venerdì 29 maggio 2009

Fotovoltaico australiano nei parchi eolici siciliani

La società californiana “Signet solar” ha annunciato che fornirà alla siciliana “Moncada Energy” moduli solari in film sottile di ultima generazione.
Il fotovoltaico sarà impiegato nei parchi eolici della società, installandolo sotto le torri delle turbine; la vera rivoluzione sta nel fatto che, sfruttando lo spazio dedicato agli aerogeneratori già esistenti, si ottimizzerà il sito impiegando la stessa infrastruttura per il trasporto dell’elettricità.
“Siamo convinti – afferma l’A.d. di Moncada Energy, Salvatore Moncada – che l’utilizzo di questi grandi moduli nella realizzazione dei parchi solari permetterà di ridurre i costi per watt installato, grazie ai progressi compiuti da Signet Solar nell’efficienza della tecnologia del film sottile”.
Il contratto, che dovrebbe essere firmato a breve, garantisce la fornitura di un minimo di 7,7 MW di moduli a film sottile della grandezza di 2.2 metri per 2,6. La consegna dovrebbe terminare entro la fine del 2009, con il progetto di continuare la fornitura per tutto il 2010.

fonte: rinnovabili.it

Ue: emissioni in calo dal 2007 e Kyoto più vicino

Le emissioni nocive prodotte dall’Unione europea stanno progressivamente diminuendo. Dal 2007 a oggi i livelli si sono abbassati progressivamente e se dovessero continuare a scendere con questo ritmo probabilmente si riuscirà a ridurre il target fissato dal protocollo di Kyoto che impone una diminuzione pari all’8% nel quinquennio 2008-2012. Lo ha dichiarato Stavros Dimas, commissario Ue all’ambiente commentando i nuovi dati rilasciati da dall’Agenzia europea dell’ambiente (AEA).
“Siamo riusciti – ha detto Dimas – a disaccoppiare la crescita economica dall’aumento dei gas serra, e abbiamo raggiunto l’obiettivo che ci eravamo preposti: ridurre le emissioni senza ostacolare l’economia”, che lontana ancora dalle ombre della crisi per lo stesso anno segnava cifre tutte positive sia nell’UE a 15 che a 27.
Il risultato per l’anno 2007 in buona parte è da attribuire ad un inverno più caldo che ha dunque determinato un minore dispendio energetico, e all’impegno dell’industria, il che fa pensare che i cittadini europei non abbiano cambiato le loro abitudini in merito ai consumi.
Rispetto al 1990, anno della firma del Protocollo, le emissioni totali hanno registrato notevoli cali al punto da far sperare addirittura di superare l’obiettivo del -8%, ma questo non vuol dire che tutti i 27 Paesi riusciranno ad ottenere livelli di riduzione apprezzabili. ‘‘Alcuni stati membri forse non ce la faranno”, ha affermato Dimas, citando insieme al Lussemburgo, Portogallo, Austria e Spagna anche l’Italia rea di aver aumentato al 2007 le emissioni del 6,9% rispetto al 1990. Con l’obiettivo 2008–12 di un -6,5%, il nostro Paese dovrebbe raggiungere un taglio del 13,6%.

font: rinnovabili.it

Piaggio presenta il primo scooter ibrido al mondo

La strada verso una maggiore sostenibilità che caratterizzi la mobilità urbana si fa più marcata e prosegue dai cieli, si veda il Boing di Air New Zealand, alla strada, non solo con le innumerevoli auto ibride che si stanno affacciando sul mercato, ma anche con le due ruote, anzi nello specifico tre. È stato infatti presentato ieri a Palazzo Chigi, alla presenza del Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi e ad una rappresentanza dei Ministri di Governo, fra i quali il Ministro dell’Ambiente Stefania Prestigiacomo, il nuovo triciclo Mp3 Hybrid della Piaggio, il primo scooter ibrido al mondo dotato di un motore termico e di uno elettrico che intergrati garantiscono importanti benefici sia per quanto riguarda una riduzione dei consumi di carburante di origine fossile che in termini di riduzione di inquinanti, soprattutto CO2, emessi in atmosfera. A sperimentarlo lo stesso Ministro Prestigiacomo che si rivela soddisfatta ed entusiasta del nuovo scooter sia perché in perfetta sintonia con la linea di Governo sia per la sua adattabilità nel contesto cittadino senza nulla da invidiare al resto della flotta di motocicli.
Dal punto di vista strettamente tecnologico Mp3 Hybrid di fatto rappresenta l’evoluzione del suo antecedente Mp3 ad alimentazione tradizionale. Il vecchio, per così dire, triciclo è stato infatti modificato per alloggiare un sofisticato gruppo motopropulsore che fa leva sull’abbinamento fra un motore a combustione interna ed uno elettrico, utilizzabili in maniera indipendente, in modo tale da poter garantire il massimo delle prestazioni relative ad entrambi i sistemi, ottenendo in questo modo anche importanti vantaggi sia in termini di consumi che in termini di emissioni e quindi di benefici per l’ecosistema che ci ospita.

