mercoledì 30 giugno 2010

New York passa ai taxi ibridi

Bye bye vecchi taxi gialli di New York e benvenuti alle nuove vetture che rispettano l'ambiente, non inquinano e risparmiano in carburante. Entro il 2012, aveva promesso già 3 anni fa il sindaco Michael Bloomberg, ci saranno 13mila taxi a motore elettrico in giro per la Grande Mela. Nel frattempo Obama, lo scorso anno, presentava il nuovo piano energetico nazionale e ordinava ai produttori di adeguarsi entro il 2016 alla soglia di consumo massimo delle 35 mpg (miglia per gallone) di carburante, i nostri 13 km con un litro. E le promesse iniziano ora a farsi realtà: spariscono, seppur lentamente, le vecchie Ford Crown Victoria molto diffuse in città, mentre compaiono i primi modelli di autoveicoli a risparmio energetico, anche se le lamentele per le loro dimensioni anguste fioccano. Ford invece chiude la sua linea di produzione dei mitici taxi newyorchesi in Canada.

IL PIANO BLOOMBERG – A maggio 2007 era arrivata la promessa del sindaco Bloomberg: ogni taxi della Grande Mela sarebbe stato ibrido da lì a 5 anni. In tutto circa 13mila vetture da sostituire con esemplari a basso consumo, il 20 per cento ogni anno fino ad arrivare al 2012. Di questi 13mila taxi, il 90 per cento erano tutte dello stesso modello, Ford Crown Victoria, quell'auto che, come raccontava questo week-end il New York Times, a breve non esisterà più perché Ford ha deciso di chiudere entro la fine dell'anno la fabbrica canadese che la costruisce. Le Crown Victoria andranno dunque a esaurimento: simbolo del trasporto passeggeri in città, ma note anche dalle forze dell'ordine, visto che la Polizia le usava già dal 1992. Per sostituirle, in concerto con il piano Bloomberg, si è attivata anche la Taxi and Limousine Commission, che ha promosso il concorso "Taxi of Tomorrow" per disegnare l’alternativa gialla alla Crown Victoria.

TAXI IBRIDI – Per il momento ci sono ancora 8mila esemplari di taxi Crown Victoria per le vie di New York. Ma alcuni gestori del servizio sono già passati alla soluzione ibrida da qualche tempo, scegliendo tra i veicoli a disposizione delle varie case automobilistiche, come la Nissan Altima, la Toyota Camry, la Ford Escape, che rispettano tutte, chi più chi meno, i dettami di Obama in tema di risparmio di carburante. La stessa Ford sta lavorando anche a un nuovo modello di Transit, che per ora è solo un concept, per rispondere alle lamentele dei clienti che stanno provando le macchine ibride: d'accordo la tutela dell'ambiente, ma i nuovi modelli non sono molto adatti per chi è alto e picchia testa e ginocchia e per la scomodità nelle operazioni di salita e discesa.

fonte: corriere.it

Borse in recupero dopo il martedì nero

La giornata sembra svoltare rispetto alle tendenze infauste con cui si erano chiusi i listini di martedì. Le Borse europee aprono la giornata in territorio positivo. A Milano l’indice Ftse It All Share guadagno 0,31%, Parigi lo 0,1%, Francoforte lo 0,08%, Londra lo 0,15%. Dopo un avvio in lieve progresso e un successivo ripiegamento in territorio negativo (-0,07%), Piazza Affari si è di nuovo orientata al segno positivo e al momento il Ftse Mib è in attivo con un +0,61%, collocando Milano come la migliore tra le piazze europee. L'andamento dell'asta Bce promette di condizionare sensibilmente la performance dei mercati perché un volume eccessivo di richieste da parte del sistema finanziario potrebbe essere interpretato come un'ammissione di nuove gravi difficoltà nel settore e di un preoccupante malfunzionamento del mercato del credito interbancario.

RECUPERANO LE BANCHE- Dopo un avvio incerto i titoli bancari intanto hanno preso la strada dei rialzi:, con la quota in continua oscillazione intorno alla parità. L'indice Ftse Mib passa da un minimo del -0,4% a un massimo del +0,7%, e ora segna un +0,29%, a 19.291 punti, con l'All Share a +0,26%. Occhi puntati sugli esiti dell'asta Bce della mattinata, che darà il polso della situazione sul mercato interbancario. Nell'attesa sono proprio i bancari a recuperare terreno dopo i cali di ieri: Unicredit a +0,4%, Intesa +0,7%, Mediobanca +0,9%, Banco Popolare +1,5%. Riscontri in parte positivi nell'energia, con Eni ed Enel in rialzo, Saipem a +1,1%; giù invece i difensivi. Atlantia guadagna lo 0,6% dopo l'annuncio di un rincaro delle tariffe autostradali. Balzo di Autogrill (+2,3%). Bene Fiat (+1,2%), con Exor +2%. Pirelli a +1,3%. Nel lusso bene Bulgari e Geox. In calo Telecom (-1,1%). Tra i minori in luce Amplifon (+2,2%) dopo un report positivo

