giovedì 3 aprile 2008

Fatto illecito del dipendente: responsabilità indiretta del datore di lavoro per il danno arrecato

Con sentenza del 12 marzo 2008, n. 6632, la sezione terza della Suprema Corte di Cassazione ha chiarito che il datore di lavoro è responsabile indirettamente per il danno arrecato dal fatto illecito del dipendente, a norma dell’art. 2049 c.c., anche se il dipendente stesso ha ecceduto i limiti delle sue mansioni ed anche se ha trasgredito gli ordini ricevuti.

Fatto e diritto
Un dipendente bancario con funzioni e mansioni di addetto alla gestione titoli dei clienti aveva posto in essere un fatto illecito nell’esercizio delle sue funzioni prospettando una operazione di finanziamento particolarmente lucrosa ad alcuni clienti della banca stessa ed accreditando sul conto corrente dei medesimi un importo notevolmente superiore a quello depositato in pochissimo tempo mediante prelievo dai conti correnti di terzi estranei.
I ricorrenti “danneggiati”, cui è stato richiesto l’accredito effettuato, hanno lamentato l'insufficiente e contraddittoria motivazione sottolineando che la Corte d’Appello aveva trascurato di valutare adeguatamente numerosi elementi tali da determinare in essi la legittima convinzione che l'operazione in questione si fosse perfezionata all'interno dell'azienda di credito e per effetto delle mansioni espletate in essa dal dipendente in questione ed avendo erroneamente la Corte d’appello o escluso la responsabilità indiretta ex art. 2049 cc della banca per non aver ravvisato che le mansioni affidate al dipendente avevano reso possibile il compimento dell'illecito.
Inoltre gli stessi ricorrenti avevano lamentato che la Corte d’appello avesse tratto da tali circostanze conclusioni affrettate ed immotivate, dando per scontato che i ricorrenti fossero consapevoli del prelievo della somma predetta dai conti correnti di quei terzi estranei.
Secondo i ricorrenti, anche il fatto che l'intera operazione finanziaria si fosse perfezionata all'esterno dell'azienda di credito ed al di fuori delle mansioni in essa svolte dal dipendente non poggia su una esauriente e soddisfacente motivazione, che ha trascurato di valutare sia il ruolo preciso svolto dal dipendente della banca sia il fatto che la somma accreditata sul conto corrente dei ricorrenti sia stata stornata dalla banca a nove mesi di distanza dall'accredito stesso.

La decisione della Corte di Cassazione
La sentenza impugnata non ha in realtà spiegato, in modo logico e convincente, le ragioni per le quali ha escluso che l'operazione finanziaria in questione non sia stata fatta propria, per effetto del suddetto accredito e della conseguente trasmissione agli interessati dei relativi estratti conto, dall'azienda di credito, tenuto conto anche che l'attività di gestione patrimoniale rientrava nell'ambito delle attività della banca stessa ed era oggetto di un rapporto da tempo in essere con gli odierni ricorrenti, né ha spiegato ragionevolmente i motivi per cui ha ritenuto che le mansioni in concreto svolte dal dipendente nell'ambito dell'azienda di credito non abbiano reso possibile o comunque agevolato il fatto generatore del danno.
La Corte di Cassazione ha ricordato che l’art. 2049 c.c. sulla responsabilità dei padroni e dei committenti, ha disposto che “I padroni e i committenti sono responsabili per i danni arrecati dal fatto illecito dei loro domestici e commessi nell’esercizio delle incombenze a cui sono adibiti” . Per la Corte di Cassazione “in tema di fatto illecito, con riferimento alla responsabilità dei padroni e committenti, ai fini dell’applicabilità della norma di cui all’art. 2049 c.c. non è richiesto l’accertamento del nesso di causalità tra l’opera dell’ausiliario e l’obbligo del debitore, nonché della sussistenza di un rapporto di subordinazione tra l’autore dell’illecito ed il proprio datore di lavoro e del collegamento dell’illecito stesso con le mansioni svolte dal dipendente, in quanto è sufficiente che sussista un nesso di occasionalità necessaria tra l’illecito stesso ed il rapporto che lega i due soggetti, nel senso che le mansioni o le incombenze affidate al secondo abbiano reso possibile o comunque agevolato il comportamento produttivo del danno”.
Per la Cassazione quindi non è rilevante il fatto che “tale comportamento si sia posto in modo autonomo nell’ambito dell’incarico o abbia addirittura ecceduto dai limiti di esso, magari in trasgressione degli ordini ricevuti, sempre che il dipendente abbia perseguito finalità coerenti con quelle in vista delle quali le mansioni gli furono affidate e non finalità proprie, cui il datore di lavoro non sia, neppure mediamente, interessato o compartecipe”

Suprema Corte di Cassazione, sezione terza, sentenza n. 6632 del 12 marzo 2008

fonte: newsfood.com

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