscela di riuso già commercializzata in altri Paesi e in attesa di ricevere licenze di permesso per ulteriori impianti, verrà promosso nella campagna omaggio che destina due confezioni dell’olio ri-raffinato ai Concessionari raccoglitori di olio usato del COOU (Consorzio Obbligatorio Oli Usati). Questi potranno così testare sui propri veicoli il “lubrificante green”, per ora impiegabile nei motori diesel aspirati come quelli finalizzati al trasporto pubblico.
“Un olio al 100% formulato con basi ri-raffinate – certificato da uno dei maggiori costruttori a livello mondiale di additivi per lubrificanti, Lubrizol – e in grado di rispettare, nel suo intero ciclo di vita, i più stretti vincoli di compatibilità ambientale” ha sottolineato Antonio Lazzarinetti, amministratore delegato di Viscolube. Revivoil, che viene creato attraverso un processo con idrogeno ad alta pressione, è un “green oil” – a basso contenuto di zolfo e di insaturi – proveniente dal riciclo di un rifiuto che permette – per tanto – di rispettare i termini del Protocollo di Kyoto in materia di emissioni e la legislazione italiana sul Green public procurement”, ha aggiunto inoltre Lazzarinetti.

fonte: rinnovabili.it

Al Saie studi e analisi sul futuro dell'edilizia

Oggi Legambiente e il Cresme hanno presentato il loro secondo Rapporto durante la seconda giornata del Saie, in svolgimento a Bologna. Dalla ricerca emerge che ben 577 comuni italiani hanno adottato regolamenti edilizi incentrati sul risparmio energetico e la diminuzione degli inquinanti mediante il recupero dell’acqua piovana e il riciclo dei materiali di risulta, aiutando anche gli stessi cittadini ad acquisire comportamenti green.
I dati raccolti fanno ben sperare:

  • 406 i municipi che utilizzano fonti energetiche rinnovabili
  • 208 i comuni stanno promuovendo l’allaccio a reti di teleriscaldamento
  • 277 i regolamenti che puntano al miglioramento della soleggiatura e dell’illuminazione degli edifici
  • 266 i comuni che stanno utilizzando materiali edili riciclati per le nuove costruzioni insieme a tecnologie per il risparmio idrico.

I comuni che hanno sviluppato regolamenti edilizi incentrati sulla sostenibilità sono distribuiti equamente nella penisola, con una leggera predominanza nel centro-nord, con particolare concentrazione in Toscana, Emilia Romagna e Lombardia.
In vista della Conferenza sul Clima, uno dei settori che dovrà subire i maggiori adeguamenti alle nuove normative, sensibili alla questione ambientale, sarà proprio quello edilizio, chiamato a ridurre drasticamente le emissioni dannose e i consumi, anche se lo sforzo necessario non sarà richiesto solo per le nuove costruzioni ma anche e soprattutto per le esistenti che necessitano di adeguamenti.

Il Saie tiene banco

Questo è uno dei temi centrali per l’edizione 2009 di una delle più importanti e diremmo storiche manifestazioni in Italia, il Salone Internazionale dell’Edilizia che si tiene ormai da 45 anni alla Fiera di Bologna e che è da tempo divenuto un punto di riferimento non solo europeo, ma mondiale, per quanto riguarda l’edilizia e tutto l’indotto di settore. L’appuntamento si rinnova, dunque anche quest’anno forte di oltre 230.000 metri quadri di esposizione e di oltre 1500 espositori internazionali.
Il Saie è andato affrontando negli anni le evoluzioni nell’ambito dei materiali di costruzione, dalle tecnologie degli impianti alle rinnovate esigenze di progettazione, dalla domotica alla necessità di integrazione tra edifici e di autonomia energetica fino all’utilizzo di energia tratta da fonti rinnovabili.
In questo momento, è stato evidenziato ieri nel convegno di apertura, l’economia in genere, e il settore edile in particolare, cerca la strada migliore per uscire dal vicolo cieco della crisi economica, che sarà quella dell’innovazione tecnologica e delle indispensabili strategie di efficienza energetica, oggi, come non mai, passaggi obbligati per imboccare la via della ripresa.

Sostenibilità e innovazione al Saie

E così proprio l’attenzione all’efficienza energetica, alla sostenibilità e all’innovazione saranno i momenti qualificanti di questa edizione in cui sono stati presentanti due studi di grande rilevanza:

  • Il SaieConcrete, un’analisi di mercato che indaga sui fondamentali dell’edilizia, una delle componenti più importanti della nostra economia.
  • Il SaiEnergia, un rapporto che studia la coniugazione tra efficienza energetica e sostenibilità nell’ambito del settore delle costruzioni.

Entrambe gli studi sono stati realizzati dal Cresme (Centro Ricerche Economiche Sociali di Mercato per l’Edilizia e il Territorio). E i dati in effetti dicono che il 2009 non è stato un buon anno (domanda di cemento armato: meno di un terzo rispetto al 2007) e occorrerà attendere il secondo semestre 2010 per percepire un’inversione di tendenza (si prevede infine un mercato stabilizzato intorno ai 70 milioni di mc per il cemento armato).

“Le aspettative rispetto a un’inversione di trend sono legati alla ripresa degli investimenti statali con la delibera CIPE del primo semestre 2009 che dovrebbe produrre opere cantierabili nel secondo semestre del 2010. “Per contro – ha spiegato Marino Capelli responsabile dell’area costruzioni e industria di Bologna Fiere – il mercato dell’efficienza energetiche si rivolge prevalentemente, anche se non esclusivamente, al settore residenziale, viene sostenuto dagli investimenti delle famiglie e supportato dalla loro sensibilità ad acquisire immobili ad alta efficienza energetica o a migliorare quelli in loro possesso”.
E proprio in merito alla crescita delle tecnologie dovuta sia alle nuove normative, sia ad una domanda sempre più esigente in fatto di efficienza e di sostenibilità, dagli studi presentati risulta una tendenza del cambiamento nelle scelte dei privati. Negli ultimi cinque anni, circa un terzo delle famiglie italiane si è impegnata a ridurre i consumi energetici, sostituendo gli infissi (22,3%), installando isolamenti, con particolare attenzione alla coibentazione (8,7%), adottando sistemi solari e fotovoltaici (4,6%). Inoltre il 64% delle famiglie ritiene che la riqualificazione energetica degli edifici, potrebbe aumentare il valore degli stessi immobili fino ad un 18%.
Gli studi disegnano anche una prospettiva per il futuro a medio termine, (arco di 5/10 anni) dove si prevede tra l’altro per le finestre una sostituzione di 23 milioni di infissi (su un totale di 137 milioni), la riqualificazione energetica delle pareti esterne per oltre 140 milioni di mq. (su un totale di 3 miliardi di mq.) e nel riscaldamento la sostituzione del 15% delle caldaie domestiche (per 25 milioni di abitazioni). Ma siamo solo agli inizi e il Saie 2009 avrà ancora da dirci non poco.

fonte: rinnovabili.it

Nessuna «nave dei veleni», è un piroscafo passeggeri affondato nel 1917

«La nave dei veleni non è la nave dei veleni. Si tratta di una nave passeggeri, la Catania, affondata nel 1917». Lo ha annunciato il ministro dell'Ambiente, Stefania Prestigiacomo, in una conferenza stampa congiunta con il procuratore nazionale antimafia, Piero Grasso, smentendo quindi che si tratti della Cunski, come detto da un pentito della 'ndrangheta. Per Grasso il caso è chiuso, «perché le indagini hanno accertato che non ci sono elementi di radioattività né di inquinamento nel raggio di tre chilometri intorno alla nave».

SILURATA - La Catania apparteneva alla Società marittima italiana di Genova. Costruita a Palermo nel 1906, venne silurata nel corso della prima guerra mondiale da un sommergibile tedesco il 16 marzo 1917 a largo di Cetraro nel viaggio di ritorno sulla tratta Bombay-Napoli. Quindi secondo il ministero dell'Ambiente, la Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro e il reparto ambientale marino delle Capitanerie di porto, non è «una nave dei veleni e non contiene bidoni».

VITTIMA LA CALABRIA - «Da quando è iniziata questa vicenda«, ha detto Grasso, «c'è stata una vittima: la zona di Cetraro e più in generale la Calabria perché i pescatori hanno smesso di pescare e gli albergatori sono preoccupati per la prossima stagione e tutta la popolazione non sa se potrà mangiare il pesce. Oggi arriva finalmente una risposta precisa che respinge tutte le insinuazioni». Grasso ha parlato di una vicenda giornalistica «irresponsabile» perché non sono stati trovati riscontri agli allarmismi diffusi.

fonte: corriere.it

Energia pulita, in Lombardia un passo verso la "valle del sole"

Un parco fotovoltaico, Agroenergia 2.5, che vedrà la luce nel primo semestre 2010 . Da sabato, a Isso, in provincia di Bergamo, inizieranno i lavori . Una volta ultimato permetterà il normale svolgimento delle attività agricole e darà energia pulita agli abitanti della zona, prevedendo anche la creazione di un parco didattico. Il progetto consentirà di fornire energia a impatto zero a oltre 1.400 famiglie di quattro comuni dell’area di Isso: Barbata, Covo, Fontanella e Antegnate. Il parco fotovoltaico, che si estenderà su 11 ettari, prevede un brevetto che permette di sfruttare meglio l’energia solare rispetto ai classici sistemi fotovoltaici producendo rendimenti più elevati.



Infatti, i pannelli solari sono controllati da un software che ne gestisce la rotazione tenendo conto della costante variazione dell’inclinazione della terra rispetto al sole. In questo modo si ottiene una grande efficienza aumentando la produzione di energia di circa il 35% rispetto ai sistemi classici. Grazie al sistema Sun Catch System non saranno prodotte emissioni di nessun tipo e la fauna migratoria non subirà alcun disturbo.