fonte: corriere.it

martedì 8 giugno 2010

I giardinieri del corallo

Le barriere coralline del mondo cominceranno a disintegrarsi entro la fine del secolo, come conseguenza dell'aumento di anidride carbonica che rende gli oceani più acidi. Questo l'allarme lanciato dagli scienziati che hanno identificato il 'punto di non ritorno' dell'ecosistema dei coralli, ovvero il momento in cui la capacità delle barriere di rigenerarsi verrà sorpassata dalla velocità con cui si disgregano. E tra i numerosi rimedi che sono stati ipotizzati o messi in campo per la salvaguardia delle barriere è stata prospettata una soluzione semplice ed economica per tenerle in vita rigogliose. Si tratta di una sorta di giardinaggio marino: basta trapiantare rametti di corallo rotti sulle barriere coralline e questi nel giro di qualche anno formeranno nuovi grandi coralli adulti, del tutto reintegrati nella barriera.

Graham Forrester, dell'università di Rhode Island, ha studiato infatti un sistema molto simile a quello usato nel per piantare talee (rametti di una pianta messi a germogliare). Secondo quanto riferito sulla rivista Restoration Ecology, questa tecnica è stata testata con successo al largo delle Isole Vergini britanniche le cui barriere coralline sono messe a dura prova dalle tempeste. Non serve essere un giardiniere esperto per sapere che piantando un rametto rotto ne può nascere una nuova pianta grande e rigogliosa: il rametto (o talea) interrato emette radici e genera un nuovo individuo.

Gli esperti hanno provato a fare lo stesso con pezzi di corallo: hanno 'piantato' rametti di corallo danneggiati, scoprendo nel giro di pochi mesi molte di queste microcolonie 'attecchiscono' a perfezione e in alcuni anni riescono a formare nuovi grandi banchi corallini. Trovare misure urgenti rimane comunque uno degli obiettivi dei ricercatori perché oltre 9 mila barriere coralline in tutto il mondo - dicono gli scienziati - inizieranno a morire quando i livelli di anidride carbonica nell'atmosfera raggiungeranno la concentrazione di 560 parti per milione. Attualmente questa concentrazione è di 388 ppm, ma si stima raggiungerà le 560 ppm per la fine del secolo.

"Questi ecosistemi, che ospitano la più grande biodiversità marina degli oceani verranno severamente danneggiati comunque in meno di 100 anni", dice Jacob Silverman, della Carnegie Institution, della Stanford University della California, responsabile dello studio che ha innescato l'allarme. Pesca, protezione delle coste, turismo: sono solo alcuni dei 'servizi' resi all'uomo dalle barriere coralline, un impatto economico stimato in 172 miliardi di dollari l'anno. Mezzo miliardo di persone dipende da questi ecosistemi per la propria sopravvivenza, così come oltre un quarto di tutte le specie di pesci marini.

Le barriere coralline attualmente sono condannate a scomparire quasi totalmente, considerando che la loro salute è legata alla crescita delle temperature e all'acidificazione degli oceani, oltre che allo sviluppo delle coste, all'eccessivo sfruttamento delle risorse ittiche e all'inquinamento. Dal 1950 è già scomparso il 20% delle barriere coralline, un altro 20% è a rischio di collasso, mentre il 58% è minacciato dalle attività umane (di cui l'80% nel Sudest asiatico).

fonte: lanuovaecologia.it

Louisiana, si contano i danni dei 320 km di macchia oleosa

La marea nera costerà 31 miliardi di dollari. Le operazioni di pulitura e di copertura del pozzo sono costate a Bp 990 milioni di dollari. Ma per la pulitura del Golfo serviranno tra gli 11 e i 17 miliardi cui vanno aggiunti circa 14 miliardi per risarcire i danni

Ennesima gaffe ieri da parte della Bp, nel giorno numero 48 del disastro ambientale nel Golfo del Messico. Già da circa 24 ore sembra che il nuovo 'tappo' stia funzionando, seppur parzialmente, visto che riesce a catturare solo la metà del petrolio che fuoriesce dal pozzo sottomarino estendendosi per un raggio lungo più che da Roma e Firenze. Ma tanto basta al capo della compagnia petrolifera, Tony Hayward, per dirsi "pleased', cioé felice del risultato appena raggiunto.
Espressione duramente censurata dall'ammiraglio Thad Allen, che ha frenato l'entusiasmo espresso dalla compagnia, prima responsabile di un disastro che sta mettendo in ginocchio intere comunità: "Stiamo facendo i giusti progressi - ha detto l'alto ufficiale che sta seguendo per conto della Casa Bianca tutte le operazioni nel Golfo - tuttavia penso che nessuno possa sentirsi felice sino a quando c'é petrolio in acqua".

