Con sentenza del 21 gennaio 2008, n. 1209, la sezione lavoro della Suprema Corte di Cassazione ha stabilito che, a fronte di un debito del datore di lavoro, il dipendente può rivolgersi all’Inps per la corresponsione del TFR attraverso il Fondo di Garanzia, ma non può pretendere altri emolumenti dall’Inps (come le ultime tre mensilità di retribuzione) anche se ciò era stato concordato con accordo scritto tra datore di lavoro e dipendente, in quanto si esclude l’esistenza di una obbligazione solidale fra l’Inps ed il datore di lavoro insolvente.
Fatto e diritto
Una dipendente aveva firmato con l’azienda una transazione con cui la società si impegnava a corrispondere alla dipendente il Tfr e le ultime tre mensilità entro e non oltre una certa data.
Successivamente, l’Inps presentava istanza di fallimento della società. In seguito la dipendente aveva citato in giudizio l'Inps per rivendicare oltre al TFR, il pagamento delle ultime tre mensilità, relative a rapporto di lavoro dell’impresa ove lavorava e dichiarata fallita con retribuzioni poste a carico del Fondo di garanzia.
Le ragioni del dipendente
La dipendente aveva sostenuto che il termine di un anno (fissato dall'art. 2 del D. Lgs. n. 80 del 1992) aveva reso nuovamente esigibile il credito, per insolvenza del debitore; nel caso di specie, dovendosi far decorrere tale termine a ritroso dall'istanza di fallimento, doveva ritenersi sussistente l'obbligo di pagamento dell'Inps delle ultime tre mensilità insolute ed esigibili, peraltro ammesse al passivo fallimentare.
Le sentenze del Tribunale e della Corte d’Appello
Il Tribunale rigettava la domanda, ritenendo ininfluente l'accordo transattivo in quanto occorreva far riferimento tassativamente ai dodici mesi precedenti la data di deposito dell'istanza di fallimento.
Contro tale decisione, la dipendente ricorreva in Corte d’Appello, che rilevava che la transazione anzidetta, pur essendo un negozio giuridico cui l'Inps era rimasto estraneo ed essendo un’obbligazione solidale tra l'Inps e il datore di lavoro, non avrebbe che potuto spostare in avanti - con decorrenza dalla data di esigibilità del credito coeva all'inadempimento del negozio transattivo - il periodo da cui far decorrere il termine sino alla data di avvio della procedura fallimentare, e ciò in base ad una interpretazione dell'art. 2 D. Lgs. n. 80/1992 diversa da quella puramente letterale accolta dal primo giudice.
La Corte di Appello accoglieva, quindi, il ricorso e condannava l'Inps al pagamento, ma contro la sentenza di appello l'Inps è ricorsa in Cassazione.
La decisione della Corte di Cassazione
La giurisprudenza più recente della Corte di Cassazione ha sempre sostenuto che il diritto del lavoratore di ottenere dall'Inps, in caso di insolvenza del datore di lavoro, la corresponsione del trattamento di fine rapporto, ovvero le ultime tre mensilità di retribuzione, a carico dello speciale fondo di cui alla L. n. 297 del 1982, art. 2, ha natura di diritto di credito ad una prestazione previdenziale, ed è perciò distinto ed autonomo rispetto al credito vantato nei confronti del datore di lavoro.
Resta per la Cassazione quindi esclusa, di conseguenza, la fattispecie dell'obbligazione solidale, che è un diritto che si perfeziona non con la cessazione del rapporto di lavoro, ma al verificarsi dei presupposti previsti dalla legge indicata (insolvenza del datore di lavoro, verifica dell'esistenza e misura del credito in sede di ammissione al passivo), ovvero all'esito di procedura esecutiva.
Per la Cassazione, in altri termini, all'autonomia privata non è consentito modificare la previsione legislativa.
Suprema Corte di Cassazione, sezione lavoro, sentenza n. 1209 del 21 gennaio 2008
fonte: newsfood.com
Nessun commento:
Posta un commento