LA "VALLE DEL SOLE" - «Questo è un passo fondamentale verso la realizzazione di una vera e propria Sun Valley in Lombardia» secondo i responsabili delle aziende che hanno realizzato questo progetto. Per Daniele Togni, amministratore delegato di Nrg Agrivis, e Alberto Volpi, amministratore delegato di Vipiemme Solar “l’inaugurazione di Agroenergia 2.5 è un evento importante in un periodo in cui sempre di più emerge la necessità inderogabile di sviluppare energia pulita». Con Agroenergia 2.5, la Lombardia si conferma la regione più attiva nel settore del fotovoltaico italiano, con più del 15% di impianti sul totale di quelli operanti sul territorio nazionale. Secondo una ricerca sull’energia fotovoltaica in Lombardia della Camera di Commercio di Milano e del Politecnico di Milano sono infatti 6.024 gli impianti installati in Lombardia a giugno 2009, per una potenza che complessivamente sfiora i 57.000 kW, +488% tra 2008 e 2007, e che si stima quadruplicabile nel 2011 con un potenziale complessivo di crescita pari a 6.958 MW tra 2009 e 2020. Il 95% degli impianti attivi in Lombardia riguarda comunque ancora il mercato residenziale.

fonte: corriere.it

mercoledì 28 ottobre 2009

Artico: sconvolgimenti ambientali molto più rapidi del previsto

I cambiamenti climatici nell'Artico sono più evidenti che in tutto il resto del Pianeta. Qui, gli impatti hanno effetti devastanti sul vento, sullo scioglimento dei ghiacci, sulle correnti marine, sulle aree limitrofe, su animali e vegetazione. A scattare la fotografia sullo stato del Circolo polare Artico ci pensa l'aggiornamento annuale, a ottobre 2009, del rapporto «Artic report card» del distretto del Programma climatico del National Oceanic and Atmospheric Administration (Noaa) del Dipartimento Usa del commercio. Nonostante nell'estate appena trascorsa l'Artico abbia fatto registrare un pò più di ghiaccio rispetto al 2007 o 2008, gli scienziati hanno individuato, da 5 anni a questa parte, dei cambiamenti drastici nella regione Artica con un tasso di sconvolgimento ambientale più rapido del previsto.

GLI EFFETTI - Alcuni dei risultati principali sono divisi per area. Nel capitolo sull'atmosfera, per esempio, si parla dell'influsso di venti provenienti dal Sud che provocano lo scioglimento del ghiaccio marino estivo che viene sostituito ogni anno. Sull'Oceano, l'effetto è di avere acqua più calda e meno salata. Ogni anno aumenta la perdita dello strato di ghiaccio permanente della Groenlandia. Il cambiamento di queste condizioni determina anche impatti sugli eventi meteorologici come l'aumento delle piogge in Siberia e la diminuzione delle nevicate in Nord America. Per non parlare degli effetti della perdita di ghiaccio sugli animali, sulla vegetazione e sui pesci.

fonte: corriere.it

Progetti verdi per il sistema energetico londinese

“L’annuncio della scorsa settimana ci permetterà di sviluppare un sistema energetico sostenibile per soddisfare le esigenze dei londinesi di oggi”. Ciò è quanto è stato dichiarato da Alex Conway, responsabile della London Development Agency (LDA), in riferimento alla comunicato ufficiale della Comunità Europea reso noto la scorsa settimana riguardo il raddoppio dei finanziamenti, pari a cento milioni di sterline, da investire in diversi progetti verdi in UK.
Conway ha spiegato che l’investimento verrà destinato a piani di lavoro ambientali ad alta efficienza energetica, che aiuteranno il Paese a risparmiare all’incirca 100.000 tonnellate di CO2 l’anno, e ad iniziative specifiche per il settore dei rifiuti volte a diminuirne la produzione, quindi migliorarne la gestione, la differenziazione ed il successivo riciclaggio. Inoltre si procederà a sperimentare nuove tecnologie eco-compatibili per il trattamento e lo smaltimento dei rifiuti e le attività di recupero energetico a questi legate.
In aggiunta Conway ha anche detto che parte della somma sarà impiegata per sostenere il progetto della London Thames Gateway, importante società di gestione dei rifiuti urbani in Inghilterra, che utilizzerà il calore generato per riscaldare l’acqua mediante un innovativo sistema di trasmissione finalizzato a rifornire scuole, aziende pubbliche e private, uffici e ospedali locali.
Sarà proprio la LDA a destinare, per il futuro piano sostenibile londinese, 32 milioni di sterline cui si aggiungeranno gli altri 18 garantiti dal Fondo Europeo di Sviluppo Regionale.
Altri 50 milioni di sterline sono inevce stati raccolti dal Joint European for Sustainable Investment in City Areas (JESSICA), il sostegno europeo congiunto per gli investimenti sostenibili nelle aree urbane.

fonte: rinnovabili.it

Ecomondo: sviluppo sostenibile e green economy

Sulla scia del successo della scorsa edizione si apre oggi, alla Fiera di Rimini, la tredicesima edizione di Ecomondo, Fiera Internazionale del Recupero di Materia ed Energia e dello Sviluppo Sostenibile, in programma fino al 31 ottobre.
L’evento verrà aperto dal Sottosegretario di Stato per l’Ambiente e la Tutela del Territorio e del Mare, Roberto Menia e da un importante convegno ‘Politiche per il Green New Deal’ organizzato da Rimini Fiera, CONAI, LegaCoop e Regione Emilia-Romagna in collaborazione con il Ministero dell´Ambiente e Tutela del Territorio e del Mare, Confindustria, Anci, Legambiente, Kyoto Club.
All’evento inaugurale, cui presiederà il presidente di Rimini Fiera, Lorenzo Cagnoni, interverranno: Christopher Flavin Presidente Worldwatch Institute, Piero Perron Presidente CONAI, Filippo Bernocchi, delegato alle politiche ambientali ANCI, Vittorio Cogliati Dezza, Presidente Legambiente, Lino Zanichelli, Assessore Ambiente e Sviluppo Sostenibile Regione Emilia Romagna, Giuliano Poletti Presidente Legacoop moderati da Antonello Piroso direttore del TG de La7.
Grazie al carattere internazionale della kermesse saranno presenti aziende da tutto il mondo che potranno partecipare ai seminari e convegni in programma e collegati dal tema ‘Ecodesign per il pianeta. Soluzioni per un ambiente più pulito e per una nuova economia’.
Saranno ospitate 1.500 imprese che si muoveranno su un’area allestita pari a 110.000 mq, con un´offerta che abbraccia vari settori merceologici volti a soddisfare gli oltre 60.000 visitatori attesi “Una fiera è lo specchio del comparto economico al quale si riferisce – spiega Alessandra Astolfi, project manager dell´evento fieristico – ed Ecomondo restituisce l´immagine di un´economia che certo ha risentito dei venti di crisi, ma sulla quale sono appuntate le speranze affinché rappresenti una delle leve più robuste per alimentare la ripresa. Veniamo da un´edizione straordinaria, con 64.858 visitatori (+12% sul 2007) e puntiamo a confermarci, tenendo sempre in grande conto la qualità dei visitatori da assicurare alle aziende espositrici”.

Novità e prodotti

Tema centrale dell’evento sarà la divulgazione della necessità di intraprendere un’economia che ruoti intorno al concetto di sostenibilità, coniugandola con il profitto, l’ambiente e l’energia, riducendo le emissioni dannose che stanno causando l’aumento della temperatura globale e cercando di eliminare la dipendenza del mercato dalle fonti energetiche fossili.
A tal proposito sarà interessante assistere alla presentazione di una serie di prodotti Turboden, azienda leader nella produzione di turbogeneratori basati sul Ciclo Rankine Organico (ORC) che parteciperà a Key Energy, manifestazione interna alla Fiera.
Grazie agli incentivi previsti in Italia per gli impianti a biomassa gli investimenti in suddetto settore sono aumentati notevolmente accrescendo la produzione dell’energia elettrica distribuita.
Turboden presenterà una serie di soluzioni altamente performanti sia per la produzione combinata di energia elettrica e calore, sia per la sola generazione elettrica. Le applicazioni proposte riguarderanno i moduli cogenerativi (CHP) di taglia compresa tra 200kW e 1MW (con rendimenti vicini al 20%), adatti a contesti ove sia possibile generare energia elettrica e termica da biomassa, generalmente di tipo legnoso (pellet, cippato, scarti di legno, residui agricoli), e al contempo vi siano utenze termiche (per applicazioni cogenerative e trigenerative).
Fiore all’occhiello della presenza Turboden il PureCycle®, turbogeneratore di piccola taglia (280 kWel) che opera a temperature tra i 91°C e i 149°C, ideale sia per applicazioni di recupero calore a bassa temperatura, sia per applicazioni geotermiche.

L’importanza di riciclare

“La green economy – ha dichiarato Simone Castelli, direttore della Business Unit 2 di Rimini Fiera – trova in questo evento fieristico di maggiore rilievo un’occasione per rilanciare il tratto di innovazione che ne caratterizza l’attività. Ecomondo comunica una cultura del recupero e riuso che ormai ci appartiene, ma che per diventare attività quotidiana ha bisogno di diffondere tecnologie e saperi, elementi che nelle giornate riminesi si esaltano pienamente”.
In occasione della Fiera verranno presentati dal CONAI i dati 2008 sul recupero di acciaio, alluminio, carta, legno, plastica e vetro che dimostrano come la quantità di materiali riciclati sia cresciuta nonostante la contrazione dei consumi. Sono state riciclate 7.228.000 tonnellate di rifiuti di imballaggio (59,4%) su un totale di 12.168.000 tonnellate immesse al consumo: in tale ambito verrà presentato Ecobank, un rivoluzionario sistema di raccolta differenziata di bottiglie in PET e lattine in alluminio e acciaio per uso alimentare che ad ogni inserimento di materiale garantisce un buono in euro spendibile in negozi aderenti all’iniziativa. Un sistema comodo e conveniente che aiuterà ad acquisire una condotta di vita sempre più ecosostenibile garantendo anche un vantaggio economico.

fonte: rinnovabili.it

Prestigiacomo: «Nessun inquinamento radioattivo nel mare nei pressi di Cetraro»

Nessun inquinamento radioattivo per ora nel mare antistante Cetraro (Cosenza). Dalle prime analisi ambientali «è emerso che fino alla profondità di 300 metri non si rilevano alterazioni della radioattività», ha detto il ministro dell'Ambiente, Stefania Prestigiacomo, in merito al relitto trovato a largo del paesino calabrese, battezzato la "nave dei veleni", a seguito delle rivelazioni di un pentito di 'ndrangheta.