Non è la prima volta che Hayward compie un passo falso. Già la settimana scorsa disse in un'intervista: "rivoglio la mia vita". Una frase che fece infuriare in parenti degli undici operai che morirono nello scoppio della base.
L'ammiraglio ha riferito in tv che la macchia di petrolio che esce dal pozzo a 1.500 metri di profondità si sta estendendo a macchie di leopardo per un raggio di 200 miglia, pari a 320 km. Intanto la Cnn mostra già le mappe simulate che mostrano dove, secondo gli studiosi, il petrolio arriverà quando invaderà nelle prossime settimane l'oceano Atlantico. Il New York Times, invece, punta a scoprire cosa accadde sulla Deepwater Horizon quel maledetto 20 aprile. E il risultato dell'inchiesta è sconfortante. Come sintetizza il titolo in prima pagina non è chiaro chi comandasse sulla base.

"Per più di sei giorni - racconta il Nyt - a maggio, in una fredda e anonima stanza d'albergo della zona, sei agenti federali hanno interrogato senza sosta i responsabili della base Deepwater Horizon, per saperne di più". Ma le risposte non furono soddisfacenti. L'articolo descrive la frustrazione degli inquirenti di fronte alle risposte evasive dei loro interlocutori. Dopo aver tentato di ricostruire, minuto dopo minuto, le ore precedenti e immediatamente successive all'incidente, gli agenti hanno costatato l'assoluta mancanza di organizzazione e di coordinamento tra i responsabili della base, tanto che le eccezioni alle regole erano ormai diventate all'ordine del giorno. Insomma, gravi difetti d'informazione, ritardi nella reazione. Tutti fattori che, secondo gli inquirenti, hanno reso questo tipo di incidente molto più probabile del previsto, soprattutto visto che a operare nella stessa strutture erano diverse compagnie.

Infine, l'ennesima stima dei danni economici finali del disastro. Ma stavolta i numeri fanno impressione: secondo le cifre del Credit Suisse, pubblicate in prima pagina dal Washington Post, la marea nera costerà 31 miliardi di dollari, circa 25,8 miliardi di euro. Più o meno quanto la manovra correttiva di Giulio Tremonti.
Sinora, il prezzo delle operazioni di pulitura e di copertura del pozzo, s'é aggirato sui 990 milioni di dollari, con una media giornaliera che varia tra i 14 e i 30 milioni di dollari. In futuro, secondo questo studio, per concludere la pulitura del Golfo, tra mare e coste, serviranno tra gli 11 e i 17 miliardi.
A questi vanno aggiunti i circa 14 miliardi che saranno necessari per risarcire i danni enormi che la marea di petrolio sta già causando all'industria della pesca e del turismo.

fonte: lanuovaecologia.it

Le regioni del biologico

Sembrava un'idea un po' così; verrà invece realizzata ed è un'ottima idea.


Si tratta del G20 delle regioni ortofrutticole d'Europa: un vertice degli assessori all'agricoltura delle regioni dell'UE a più forte vocazione ortofrutticola per mettere a fuoco gli obiettivi prioritari comuni da sostenere a Bruxelles e per creare una governance europea del sistema ortofrutta. L'idea, lanciata dall'assessore all'agricoltura dell'Emilia Romagna Tiberio Rabboni, è piaciuta a molti suoi colleghi di altre regioni di diversi Paesi. Così il primo G20 delle regioni ortofrutticole si terrà a Cesena il 6 ottobre 2010.
Proposta: facciamo qualcosa di analogo per il biologico. Anche il biologico ha bisogno di governance, di governance vera, allargata non tanto ad un'Europa generica ma all'Europa mediterranea che è una grande culla del biologico mondiale e, insieme, allargata agli altri Paesi mediterranei che producono biologico, come la Tunisia. Potrebbe trattarsi di un vertice periodico proprio di regioni che danno valore alle produzioni bio e interessate ad allearsi per far fronte alle insidie che derivano dagli OGM e non solo. Le regioni oggi contano più che nel passato e dalle regioni potrebbe scaturire una grande lobby a tutela dei prodotti bio, a tutela della biodiversità nello straordinario bacino del Mediterraneo.