Cambio automatico, avviamento elettrico e sistema Ride-By-Wire sono solo alcune delle innovazioni che fanno del nuovo scooter un valido alleato dell’ambiente. L’alternanza fra i due sistemi di propulsione è stata infatti pensata prima di tutto in modo tale che quando uno funziona, quello termico, per assicurare prestazioni e dinamicità nel traffico cittadino l’altro, quello elettrico si ricarica, assicurando la sua funzionalità negli istanti di maggiore criticità quanto ad emissioni di CO2, come la ripartenza da fermo, garantendo il supporto al propulsore termico realizzando prestazioni fino all’85%. Quanto alle lunghe percorrenze, i dati sono entusiasmanti; con il nuovo scooter ibrido è infatti possibile percorrere fino a 60 km al litro contro una media di 26 km al litro dei tradizionali scooter di media cilindrata, mentre per quanto riguarda le emissioni di CO2 queste scendono a soli 40 g/km contro i tradizionali 90 g/km. Un ulteriore beneficio derivante dall’utilizzo indipendente dei due sistemi di propulsione è la possibilità di far diventare l’Mp3 Hybrid totalmente ecologico disattivando il sistema termico ed utilizzando esclusivamente quello elettrico abbattendo così non solo le emissioni di inquinanti al 100% ma anche il livello di rumore emesso andando così a favorire la riduzione di un altro tipo di inquinamento che attanaglia le nostre città, ovvero quello acustico.
Tuttavia, il rischio che tanta tecnologia possa ripercuotersi sul prezzo è reale anche se di fatto ancora non è stata data alcuna indicazione sul prezzo al pubblico tantomeno sulla data di lancio sul mercato dell’innovativo scooter.

fonte: rinnovabili.it

Rinnovabili, il futuro è già cominciato

Il ricorso alle energie rinnovabili sosterrà lo sviluppo sostenibile e darà nuova linfa all’economia in crisi. E’ questa la realtà emersa a conclusione del Convegno Nazionale di ISES ITALIA “Il futuro è già cominciato – Prospettive per le tecnologie delle rinnovabili”, tenutosi quest’oggi a Roma, presso il Centro Congressi Cavour.
Durante l’incontro il Presidente di ISES ITALIA, Giovanni Battisti Zorzoli e gli ospiti presenti in sala, hanno parlato di come supportare i nuovi progetti “verdi” e di come incentivare lo sviluppo tecnologico.
In questa occasione sono stati presentati vari progetti tecnologici per quanto riguarda l’eolico off-shore e l’eolico ad alta quota, moduli fotovoltaici economici ad elevata efficienza, processi no food per produrre biocarburanti, utilizzo strategico di biomasse e soluzioni innovative di bioedilizia.
Le rinnovabili hanno un potenziale enorme e per questo vanno studiati metodi che migliorino l’utilizzo delle fonti primarie e l’efficienza degli impianti. Solo così si potranno avere riduzioni dei costi al consumo nonché un sensibile aumento delle possibilità lavorative.
L’impiego delle eco-energie potrebbe portare ad un ulteriore sviluppo dell’economia italiana anche a livello del bacino del Mediterraneo, consentendo alla ricerca di andare avanti e progredire in campo tecnologico.

fonte: rinnovabili.it

Ecodem: «Berlusconi inaffidabile anche sul nucleare»

Il commento di Francesco Ferrante, dell´esecutivo nazionale degli Ecologisti Democratici, sulle ultime esternazioni del Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi


Dovremmo essere abituati alla volubilità del nostro Premier ma non ci rassegniamo a pretendere maggior serietà da chi ci governa soprattutto su un tema così delicato come quello dell´utilizzo del nucleare come fonte di energia.

