martedì 28 agosto 2007

Il professionista si espone al rischio di pagare più tasse se maneggia denaro altrui

Tempi duri per i professionisti che maneggiano denaro altrui utilizzando il proprio conto corrente: rischiano di dover pagare più Iva, se non riescono a dimostrare che singole movimentazioni bancarie sul conto personale sono state effettuate per conto dei loro clienti.La Corte di Cassazione con la sentenza del 13 giugno 2007, n. 13818 ha accolto così il ricorso del Ministero dell’Economia e delle Finanze che ha affermato che “se il contribuente utilizza il conto corrente a lui personalmente intestato anche per maneggio di denaro altrui deve fornire la prova specifica della riferibilità di ogni movimentazione bancaria alla sua attività di maneggio di denaro altrui, diversamente la rispettiva movimentazione, in assenza di altra idonea giustificazione, è configurabile quale corrispettivo non dichiarato”.Fatto e dirittoUn amministratore di un condominio aveva impugnato un avviso di rettifica Iva di oltre 300 mila euro che era stato poi ridotto dalla Commissione tributaria provinciale a 100 mila euro. Successivamente a seguito di appello dell’amministratore di condominio, il giudice di secondo grado aveva fissato il debito in poco più di 8 mila euro con la motivazione che “svolgendo il contribuente attività di amministratore di condomini in numero non superiore di venti e ricevendo conseguentemente rimesse altrui che amministrava per professione, non poteva trovare applicazione la presunzione di cui all’articolo 51 del Dpr 633 del 1972”.A seguito di tale difesa il Ministero dell’Economia e delle Finanze ha presentato ricorso in Cassazione.Le ragioni del Ministero dell’Economia e delle FinanzePer il Ministero dell’Economia e delle Finanze gli amministratori di condominio non sono obbligati a movimentare il denaro dei condomini sui propri conti, anche se ciò avviene frequentemente, ed il contribuente avrebbe dovuto dimostrare con certezza la provenienza del denaro per sfuggire all’imposizione fiscale.Riduzioni degli importiLa Commissione tributaria provinciale (I° grado) ha ridotto l’importo a € 100.000,00 e la Commissione tributaria regionale (II° grado per l’appello bis ), lo ha poi ridotto a € 8.000 in quanto a suo avviso "svolgendo il contribuente attività di amministratore di condomini in numero non superiore di venti e ricevendo conseguentemente rimesse altrui che amministrava per professione, non poteva trovare applicazione la presunzione di cui all’articolo 51 del Dpr 633 del 1972".Le motivazioni della Corte di cassazioneLa Cassazione, con sentenza 13 giugno 2007, n. 13818, ha invece accolto il ricorso del Ministero dell’Economia e delle Finanze da una parte confermando che gli amministratori di condominio non sono obbligati a movimentare il denaro dei condomini sui propri conti, anche se ciò avviene spesso e che, conseguentemente, il contribuente, per sfuggire all’imposizione fiscale, avrebbe dovuto fornire la prova specifica della riferibilità di ogni movimentazione bancaria alla sua attività di maneggio di denaro altrui proprio per evitare che senza idonea giustificazione potessero essere ravvisati corrispettivi non dichiarati".Cassazione – Sezione tributaria – sentenza 13 giugno 2007, n. 13818Presidente Saccucci – Relatore NapoletanoPm Destro – difforme – Ricorrente Ministero dell’Economia e delle Finanze ed altroSvolgimento del processoLa contribuente indicata in epigrafe impugnava dinanzi alla Ctp di Torino l'avviso di rettifica con il quale l'Ufficio competente aveva proceduto al recupero di un totale tra imposta Iva anno 1993 dovuta, pene pecuniarie ed interessi pari a lire 618.013.000. L'adita Ctp accoglieva parzialmente e rideterminava l'imponibile Iva in lire 200.000.0000 oltre lire 17.147.000 riconosciute dalla parte.La Ctr del Piemonte su ricorso principale della contribuente ed incidentale dell’Amministrazione, in accoglimento del gravame principale determinava in lire 17.147.000, riconosciute dalla contribuente, l'ammontare delle operazioni imponibili per l'anno 1993. Rilevavano i giudici regionali che svolgendo la contribuente attività di amministratore di condomini in numero non superiore a venti e ricevendo conseguentemente rimesse altrui che amministrava per professione non poteva trovare applicazione la presunzione di cui all'art. 51 DPR 633/72.Avverso tale sentenza il Ministero dell'Economia e delle Finanze nonché l'Agenzia delle