A MANHATTAN sono 500. All'Expo 2005 di Aichi erano il biglietto da visita del Giappone. Girano in tutta la Germania. Si trovano a Beirut, Atene, Londra, Zurigo, Praga, Varsavia, Copenaghen, Bruxelles, Bordeaux. In Italia niente: i taxi a pedali, i risciò a tecnologia avanzata che si guidano con poca fatica seminando le macchine bloccate nella melassa quotidiana, non riescono a decollare.
L'ultimo no è arrivato dal Comune di Milano in curiosa coincidenza con l'avvio dell'ecopass, un tentativo di road pricing che parte al ribasso: obiettivi poco ambiziosi (la riduzione a cui si punta è parecchie volte inferiore a quella realizzata con successo a Londra), procedure farraginose, polemiche vivaci. I dieci ciclotaxi che erano sulla rampa di lancio non avrebbero certo cambiato il contesto generale. Ma sarebbero stati un segnale: la disponibilità a cambiare, ad adeguarsi, a utilizzare le regole del mercato senza farsi tirare per la giacchetta da lobby piccole e grandi.
Invece, come si legge nella missiva comunale, "dopo approfonditi riscontri normativi e tecnici condotti unitariamente al settore Attuazione, Mobilità, Trasporti, Ufficio Autopubbliche, si è giunti alla determinazione che il velocipide in oggetto, disciplinato dall'art. 50 del Codice della strada, non può essere utilizzato alla stregua di un taxi". Per lo meno si può dire che il linguaggio, dal punto di vista dello spirito del tempo, va d'accordo con i contenuti.
Un moderno risciò costa da 7 a 8 mila euro e permette di muoversi nel raggio di qualche chilometro a costi contenuti (5 euro per un quarto d'ora). Gianluigi Barone, l'imprenditore che li fa circolare utilizzandoli per ora solo come spazio pubblicitario, ha deciso di non arrendersi e tornerà alla carica. Resta il fatto che le città italiane sono prigioniere di una quantità di macchine anomala perfino per la motorizzatissima Europa. E di un sistema di valori che permette di violare impunemente le leggi a difesa della salute dei cittadini accettando la continua violazione dei livelli di polveri sottili (cancerogene) nell'aria.
fonte: repubblica.it
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lunedì 31 dicembre 2007
In Italia il ciclotaxi non piace
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