PRIME RICERCHE - «Naturalmente - precisa il ministro - questi primi esiti delle ricerche non escludono la possibilità che i fusti contenuti nel relitto possano contenere rifiuti pericolosi o radioattivi e per questo il programma di indagini della «Mare Oceano» proseguirà col prelievo di sedimenti dai fondali, di carotaggi in profondità e col prelievo di campioni dai fusti». «L'accertamento che il relitto in fondo al mare non sia il Cunski e il mancato rilevamento di radioattività fino a 300 metri, che, ribadisco, non esclude la possibilità che si tratti in ogni caso di una "nave dei veleni" - prosegue il ministro - deve indurre alla prudenza ed alla responsabilità quanti fino ad ora hanno procurato, senza avere riscontri attendibili, paura e allarme sociale, con gravissime ripercussioni economiche per la Calabria. L'impegno del governo nella lotta alle ecomafie continua affinchè sia fatta piena luce sui misteri delle navi a perdere, venga appurata la verità e ogni eventuale responsabilità».

DIVERSA MORFOLOGIA - La morfologia del relitto, rileva quindi il ministro dell'Ambiente risulta diversa da quella della Cunski. «In particolare è stato rilevato che il cassero della nave affondata si trova nella zona centrale mentre quello della Cunski era a poppa», ha riferito il ministro. «Tutte queste operazioni - sottolinea la Prestigiacomo - continueranno in coordinamento con la Direzione Distrettuale Antimafia di Catanzaro e il Reparto Ambientale Marino della Guardia Costiera a disposizione di questo ministero al comando del Capitano di Vascello Federico Crescenzi al quale rivolgo uno speciale plauso».

fonte: corriere.it

Pari opportunità, Italia in discesa

Al di là delle classifiche, che hanno una valenza indicativa, sono i numeri che fanno effetto, anche se fotografano una situazione nota. È il caso del rapporto 2009 sulle pari opportunità tra uomini e donne («gender gap») stilato dal World Economic Forum, dove l'Italia scende dalla 67esima al 72esima posizione. Pesa «la persistenza di indici negativi sulla partecipazione delle donne alla vita economica», in primis la disparità di salari e redditi rispetto agli uomini. L'Italia è superata anche da Vietnam, Romania e Paraguay, precede di poco la Tanzania, è terzultima in Europa (il rapporto in pdf, in inglese).

PAESI SCANDINAVI - La classifica stilata dal Wef, istituzione che organizza il forum di Davos, copre il 93% della popolazione mondiale, assegnando ai Paesi scandinavi il podio delle pari opportunità. Al primo posto si piazza l'Islanda (quarta nel 2008), davanti a Finlandia, Norvegia e Svezia. Seguono Nuova Zelanda, Sudafrica, Danimarca e Irlanda. Sorprendente il Lesotho al decimo posto (dal 16esimo), davanti a tutti i big europei: la Germania è 12esima, il Regno Unito 15esimo (entrambi in leggero calo), la Spagna 17esima e la Francia 18esima. Agli ultimi posti nel Vecchio Continente Repubblica Ceca (74esima) e Grecia (86esima). Il rapporto assegna poi il 31esimo posto gli Usa, in discesa di 3 posizioni e il 75esimo al Giappone.

REDDITO E PARTECIPAZIONE - A spingere l'Italia nella retroguardia è soprattutto l'indice su «partecipazione e opportunità nell'economia» (96esimo posto), a causa delle disuguaglianze rispetto agli uomini nei salari (116esimo posto), nel reddito da lavoro (91esimo) e nella partecipazione alla forza lavoro (88esimo). Solo il 52% delle donne fanno parte della popolazione attiva contro il 75% degli uomini e il reddito medio delle donne è la metà rispetto agli uomini, 19.168 dollari l'anno contro 38.878. Vanno molto meglio le aree di «potere politico» (45esimo, grazie alle donne che siedono in Parlamento e al governo) e «scuola e istruzione» (46esimo posto), meno bene di quanto ci si potrebbe aspettare il settore «salute e attesa di vita» (88esimo posto). Tra gli altri dati evidenziati la differenza nella disoccupazione tra donne (7,87%) e uomini (4,88%). Rispetto al 2006, anno del primo rapporto, il voto all'Italia è solo marginalmente migliorato: laddove 1 rappresenta la parità, la Penisola è passata dallo 0,646% allo 0,68%, mentre l'Islanda e i principali Paesi nordici veleggiano sullo 0,82%. All'estremo opposto Pakistan, Chad e, ultimo, lo Yemen (0,46%).

fonte: corriere.it

Gli indios tornano sul piede di guerra per fermare nuove dighe in Amazzonia

L'Amazzonia, oltre che per gli effetti della deforestazione, è chiusa in una morsa sempre più stretta da un sistema combinato di gigantesche dighe: fiumi deviati ed ecosistema che vacilla. La più grande zona forestale del mondo, estesa quasi due volte l' Europa, non conosce pace, soprattutto per chi ci vive: le popolazioni indigene vedono sparire sotto i loro occhi un habitat al quale è legata la loro vita. E il problema va ben al di là territori sempre più esigui dove vivono confinate le popolazioni indigene: investe l'intero pianeta, visto che alla sopravvivenza dell'Amazzonia è anche legata quella dell'intero Pianeta.

L'ULTIMA MOBILITAZIONE DEGLI INDIANI KAYAPO' - Gli ultimi a ribellarsi contro la devastazione del territorio sono gli indiani Kayapò, che hanno organizzato una nuova ondata di proteste contro un gigantesco progetto idroelettrico in via di realizzazione sullo Xingu (mappa), uno dei principali fiumi dell’Amazzonia. A partire dal 28 ottobre manifesteranno per una intera settimana presso la comunità kayapò di Piaraçu.

GLI INVITI ALLE AUTORITA' - Sul posto sono stati invitati rappresentanti del Ministero alleMiniere e all’Energia, e del Ministero dell’Ambiente. I Kayapó e altri popoli indigeni locali si oppongono alla costruzione della diga denunciando di non essere mai stati consultati in modo appropriato e nemmeno informati sul reale impatto che il progetto avrà sulle loro terre. La diga devierà più dell’80% della portata del fiume Xingu, con un pesante impatto sulla sua fauna ittica e l’ecosistema della foresta per almeno 100 chilometri di rive abitate da popoli indigeni. L'associazione Survival International, che lavora a fianco delle popolazioni indigene per difendere la loro cultura, ha inoltrato formali proteste al governo. I Kayapó sono in conflitto con Edison Lobão, Ministro alle Miniere e all’Energia, che recentemente avrebbe affermato che “forze demoniache” starebbero cercando di impedire la realizzazione delle grandi dighe idroelettriche del Brasile. «Queste parole sono abiette e offensive nei confronti nostri e di tutti coloro che difendono la Natura» ha commentato il leader Kayapó Megaron Txucarramae. Già nel 1989 i Kayapó avevano organizzato una massiccia protesta contro la costruzione di una serie di dighe sullo Xingu. All’epoca riuscirono a fermare i finanziamenti della Banca Mondiale e a far accantonare il progetto. Oggetto delle proteste dei popoli indigeni sono anche altre dighe previste su altri fiumi amazzonici.

I PRECEDENTI - Un anno fa, gli Enawene Nawe misero a soqquadro un cantiere con l’obiettivo di impedire la realizzazione di decine di dighe lungo il fiume Juruena. Secondo gli Indiani, gli impianti idroelettrici distruggeranno i pesci da cui dipende la loro sopravvivenza. Nell’Amazzonia occidentale, la diga di Santo Antônio sommergerà la terra in cui vivono almeno cinque gruppi di popoli incontattati. La diga fa parte di un progetto più ampio che prevede la costruzione di una serie di impianti sul fiume Madeira.

Si pensa che uno di questi popoli isolati viva a soli 14 km di distanza dalla diga principale.

LETTERA A LULA -
In una lettera indirizzata al Presidente Lula, i Kayapó spiegano chiaramente la loro posizione: «Noi non vogliamo che questa diga distrugga gli ecosistemi e la biodiversità che abbiamo curato per millenni e che possiamo continuare a preservare. Signor Presidente, la nostra preghiera è quella che vengano condotti studi adeguati e che venga aperto un dialogo con i popoli indigeni su quello che è lo scrigno ecologico dei nostri antenati... Vogliamo partecipare a questo processo senza essere considerati demoni impegnati a impedire il progresso della nazione». «È stato tenuto nascosto il reale impatto di queste dighe» ha commentato Stephen Corry, direttore generale di Survival. «Se i lavori dovessero procedere, verranno distrutti le vite, le terre e i mezzi di sussistenza di molte tribù. Non c’è risarcimento che possa compensare un danno di tale gravità, perchè verranno fatti a pezzi le vite e l’indipendenza di interi popoli».

fonte: corriere.it

martedì 27 ottobre 2009

RICICLO PLASTICA: UN PRIMATO FEMMINILE

E' la casalinga, quella che ha maggiore consapevolezza che la plastica puo' essere riutilizzata completamente e lo dimostra anche con i fatti. Le massaie infatti battono, nell'ordine, impiegati e liberi professionisti. Ma soprattutto studenti. E' quanto emerge dalla ricerca "Sai dove finisce la plastica?" realizzata dall'Istituto per la Promozione delle Plastiche da Riciclo, (IPPR) intervistando 1.000 persone (uomini e donne) di eta' compresa tra i 16 e i 60 anni. Alla domanda: "Sai che la plastica riciclata puo' essere riutilizzata anche al 100%?" l' 82% delle casalinghe risponde affermativamente. Ultimi della classe gli studenti, con appena il 51% di loro consapevoli di quanto la plastica sia reimpiegabile. Rispetto alla media nazionale, che si attesta al 75%, risulta, inoltre, che le donne sono piu' attive sia nel riciclaggio sia nell'essere più informate per quanto riguarda il post riciclo.

