n faggio ultrasecolare di 300 anni, di 16 metri cubi, in località Faggio Grosso è stato incendiato durante la notte del 16 nel parco del Pollino e la stessa località, a 1.600 metri, prende il nome proprio da questo meraviglioso monumento della natura.
L'albero era così danneggiato che è dovuta intervenire la forestale per abbatterlo perché pericoloso alla circolazione.
Il bosco di faggio non brucia facilmente, da qui l'accanimento mirato verso quelle piante simbolo, di pregio e «carta d'identità» della zona da colpire.
Dopo l'incendio del pino loricato avvenuto a settembre, quest'altro attentato tinge di tinte fosche il clima che vige nel parco e impone un intervento serio e responsabile.
Certo i folli non mancano ma questa volta il disegno è lucido e preciso. La vittima è direttamente la gestione del parco.
In una situazione di scarsi controlli, di depauperamento del personale addetto, di insoddisfazione crescente per la mancanza di una valorizzazione piena e consapevole, di problemi incancreniti e lontani da una soluzione concreta come la vicenda annosa dei cinghiali, con i bracconieri perennemente sotto torchio, non è difficile capire che dovunque può nascondersi l'esecutore e i mandanti non mancano.
La responsabilità di questa situazione ha un solo nome: Piano del Parco.
Un Piano che manca e un Parco senza un regolamento, senza indicazioni reali per coloro che sono addetti alla salvaguardia e alla vigilanza, è in realtà un Parco di carta, un Parco che non esiste. I vincoli da soli non bastano, questi vanno visti come protezione e gestione della natura. E constatarlo dopo 14 anni dalla sua istituzione è veramente triste.
E senza gestione tutto va in malora. Ad esempio il nodo cinghiali, simbolo dell'incuria. Un problema causato da un ripopolamento improvvido e senza regole effettuato nel '94. Da allora i problemi sono cresciuti e mai arginati dallo stesso Ente Parco che pure aveva deciso un intervento sin dal '96. Ed anche la riunione di qualche giorno fa ha portato ad un nulla di fatto evidenziando una serie di problemi: da come procedere all'abbattimento alla mancanza di un macello autorizzato per la macellazione della selvaggina.
Quando ci sarà un moto d'orgoglio per la propria terra? E dire che la regione Basilicata si candida a gestire da una parte il piano di salvaguardia della lontra anche in Molise, Campania, Puglia e Abruzzo e dall'altra a monitorare l'inquinamento di pozzi petroliferi in aree sensibili come il parco della Val d'Agri.
Il tutto in situazioni sempre centrifughe come la richiesta di rivedere i confini del Parco del Pollino.
Aggiungere carte o medaglie può essere un sintomo di vivacità culturale e di sensibilità ambientale ma fermarsi alla prima curva può essere pericoloso per un ecosistema in bilico perenne.
fonte: vglobale.it
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mercoledì 24 ottobre 2007
Pollino – Bruciato un faggio di 300 anni
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