lunedì 14 aprile 2008

L'abete rosso che ha 8.000 anni

Ottomila anni fa, l'Europa era ancora quasi completamente coperta dai ghiacci dell'ultima glaciazione che era da poco terminata, ma qua e là alcune aree particolarmente battute dal sole davano modo alla vegetazione di conquistare propri spazi. In un angolo sperduto al confine tra la Svezia e la Norvegia semi di pecci, una conifera sempreverde, attecchivano tra le rocce. Da essi sarebbero nati rigogliosi alberi che sono sopravissuti fino ai nostri giorni.

Uno di essi è stato recentemente datato da Leif Kullman, botanico all'università Umea (Svezia), che spiega: "Abbiamo trovato il gruppo di alberi nel centro della Svezia, in un luogo che solo per puro caso non è stato interessato dal taglio che interessa le foreste della regione. L'intento era quello di capire come quelle piante fossero in grado di resistere alle severe condizioni invernali dell'area. Tra gli studi eseguiti abbiamo fatto datare al carbonio 14 in un laboratorio specializzato di Miami (Florida) le radici più antiche di una delle piante. Con sorpresa abbiamo appreso che esse hanno un'età di 8.000 anni. La scoperta fa di questo albero, e probabilmente del gruppo a cui appartiene, il più antico organismo vivente oggi conosciuto".

Fino ad ora l'albero più antico noto ai botanici era "Matusalemme", un pino Bristlecone che vive vicino Las Vegas, sulle pendici della White Mountains, il quale ha un'età che si aggira attorno ai 5.000 anni. Altri alberi monumentali vecchi di migliaia di anni sono noti in Iran, dove un cipresso ha superato i 4.000 anni d'età, in Cile dove un'altra pianta simile ha compiuto i 3.600 anni. Alberi da 2-3.000 anni sono poi innumerevoli e presenti un po' in tutto il mondo.

In Italia il censimento degli alberi monumentali è stato realizzato dal Corpo forestale dello Stato che ne ha individuati circa 150. Dal lavoro si scopre che l'albero più antico della nostra penisola vide gli uomini che costruirono i nuraghi sardi, con un'età che si aggira attorno ai 3.000 anni. Si tratta dell'oleastro di San Baltolu di Luras, in provincia di Sassari. Dal punto di vista scientifico si tratta di un Olea europaea oleaster, in altre parole un olivo selvatico. Un esemplare di 15 metri di altezza e 11 metri di circonferenza. E' stato datato contando gli anelli di accrescimento. Questo progenitore dell'ulivo è oggetto di ricerca, perché si sta tentando di clonarlo.

Al momento una cinquantina di piantine contengono nel loro Dna metà del patrimonio genetico dell'albero di San Baltolu e metà di una sua figlia di circa mille anni. Nel Parco dell'Etna, nel comune di Sant' Elfio, è nota l'esistenza del vecchissimo "Castagno dei cento cavalli". Avrebbe un'età compresa tra i 2 e i 3.000 anni, anche se alcune analisi sostengono che sarebbe ancora più antico dell'oleastro sardo.

Purtroppo molte piante monumentali sono state spostate in giardini di grandi ville, causandone, a volte, la morte. Fino a pochi anni fa, infatti, solo Marche, Alto Adige ed Emilia Romagna "proteggevano" gli alberi monumentali, ma proprio nel 2008 il Ministro delle politiche agricole e forestali, Paolo De Castro, otteneva l'approvazione, da parte della Commissione ambiente del Senato, della norma secondo la quale "Gli alberi monumentali saranno protetti dal Codice dei Beni Ambientali e Paesaggistici". Un passo fondamentale per proteggere alberi che per i veloci cambiamenti climatici in atto potrebbero risentire conseguenze, più gravi di tutte le avversità ambientali subite da millenni a questa parte.

fonte: repubblica.it

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