La popolazione italiana appare, nel complesso, piuttosto virtuosa perché circa l'85% dichiara di fare la raccolta differenziata, ma il primo dato della ricerca e' inequivocabile: gli italiani incespicano un po' sugli oggetti che si possono realizzare con plastica riciclata. Nelle domande effettuate sono in pochi a sapere dell'esistenza di una vastita' di oggetti creati proprio a partire dal riciclo delle plastiche. I dati raccolti, inoltre, dimostrano come non sempre i 'ri-prodotti' noti ai più siano quelli più diffusi sul mercato. Dagli oggetti di design ai maglioni in pile, dai carrelli per la spesa ai giochi da giardino: questi sono solamente alcuni dei prodotti che vengono realizzati grazie al reimpiego della plastica. Appena il 46% degli intervistati conosce gli occhiali in plastica riciclata, cosi' come solo il 43% sa che esistono tessuti, come ad esempio il pile, completamente realizzati a partire dal riciclo delle classiche bottiglie in PET. Solamente il 31%, poi, è al corrente dell'utilizzo dei polimeri riciclati per realizzare pavimentazioni. Altre curiosità: gli oggetti più indicati sono stati, nell'ordine, i flaconi (75%), le sedie (74%) e i giochi da giardino (70%).

Vera e propria sorpresa è la classifica riguardante le professioni che hanno la maggior consapevolezza della seconda vita della plastica. Le casalinghe, con l'82%, conquistano il primo posto ex-aequo con gli impiegati. Al terzo posto, i liberi professionisti con l'80%, mentre la categoria 'altro' si attesta al quarto posto con il 79%. Ultimi appunto gli studenti, di cui appena il 51% sa della possibilita' di reimpiegare al 100% la plastica. Altro dato su cui riflettere e' la conoscenza che si ha dei ri-prodotti. Le massaie, nonostante siano le piu' propense a riciclare, probabilmente perche' piu' attive nella vita della casa, sanno molto poco degli oggetti che si possono creare con la plastica riciclata, a differenza degli studenti, bistrattati dalla classifica generale ma capaci di rifarsi proprio su quest'ultimo dato. Difatti, insieme agli impiegati, sono gli unici ad avere una competenza piu' omogenea sui prodotti realizzati con la plastica da riciclo.

fonte: ambiente.it

Solare fotovoltaico&Co: la Sicilia investe

La prima delle quattro centrali che il Gruppo Airon intende realizzare in Sicilia verrà impiantata nella località di Scardino (PA) e sarà gestita dalla società palermitana Helios Power, azienda appositamente. L’impianto fotovoltaico in questione sarà costituito da pannelli ancorati al suolo mediante dei pali, di modo che sarà di gran lunga ridotto l’impatto ambientale sul territorio, secondo una “perfetta integrazione tra produzione di energia da fonti rinnovabili e natura” come annunciato da Airon, per favorire uno sfruttamento super efficiente, pari all’80%, dei 28 ettari di territorio lungo il quale la centrale solare nascerà. Con un investimento di 25 milioni di euro, il grande impianto dovrebbe essere concluso per i primi mesi del 2010 e dare vita a 9.100.000 KWh l’anno energia pulita utile a sostenere il fabbisogno di circa 2500 nuclei familiari in cui sono compresi i comuni limitrofi alla fattoria solare. Si sta attendendo solamente che si renda effettiva ed ufficiale l’approvazione da parte della Regione della Sicilia come ha anche ribadito l’amministratore della Helios Power e ingegnere Sandro Marchesi dettosi “fiducioso poiché le istituzioni hanno dimostrato parecchio interesse per il progetto”. Affianco ai pannelli solari nascerà un’azienda agricola che inciderà positivamente sull’andamento produttivo della centrale trattandosi, secondo quanto dichiarato dall’Assessore Francesca Marcenò “di un impianto di ultima generazione che integra le attività agricole con la produzione di energia elettrica. Si prevede anche l’inserimento di 3000 piante – ha continuato l’assessore – e la realizzazione di un bacino idrico artificiale che servirà sia per la raccolta dell’acqua, sia da rifugio per la fauna. Non sono previste installazioni permanenti di cemento armato e a regime darà occupazione ad una decina di persone”. La Marcenò, che gestisce il “Servizio II- risorse minerarie ed energetiche” dell’assessorato all’industria, ha emesso il decreto per l’autorizzazione della messa in opera del progetto che assieme ai circa 1198 altri disegni per la generazione dell’energia sostenibile sono in attesa di essere comprovati, tra fotovoltaico, eolico, biomasse e termo solare dinamico. Sono 139 invece quelli che hanno passato il vaglio per una potenza installata totale di 1031,25 MW. La società Airon ha in serbo altre tre centrali per l’isola siciliana che, grazie ad un finanziamento economico di 100 milioni di euro, potrà dare vita, previa autorizzazione , a 20 MW complessivi di energia elettrica

fonte: rinnovabili.it

Il Brasile anticipa di 3 anni l’aggiunta del 5% di biofuel al gasolio

L’annuncio arriva in questi giorni direttamente dal presidente sud americano Luiz Inácio Lula da Silva: il Brasile non attenderà il 2013 per rendere obbligatorio l’introduzione del B5, ossia la miscela di gasolio contenente il 5% di biodiesel. L’entrata in vigore del provvedimento, infatti, sarà anticipata di tre anni perché secondo lo stesso Lula “si tratta di un combustibile meno inquinante che genera maggiore capacità occupazionale. Abbiamo tutte le ragioni del mondo per farlo. Il Brasile può presentarsi come un punto di riferimento a livello mondiale sia in materia di know-how tecnologico che di capacità produttiva”.
Le aspettative del governo sul B5 comporterebbero un’espansione della produzione di biodiesel fino a 2,4 miliardi di litri nel 2010, rafforzando la leadership brasiliana mondo nel settore dell’energia rinnovabile su scala commerciale.
Per il Premier sud americano, con la politica messa in atto nel campo dei biocarburanti, il paese si è guadagnato una posizione rispettabile a livello mondiale ed è necessario impiegare ciò che egli definisce un “momento d’oro” per la trasformazione del futuro in “solide” politiche sociali ed economiche.
Nonostante le critiche sulla prima generazione di biocarburanti – il Brasile si avvale ancora sulla canna da zucchero come materia prima – trovino progressivamente nuove prove a favore della tesi di insostenibilità, il Paese è pronto a scommettervi il futuro.
Il ministro delle Miniere e dell’Energia, Edson Lobão, è fortemente convinto che la Nazione beneficerà di nuovi posti di lavoro e di reddito oltre che di livelli più bassi di CO2 nell’atmosfera.

fonte: rinnovabili.it

A qualcuno piace calda ecco come salvare la terra

Mille punti di disaccordo sparsi nelle 170 pagine della bozza di documento finale. A 41 giorni dall'inizio della conferenza di Copenaghen il quadro formale della situazione non potrebbe essere peggiore. Per evitare che il caos climatico assuma proporzioni devastanti, bisogna tagliare le emissioni serra, cioè il consumo di combustibili fossili e la deforestazione, dell'80 per cento a metà secolo.

Una scelta che è anche privata. E il nostro sito, in collaborazione con il Wwf, lancia oggi una nuova iniziativa.

Lo scenario politico. L'Europa, che ha sostenuto e vinto la battaglia per la ratifica del protocollo di Kyoto, non può continuare ad andare avanti da sola anche per la seconda fase degli impegni, quelli per il periodo successivo al 2012. Ma Stati Uniti da una parte e il Bric (Brasile, Russia, India, Cina) dall'altra restano in stallo: nessuno dei due blocchi può muoversi senza avere la garanzia che anche l'altro faccia lo stesso ed entrambi hanno problemi politici seri. Il braccio di ferro sulla sanità ha ridotto i margini della Casa Bianca per la trattativa sul clima che vede forti resistenze interne. E i paesi emergenti, dopo aver calcolato quanta dell'anidride carbonica attualmente in atmosfera è venuta dai paesi di prima industrializzazione, ripetono la formula delle "responsabilità comuni ma differenziate".

Dunque, restando fermi al quadro degli equilibri politici attuali, la partita dovrebbe essere data per persa. Ma c'è un fattore che rompe gli schemi e che sta diventando sempre più importante: il ruolo dell'opinione pubblica mondiale non disponibile ad accettare di veder sparire nell'arco di un secolo l'equilibrio climatico che ci accompagna dal momento in cui il primo essere umano ha piantato un seme nella terra. I due Nobel consecutivi all'uomo politico americano che si è più impegnato per la pace con la natura (prima Gore, ora Obama) rappresentano un segnale chiaro in questa direzione.

E infatti qualcosa comincia a muoversi. L'Europa ha deciso di tagliare le emissioni serra di una quota compresa tra l'80 e il 95 per cento entro il 2050 e potrebbe spingere al 30 per cento l'abbattimento dell'anidride carbonica al 2020. Obama sta accelerando il pressing per ottenere una legge che obblighi gli americani a tagliare le emissioni del 17 per cento al 2020. Il Brasile si è dichiarato disponibile a fermare l'80 per cento della deforestazione in Amazzonia al 2020 e l'Indonesia del 26 per cento. Anche la Cina per la prima volta ha accettato di collegare le emissioni di carbonio al parametro climatico invece che a quello energetico. L'accordo non è impossibile. Ma deve comprendere un impegno che riguardi il prossimo decennio: essere virtuosi al 2050, nel governo dei nipoti, è troppo facile.

La nostra iniziativa. E i nostri comportamenti quotidiani? Repubblica.it e Wwf pubblicano da oggi un calcolatore per misurare la vostra impronta di carbonio. Provatelo anche voi. "Capire il proprio legame con la produzione di C02 - afferma il Wwf - è essenziale per poter iniziare una salutare dieta".

fonte: repubblica.it

Ecosistema urbano, vince Verbania

Prima: Verbania. Ultima: Catania. Il rapporto annuale «Ecosistema Urbano» di Legambiente ha fotografato le città italiane e il loro rapporto con l'ambiente. Un'indagine che registra diverse battute d'arresto: nel trasporto pubblico (gli abitanti dei capoluoghi, in media, fanno solo un viaggio e mezzo a settimana su autobus, tram e metropolitane), nelle isole pedonali (sono praticamente immutate da un anno all’altro: 0,35 mq per abitante), nelle zone a traffico limitato (passate dai 2,38 mq per abitante dello scorso anno ai 2,08 attuali), nella congestione da quattroruote (che resta identica: circa 64 auto ogni 100 abitanti). Gli unici parametri che migliorano sono l'efficienza della depurazione (che sale di un punto, dall’88% all’89%) e la raccolta differenziata, con un +2,79% che però lascia l’insieme delle città ferme al 27,19%, lontano, quindi, dal 50% che andrebbe assicurato entro il 2009.