Un giorno Berlusconi va in Sardegna e dice ‘mai in questo territorio una centrale nucleare’, un altro giorno in Abruzzo fa la stessa dichiarazione per rassicurare i cittadini - elettori di quella regione, ma il giorno dopo davanti a una platea diversa, con il falso argomento che così si ridurrebbe il costo dell´energia, rilancia improvvisamente il nucleare e si spinge a minacciare l´uso dell´esercito per imporre scelte che nessun territorio italiano accetterebbe.

L´argomento economico è falso, tanto che nessun paese occidentale (a parte l´eccezione sventurata della Finlandia e della Francia che costruisce le centrali) ha scelto di realizzarne di nuove da oltre 30 anni. E sappia il Premier che questo è un paese democratico che mai sopporterebbe i metodi tipici delle dittature che evidentemente a lui stanno simpatiche. Infine è davvero paradossale che Berlusconi parli di ‘quarta generazione’ nucleare, come se fosse una tecnologia già disponibile: la conferma che il nostro Premier non capisce proprio nulla dell´argomento.

fonte: greenreport.it

Italia: no politica industriale, no riconversione ecologica dell´economia

I problemi dell’industria italiana, seppur resi più forti dalla recessione economica che ha colpito praticamente tutti i paesi industrializzati del pianeta, hanno origini più lontane. Il declino dell’Italia, parola che non dovrebbe essere inclusa nel vocabolario secondo i sostenitori dell’ottimismo come ricetta di ripresa, di cui il nostro premier è il leader, è iniziato molto prima che i venti della catastrofe economica americana spazzassero anche le economie europee e quella nostrana.

Lo descrive in maniera molto dettagliata l’ultimo rapporto della Banca D’Italia sulle tendenze del sistema produttivo, che sostiene: «Nell’ultimo decennio l’economia italiana ha segnato il passo, sia in prospettiva storica sia rispetto ai principali paesi europei. È opinione diffusa che questo andamento rifletta problemi strutturali irrisolti, resi più pressanti dai notevoli cambiamenti che hanno caratterizzato l’economia mondiale».

Quindi ci sono elementi strutturali irrisolti alla base del declino dell’Italia, ovvero la perdita del dinamismo socio-economico e di capacità d’innovazione, da cui i riflessi negativi in termini di competizione nello scenario ormai globalizzato e di investimenti in uno sviluppo più duraturo (che ha in sé anche il significato di più sostenibile). Che vengono rappresentati in scarsa capacità d’innovazione tecnologica, scarsi investimenti in ricerca e sviluppo, scarsa tendenza a creare reti tra università e imprese, e la generale e diffusa dimensione di piccola impresa.

«Più piccola è la dimensione, più difficoltoso è sostenere gli elevati costi fissi connessi con l’attività di ricerca e sviluppo, l’innovazione, l’accesso ai mercati esteri» si legge nel rapporto di Banca Italia. A questo va aggiunto la mancanza di un ruolo importante rivestito dall’intervento pubblico realizzato con le politiche industriali.

«Scelte fondamentali – quanto innovare, se e come andare all’estero, quale struttura proprietaria – sono di stretta pertinenza delle imprese, ma riflettono largamente le politiche pubbliche» si legge ancora nel rapporto. Mancanza di scelte che - come sottolinea Carlo Castellano oggi su Repubblica, leggendo i dati del Rapporto Rosselli sulle priorità nazionali della ricerca industriale per il settore “Vita”, hanno ad esempio portato nell’industria della salute alla situazione «paradossale» che «per le nuove imprese e per gli spin-off, lo Stato italiano è nei fatti, per il 90% l’azionista della ricerca biomedica di base ma non è in grado di capitalizzare questa risorsa, così come avviene negli altri paesi, facilitando il decollo e la crescita di queste nuove aziende».

Che fa il paio con la fotografia della ricerca accademica e industriale italiana emersa dal primo rapporto sull’avanzamento del programma quadro, che secondo il commissario europeo per la ricerca, Janez Potocnik ha «un grande potenziale, ma inspiegabilmente inespresso». Una situazione che non promette futuri rosei per il nostro paese, al di là di quando e come avverrà la ripresa dalla recessione.

Ma alcune delle caratteristiche che hanno portato ad indebolire l’economia italiana, potrebbero essere la chiave di lettura di come uscire dal guado, sempre che la politica industriale voglia indirizzare questo cammino.

