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giovedì 31 gennaio 2008
INQUINAMENTO
Responsabile dell’inquinamento - Natura della responsabilità - Responsabilità extracontrattuale soggettiva ex art. 2043 c.c. - Ripristino dei siti inquinati - Artt. 311 e 242 d.lgs. n. 152/2006 - Responsabilità da posizione - Responsabilità imprenditoriale da danno all’ambiente. In materia di danno ambientale, il legislatore del 2006 ha operato una scelta decisa in favore della riconduzione della responsabilità nell’alveo della “tradizionale” responsabilità extracontrattuale soggettiva (c.d. “responsabilità aquiliana ex art. 2043 c.c.), con il conseguente ripudio di una qualsiasi forma di responsabilità oggettiva. Infatti, il D. Lgs. n. 152 del 2006 all’ art. 311, comma 2, nel trattare della responsabilità per danni all’ambiente, costituisce e disciplina la situazione giuridica soggettiva di responsabilità, e serve ad orientare l’interprete nella ricostruzione dell’istituto più generale del ripristino dei siti inquinati: quando nelle norme variamente in esso previste, si fa riferimento al “responsabile dell’inquinamento”, non si potrà che, logicamente, considerare tale colui il quale è “responsabile” ai sensi del citato art. 311, a meno di non voler sostenere l’illogica prospettazione della esistenza di due tipologie di responsabilità, ossia quella soggettiva ex art. 311 cit. ed una sorta di “responsabilità oggettiva parallela” ex art. 242 e ss. aventi tuttavia identico contenuto quanto all’obbligo di ripristino. Deve quindi concludersi che il nuovo quadro normativo impone sotto differenti profili di escludere che il responsabile della bonifica - ovvero del danno ambientale - possa essere individuato solo in virtù del rapporto esistente tra un determinato soggetto e l’apparato produttivo esistente nel terreno inquinato. Va quindi esclusa qualsiasi responsabilità “da posizione” che non può configurarsi surrettiziamente neppure con riferimento ai “vantaggi” connessi all’esercizio di un’impresa. Anche volendo superare la natura di risarcimento in forma specifica degli obblighi di bonifica ed accentuandone l’aspetto sanzionatorio, la disciplina dell’illecito ambientale non può essere invocata per giustificare l’eventuale qualificazione della responsabilità ambientale in termini di responsabilità oggettiva, perché, in materia di sanzioni amministrative, la legge non la prevede, a differenza del codice civile, in nessuna tipologia o forma. A norma della legge 24 novembre 1981 n. 689, infatti, la disciplina generale delle sanzioni amministrative, esclude qualsiasi forma di responsabilità oggettiva e riconduce (art. 3, 1° comma) la responsabilità amministrativa al dolo o alla colpa, con una formulazione che replica esattamente quella dettata dall’art. 42, 4° comma, del codice penale per le contravvenzioni, e che viene concordemente intesa da dottrina e giurisprudenza nel senso che l’affermazione della responsabilità richiede l’accertamento del dolo o della colpa. Sotto altro aspetto, una responsabilità imprenditoriale di stampo oggettivo si traduce in un onere reale imposto automaticamente all’imprenditore unicamente in virtù della posizione rivestita e del rapporto con la cosa inquinata ed indipendentemente dall’azione che l’amministrazione deve condurre per la preventiva individuazione del soggetto responsabile, ma si è visto sopra a quali limiti e con quali presupposti l’onere reale viene invece imposto, nel sistema del D. Lgs. n. 152 del 2006. Pres. Zingales, Est. Gatto - D.P.I. s.r.l. (avv.ti Florio, Capria e Marocco) c. Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e altri (Avv. Stato), Comuni di Priolo Gargallo e Siracusa e altri (n.c.), Comune di Augusta e Melilli (avv. Coppa), riunito ad altri ric. - T.A.R. SICILIA, Catania, Sez. I - 20 luglio 2007, n. 1254
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