lunedì 14 gennaio 2008

Primo sì alla bistecca clonata

Mangeremo bistecche clonate? Il latte che finirà sulla nostra tavola sarà tutto geneticamente omogeneo, frutto di una produzione zootecnica in cui alle variabili naturali si è sostituita la rigida pianificazione dei laboratori? Seguendo a ruota il via libero tecnico degli Stati Uniti, il comitato scientifico dell'Efsa (l'Agenzia europea per la sicurezza alimentare) ha dato un primo parere favorevole all'uso di animali clonati per fornire carne, latte e formaggi.

La decisione, anche se solo interlocutoria, ha sollevato un'onda di polemiche. Hanno cominciato gli animalisti della Lav attaccando le ricerche "tese a sviluppare animali fotocopia per uno stile di vita 20 volte più costoso di quello adottato da un vegetariano". Ha rilanciato la Legambiente ("Sembra che parli l'agenzia europea per l'insicurezza alimentare"). Durissime anche le associazione degli agricoltori: dalla Coldiretti, che ha lanciato l'allarme precisando che non si potrà capire dall'etichetta se si sta bevendo latte proveniente da una filiera clonata, alla Cia, che ritiene la scelta carica di rischi per il consumatore. Dal Senato sono arrivati i no di Loredana De Petris (Verdi) e Francesco Ferrante (Pd). E in serata anche il ministro delle Politiche agricole Paolo De Castro si è pronunciato con chiarezza: "Ci atterremo ai pareri scientifici, ma siamo eticamente contrari alla clonazione; i consumatori devono stare tranquilli perché la sicurezza alimentare viene prima di tutto".

La decisione dell'Efsa non arriverà comunque prima di aprile. "La clonazione è una delle tecnologie che possono aiutarci a mantenere intatto il patrimonio genetico della zootecnia, salvaguardando alcune specie in via di estinzione", spiega Vittorio Silano, presidente del Comitato scientifico dell'Agenzia. "Poiché alcuni cloni hanno problemi di salute, si intende che solo i capi sani entrerebbero in produzione". Queste conclusioni, aggiungono all'Efsa, non sono definitive: sul sito dell'agenzia è stata avviata una consultazione che durerà otto settimane.

Sulla natura dei rischi legati all'uso della clonazione i pareri restano diversi. Secondo Stefano Cinotti, direttore dell'Istituto zooprofilattico sperimentale della Lombardia e dell'Emilia Romagna, questa tecnica non presenta rischi sanitari ed è competitiva sotto il profilo economico. "Abbiamo dieci anni di esperienza alle spalle e possiamo dire che si tratta di interventi piuttosto semplici", afferma Cinotti. "Qualche difficoltà nasce invece quando si osserva la questione sotto il profilo etico. A tutti gli allevatori piacerebbe avere una copia di un campione come Varenne, ma se in gara ci fossero solo Varenne non ci sarebbe più divertimento. Occorre un limite, anche perché rischiamo di impoverire il patrimonio genetico delle specie e questo può costituire un rischio grave".

Per l'Efsa il cammino è in salita e infatti l'approccio è per il momento prudente. Un sì cauto che suona come un sondaggio per misurare le resistenze dei cittadini europei all'introduzione del cibo clonato. Ma è bastato questo primo via libera per evidenziare due punti deboli del progetto. Il primo è legato all'alto numero di problemi sanitari che affliggono gli animali frutto della clonazione stile Dolly. Il secondo riguarda gli interessi in gioco. "Un prodotto alimentare uguale per tutti ma di proprietà di pochi non è quello che vogliamo: per restare competitivi dobbiamo puntare sulle produzioni che ci distinguono, non sulla clonazione", ha commentato Paolo Bruni, presidente di Fedagri-Confcooperative. L'export alimentare italiano è una voce decisiva nel bilancio e nell'immagine del paese: sostituire le eccellenze frutto di una storia millenaria con prodotti senza luogo e senza tempo può essere un azzardo.

fonte: repubblica.it

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