fonte: greenplanet.net

Nel 2030 otto milioni di posti di lavoro dalle rinnovabili

L’energia pulita potrebbe diventare il traino dell’economia e dell’occupazione entro il 2030. E’ questo lo scenario “rinnovabile” fotografato da Energy [ R]evolution uno studio presentato oggi da Greenpeace e dall’European Renewable Energy Council su come ridurre le emissioni di CO2 e garantire allo stesso tempo la crescita economica. Un cambiamento possibile grazie all’utilizzo, in alternativa ai combustibili fossili, proprio delle rinnovabili e a uno sviluppo su vasta scala di sistemi ad alta efficienza energetica. Condizione indispensabile per raggiungere questo ambizioso traguardo sarà spingere i governi a investire nei “lavori verdi” e nell’utilizzo di fonti energetiche alternative. Una rivoluzione energetica, come l’hanno definita gli stessi attivisti di Greenpeace, che potrebbe portare tra vent’anni alla creazione di 12 milioni di posti di lavoro (di cui appunto 8,5 nelle rinnovabili). Un obiettivo importante se si considera che a oggi gli occupati diretti e indiretti nei diversi comparti delle rinnovabili sono solo 2,4 milioni a fronte di 8,7 del settore energetico a livello mondiale. Secondo le stime degli analisti che hanno lavorato a Energy [ R]evolution entro il 2030 anche il mercato globale per le tecnologie rinnovabili passerà dagli attuali 100 miliardi di dollari l’anno, a più di 600 miliardi di dollari.
La chiave di Energy [ R]evolution consiste nel creare un sistema in cui i costi degli investimenti nel settore siano condivisi in modo equo. Uno di questi meccanismi è il “Greenhouse Development Rights” che calcola quote nazionali di obbligazioni globali di gas a effetto serra. Le quote sono basate su una combinazione di responsabilità (contributo ai cambiamenti climatici) e capacità finanziaria. Positivo anche lo scenario delineato dal rapporto sulle future emissioni globali di CO2 che potrebbero raggiungere un picco nel 2015 per poi tornare a diminuire. Se l’ approvvigionamento energetico sarà basato esclusivamente su fonti “pulite” nel 2050 le emissioni di CO2 potrebbero diminuire circa dell’80% rispetto al 1990.
Il rapporto presentato oggi da Greenpeace e dall’EREC delinea i percorsi possibili per raggiungere il 100% di energie rinnovabili, anche se è ancora lungo il percorso per raggiungere questo obiettivo. In una nota pubblicata sul sito dell’associazione si legge, infatti: “Non ci sono ostacoli tecnologici, ma solo politici. Anche in Italia assistiamo al tentativo miope del governo di bloccare – nella proposta della legge Finanziaria – quegli strumenti e incentivi che hanno permesso solo negli ultimissimi anni il decollo delle fonti rinnovabili nel nostro Paese”.

fonte: rinnovabili.it

In Veneto il solare sostituisce l’amianto

Cinque nuovi tetti solari spunteranno in Veneto e porteranno alla regione altri 7,5 MW di potenza pulita e rinnovabile. Dietro la loro realizzazione c’è l’importante accordo siglato tra Solaria Energía y Medio Ambiente, l’unica azienda fotovoltaica quotata alla Borsa spagnola, e l’italiana Elpo Gmbh. Il contratto, firmato in questi giorni, si riferisce nel dettaglio alla fornitura di moduli fotovoltaici che andranno ad essere integrati in 5 coperture a sostituzione delle preesistenti componenti di amianto; il progetto conta, oltre che su consolidate competenze tecniche, anche su tempistiche rapide e precise onde evitare di interrompere i cicli lavorativi delle aziende agricole coinvolte. L’accordo può vantare un valore di circa 12 milioni di euro e prevede che ogni tetto venga completato in non oltre 42 giorni mentre la fornitura richiederà un periodo di 4 mesi.
Don Arturo Díaz-Tejeiro, Presidente di Solaria non ha dubbi nell’affermare che si tratti di “un importante incentivo per entrambe le società”, in grado di rafforzare la strategia di crescita della compagnia spagnola a livello internazionale. “Grazie alla nostra comprovata esperienza nel settore delle rinnovabili siamo in grado di offrire soluzioni a valore aggiunto a quei mercati che stanno investendo molto nell’energia, come Italia e Germania”, ha concluso Díaz-Tejeiro. Solaria ha già all’attivo nel nostro Paese contratti per oltre 40 MWe nel 2011 si impegnerà nel rafforzamento del marchio in Italia, nella ricerca di solidi partner a livello distributivo, nella sigla di nuovi accordi per lo sviluppo e implementazione di progetti fotovoltaici, sistemi per la generazione di energia e sviluppo di attività operative e di manutenzione.

