Gelo dei sindacati sulle pensioni basse

I sindacati rinviano al mittente la proposta governativa sulle pensioni basse definendola «inadeguata ». Al termine di una riunione alla quale hanno partecipato anche i pensionati, Cgil, Cisl e Uil hanno annunciato di «continuare la mobilitazione » pur ribadendo «la volontà di trattare per arrivare a una conclusione positiva ». In questo stop and go, il ministro dell’Economia non ha rinunciato all’ottimismo ritenendo possibile «un accordo entro l’estate». Tommaso Padoa-Schioppa non ha tuttavia smentito che dentro la maggioranza ci siano più posizioni. «Non c’è nessuna bozza Damiano — ha detto nel corso di una intervista a Repubblica tv riferendosi alla proposta del ministro del Lavoro di ridurre lo scalone da 60 a 58 anni insieme ad incentivi—il governo sta lavorando e lo facciamotutti insieme e solo alla fine potrò dire cosa ne penso».
E mentre il ministro dell’Economia cerca di ridimensionare anche le critiche di Bruxelles al Dpef precisando che il commissario agli Affari monetari Joaquín Almunia «avrebbe solo gradito un passo più veloce», il leader della Cgil Guglielmo Epifani chiede una discesa in campo del presidente del Consiglio Romano Prodi. «Il sindacato — ha ricordato Epifani — ha presentato al governo una propria proposta (che sostanzialmente coincide con quella del ministro Damiano, ndr) che prevede incentivi alla permanenza volontaria sul lavoro, verifica dei risultati dopo un triennio e l’aumento dell’età a 58 anni». Su questa proposta, è la richiesta del leader Cgil, il governo deve esprimersi e, soprattutto, «lo deve fare il premier Prodi che in trattative di questa rilevanza ha la responsabilità prevalente».
Ma l’orizzonte sembra destinato a ingarbugliarsi sempre di più. La Fiom continua a sparare senza troppi riguardi contro l’ipotesi Epifani-Damiano dei 58 anni definendola— parole di Gianni Rinaldini— «inaccettabile». E il nuovo round per migliorare le rendite previdenziali più basse probabilmente slitterà alla settimana prossima rispetto alla convocazione programmata per domani. Il «no» del sindacato alla proposta formulata dal governo—che secondo indiscrezioni avrebbe innalzato la platea degli aventi diritto a circa 3,8 milioni riducendo però l’entità dell’assegno e fissando un tetto massimo di 70 anni di età—si basa sulla filosofia del provvedimento. Per Cgil, Cisl e Uil il governo segue «una logica più assistenziale» che tende privilegia il criterio del reddito dei beneficiarimentre le organizzazioni dei lavoratori mirano a valorizzare i contributi effettivamente versati.
La settimana prossima dovrebbe essere cruciale per tentare la quadra e avvicinare tutte queste posizioni per ora abbastanza lontane. Lunedì e martedì si riunirà l’Eurogruppo e l’Ecofin che dovranno valutare il Dpef e il risanamento dei conti pubblici. Sul fronte politico il quadro resta di forte fibrillazione. La fronda dei senatori ostili ad una riforma troppo morbida aumenta di giorno in giorno: a Lamberto Dini, Tiziano Treu, Enrico Morando, Nicola D’Amico e Antonio Polito, ieri si è aggiunto anche Marco Follini.
Per il vicepremier Francesco Rutelli, avvicinandosi alla posizione espressa da Massimo D’Alema, «si deve guardare al futuro, mettere mano allo scalone, ma senza immaginare che questo debba costare ai giovani, alla finanza pubblica e all’equilibrio dei conti, ma soprattutto agli investimenti per lo sviluppo che certamente vengono prima ».

fonte: corriere.it