Nel rapporto Banca Italia si legge ad esempio che, nonostante gli investimenti in R&S sia l’indicatore di capacità innovativa più utilizzato, anche perché facilmente misurabile, «tuttavia, la spesa in R&S non rappresenta tutta l’attività innovativa svolta da un’impresa, che può invece spesso seguire altri canali, di carattere più informale, come ad esempio le collaborazioni scientifiche con altri soggetti, la possibilità di beneficiare di spillovers o di utilizzare procedure di gestione della conoscenza».

Una caratteristica piuttosto diffusa nelle nostre imprese tanto che «le statistiche indicano un ritardo delle imprese italiane in termini sia di innovazione sia di adozione di nuove tecnologie. Ciò riflette la specializzazione settoriale sbilanciata verso produzioni tradizionali a basso contenuto tecnologico e l’elevata frammentazione del tessuto produttivo. Tuttavia, la quota di imprese che svolge attività innovativa non si discosta significativamente da quella dei principali paesi europei, seppure con un investimento in R&S nettamente inferiore, configurando il paradosso di un Paese che fa innovazione senza ricerca».

Un paradosso che si riscontra nelle iniziative che pur si riscontrano nelle circa 5.000 imprese medio grandi del cosiddetto Quarto Capitalismo, in cui si ritrovano nicchie d’eccellenza, come descrive la ricerca sulle geografie del Made in Italy realizzata recentemente da Symbola, in settori altamente tecnologici e sempre più inseriti nel solco di quella che viene definita la green economy. Certamente minori sono le eccellenze nei grandi gruppi industriali, ed anche in questo caso le migliori innovazioni si ritrovano laddove si è investito nell’industria ecologica: il caso Novamont ne è un esempio.

Gocce nell’oceano. Nuclei che avrebbero bisogno di politiche a sostegno per poter creare attorno a sé orbite sempre più grandi. Mentre invece anche i tentativi messi in piedi per stimolare innovazione di processo, efficienza nell’uso dell’energia e delle materie prime, creazione di reti tra piccole imprese fra di sé e tra queste e il mondo universitario (proprio per superare quel paradosso che si fa innovazione senza ricerca) progettato con Industria 2015, sta languendo e con le modifiche volute dall’attuale ministero dello Sviluppo sulla commissione che esamina i progetti, rischia di privilegiare grandi aziende anziché piccole, che potrebbero stralciare più facilmente dai propri bilanci risorse da destinare a R&S.

Ma appunto, il maggiore tra i problemi strutturali dell’industria di questo paese, è l’assenza di una politica industriale, e di interventi, che come dice Castellano, «nell’ultimo decennio appaiono modesti, dispersivi e discontinui» e che non hanno mai messo a tema la necessità di riconvertire in chiave ecologica produzioni e consumi, rivedendo le politiche di processo prima ancora di quelle di prodotto

fonte: greenreport.it

«L'esercito davanti alle centrali nucleari» Il governo conferma la linea "autoritaria"

"Useremo l'esercito una volta che avremo individuato i siti dove costruire le centrali nucleari". Lo ha affermato ieri il presidente del consiglio Silvio Berlusconi nel corso del suo intervento all'Assemblea nazionale di Confesercenti. Parole pesanti, che confermano la linea dell'autoritarismo e dell'imposizione dall'alto delle scelte dell'esecutivo. Ma per Stefano Ciafani, responsabile scientifico di Legambiente, lo spiegamento delle truppe non sortirà l'effetto sperato: "Gli italiani il nucleare non lo vogliono e non sarà l'uso dell'esercito a convincerli".

La conferma arriva da una ricerca del mensile La nuova ecologia e di Lorien Consulting, presentata due giorni fa a Roma al forum "Qualenergia". Il 60% degli italiani è contrario al nucleare, per quasi 7 cittadini su 10 è pericoloso. Mentre le fonti alternative piacciono a otto italiani su 10. Il nucleare, invece, è definito un'energia cara e pericolosa dalla stragrande maggioranza, e soltanto il 14% lo preferisce, ma esprime dubbi all'ipotesi di abitare vicino ad una centrale o ad un deposito di scorie radioattive.

Le critiche dell'associazione ambientalista non si fermano al presidio dei cantieri da parte dell'esercito. "I sondaggi - ha spiegato Ciafani - dimostrano che la maggioranza dei cittadini non ne vuole sapere di centrali nucleari in Italia tanto meno vicino alle loro case. Il premier poi - ha dichiarato - dovrebbe informarsi meglio sullo sviluppo di una tecnologia che a quanto pare non conosce visto che omette sempre di parlare dei costi esorbitanti di costruzione e gestione insieme al problema della produzione e dello smaltimento delle scorie". "La quarta generazione - ha concluso il responsabile scientifico di Legambiente - è in costruzione solo nel paese delle meraviglie immaginato dal presidente del Consiglio, visto che quella è una tecnologia attualmente non disponibile perché ancora nella fase della ricerca".