fonte: rinnovabili.it

L’evoluzione del sistema energetico

E’ stata pubblicata la terza edizione di Energy [R]evolution, uno studio promosso da Greenpeace ed EREC (European Renewable Energy Council), che in questa versione (la prima è del 2007) approfondisce lo scenario più ambizioso e spinto per uscire dalle fonti fossili e dal nucleare (al 2050 il 95% dell’elettricità e l’80% dell’energia primaria prodotta con rinnovabili), tagliare la CO2 dell’80% entro il 2050 rispetto al 1990, mettendo in pratica una decisa rivoluzione energetica dal punto di vista della produzione, distribuzione e del consumo di energia, creando nel contempo 8 milioni e mezzo di occupati nei lavori verdi entro il 2030. Nello scenario di Energy [R]evolution, le emissioni globali di CO2 raggiungerebbero il picco nel 2015 per poi cominciare a scendere.

Il nostro scenario – ha detto Sven Teske, di Greenpeace International e co-autore del rapporto – mostra come eliminare l’imprevedibilità dei costi delle fonti fossili, l’opera distruttiva dell’attività mineraria e dell’esplorazione petrolifera, come dimostra il recente caso della Bp nel Golfo del Messico. Investire nelle persone, piuttosto che nelle fonti fossili sporche e pericolose, non solo spingerebbe l’economia globale, ma conterrebbe i cambiamenti climatici”.

Nell’ultimo studio Energy [R]evolution (vedi excutive summary allegato in basso, mentre per la versione completa - 260 pp. - clicca qui, pdf 9 Mb) hanno collaborato l’Institute of Technical Thermodynamics at the German Aerospace Centre (DLR), il Dutch Institute Ecofys e più di 40 tra scienziati e ingegneri provenienti da università, istituti di ricerca e settori industriali di tutto il mondo.

Lo scenario più ambizioso delineato dallo studio (advanced scenario) assume come premessa che per porre un freno alle emissioni globali la vita degli impianti termoelettrici alimentati a carbone sia di 20 anni anziché di 40. Per coprire il divario energetico che ne deriverebbe il tasso di crescita annuale delle rinnovabili, soprattutto di fotovoltaico, eolico e solare termodinamico, viene innalzato fortemente (vedi grafico Greenpeace su evoluzione di fonti e consumi di energia primaria dal 2007 al 2050).

Oggi le fonti rinnovabili coprono il 13% della domanda mondiale di energia primaria, mentre la quota nella produzione di energia elettrica è del 18%; nel settore del calore è di circa il 24%. L’80% circa dell’offerta di energia primaria proviene da fonti fossili. Alla luce di questo quadro sarà fondamentale sfruttare il potenziale di efficienza energetica così da far aumentare solo marginalmente la domanda di energia: dall’attuale 305.095 PJ/anno (2007) a 340.933 PJ/anno nel 2050. L’International Energy Agency nel suo scenario (WEO 2009), considerato come scenario di riferimento dal rapporto di Greenpeace, stima una domanda di 531.485 PJ/anno al 2050.

Nel settore dei trasporti le rinnovabili elettriche avranno un peso importante: dopo il 2020 la quota di veicoli elettrici aumenterà dal 4% a oltre il 50% nel 2050. Si dovrà assistere ad un forte trasferimento del trasporto delle merci su rotaia e il sistema di trasporto pubblico sarà per lo più basato sull’elettricità per quanto concerne l'alimentazione. L’energia rinnovabile potrà in parte anche essere utilizzata per produrre idrogeno, come combustibile secondario, nel trasporto, ma anche nell’industria.

Nella prima fase aumenterà, secondo lo scenario, l’uso della cogenerazione (CHP) ad alto rendimento, soprattutto di impianti alimentati a gas naturale e biomasse. Nel più lungo periodo la diminuzione della domanda di energia termica e un maggiore potenziale per la produzione di calore da rinnovabili consentirà di limitare la diffusione di impianti CHP. In particolare, il gas sarà sostituito da tecnologie moderne più efficienti alimentate a biomasse, solare termico e a concentrazione e pompe di calore geotermiche. Nel settore del calore il contributo delle rinnovabili arriverà al 2050 a quota 91%.

