L'appuntamento decisivo è la conferenza in programma a dicembre a Copenaghen, ma i nodi da sciogliere restano molti. Tra questi, la necessità di coinvolgere i paesi in via di sviluppo, ovvero le economie che hanno contributo meno a creare il problema del riscaldamento globale, ma che ora rischiano di pagare il prezzo più alto per la riconversione dell'industria.
"Un accordo solido internazionale è fondamentale, si tratta di un'occasione storica della quale dobbiamo approfittare, perché l'accordo non solo è necessario ma possibile ed a fine anno sarà cosa fatta", ha auspicato il commissario europeo all'Ambiente Stavros Dimas illustrando la proposta di istituire entro il 2015 un mercato del carbonio che coprirà tutti i paesi dell'Ocse e lo sviluppo di fonti di finanziamento internazionali innovative. "Non si tratta di un'idea campata in aria", ha chiarito Dimas, precisando di voler "creare a questo fine un gruppo di lavoro Ue-Usa".
Il commissario ha anche ribadito che la crisi economica non sarà assolutamente un ostacolo all'adozione di un piano Ue post-Kyoto. "La crisi ha ridotto i costi del piano e le stime sono scese rispetto allo scorso anno", ha spiegato Dimas, convinto che si possa "agire su entrambi i fronti, cioè sul clima e sulla situazione finanziaria, applicando i piani di ripresa che tengono conto delle necessità dell'ambiente".
Nel dettaglio, le proposte europee stimano un aumento degli investimenti fino a 175 miliardi di euro all'anno entro il 2020, di cui 30 miliardi destinati ad aiutare i Paesi poveri e 95 miliardi indirizzati alle economie emergenti come Cina, India e Brasile.
Lo scenario, insomma, è completamente cambiato rispetto a pochi mesi fa, quando Bruxelles portava avanti da sola la battaglia contro i cambiamenti climatici mentre George W. Bush tirava il freno a mano. Gli ambientalisti sono però soddisfatti solo a metà. Greenpeace, ad esempio, accoglie "positivamente la proposta della Commissione Europea per nuove misure di riduzione dei gas serra e per fornire appoggio finanziario necessario ad affrontare gli impatti dei cambiamenti climatici nei paesi in via di sviluppo", ma "critica la decisione, presa all'ultimo minuto, di rimuovere qualsiasi indicazione specifica per il sostegno economico che l'Europa è pronta a offrire, una decisione che indebolisce la posizione europea all'interno delle negoziazioni internazionali che procederanno per tutto il 2009".
Sulla stessa lunghezza d'onda il Wwf. Le nuove proposte europee, afferma una nota dell'organizzazione, contengono "un po' di retorica che va nella giusta direzione, ma devono prevedere impegni più concreti e un ruolo europeo più importante nell'aiutare le nazioni in via di sviluppo a ridurre le proprie emissioni e adattarsi agli impatti dei cambiamenti climatici già in atto".
Più convinta Legambiente. "La proposta - sostiene l'associazione - ribadisce l'essenza del pacchetto clima approvato a dicembre ed è un segnale incoraggiante per il raggiungimento di un nuovo accordo internazionale a Copenaghen che conferma la volontà dell'Europa di mantenere la leadership mondiale della lotta ai mutamenti climatici. L'impegno a istituire un fondo finanziato dai paesi industrializzati a sostegno di quelli in via di sviluppo nella riduzione delle emissioni e nell'adattamento al cambiamento del clima, dimostra ancor di più la serietà con cui l'Europa intende affrontare la questione climatica".
fonte: repubblica.it
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