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Dall'isola-prigione di Alcatraz al Golden Gate Bridge, la baia di San Francisco è al centro di un'emergenza ambientale provocata da una vasta chiazza di carburante perso da un cargo. La quantità finita in mare, circa 220mila litri, viene considerata non enorme per episodi di questo genere, ma la particolare conformazione della baia e il delicato ecosistema che la caratterizza amplificano i rischi. La nave da trasporto Cosco Busan, del gruppo di spedizioni Cosco controllato dal governo cinese, ha urtato mercoledì mattina un pilone di un ponte nella baia, dopo aver levato gli ormeggi dal porto di Oakland, avvolto nella nebbia. La perdita di carburante inizialmente era sembrata abbastanza contenuta, ma con il passare del tempo le autorità locali hanno aumentato il livello dell'allerta, dopo aver visto la chiazza allargarsi a gran parte della baia. Otto spiagge sono state chiuse al pubblico e sono stati notati i primi uccelli intrappolati nel carburante. Tracce del materiale oleoso, spinto dalle correnti, hanno raggiunto aree fino a 80 km a nord di San Francisco. «Per i nostri standard, questa è una perdita di medie dimensioni - ha detto il capitano della Guardia costiera William Uberti, che guida le operazioni di contenimento e ripulitura - ma per la baia di San Francisco si tratta di qualcosa di grosso». L'episodio non è lontanamente paragonabile a catastrofi ambientali come quella della Exxon Valdez, che nel 1989 perse in Alaska circa 42 milioni di litri di greggio. Ma gli spazi chiusi della baia e le caratteristiche dell'area fanno temere conseguenze serie. Il materiale finito in mare è “bunker fuel”, un carburante pesante e con molte sostanze contaminanti. Squadre di specialisti si sono messe al lavoro per cercare di contenere la chiazza con giganteschi cordoni galleggianti, tentando di proteggere tra l'altro le spiagge e gli habitat della fauna locale. Elicotteri hanno eseguito ricognizioni dall'alto, mentre sono state messe in azione speciali macchine per risucchiare il carburante disperso. Oltre 30.000 litri risultano già recuperati, e sono stati dispiegati 5,4 chilometri di barriere galleggianti. «Non possiamo fermare tutto il carburante, ma faremo del nostro meglio», ha detto Uberti, spiegando che team di scienziati sono al lavoro per stabilire il miglior metodo d'azione e valutare i danni. La nave protagonista dell'incidente, carica di container destinati all'Asia, è intanto all'ancora nella baia, mentre il pilota è stato interrogato dalla Guardia costiera, che ha avviato un'inchiesta sulle cause della collisione con il pilone. fonte: lanuovaecologia.it |
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venerdì 9 novembre 2007
San Francisco, rischi per carburante in mare
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