La grande spinta delle rinnovabili sarà data, comunque, dal settore elettrico: entro il 2050 circa il 95% dell’elettricità sarà prodotta da fonti rinnovabili: 14.045 GW di potenza capaci di generare 43.922 TWh/anno.

L’analisi mostra anche come sia possibile creare, entro il 2030, dodici milioni di posti di lavoro, di cui otto e mezzo soltanto nel settore delle fonti rinnovabili. Allo stato attuale, i posti di lavoro in energie rinnovabili sono soltanto 2,4 milioni a fronte di 8,7 del settore energetico a livello mondiale. Invece, attuando Energy [R]evolution, si creerebbero 3,2 milioni di nuovi posti di lavoro, il 33% in più di quelli attuali, sempre nel settore dell’energia.
Il mercato globale per le tecnologie rinnovabili, entro il 2030, passerà dagli attuali 100 miliardi di dollari l’anno, a più di 600 miliardi di dollari.

La chiave per rendere concreto lo scenario avanzato Energy [R]evolution sta nel creare un sistema in cui i costi degli investimenti nel settore siano condivisi in modo equo. Uno di questi meccanismi è il “Greenhouse Development Rights” che calcola quote nazionali di obbligazioni globali di gas a effetto serra. Le quote sono basate su una combinazione di responsabilità (contributo ai cambiamenti climatici) e capacità finanziaria.

«Il nuovo rapporto Energy [R]evolution 2010 – ha detto Giuseppe Onufrio, presidente di Greenpeace Italia - delinea i percorsi possibili per raggiungere il 100% di energie rinnovabili. Non ci sono ostacoli tecnologici, ma solo di tipo politico. Anche in Italia assistiamo al tentativo miope del governo di bloccare – nella proposta della legge Finanziaria - quegli strumenti e incentivi che hanno permesso solo negli ultimissimi anni il decollo delle fonti rinnovabili nel nostro Paese. Chiediamo al governo di rinsavire cancellando la norma che elimina il ritiro obbligatorio dei certificati verdi e di rifinanziare gli incentivi fiscali del 55% su efficienza e rinnovabili nell’edilizia».

fonte: qualenergia.it

L'ecomafia non va in crisi "G5 criminalità", Italia prima

Nell'Italia indebolita dalla crisi c'è un'organizzazione in buona salute. E' l'ecomafia che non manca di liquidità perché nessuno si può rifiutare di pagare. Non ha bilanci in sofferenza perché nel 2009 è rimasta stabile incassando 20,5 miliardi di euro. Non ha il problema dei mercati che si chiudono perché guadagna spazio rafforzandosi soprattutto nel Lazio che ha conquistato il secondo posto dopo la Campania. Così nel "G5 della criminalità" l'Italia figura in testa. Perdiamo competitività come paese, ma abbiamo la mafia più potente. La ricerca e le industrie più innovative risentono delle incertezze del governo, ma siamo il secondo mercato illegale del pianeta, dopo gli Usa e prima del Giappone e della Cina. E' il ritratto che emerge da "Ecomafia 2010", il rapporto curato da Legambiente 1, con la prefazione di Roberto Saviano e l'introduzione del procuratore antimafia Pietro Grasso, per i tipi di Edizioni Ambiente.

Anche il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, auspica una "più incisiva" azione di contrasto e una "costante opera di prevenzione" a tutela dell'ambiente. "Il Rapporto - osserva il capo dello Stato - rappresenta anche quest'anno un importante contributo per la conoscenza dei comportamenti criminali che compromettono il nostro patrimonio naturale e per un'approfondita riflessione sugli interventi più idonei". Servono, dice Napolitano, "nuove metodologie di rilevazione e l'adeguamento del quadro normativo al rapido evolversi di un fenomeno criminale in forme sempre più sofisticate e aggressive". E poi, la prevenzione, "incentrata su iniziative volte a promuovere, soprattutto tra le nuove generazioni, la cultura del rispetto e della tutela dell'ambiente".

Campania, cosche e rifiuti. Mentre l'emergenza rifiuti in Campania veniva ufficialmente cancellata dal primo gennaio 2009, come se il problema fosse stato risolto, i numeri mostrano una straordinaria attività delle cosche proprio in questo campo: le infrazioni accertate nel ciclo dei rifiuti segnano un più 33 per cento (da 3.911 nel 2008 a 5.217 nel 2009). Un quadro ancora più preciso potrebbe essere tracciato se nel "Rapporto rifiuti 2010" dell'Ispra non mancasse un dato chiave: quello sui rifiuti speciali, categoria molto delicata in cui passa buona parte del traffico illegale.