LE PRIME E LE ULTIME - In questo scenario sostanzialmente statico spiccano le performance di Verbania, Belluno, Parma, Bolzano e Siena, che occupano i primi cinque posti della classifica, così come risaltano, in negativo, gli eco-risultati di Catania, Crotone, Agrigento, Frosinone e Caltanissetta, in fondo alla graduatoria. Il rapporto, realizzato con Ambiente Italia e Il Sole 24 Ore, vede primeggiare ancora una volta solo comuni del centro-nord, mentre il Meridione resta indietro. Tra i primi 42 classificati ci sono solo quattro comuni del Sud: Salerno (34ª), Campobasso (39ª), Potenza (40ª) e Matera (42ª). In generale il fondo della graduatoria rimane monopolio del Mezzogiorno, con qualche new entry negativa anche dal Nord, come Como (86ª) o Imperia (87ª). Nelle ultime venti posizioni sono rappresentate ben otto regioni italiane, ma è la Sicilia la maglia nera: tutti e nove i capoluoghi di provincia sono piazzati in fondo. Seguono Calabria e Lazio con tre città ognuna, poi con un capoluogo ciascuno Sardegna, Molise, Liguria, Lombardia e Campania con Napoli che si piazza 89ª (era 88ª lo scorso anno).

RIFIUTI E TRASPORTI - Tra i capoluoghi di provincia spiccano Verbania e Novara che, con percentuali di raccolta differenziata superiori al 70%, hanno già raggiunto con netto anticipo l’obiettivo del 65% fissato per il 2012 dal decreto sul recupero dei rifiuti. Alle virtuose si aggiungerà, probabilmente tra pochi mesi, Salerno, che lanciando il porta a porta è riuscita - prima città del Sud - a inaugurare una gestione della spazzatura efficace e sostenibile. Buoni anche i risultati di Asti, Belluno, Rovigo, Gorizia, Lecco, Trento, Bergamo, Treviso, Alessandria, Biella (tutte sopra il 50% di raccolta differenziata). Ci sono poi città che hanno saputo costruire zone a traffico limitato significative, sviluppato una buona mobilità ciclabile, organizzato un servizio di trasporto pubblico discreto: Siena, Mantova, Pisa, Verbania e Firenze hanno estese Ztl. Siena, insieme a Trento e Trieste, appare anche tra i capoluoghi dove una buona percentuale di abitanti usa il trasporto pubblico.

BICICLETTE - In Lombardia, Emilia Romagna e Piemonte si è sviluppata maggiormente la mobilità ciclistica: tra le migliori Reggio Emilia, Mantova, Lodi, Vercelli, Ravenna, Cuneo, Ferrara, Modena, Piacenza, Cremona e Forlì. Tutte con più di 20 metri equivalenti di ciclabile ogni 100 abitanti. Merita una citazione anche Bari, prima città meridionale che ha avviato un serio e articolato progetto per favorire gli spostamenti a pedali. Agili nel promuovere lo sviluppo del solare termico o del fotovoltaico sono Siena e Cremona, nel lanciare politiche locali di efficienza e risparmio energetico Terni, Rimini e Livorno. L’altra faccia dell’Italia è quella di quattro città siciliane, Messina, Catania, Palermo ed Enna, che raccolgono in maniera differenziata un decimo di quello che dovrebbero. Poi ci sono città che hanno un trasporto pubblico praticamente inesistente (Vibo Valentia, Crotone e Latina), nessuna zona a traffico limitato (una ventina di capoluoghi), una ciclabilità inesistente o ridotta all’osso (Napoli e Potenza).

IL CASO VERBANIA - Tornando in vetta alla classifica, Verbania dal 4° posto del 2008 si aggiudica il podio grazie a significativi miglioramenti nelle medie del Pm10, nell’ottima percentuale di raccolta differenziata che la conferma leader in Italia con il 72,8% di rifiuti raccolti in modo specifico, nelle emissioni di CO2 per passeggero del trasporto pubblico, nei metri quadrati di zone limitate al traffico veicolare. Si confermano poi nelle alte posizioni Belluno, vincitrice delle due precedenti edizioni e quest’anno al 2° posto, seguita da Parma (3ª), Bolzano (4ª) e Trento (6ª). Tra i comuni entrati da un paio di edizioni tra le eccellenze, si confermano Siena (5ª), Savona (7ª), La Spezia (8ª). Tra le new entry nella decina migliore impressiona il salto in avanti di Gorizia, che dalla 39ª postazione dello scorso anno sale alla decima.

LE METROPOLI - Al contrario Catania, ultima in graduatoria, butta al vento il 50% dell’acqua potabile immessa in rete, depura un terzo dei suoi scarichi fognari, raccoglie in maniera differenziata il 3% della spazzatura, ha un alto tasso di motorizzazione, un mediocre trasporto pubblico, pochissime isole pedonali e scarse zone a traffico limitato. Tra le quattro metropoli, Milano è la più alta in classifica (46ª): il capoluogo lombardo migliora particolarmente nei viaggi per abitante all’anno su bus e metropolitane (sono 443 in media quest’anno, erano 415) e nelle emissioni di CO2 per passeggero del trasporto pubblico, più che dimezzate. La seconda delle metropoli è Roma, 62ª (70ª nella passata edizione) con un comportamento stabile, ma in lieve miglioramento negli indicatori dello smog e del trasporto pubblico. Per il resto quasi tutti gli indici segnano cattive o pessime prestazioni. A Torino, 77ª, diminuisce, lo spazio destinato ai pedoni e alle ztl, mentre aumentano i metri complessivi di suolo urbano destinati ai ciclisti. Napoli sta sempre in basso (89ª), a dimostrazione che i problemi storici di cui soffre la città non sono ancora risolti.

POSIZIONE STRATEGICA - Proprio dai centri urbani, in vista del vertice di Copenaghen, può arrivare un grande contributo al taglio della CO2. Secondo il presidente di Legambiente Vittorio Cogliati Dezza le città occupano una posizione strategica in campi decisivi per la riduzione delle emissioni di gas serra, come l'edilizia, il trasporto, i rifiuti, l'acqua e le aree verdi. L'80% delle emissioni, continua Cogliati Dezza, proviene dalle aree urbane, dove avvengono i due terzi degli spostamenti, e in Italia il 40% dei consumi energetici è per usi civili. Inoltre, negli ultimi 15 anni le città hanno una temperatura di almeno 1 grado sopra la media nazionale, che in alcuni periodi dell'anno arriva a 4-5 gradi in più rispetto alle aree libere da edificazione. «È inevitabile - conclude Cogliati Dezza - che un accordo a Copenaghen per ridurre le emissioni di CO2 obbligherà a rivedere i modelli urbanistici, dei trasporti e dell'energia».

fonte: corriere.it

sabato 24 ottobre 2009

Per il clima in marcia su Roma

Dal Kilimangiaro alla barriera corallina passando attraverso le nostre città, migliaia di persone si mettono “In marcia per il clima” per manifestare a favore della salvaguardia del Pianeta e chiedere ai governi di adoperarsi per ridurre la quantità di carbonio nell’atmosfera da 387 parti per milioni a 350.

Domani, in contemporanea in tutto il mondo, andrà in scena una manifestazione concreta e gioiosa per sensibilizzare l’opinione pubblica sulla crisi climatica mondiale. «Il quadro della situazione è pessimo – spiegano gli attivisti della campagna 350.org, che hanno organizzato la giornata – L’Artico si sta sciogliendo ad una velocità sorprendente, decenni prima del previsto».
In ogni luogo simbolo del pianeta ci sarà un evento perché se mai c’è stato un momento adatto per essere coinvolti, questo è quello giusto, a un mese da Copenaghen. L’appuntamento italiano è a Roma, per la precisione a Villa Borghese, il cuore verde della città.
Un corteo festoso partirà alle 15 da piazza Colonna. Tutti insieme si marcerà lungo via del Corso per raggiungere Villa Borghese, dove i manifestanti daranno vita a un atto dimostrativo dal forte valore simbolico: con le stoffe colorate portate da casa formeranno un enorme numero 350 per poi scattare una foto di gruppo a testimonianza che 350.org è passato anche a Roma

fonte: lanuovaecologia.it

Dynario: l'eco-ricaricatore che funziona a metanolo

Il colosso giapponese Toshiba ha informato il mercato dell’elettronica che è in arrivo un dispositivo interamente progettato e realizzato per andare incontro alle esigenze dei consumatori, ma soprattutto per evidenziare il connubio perfetto che può esserci tra ricerca tecnologica moderna e risparmio energetico.
Dyanrio, questo il nome, sarà il primo sistema di carica elettrica basato sulla tecnologia delle celle a combustibile: particolarmente piccolo e maneggevole potrà avere un largo utilizzo, pur se ad un prezzo momentaneamente non proprio economico, durante i viaggi per ricaricare in modo veloce e “total green” diversi dispositivi hi-tech.
La struttura ibrida Dynario si serve di una batteria agli ioni di litio, capace di immagazzinare energia elettrica prodotta dalle celle a combustibile alimentate esclusivamente a metanolo tramite piccole catrucce in grado di contenere fino a 14ml di alcol ciascuna. Grazie alla dotazione di un cavo USB il dispositivo impiegherà meno di 20 secondi per effettuare una singola ricarica, capace di sostenere le funzioni di due cellulari.
Il lancio ufficiale dei 3.000 apparecchi, previsto in Giappone per il 29 ottobre e al prezzo di 198 dollari, ha già largamente diffuso delle polemiche e scetticismo da parte di esperti del settore elettronico sia in merito alla sicurezza di liquido altamente infiammabile che per il suo costo, di certo non alla portata di tutti.

