Appena due mesi dopo Bamako, le celebrazioni per il primo decennio dall'entrata in vigore della Convenzione Onu sulla desertificazione che, oggi, è la più ratificata al mondo, con 191 Paesi aderenti, oltre 100 piani nazionali e quasi 300 conferenze specifiche. Tuttavia, i risultati concreti per la vita delle persone risultano insufficienti, scarsi i fondi attivati, debole il coinvolgimento dei movimenti sociali, apparentemente inarrestabile il degrado del suolo. «Occorre che l'Onu – ha affermato Valerio Calzolaio, consulente italiano dell'Unccd (United Nations Convention to Combat Desertification) a margine della tavola rotonda sul tema tenutasi a Roma recentemente – dichiari solennemente e ufficialmente che l'acqua è un bene comune e che ogni essere vivente ha il diritto di approvvigionarsene». Tale riconoscimento, infatti, dovrebbe impegnare i decisori ad agire di conseguenza, facendo però attenzione ad evitare di considerare l'acqua come «merce» e, pertanto, sottometterla ad interessi particolaristici e azioni a vantaggio dei privati e non del pubblico. Un primo passo, ma ancora non sufficiente. La comunità internazionale deve anche farsi carico di quelli che vengono oggi chiamati «profughi ambientali»: si tratta di uomini, donne e bambini che abbandonano il proprio Paese, non a causa della povertà originaria, ma di deterioramento e impoverimento dell'ambiente. Secondo stime ufficiali, se il problema desertificazione non verrà affrontato in modo operativo, i profughi ambientali saranno 250 milioni. Un numero enorme di disperati alla volta dei Paesi industrializzati. Come si potrà accoglierli? E con quali risorse?Non tutti sanno che la desertificazione coinvolge anche quei Paesi che, pur essendo ricchi (e quindi impegnati nella lotta al fenomeno), ne sono minacciati. Sul territorio italiano sono state individuate diverse regioni a rischio e, in particolare, la Basilicata, la Calabria, la Puglia, la Sardegna e la Sicilia. Ma non solo. L'area intorno al Po è afflitta dalla siccità e il problema è estremamente preoccupante se si considera che una significativa parte della produzione agricola e zootecnica avviene in quell'area. L'Italia ha un suo piano nazionale contro la siccità e la desertificazione già da circa 10 anni, in attuazione della Unccd; tuttavia tale documento è stato spesso trascurato e necessiterebbe oggi di un aggiornamento.
fonte. vglobale.it
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sabato 21 aprile 2007
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