Animali e racket. Tra le altre novità del 2009, anno del pressing per la deregulation sulla caccia, ci sono la crescita dei reati contro la fauna (+58% ) e la buona tenuta del racket degli animali che, stando alla stima della Lega antivivisezione 2 (Lav), tra corse clandestine di cavalli, combattimenti tra cani, traffici di fauna viva esotica o protetta, macellazione clandestina si conferma un business da 3 miliardi di euro.

L'abusivismo edilizio. Alle cosche altri 2 miliardi arrivano dall'abusivismo edilizio e la mafia ha scoperto un nuovo modo per fare ottimi guadagni nel ramo del commercio: aprire direttamente negozi, supermarket e grandi centri. Così si riciclano i soldi accumulati illecitamente e si esercita il controllo sociale attraverso la gestione degli appalti, delle forniture e dei posti di lavoro.

Calcestruzzo, infrastrutture a rischio. Infine cresce l'allarme per il calcestruzzo depotenziato: a rischio strade, ponti, viadotti, ferrovie, gallerie, case, centri commerciali, scuole, ospedali e commissariati. Un business molto redditizio per i clan che si aggiudicano appalti nazionali e locali per costruire opere pubbliche e private. Nell'elenco delle opere taroccate con calcestruzzo di pessima qualità ci sono gli aeroporti di Palermo e Trapani, il porto turistico di Balestrate, il lungomare di Mazara del Vallo, l'ormai famoso Ospedale San Giovanni di Dio ad Agrigento e perfino per il Commissariato di Polizia di Catelvetrano (Tp); per il Palazzo di giustizia e la diga foranea di Gela, la piattaforma di emergenza dell'ospedale di Caltanissetta e lo svincolo di Castelbuono dell'autostrada Palermo-Messina.

L'offensiva contro le ecomafie. A fronte di questo assalto dell'ecomafia c'è comunque un rafforzamento della capacità di risposta. Aumentano gli arresti (+ 43%, da 221 nel 2008 agli attuali 316) e gli illeciti accertati (28.576 oggi, 25.776 lo scorso anno) pari a 78 reati al giorno, cioè più di 3 l'ora. Aumentano del 33,4% le persone denunciate (da 21.336 a 28.472) e dell'11% i sequestri effettuati (da 9.676 a 10.737).

Le richieste al governo. Ma - fa notare il vicepresidente di Legambiente Sebastiano Venneri - l'offensiva contro l'ecomafia dovrebbe essere sostenuta dal governo con una serie di misure concrete: introduzione dei delitti contro l'ambiente nel codice penale; uso delle intercettazioni telefoniche e ambientali nelle indagini; bonifica delle aree più inquinate e delle opere pubbliche realizzate con calcestruzzo povero.

fonte: repubblica.it

sabato 5 giugno 2010

Giornata mondiale dell'ambiente Riflessione sui «tradimenti» alla natura

Eccoci al 5 giugno, ricorrenza ormai tradizionale del Wed, come viene chiamato per brevità nei Paesi di lingua anglosassone, ossia del World Environment Day, giornata mondiale dell’ambiente. L’acronimo Wed, in inglese, suona anche come sposalizio: l’unione simbolica dell’uomo con la natura, con tanto di rinnovata promessa di amarsi e rispettarsi per sempre. Ma quest’anno più che i segnali di armoniosa convivenza, sembrano prevalere quelli di divorzio.

TRADIMENTI - Troppi i tradimenti perpetrati dall’uomo nei confronti dell’ambiente, negli ultimi tempi. Nel Golfo del Messico, da oltre un mese, la Bp tenta di arginare il fiume di petrolio che sgorga dal fondo (un milione di litri al giorno), risultato di un incauto sfruttamento delle risorse naturali. Tutti fanno voti che il quarto tentativo di tappare la bocca del pozzo fuori controllo abbia successo, come sembra dalla prime dichiarazioni; in caso contrario la marea nera, trasportata dalle grandi correnti oceaniche, potrebbe diffondersi in tutto l’Atlantico, e il disastro balzare dalla scala locale a quella planetaria. Per restare in Messico, a Cancun, fervono i preparativi della prossima conferenza mondiale sui cambiamenti climatici (29 novembre-10 dicembre) che ha all’ordine del giorno la formulazione di un nuovo Protocollo per la tutela dell’atmosfera e del sistema climatico. Dopo il clamoroso flop dell’anno scorso a Copenaghen, le attese che il vertice di Cancun possa dare continuità ai patti di Kyoto, rilanciando un programma condiviso di riduzione dei gas serra, sono alte. Ma il persistente stallo dei negoziati, proseguiti nel frattempo a Bonn, non lascia ben sperare: Stati Uniti da una parte, Cina India e altri Paesi in rapido sviluppo dall’altra, non sembrano ancora maturi per entrare a pieno titolo nel meccanismo degli impegni di riduzione vincolanti. E mentre incombe la scadenza dell’attuale trattato climatico (2012), già si parla di rinviare la decisione al successivo vertice del Sud Africa.

