Ci intendiamo di dieta mediterranea, mangiamo molta più frutta e verdura di altri Paesi, eppure quando si tratta di scegliere tra prodotti biologici certificati e gli altri scegliamo ancora gli altri. Strano, visto che i nostri agricoltori si stanno convertendo in massa al bio (sono già 51 mila), strano perché siamo al quinto posto nel mondo e al terzo in Europa nella produzione di alimenti biologici (con un giro d'affari di 2,6 miliardi di euro all'anno, più 22 per cento in soli due anni), strano perché gli ettari coltivati a bio sono un milione e 147 mila (siamo leader in Europa). Strano ma vero.
Ottimi produttori ma pessimi consumatori di prodotti biologici. Un aumento della domanda c'era anche stato (più 9% dal 2006 al 2007) ma poi c'è stata una flessione, soprattutto in questi primi mesi del 2008. In Italia il biologico cresce, cresce nella produzione di prodotti ortofrutticoli, nella coltivazione di vigneti e quindi nella produzione di vino biologico (settore dove siamo in testa in Europa, con 30 mila ettari di vigneti bio, seguiti da Francia e Spagna, ciascuno con circa 15 mi-la), persino nell'offerta di prodotti naturali, tessuti, saponi, profumi, detersivi. Ma non crescono i consumatori che si orientano verso questo tipo di scelta.
Il consumo di bio nel nostro Paese è appena attorno al 2% mentre in alcuni Stati europei, soprattutto Germania e Paesi nordici, arriva al 10% con punte (in Scandinavia, per esempio) del 20%. Di tutto il biologico che gli italiani producono solo il 40% arriva sulle nostre tavole, il resto va all'export. Come è possibile? Perché produciamo tanto biologico ma ne consumiamo poco? La prima risposta è che il biologico costa troppo. Dal 20% al 40% in più, in media, rispetto ad un prodotto non biologico. E se in alcuni casi (lo yogurt) la differenza quasi si azzera, in altri (le uova) si allarga fino al 100% di costo in più rispetto al prodotto tradizionale. E questo, in un momento di grave crisi economica del Paese, non può non pesare.
«Premesso che gli italiani non hanno una grande tradizione di consumo di prodotti biologici — spiega Giuseppe Politi, presidente della Cia, la Confederazione degli agricoltori italiani — è innegabile che il prezzo gioca un grosso ruolo. Le difficoltà economiche delle famiglie italiane sono sotto gli occhi di tutti, il prezzo del biologico è più alto perché c'è una filiera che costa e ci sono elevati costi di certificazione. Questo incide sul prezzo finale. Se si riuscisse a diminuire i costi di certificazione, anche il prezzo del prodotto che arriva al dettaglio sarebbe molto più accessibile. E naturalmente occorrerebbe aumentare l'offerta, non soltanto nei negozi specializzati ma anche attraverso la grande distribuzione. C'è comunque da dire — conclude Politi — che l'Italia sta attraversando una crisi del consumo di frutta e verdura, di pasta e pane, una caduta dei prodotti della dieta mediterranea, sempre dovuta ai prezzi».
Il prezzo incide sul bilancio familiare soprattutto in tempi di crisi. Ma in Italia la crisi, che investe tutte le regioni, è particolarmente grave al Sud. In un Paese come il nostro, dove l'economia va a due velocità, il Mezzogiorno rallenta la crescita complessiva. «Quando si fanno le statistiche, l'Italia è sempre una ma in realtà ce ne sono due», sottolinea Antonio Compagnoni, membro del direttivo mondiale dell'Ifoam, la Federazione internazionale che riunisce i movimenti per l'agricoltura e i prodotti biologici di 108 Paesi.
L'Ifoam ha scelto Modena come sede del prossimo congresso mondiale, che si svolgerà dal 16 al 20 giugno. Modena e la sua provincia, infatti, e tutta l'Emilia Romagna, sono un'eccellenza nel mondo del bio. «Noi italiani — continua il ragionamento Compagnoni, che da 25 anni si occupa di biologico — abbiamo una grande varietà di prodotti tipici, regionali, e da sempre in Italia è passato il messaggio che tipico è già biologico, è già buono e naturale. Parlo dei prodotti Doc, Dop e così via. Non voglio dire che questi prodotti non siano buoni ma non è detto che siano biologici. Il tipico ha le proprie regole, che deve seguire per ottenere il marchio. In alcuni casi queste regole sono vicinissime a quelle del bio, ma in altri casi sono molto lontane. In Nord Europa, invece, c'è una cultura ecologista che trascina con sé anche i consumi del biologico. Il nostro export va bene perché all'estero è estremamente popolare mangiare italiano autentico, che sia anche biologico».
Un esempio? Ci sono pastifici italiani con due produzioni, una biologica con tanto di certificato che produce per l'estero e una non biologica per il consumo interno. Ma questo accade anche in molti altri settori alimentari. Sembra incredibile pensare che i bambini italiani mangino pasta, carne, verdure con sostanze dannose per la salute mentre i nostri prodotti biologici vanno a finire sulle tavole delle famiglie tedesche, tanto per fare un esempio. Ma è proprio quello che avviene.
«Si può risparmiare anche scegliendo il biologico — conclude Compagnoni —. La gente ancora non arriva a capire che sarebbe meglio comprare, e mangiare, la bistecca solo due volte alla settimana, ma che sia certificata bio, con tutti i nutrienti e senza sostanze chimiche aggiunte, piuttosto che mangiarla più spesso a prezzi inferiori. Nel biologico c'è più prodotto secco, più sostanze nutritive e meno medicine e agenti chimici. Assurdo snobbare il biologico e poi comprare gli integratori vitaminici».
fonte: corriere.it
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