fonte: rinnovabili.it

Studio: i costi segreti dei biocarburanti

Una spinta decisa verso una produzione di biocarburanti a livello globale come misura per ridurre le emissioni a effetto serra, senza controlli adeguati, potrebbe avere esattamente l’effetto opposto. Lo rivela uno studio condotto da Jerry Melillo del Marine Biological Laboratory (MBL), che rivela come un gallone di biofuel possa paradossalmente rendersi responsabile del doppio delle emissioni climalteranti rispetto alla stessa quantità di benzina.
“Le potenzialità della bioenergia – si legge nel documento – di ridurre le emissioni di gas serra dipende in modo essenziale dalla fonte della biomassa e dai suoi effetti netti sull’uso del territorio”.
I “costi climatici” a cui la ricerca fa riferimento non dipendono ovviamente dalle emissioni dirette ma dall’impatto “indiretto”, imputabile all’abbattimento del patrimonio forestale per creare nuovi terreni agricoli.
“Un effetto inevitabile”, spiega la ricerca, senza norme di controllo: il cambiamento di uso del suolo, se non accoppiato a normative specificamente di protezione forestale, come tasse sulla deforestazione, porterebbe ad un aumento netto delle emissioni di carbonio. Inoltre, l’incremento di un’agricoltura intensiva richiederebbe un’enorme aggiunta di fertilizzanti azotati, rilasciando di conseguenza protossido di azoto, un gas serra molto più potente del biossido di carbonio. “Se le foreste o altre piante sono destinate alla bioenergia, il rilascio di carbonio che ne risulta deve essere conteggiato o come emissione da uso del terreno o come emissione energetica”, dice Melillo. “Se non lo si fa, l’uso della bioenergia aggraverà il nostro problema con i gas serra invece di risolverlo”.
Si tratta di “contro” importanti che non sono stati inseriti nel metodo di conteggio del Protocollo di Kyoto, nella legislazione Ue sui tetti alle emissioni.
Eppure, i risultati dello studio non dimostrano necessariamente che un aumento della produzione di biocarburanti costituisca una cattiva idea, ma solo che il tutto debba “essere fatto nel modo giusto. Al fine di rendere questo strumento efficace, abbiamo bisogno di controllare la deforestazione”, ha concluso Reilly.

fonte: rinnovabili.it

Mucche e polli adottati in cambio di latte e uova

C'è chi li chiama per nome e appende le foto sul frigorifero e c'è chi li guarda brucare l'erbetta pensando al latte prodotto, e ai formaggi sani e convenienti che arriveranno sulla loro tavola. Più di 10mila italiani (un dato empirico fornito dalle associazioni di allevatori e coltivatori che sostengono l'esperimento) posseggono una mucca, una capra, un asino, un maiale e perfino una o più galline senza avere neppure un metro di terreno né un pollaio o una stalle nel cortile. È l'adozione a distanza degli animali da fattoria, che in alcuni casi sta aiutando interi settori - come l'allevamento allo stato semi-libero di pecore e capre - a sopravvivere a forme più redditizie e razionali. Per tutti rappresenta un modo di tornare alla natura, la sensazione, magari illusoria, di aiutare da lontano un altro essere vivente che in cambio fornisce latte, uova e perfino lana ancora da cardare.

Mario Patteri è un agricoltore di Marreri, vicino a Nuoro. A lui si deve l'idea della gallina in affido, che mette insieme la nostalgia per le aie di una volta con l'esigenza di risparmiare: "La crisi ci sta facendo chiudere, neppure le produzioni biologiche bastano più a guadagnare quel tanto che basta per andare avanti. Io ho già 50 galline e le allevo come si deve. Ho pensato che potevo tenere a pensione anche quelle degli altri: chi vuole ne compra una o più, pagando 5,5 euro, e per otto mesi riceve da me sei uova alla settimana. Lui risparmia, io guadagno qualcosa e le uova sono molto più buone di quelle dei negozi". Tra i consumatori sardi l'idea ha avuto successo e in questo weekend nell'azienda di Patteri troveranno un posto i primi polli in affido.

A Verbania, invece, si possono adottare Maggiolina, Cacao, Menta, Vaniglia e Betty: sono asinelle nane, animali da compagnia meravigliosi per bambini e non. I malgari della Valsugana e del Lagorai, cinque anni fa, si sono trovati di fronte a un bivio: rinunciare agli alpeggi estivi in quota, ormai costosi e troppo distanti dai moderni criteri di allevamento, o chiedere aiuto. In poco tempo, al loro appello hanno risposto oltre 200 lombardi di città, che hanno pagato 60 euro per ricevere una foto con l'animale e il suo nome, e sono saliti in montagna a ritirare latte, burro, panna e tome.

Vittorino, Pier, Loris, Azzurra e Francesco sono cinque giovani allevatori che fanno qualcosa di simile in Valsesia, nel Vercellese: la famiglia Muretto riceve le quote (40 euro a mucca, ognuna con la sua carta di identità) e aspetta alla fattoria chi vuol ritirare burro, ricotta e latte e far vivere ai suoi bambini incontri ravvicinati con gli animali. E in Abruzzo "La porta dei parchi" offre in adozione agnelli e pecore con due diverse opzioni: chi vuole, può ricevere la carne, ma gli animalisti, i vegetariani o chi si è affezionato nel frattempo possono convertire il loro arrosto con olio, miele e marmellate.

fonte: repubblica.it

La profezia della Nasa "I mari più alti di 7 metri"

È chiamato il "padre del riscaldamento climatico". E in effetti finora James Hansen, 68 anni di cui 28 spesi alla guida del Goddard Institute for Space Studies della Nasa, le ha indovinate tutte. Nel 1981 scrisse che il decennio successivo avrebbe segnato un picco di caldo e la previsione si avverò. Poi, all'inizio dei Novanta, disse che il primo decennio del nuovo secolo avrebbe battuto il record precedente e anche stavolta i fatti gli diedero ragione. Speriamo che adesso si sbagli perché lo scenario che disegna è da incubo: un aumento del livello dei mari di sette metri a fine secolo. Possibile?

"Non solo possibile", risponde al telefono Hansen, che nelle prossime settimane verrà in Italia invitato dal Wwf, "ma molto probabile se ci comporteremo come ha fatto l'umanità in un film appena uscito, The age of stupid: la trama è ambientata in un futuro dal clima sconvolto e si ricostruiscono le mosse dell'umanità all'inizio del ventunesimo secolo, quando ci sarebbe stato ancora il tempo per fermare la catastrofe ma nessuno agì. Noi ora viviamo quel momento, il momento in cui possiamo scegliere: imboccare la strada che ci consente di frenare il riscaldamento climatico o prendere la via che ci trascina verso un mondo simile al Pleistocene, quando il livello dei mari era più alto di 25 metri".

Eppure l'Ipcc, la task force degli scienziati Onu, parla di una crescita degli oceani di circa mezzo metro.

"Perché prende in considerazione, e lo precisa, solo alcuni fattori, come la dilatazione termica dell'acqua per l'aumento della temperatura. L'elemento cruciale, la deglaciazione, non viene conteggiato per una ragione molto semplice: il modello non riesce a calcolarlo in modo affidabile e, nel dubbio, il dato viene omesso".

Lei lo ha calcolato?

"Io non mi sono affidato ai modelli matematici ma all'analisi di quello che è realmente accaduto in passato quando la concentrazione di anidride carbonica in atmosfera ha fatto un salto brusco. Raffrontando i dati di oggi con quelli paleo-climatici si può misurare la portata del rischio".

Misuriamola.

"Se non diamo un taglio drastico all'uso dei combustibili fossili, i ghiacciai della penisola antartica, che attualmente perdono 200 chilometri cubi all'anno, fonderanno nell'arco di un secolo. Il che produrrà un aumento di 6-7 metri del livello del mare a cui si dovrà aggiungere in collasso dei ghiacciai in zone come la Groenlandia".

L'alternativa?

"Ridurre subito in maniera radicale l'uso dei combustibili fossili, a cominciare dal carbone. Non c'è alternativa perché anche due gradi in più in un secolo sono troppi".

Fermarsi a due gradi sembra già difficile.

"Bisogna fare di più. Finora l'inerzia del sistema ci ha aiutato perché ad esempio la massa d'acqua degli oceani ha frenato il riscaldamento climatico. Ma l'inerzia non è un alleato nel lungo periodo: appena si rovescerà la tendenza, gli oceani cominceranno ad accelerare il processo".

Il problema deriva dalla concentrazione in atmosfera di gas serra. Dobbiamo bloccare la crescita a 450 parti per milione di CO2?

"No, bisogna invertire la rotta riportandoci dalle attuali 387 a 350 parti. Eliminando subito l'uso del carbone, nell'arco di una ventina di anni potrebbe iniziare la discesa per mettere in sicurezza il pianeta"

fonte: repubblica.it

venerdì 23 ottobre 2009

Sarà italo-giordano il maggiore parco solare mediterraneo

Sarà italo-giordano il parco solare fotovoltaico più grande dell’area mediterranea. Situato nel sud della Giordania, Shams Ma’an – questo il suo nome – si estenderà su un’area di 2 km quadrati e attraverso 360mila pannelli solari produrrà 168.100 megawattora (MWh) di energia pulita, una quantità pari al fabbisogno di 60mila famiglie.

SOLAR VENTURES - Il progetto nasce dalla partnership siglata tra l’italiana Solar Ventures con le società giordane Kawar Energy e First Internaitonal for Investment and Trade. Proprio ieri a Milano è stato firmato l’accordo per l’acquisizione del terreno e la costruzione della centrale davanti al re Abdullah II di Giordania, in visita ufficiale in Italia. Il parco fotovoltaico sorgerà nel sud del paese, nei pressi della città di Ma’an, e alimenterà in primo luogo l’adiacente area industriale.«E’ una zona perfetta – ha commentato a Corriere.it Sauro Mostarda, responsabile del progetto per Solar Ventures – perché è assolata e secca, ma diversamente dalle regioni desertiche non c’è la sabbia, che graffia i moduli». I primi 10 megawatt di picco (MWp, che indicano la potenza nominale di una centrale) saranno costruiti entro la fine del 2010, per poi arrivare a 100 MWp nel 2012. Anche se l’area a disposizione permetterà in prospettiva di estendersi fino a 200MWp.