BIODIVERSITÀ - Non vanno tanto meglio le cose sul fronte delle iniziative per limitare la perdita di biodiversità, cioè la scomparsa delle specie viventi provocata dall’impatto delle attività umane sugli ecosistemi: tema al centro del Wed di quest’anno. Le più recenti valutazioni degli esperti in biodiversità parlano di un’accelerazione del tasso di estinzione, che avrebbe ormai superato di alcune migliaia di volte quello dovuto ai soli fattori naturali. Su circa cento milioni di specie esistenti sul pianeta, almeno diecimila ogni anno starebbero scomparendo a causa del nostro sviluppo non sostenibile. Con questo pesante fardello di colpe sulle spalle, le Nazioni Unite intendono fare della giornata mondiale dell’ambiente qualcosa di più che la solita passerella di celebrazioni retoriche: piuttosto un’opportunità per informare l’opinione pubblica mondiale sulle azioni concrete di riparazione in atto da parte dei vari organismi ambientali e, soprattutto, per svolgere campagne educative rivolte ai giovani.

RISORSE - «Bisogna aver chiaro che tutto l’impianto degli ecosistemi planetari genera risorse e servizi per lo sviluppo dell’umanità valutati, in termini economici, più di 70 mila miliardi di dollari ogni anno», ha dichiarato il direttore generale dell’Unep Achim Steiner, alla vigilia del Wed a Kigali (Ruanda). «Ne consegue che la cattiva gestione o l’aggressione agli ecosistemi può avere effetti economici negativi ben più gravi dell’attuale crisi economica. Gli investimenti per il recupero degli ecosistemi naturali offesi sono da considerare un necessario investimento redditizio, piuttosto che un onere passivo».

AZIONI - Il responsabile dell’Unep ha pure annunciato una serie di azioni di successo attualmente in fase di sviluppo in varie località del mondo, con il concorso di programmi ambientali nazionali e internazionali. Per esempio, in Ruanda, Congo e Uganda, norme e controlli più severi attuati nei territori montani in cui vivono i gorilla resi famosi dalla zoologa Dian Fossey (e dal film interpretato da Sigourney Weaver), hanno fermato la strage di questi animali, i quali stanno incrementando la loro popolazione. Il loro territorio, trasformato in stupendi parchi naturali, è ora meta di pellegrinaggio di turisti e studiosi da tutto il mondo. A Istanbul in Turchia, nell’arco di due decenni il sistema di depurazione delle acque, prima riservato a poche centinaia di migliaia di abitanti, è stato esteso a 9 milioni di cittadini (il 95% della popolazione), determinando la rinascita di corsi d’acqua superficiali e sotterranei che erano diventati inutilizzabili a causa dell’inquinamento. In India e in Vietnam il recupero di migliaia di ettari di terreni popolati da mangrovie (formazioni vegetali dei litorali bassi), ha riacceso la vita animale e vegetale, con vantaggi economici enormi per l’industria alimentare locale.

UNEP - Istituita nel lontano 1972, contestualmente alla fondazione del Programma ambientale delle Nazioni Unite (Unep, United Nation Environment Programme), la Giornata mondiale dell’ambiente viene celebrata contestualmente in molte capitali e città del mondo, ma ha come principali punti di riferimenti due vertici internazionali, uno a Kigali, nella capitale del Ruanda, l’altro a Pittsburgh, negli Stati Uniti. A Kigali il direttore dell’Unep, oltre a presentare il rapporto sul recupero della biodiversità intitolato Dead Planet, Living Planet: Biodiversity and Ecosystem Restoration for Sustainable Development, presenzia a una suggestiva cerimonia di battesimo dei gorilla di montagna. A Pittsburgh la maggior parte delle relazioni presentate ha come il tema dominante l’idrosfera del nostro pianeta e la necessità di preservarla dall’aggressione dei prodotti inquinanti: un tema quanto mai attuale, che era stato scelto prima del disastro petrolifero nel Golfo del Messico. In Italia le iniziative del Wed sono indirizzate prevalentemente agli studenti, con il lancio da parte delle ministre Gelmini e Prestigiacomo di un progetto da un milione di euro riservato alle scuole per realizzare progetti di educazione ambientale

fonte: corriere.it
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