lunedì 14 aprile 2008

Fame, l'allarme di Draghi

Allarme cibo e dunque allarme poveri: è l'altra faccia della crisi finanziaria che sta scuotendo i mercati. I continui rincari dei prezzi dei prodotti commestibili, uniti a quelli energetici, dei carburanti e dei fertilizzanti, gravano sulle spalle del Terzo Mondo: c'è il serio rischio di uno choc alimentare. Ne è consapevole Mario Draghi, governatore della Banca d'Italia, che dai microfoni del Developement Committeee, il comitato per lo sviluppo del Fondo monetario lancia un sos. La rincorsa dei prezzi ha "un impatto drammatico sulla povertà"; costituisce un "ulteriore ostacolo" al processo di sviluppo dei paesi più dimenticati; mette a repentaglio la crescita di alcune tra le nazioni già fragilissime dell'Africa sub-sahariana che consuma principalmente cibo. Spiega: "Elevati prezzi dell'energia fanno crescere i costi dei trasporti, mettendo così una pressione addizionale sui prezzi alimentari". Risultato: s'allarga il divario tra ricchi e poveri.

Le parole di Draghi, seguono i conti da brivido forniti da Robert Zoellick, presidente della Banca Mondiale, che l'altro giorno s'è presentato in conferenza stampa con un filone di pane in mano: più di un miliardo di persone vive ancora con meno di 1 dollaro al giorno. "Servono progressi rapidi nella lotta alla povertà", esorta il banchiere ricordando che secondo il Millennium Development Goal, entro il 2015, bisogna dimezzare il numero degli affamati nel mondo: tocca ai capi di stato e di governo del G7 occuparsene.

Le ultime notizie sul fronte cibo dicono che - con la crisi, riso, mais, latte, grano, soia - i prezzi stanno diventando proibitivi ovunque. Ma per alcune nazioni sono alimenti-base. I poveri spendono il 75% del loro reddito, già misero, proprio in cibo; sopravvivere in queste condizioni è difficile. A livello globale, spiega Zoellick, il riso costa il 75% in più negli ultimi due mesi, il grano il 120% nell'ultimo anno. Il costo del filone che brandisce "vale" dunque un'enormità per chi già fatica a mangiare. In paesi come lo Yemen - ricorda - una famiglia media spende più di un quarto delle sue entrate proprio in pane. Sempre il Fmi calcola che i prezzi dei prodotti alimentari sono cresciuti del 48% a livello globale dalla fine del 2006, mentre secondo l'Ocse sono diminuiti dell'8,4% gli aiuti dei paesi ricchi, per il secondo anno consecutivo.

La Fao, che pure s'appella ai capi di Stato, stima che i prezzi dei cereali e del grano sono raddoppiati nell'ultimo anno, quelli del mais sono saliti di un terzo e aumenti consistenti si registrano anche per la soia. Il tutto mentre calano le scorte mondiali e si moltiplicano le restrizioni all'esportazione.

A livello nazionale: in Sudan il grano è aumentato del 90%, in Armenia del 30%, in Senegal è raddoppiato. In Uganda il mais costa il 65% in più, in Nigeria il miglio costa il 50% in più. La Washington Post dava conto ieri del grave disagio delle Filippine dove il prezzo del riso, il nutrimento fondamentale, è cresciuto dell'80% da gennaio 2007. In certe zone del mondo, dal Burkina Faso all'Etiopia, al Madagascar, i governi sono intervenuti con la forza per evitare assalti al cibo. Proprio ieri la Banca mondiale ha stanziato 10 milioni di dollari per aiutare Haiti a combattere la crisi alimentare: un team di esperti partirà alla volta del paese per mettere a punto un piano d'emergenza. Zoellick ricorda che "c'è una emergenza che non può essere affrontata solo con analisi, parole, convegni"; s'appella alla comunità internazionale.

Draghi assicura che, nonostante le restrizioni di bilancio, l'Italia ha mantenuto la sua quota storica di contributi alle istituzioni che sostengono i paesi poveri e ha anche ottenuto l'approvazione del Parlamento per contribuire alla cancellazione dei debito dei più bisognosi su un periodo di 40 anni.

fonte: repubblica.it

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