ENERGIA E SVILUPPO - «In realtà il progetto complessivo per quella zona è più vasto, non riguarda solo l’energia rinnovabile. È un’operazione di sviluppo locale che comprenderà anche un polo tecnologico e un’area residenziale», spiega Mostarda. Tra l’altro proprio ieri il re giordano ha preannunciato entro fine anno l’adozione di una legge per incentivare le rinnovabili. Il governo di Amman – nel tentativo di accrescere la propria indipendenza energetica – sta infatti puntando su solare ed eolico.

fonte: corriere.it

giovedì 22 ottobre 2009

Clima, Ban ki-moon sui negoziati: «A Copenaghen nessun accordo»

Passo indietro del Palazzo di Vetro sul cambiamento climatico. Il segretario generale dell'Onu Ban Ki-moon - che aveva messo la lotta al surriscaldamento del globo in cima alle sua agenda - prende atto che al prossimo summit di Copenaghen "forse non verranno risolti tutti i dettagli e non si arriverà ad un trattato vincolante".
Il segretario generale, ha spiegato all'Ansa il portavoce Farhan Haq, ritiene comunque indispensabile che il vertice di dicembre nella capitale danese "approvi un pacchetto comprensivo riguardo i principi politici essenziali" legati al riscaldamento globale, che Ban ha osservato di persona in una recente missione al Polo Nord.
Il passo indietro del segretario generale arriva dopo le dichiarazioni di Yvo De Boer, il diplomatico olandese che sta tentando di trovare un accordo accettabile per le Nazioni Unite. "Spero che si vada al di là delle semplici dichiarazioni di principio", aveva detto il responsabile della Convenzione dell'Onu sul cambiamento climatico (Unfcc) la scorsa settimana, ribadendo poi lo scetticismo in un'intervista al Financial Times.

Al Palazzo di Vetro le speranze di vedere un trattato vincolante per sostituire il protocollo di Kyoto, in scadenza nel 2012, si sono fatte sempre più flebili. "Teniamo le dita incrociate", ha detto all'ANSA un funzionario che segue da vicino i negoziati in vista di Copenaghen.
"L'ambizione delle economie sviluppate non è sufficiente - continua l'esperto, che ha chiesto l'anonimato - e nemmeno i fondi previsti per finanziare i progetti nei Paesi in via di sviluppo sono adeguati".
Secondo il New York Times, diversi Paesi - in primis gli Stati Uniti - avrebbero deciso di adottare la politica dei piccoli passi piuttosto che puntare subito ad un trattato che non sarebbe abbastanza ambizioso. Lo stesso Ban, che pure appena eletto aveva messo la lotta al cambiamento climatico in testa delle priorità del suo mandato pensa che "l'obiettivo non è ottenere un accordo rapido e inefficace", ha detto il suo portavoce.

Secondo il quotidiano newyorchese, le capitali - soprattutto quelle responsabili dei gas serra responsabili del surriscaldamento planetario - hanno intenzione di puntare a soluzioni temporanee in vista di un accordo più sostanziale che potrebbe arrivare a metà o a fine 2010.
Il prossimo appuntamento per i negoziati in vista del vertice danese, comunque, è previsto per la prima settimana di novembre a Barcellona. A rappresentare il Palazzo di Vetro nella città spagnola sarà Yvo De Boer, che giocherà le ultime carte prima del summit di Copenaghen, dove si apriranno i battenti il 7 dicembre

fonte: lanuovaecologia.it

UMBRIA: NASCE IL POLO ENERGETICO DELLE RINNOVABILI

Partiranno nel mese di novembre 2009 i lavori per il nuovo insediamento energetico nella località di San Faustino, comune di Massa Martana (PG), successivamente alla stipula del contratto tra il Consorzio Flamina Vetus e Archimede Solar Energy Spa del Gruppo Angelantoni Industrie. Il progetto, firmato il 9 ottobre scorso, consiste nella realizzazione di una struttura destinata all'impiego ed alla produzione di fonti rinnovabili.

Il Sindaco del Comune Umbro, Maria Pia Bruscolotti, ha sottolineato la rilevanza strategica dell'impianto: ?Massa Martana presenta il nuovo modello di sviluppo riguardante la produzione di energia pulita, esempio importante non solo per la nostra regione ma per tutta Italia e la comunità scientifica internazionale?. Il Polo dell'energia pulita, che sarà effettivo a partire dal 2012, "è il risultato di un'ottima collaborazione fra enti locali, Regione dell'Umbria e imprenditori; con la sua realizzazione Massa Martana conoscerà nuovo sviluppo e nuova crescita economica, con molti posti di lavoro da offrire", ha proseguito a dire il Sindaco. Archimede Solar Energy che si occupa del ramo ?solare termodinamico, produrrà i ?tubi ricevitori? solari ad alta temperatura (550°C) indirizzati al nuovo Centro per la trasformazione dell'energia del sole in energia elettrica grazie alla generazione di vapore.

Contemporaneamente a ciò si stanno attuando passi decisivi per l'implementazione di un altro stabilimento che usufruirà della tecnologia del solare termodinamico per una capacità di 350 kW come confermato dall'amministratore delegato di Archimede Solar Energy, Gianluigi Angelantoni, che ha considerato la "piccola centrale solare, utilissima per dimostrare all'Italia e al mondo che la tecnologia del solare termodinamico è una realtà affermata". L'ha definita un'occasione propizia tanto per i ricercatori che per gli studenti di proseguire concretamente nella maturazione di studi e osservazioni scientifiche per la crescita e l'applicazione del settore di riferimento.

fonte: ambiente.it

Canada e ricerca: camera ambientale e simulatore solare

Una nuova camera ambientale, che incorpora un simulatore solare, sarà in dotazione alla Concordia University per il controllo controllo del clima grazie ad un finanziamento di 4,6 milioni di dollari canadesi del governo federale.
La camera ambientale servirà per testare i nuovi sistemi solari integrati in edifici, strutture e modelli di scala in un ambiente monitorato e sotto controllo per stabilire la risposta a diversi fattori quali la temperatura, l’umidità, la pioggia o il sole. In questo modo si potranno progettare edifici capaci di produrre tanta energia quanta ne consumano.
Camera e simulatore consentiranno ulteriori ricerche per la raccolta, utilizzo e stoccaggio dell’energia solare e l’uso ottimale della luce diurna negli edifici. La sua dotazione servirà per immagazzinare calore e resistere al congelamento e allo scongelamento, per resistere alle infiltrazioni di aria, alla condensa e altre condizioni avverse. Sarà anche una prova per strutture e materiali compositi, come i pavimenti e le finestre.
“Questo progetto realizza una delle priorità stabilite dalla Concordia University, nella sua ricerca strategica del Piano 2008-2012 – ha dichiarato Tella Woodsworth, il Rettore dell’Università degli Studi – La camera ambientale sarà l’unica in Canada. Essa sarà dotata di elementi che si trovano solo nei più grandi laboratori al mondo dedicati alla ricerca nel campo dell’energia solare e dei materiali da costruzione”.

fonte: rinnovabili.it

UE, i 27 d’accordo per tagliare la CO2 dell'80-95% al 2050

L’ambizione europea su gli impegni di riduzione a lungo termine c’è. Il Consiglio dei 27 ministri dell’Ambiente europei riunitisi oggi a Lussemburgo ha, infatti, espresso le proprie conclusioni in merito alla posizione che l’Unione europea terrà alla Conferenza COP 15 del prossimo dicembre. Il documento approvato in sede consiliare riporta l’importante obiettivo in materia di lotta al surriscaldamento globale che impegnerebbe la Comunità a tagliare le emissioni di gas serra “dell’80-95% entro il 2050 rispetto ai livelli del 1990”, in accordo dunque con quanto supportato dagli esperti dell’IPCC.
La conclusione ribadisce tuttavia la necessità che l’impegno a lungo termine venga assunto, con sforzi simili, da tutti i paesi sviluppati inclusi nell’Annex I dell’UNFCCC e di quelli esclusi ma candidati all’adesione all’UE. Il blocco ha inoltre posto una riduzione del 30% al 2020 rimarcando la necessità di quella che dovrebbe essere una meta a medio termine.
Mitigazione, adattamento, ma anche il ruolo delle foreste nel sequestro della CO2 per il quale il Consiglio potrebbe approvare già prima della sessione di Barcellona, all’inizio di novembre, regole di contabilità obbligatorie per le variazioni delle emissioni dovute all’utilizzo del terreno, cambiamenti nell’uso del suolo e della silvicoltura (LULUCF).
Approvate una serie di conclusioni anche in merito alle strategie di sviluppo e al mercato del carbonio senza far però alcun accenno alla vendita da parte dei paesi dell’Est Europea dei propri permessi di emissione e rimandando ad un ulteriore approfondimento la spinosa questione dell’eccedenza delle quote di emissione assegnate ad alcune Nazioni.
Il documento definisce altresì gli impegni al 2020 per il trasporto marittimo e aereo sui quali l’Ue dovrà premere ossia una riduzione delle emissioni, rispettivamente del 20% e del 10% sotto i livelli del 2005.

Per Andreas Carlgren, ministro dell’Ambiente svedese, il testo adottato oggi “è un messaggio chiaro al mondo che l’Ue è pronta per i negoziati. Un pieno mandato per Copenaghen… Noi vogliamo negoziare con tutte le parti. Abbiamo spianato la strada per un messaggio da trasmettere al mondo”.
Una buona notizia che riassegna così una posizione di prima linea ai 27 e si contrappone al nulla di fatto dei ministri delle Finanze al vertice Ecofin, definito Vittorio Cogliati Dezza, presidente nazionale di Legambiente come “una pericolosa breccia nella capacità della Ue di essere concretamente operativa”.
Ed è pianamente soddisfatto dei risultati odierni anche il Commissario all’Ambiente Stavros Dimas che ricordando come vi sia una sola sessione di negoziati prima di Copenaghen, e sia dunque indispensabile accelerare la velocità degli scambi a livello politico, ha dichiarato: “Il raggiungimento di un accordo internazionale è un formidabile sfida politica, ma siamo ancora sulla strada giusta. E ripeto che è più importante che mai per l’UE di affermare il proprio ruolo di leadership: i nostri cittadini lo vogliono”.

fonte: rinnovabili.it

Shanghai rischia di affondare una superdiga la salverà

LE CASE lungo lo Huangpu sono già sotto il livello del fiume. Il Bund è il quartiere commerciale più elegante di Shanghai. L'acqua, respinta dal mare, minaccia sempre più spesso di allagare alcuni dei palazzi più famosi della Cina. Anche sull'altra sponda i grattacieli di Pudong, secondo i capricci delle maree, finiscono in ammollo.

La metropoli-simbolo della modernizzazione cinese, a sei mesi dall'Expo che presenterà le conquiste del millennio, teme di sprofondare nel delta più esteso del pianeta. L'allarme degli scienziati non delinea uno scenario da The Day After Tomorrow. I dati scuotono però ormai anche il governo di Pechino. Se il riscaldamento globale non sarà fermato, rallentando lo scioglimento di ghiacciai e calotte polari, l'intera costa del Mar Giallo sarà sommersa da un metro d'acqua entro questo secolo. Altri duecento anni e il livello degli oceani aumenterà di cinque metri. Shanghai è tre metri sopra il livello del mare. Le proiezioni della facoltà di Ingegneria di Nanchino disegnano una città incassata tra dighe gigantesche.