Nel frattempo, ieri il Consiglio di Stato ha accolto il ricorso presentato da Sogin - come ha reso noto la stessa società - contro l'ordinanza del Tar Piemonte che aveva sospeso, il 23 maggio scorso, il decreto di disattivazione dell'impianto Fabbricazioni Nucleari di Bosco Marengo (Alessandria). Da oggi dunque, sono ripresi i lavori di smantellamento e bonifica dell'impianto che si concluderanno entro quest'anno

fonte: lanuovaecologia.it

A Palermo è caos sui rifiuti

Non è più solo politica la battaglia scoppiata, a Palermo, sull'aumento del 30% della tassa sui rifiuti previsto in una delibera della giunta di centrodestra guidata dal sindaco Diego Cammarata. Alla dura reazione dei consiglieri di opposizione, che stanno paralizzando la discussione sul provvedimento attraverso una pioggia di emendamenti - oltre 1.200 - si aggiunge ora la rivolta dei dipendenti dell'Amia, l'ex municipalizzata che gestisce la raccolta della spazzatura. Preoccupati che la profonda crisi finanziaria dell'azienda determini tagli di personale, gli operai, da giorni, si astengono dal lavoro straordinario.

"È la maggioranza che li istiga facendo credere loro che dalla bocciatura della delibera deriveranno licenziamenti", dice Mimmo Russo, capogruppo del Mpa al consiglio. Il partito del governatore Lombardo sulla vicenda si è schierato contro il sindaco. Un gruppo di dipendenti Amia la notte scorsa ha aggredito e verbalmente i consiglieri di opposizione che, al termine dell'ennesima maratona notturna a Palazzo delle Aquile, sono stati costretti a uscite dal Municipio scortati dalla polizia. Ma a fare la spesa della protesta "preventiva" degli operai sono anche i cittadini. La sospensione dei turni di raccolta straordinari dei rifiuti, duramente stigmatizzata da Cammarata, ha avuto effetti immediati. La città - dai quartieri residenziali di via Libertà, salotto buono di Palermo, ai rioni popolari che ospitano i mercati storici - è invasa dall'immondizia.

La vicenda, comunque, ha anche risvolti paradossali: a sottolinearli è il consigliere comunale del Pd Maurizio Pellegrino, che ha indicato, tra i principali evasori della Tarsu, la fondazione Teatro Massimo, presieduta dallo stesso sindaco di Palermo. Cammarata, in qualità di vertice dell'ente che gestisce il teatro, dunque, sarebbe debitore nei confronti del Comune di 101.826,52 euro. La complicata questione del deficit dell'Amia si gioca, inoltre, anche sul piano giudiziario: gli ex vertici dell'azienda sono finiti sotto inchiesta per abuso d'ufficio. Il reato però sarebbe destinato alla prescrizione. La querela del sindaco avrebbe potuto evitarla e consentire un eventuale condanna al risarcimento degli indagati con beneficio per le casse vuote dell'azienda. Cammarata, però, sentito dai pm, e sollecitato duramente dall'opposizione, l'esposto non l'ha mai presentato.

fonte: lanuovaecologia.it

Depuratore portatile

Un depuratore d'acqua portatile, di invenzione australiana, sarà presto disponibile alle Ong che operano nel terzo mondo e promette di salvare milioni di vite. Il congegno elettronico a batteria detto Drinkwell, sviluppato dalla fisica di Sydney Vivian Robinson, usa piastrine elettrolitiche per rimuovere fango, argilla, metalli pesanti, cianuro, piombo e mercurio, e per uccidere i batteri E coli. Converte quindi acqua non salata, ma inquinata, in acqua potabile ad una frazione del costo dell'acqua in bottiglia.

L'organizzazione australiana di aiuti World Vision sarà la prima ad usare il congegno fra pochi mesi, quando saranno completati i test. Secondo il suo direttore Tim Costello, che ha parlato al lancio del depuratore oggi a Sydney, potrà prevenire future guerre. Circa 1,2 miliardi di persone non hanno accesso ad acqua potabile e migliaia muoiono ogni giorno da malattie legate alla contaminazione, ha ricordato.