Entrate proponevano ricorso per cassazione sostenuto da un unico motivo di censura. Parte intimata non svolgeva attività difensiva.Motivi della decisioneCon l'unico mezzo di gravame parte ricorrente, deducendo violazione e falsa applicazione di norme di diritto in relazione agli artt. 51 DPR 633/72, 1117 e seg. e 1703 e seg. c.c., nonché motivazione incerta e contraddittoria, censura la sentenza impugnata per aver ritenuto inapplicabile la presunzione di cui al denunciato art. 51 non tenendo conto che nel caso di amministratore di condominio non vi è obbligo di maneggio di danaro altrui, come se fosse proprio era «caso mai onere della contribuente dimostrare che tutte le singole movimentazioni bancarie a lei ascrivibili erano state poste in essere con denaro altrui». La Ctr, assume parte ricorrente, «ha giudicato ignorando l'indagine bancaria, identificando, nei fatti la prova contraria nella semplice produzione di rendiconti condominiali redatti dalla contribuente stessa e rispetto ai quali l’approvazione in sede di assemblea condominiale non costituisce certo giudicato in ordine alla effettività ed ascrivibilità delle spese».Il motivo è fondato.Invero questa suprema Corte ha sancito che «in tema di Iva, qualora debba riconoscersi, ai sensi dell'art. 51, secondo comma, del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, la ricorrenza dei presupposti per il ricorso a presunzioni semplici basate su operazioni in conto corrente bancario, la prova liberatoria, che il meccanismo comune ad ogni presunzione sposta sul contribuente, ai commisura necessariamente alla natura e consistenza degli elementi utilizzati dall'amministrazione; la valutazione di tali elementi non si traduce in un'automatica assimilazione delle operazioni in conto corrente a corrispettivi non dichiarati, ma richiede un apprezzamento, eminentemente fattuale, della forza presuntiva attribuibile a quelle operazioni, alla luce della prova liberatoria offerta dal contribuente, ed è quindi censurabile in sede di legittimità soltanto per i vizi motivazionali previsti dall’art. 360, n. 5, cod. proc. civ. (Cass. 19947/05 e 11778/01);Ora la censura di parte ricorrente secondo la quale la motivazione della Ctr sarebbe sul punto incerta e contraddittoria merita di essere accolta. I giudici di appello infatti, hanno motivato l'accoglimento dell’impugnazione della contribuente sul rilievo che svolgendo la medesima attività di amministratore di condominio ne deriva necessariamente che la stessa obbligatoriamente e necessariamente riceveva rimesse altrui che amministrava per professione. La circostanza tuttavia, che la contribuente riceveva sul proprio conto corrente rimesse altrui non è idonea di per sé, ai fini di cui trattasi, ad escludere la totale imputabilità di tutte le movimentazioni bancarie direttamente alla intestataria del conto corrente in assenza di elementi contrari in tal senso. La motivazione della sentenza della Ctr è, quindi, sotto il profilo in esame inadeguata in quanto i giudici di appello non si fanno carico di verificare, in base alla prova liberatoria offerta dal contribuente, quali fossero le singole movimentazioni bancarie riferibili direttamente all'attività di amministratore di condominio per poter conseguentemente escludere che le stesse non costituissero corrispettivi non dichiarati.La prova liberatoria ai fini di cui trattasi non può essere solo generica e cioè relativa all'attività esercitata, ma deve essere altresì, specifica in quanto, stante la presunzione di cui all’art. 51, secondo comma, del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, se il contribuente utilizza il conto corrente a lui personalmente intestato anche per maneggio di danaro altrui deve fornire la prova specifica – rectius analitica – della riferibilità di ogni movimentazione bancaria alla sua attività di maneggio di danaro altrui diversamente la rispettiva movimentazione, in assenza di altra idonea giustificazione, è configurabile quale corrispettivo non dichiarato.Sulla base delle esposte considerazioni pertanto la sentenza va cassata con rinvio, anche per le spese del giudizio di legittimità, ad altra sezione della Ctr Piemonte che procederà ad una nuova valutazione del merito.PQMLa Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia anche per le spese del giudizio di legittimità, ad altra sezione della Ctr Piemonte.

fonte: newsfood.com

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