Vasti quartieri, a causa del pompaggio sotterraneo delle acque e della costruzione di centinaia di grattacieli, sono però già sprofondati.
Non è un caso isolato. Altre capitali del mondo corrono lo stesso pericolo: Londra, Amsterdam, New York, Il Cairo, Mumbai e Tokyo sono solo alcune di esse. Shanghai e la costa orientale della Cina sono però il luogo più a rischio. In pochi anni, nella regione dello Yangtze, si sono trasferiti quasi cento milioni di ex contadini delle campagne interne. Le paludi bonificate, sommerse dal cemento, cedono. Porti, ponti, aeroporti, zone industriali, città: il mare avanza. I fiumi più grandi dell'Asia non riescono più a scaricare l'acqua nell'oceano. "Non affogheremo domani", dice Zheng Hongbo, direttore dell'Istituto di scienza della terra di Shanghai, "ma che ci piaccia o no questo è un problema da affrontare subito".

La crescita dei fiumi, ogni giorno, spinge montagne di melma contro le chiuse e gli argini che proteggono il centro. All'alba e al tramonto una diga alta cento metri, dove il fiume Suzhou si getta nello Huangpu, viene aperta e chiusa per regolare un labirinto di canali. Piene e cicloni, in un clima sconvolto, negli ultimi mesi hanno però spaventato gli scienziati. "Shanghai", dice Shikang Ma, custode della diga principale, "è protetta fino ad un massimo di 5,9 metri. Pensavamo di essere al sicuro per mille anni. L'ultimo tifone ha creato invece un'onda da 5,7 metri. Un uragano come Katrina ci sommergerebbe con 8,5 metri d'acqua".

Il governo cinese sta studiando la costruzione di barriere più alte. I tecnici, da mesi, sono al lavoro a Londra, in Olanda e a Venezia. L'idea è di costruire un sistema di dighe mobili, proprio sull'esempio del contestato Mose nella laguna veneta. "Il problema", dice Sang Baoliang, direttore del Shanghai Flood Control Headquarters, "è che ogni anno le ricerche prevedono innalzamenti maggiori. Oggi pensiamo a dighe trenta chilometri a valle rispetto alle città. Ma nessuno al mondo sa dire quanto alte dovranno essere". Lo spettro è l'esodo di milioni di persone che vivono sulla costa. "Ma la verità", dice Edward Leman, consulente del più importante centro di ricerca di Ottawa, ingaggiato dalla Cina, "è che non siamo pronti. Nessuna amministrazione dispone di progetti esecutivi: parliamo di opere che richiedono poi anni per essere realizzate".

fonte: repubblica.it

La casa di pallet: ecologica ed economica

Prefabbricato standardizzato ed ecologico. Per di più di riciclo. Due giovani architetti austriaci, Gregor Pils e Andreas Claus Schnetzer, hanno scelto come base della loro progettazione il pallet, quel sostegno fatto di assi largamente usato nell’industria dei trasporti. Nel mondo ne circolano milioni e spesso, dopo l’uso, vengono semplicemente bruciati perché costerebbe di più riportarli al proprietario che comprarne di nuovi. Un punto di partenza interessante, hanno notato Pils e Schnetzer mentre stavano pensando a qualcosa per partecipare a una competizione di architettura sostenibile tra studenti europei.

I VANTAGGI - I vantaggi dei pallets sono numerosi – sostengono i due. Innanzitutto sono facilmente trasportabili, per definizione. In secondo luogo, sono uguali ovunque, nel mondo. Terzo, costano poco, anche perché di solito vengono bruciati. Quarto, sono oltremodo flessibili. Quinto, sono ecologici, di materiale naturale, e si rendono facilmente efficienti dal punto di vista energetico. Usati per costruire case – in situazioni di emergenza nei Paesi poveri ma anche abitazioni per il weekend in Europa – possono tra l’altro fare risparmiare migliaia i alberi. «Abbiamo dunque deciso di usare il pallet come materiale da costruzione», dicono i due architetti. Muri, facciate e soffitto sono un assemblaggio di pallets.Negli spazi interni di ciascuno di questi (cioè gli spazi che servono a fare entrare le pale delle macchine sollevatrici quando sono usati come sostegni di container o carichi pesanti) passano i pali di supporto, i fili della luce, l’isolamento termico. La cosa interessante è che questo isolamento è facilmente adattabile al clima e al luogo in cui la casa viene costruita. In un progetto per il risanamento degli slum del Cairo, per esempio, Pils e Schnetzer usano sabbia. In case per il fine settimana in Austria utilizzano cellulosa oppure fibre di vetro o ancora lana di pecora, a scelta. Il prossimo gennaio metteranno paglia nelle pallet-house che costruiranno in Sudafrica.

A BASSO COSTO - Il sistema – facile e veloce – può diventare utile per il risanamento di aree in Paesi poveri e soprattutto per rispondere alle sempre più frequenti esigenze di ricollocazione di intere popolazioni a causa di disastri ambientali o conflitti armati. Ma può piacere anche a occidentali a forte orientamento ecologico. Per una casa standard di 60 metri quadrati servono 800 pallets (puliti e trattati), ognuno del costo di circa otto euro.

fonte: corriere.it

Un "mostro" del mare contro le baleniere

Lo hanno battezzato "Ady Gil", dal nome dell'uomo d’affari di Hollywood che ne ha finanziato l'acquisto. È un mostro del mare, spinto da un motore diesel ecologico, capace di raggiungere i 50 nodi. Un battello eccezionale che detiene il record del giro del mondo in 60 giorni. Tra qualche mese lo "Ady Gil" partirà per una missione impegnativa: ostacolare le baleniere giapponesi in Antartico. Il trimarano è entrato nella flottiglia della "Sea Shepherd", la fondazione che da anni si batte con coraggio e inventiva contro la strage delle balene.

LA CAMPAGNA - Con lo “Ady Gil”, gli ecologisti sono convinti di poter tenere testa alle navi nipponiche impegnate nella pesca. Insieme al trimarano opererà la già famosa "Steve Irwin" che durante la campagna 2007-2008, conosciuta come Operazione Migaloo, è riuscita a ridurre la quota di balene catturate dai giapponesi. Durante le spedizioni le unità della Sea Shepherd ingaggiano vere battaglie manovrando in modo spericolato, tirando fumogeni e "bombe puzzolenti". I giapponesi rispondono con cannoni ad acqua, granate stordenti e bulloni. Per portare avanti la sua missione la "Shepherd" conta sulle donazioni private e il lavoro dei volontari che prestano servizio a bordo.

fonte: corriere.it

mercoledì 21 ottobre 2009

(none) 21/10/2009 La bistecca che distrugge il pianeta

L’impatto ambientale del consumo di carne è molto più devastante di quanto non si sia pensato fino ad ora. Lo affermano gli scienziati americani Robert Goodland e Jeff Anhang, co-autori di Livestock and Climate Change, uno studio pubblicato sull’ultimo numero dell’autorevole World Watch magazine dove affermano che oltre metà dei gas serra (o GHG) prodotti oggi dall’uomo sono emessi dagli allevamenti industriali di bestiame.

Già nel suo dossier del 2006 Livestock's long shadow (La lunga ombra del bestiame) la Fao aveva attestato come il settore della produzione di carne sia causa del 18% delle emissioni totali di gas serra dovute alle attività umane: una percentuale simile a quella dell'industria e molto maggiore di quella dell'intero settore di trasporti (che ammonta a un 13,5%).

Ma secondo le più recenti rilevazioni effettuate da Goodland e Anhang il bestiame e i suoi sottoprodotti immettono nell’atmosfera oltre 32.6 miliardi di tonnellate di biossido di carbonio all’anno, ovvero il 51 % delle emissioni di GHG prodotte annualmente nell’intero pianeta.

La carne presente nella nostra dieta è responsabile, insomma, dell'immissione in atmosfera di una quantità di gas serra - anidride carbonica (CO2), metano, ossido di azoto e simili – ben maggiore di quella immessa dai mezzi di trasporto o dalle industrie. Il motivo? Per la produzione di 225 grammi di patate si emette una quantità di CO2 pari a quella generata dal guidare un'auto per 300 metri. Per la stessa quantità di asparagi, è come guidare la stessa auto per 440 metri. Per la carne di pollo, molto di più: 1,17 km, per il maiale 4,1 km, per il manzo 15,8 chilometri.

La conclusione dei due ricercatori è drastica quanto inevitabile: “Per invertire il devastante trend che sta inesorabilmente modificando il clima del pianeta Terra basterebbe sostituire i prodotti animali con quelli a base di soia o di altre colture vegetali. “Questo approccio avrebbe effetti molto più rapidi sulle emissioni di GHG e sull’effetto serra di qualsiasi altra iniziativa per rimpiazzare i combustibili fossili con energia rinnovabile”, affermano i due esperti.

COW-Button.jpg
Non si tratta, insomma, dell’ennesima moda alimentare o imperativo etico-religioso ma di una condicio sine qua non per assicurarsi che il nostro meraviglioso pianeta esista ancora per i figli dei nostri figli. Prima che sia troppo tardi

fonte: corriere.it
Google

Passatempo Preistorico

Moonstone Madness

Pronti a partire, pronti per distruggere tutto? Bene, allora fate un salto indietro nell'era preistorica e immergetevi in questa nuova avventura dal gusto tribale. A bordo del vostro cinghiale dovrete raccogliere le gemme preziose necessarie per passare alle missioni successive, saltando gli ostacoli se non volete perdere il vostro bottino e distruggendo i totem a testate per conquistare altre gemme utili. Inoltre, una magica piuma vi catapulterà verso il cielo dove punti e gemme preziose sono presenti in gran quantità, per cui approfittatene! cercate di completare la missione entro il tempo limite, utilizzando le FRECCE direzionali per muovervi, abbassarvi e saltare, e la SPACEBAR per prendere a testate i totem.

Change.org|Start Petition

Blog Action Day 2009

24 October 2009 INTERNATIONAL DAY OF CLIMATE ACTION

Parco Sempione - Ecopass 2008

Powered By Blogger