Dal deserto del Gobi a Los Angeles. Per il suo studio la Fisher ha utilizzato due database, uno relativo alle tempeste desertiche nei deserti del Gobi e del Taklimakan e uno contenente informazioni sulla qualità dell'aria della costa americana occidentale, entrambi compilati fra il 1998 e il 2006. Incrociandoli è riuscita a dimostrare che nei mesi primaverili le polveri provenienti dalle zone più aride di Cina e Mongolia sono presenti e molto comuni nell'aria di città come Los Angeles o San Diego. I risultati delle sue osservazioni sono stati presentati al meeting dell'American Geophysical Union di San Francisco, riscuotendo l'interesse della comunità scientifica mondiale.
Secondo lo studio, tutto questo si verificherebbe quando le tempeste desertiche sono più aggressive. In questo caso, le particelle di polvere rintracciabili a migliaia di chilometri di distanza aumenterebbero di due volte e mezzo. E si tratta di materiale che, essendo tanto "leggero" da poter viaggiare attorno al Pianeta, è facilmente inalabile da parte delle persone.
"Lo smog 'locale' - ha spiegato la scienziata - è certamente quello che più si ripercuote sulla salute delle persone. Ma i miei studi dimostrano che anche chi vive in zone ricche di parchi o foreste può subire le conseguenze dell'inquinamento globale. Anzi, più l'aria del luogo dove si vive è pulita, più questi spostamenti di polveri influiscono sulla qualità dell'ambiente".
Il termine smog nasce come fusione delle due parole inglesi smoke (fumo) e fog (nebbia). I principali fattori che costituiscono questo tipo di inquinamento sono il particolato, l'anidride solforosa, l'ossido di carbonio, gli ossidi di piombo, gli ossidi di azoto, i residui della combistione del gasolio.
fonte: repubblica.it
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