"La geopolitica del futuro sarà probabilmente strutturata attorno alle guerre per l'acqua e questo è un ottimo strumento per prevenirle", ha detto Costello. Sarà molto utile anche nei disastri naturali, come alluvioni o incendi che contaminano le riserve d'acqua. "A paragone con gli enormi purificatori che dobbiamo trasportare, è estremamente pratico".

fonte: lanuovaecologia.it

Premiata la BioBottle tutta italiana

La BioBottle Sant’Anna è stata premiata.
E’ naturale al 100%, per questo ha ricevuto gli onori della VII edizione del “Sodalitas Social Award”. Il premio è stato ritirato dal presidente e amministratore delegato delle Fonti di Vinadio, Alberto Bertone, durante il convegno intitolato “Sostenibilità”.
La plastica naturale con il quale viene costruita la Sant’Anna BioBottle è una invenzione rivoluzionaria interamente vegetale, che permetterà di ridurre il consumo di combustibili fossili.
Ogni anno la Sant’Anna produrrà circa 650 milioni di bottiglie vegetali risparmiando così 177 mila barili di petrolio, quantità impiegata per riscaldare una città di 520 mila abitanti per un intero mese.
E’ la prima volta che una bottiglia 100% ecologica viene prodotta per la grande distribuzione, e la svolta, tutta italiana, arriva direttamente da Milano.

fonte: rinnovabili.it

Rapporto 2009 Diritti Globali, l'Italia è malmessa

Il Centro studi dei “Diritti Globali” stila un Rapporto annuale, promosso e sostenuto dalla CGIL, l’ActionAid, l’Antigone, l’ARCI, il Coordinamento Nazionale delle Comunità di Accoglienza (CNCA), il Forum Ambientalista, il Gruppo Abele e Legambiente. Diritti Globali nel rapporto di quest’anno, in riferimento alla situazione ambientale e relativa ai cambiamenti climatici in Italia, cita alcuni poco onorevoli risultatia, come d esempio la votazione “in Senato, presentata da parlamentari del PdL il 1° aprile 2009, una mozione che non solo nega i cambiamenti climatici, ma anche le loro cause e conseguenze, nonchè le responsabilità dell’uomo nel global warming”. Per continuare poi con la percentuale di inquinamento dove il nostro Paese “è il terzo nella classifica europea dei maggiori emettitori (era il quinto nel 1990) e si attesta su un consistente +17,5% sopra l’obiettivo di riduzione che dovrà essere raggiunto nel 2012 e in fatto di rinnovabili è il fanalino di coda dell’Unione Europea. L’unico provvedimento, per altro di dubbia efficacia, a parere del Centro Studi, preso dal governo sul fronte energetico è l’accordo siglato con la Francia per riportare il nucleare nel Paese”. “Insieme al sistema energetico dominato dagli idrocarburi – evidenzia poi il Rapporto – il punto dolente dello Stivale rimane la mobilità: gli spostamenti delle merci si svolgono in larga parte su strada (74% del totale per le merci) così come quelli personali”. Non a caso la mobilità motorizzata pro capite, attestata a oltre 13.500 chilometri l’anno, è superiore del 30% rispetto alla media europea. Non c‘è da stupirsi, dunque, se nel 2007 il 65% di tutte le stazioni di monitoraggio dell’aria ha registrato il superamento del valore limite giornaliero del PM10 (50microgrammi/metro cubo per non oltre 35 giorni all’anno), con una situazione eccezionalmente critica nelle regioni padane e a Roma (con oltre l’80% dei casi in Emilia, Lombardia, Piemonte e Lazio).
Nell’ambito dell’illecito poi, nel nostro Paese continuano ad aumentare gli ecoreati, che nel 2007 hanno fatto registrare la cifra di 30.300 casi.
Gli aspetti positivi riscontrati nel Rapporto 2009 riguardano il fatto che l’Italia sia diventata leader europeo per numero di licenze di prodotti con marchio “Ecolabel” (31% sul totale europeo) e che abbia riscontrato un notevole successo dei sistemi di gestione ambientale (13.132 siti certificati ISO 14001 nel 2008). Migliora e aumenta anche l’agricoltura biologica (1.150.253 ettari nel 2007 contro i 70.674 del 1994),assieme ad un forte sviluppo nel settore degli allevamenti biologici

fonte: rinnovabili.it

giovedì 28 maggio 2009

Crisi idrica, potrebbe verificarsi nel 2025

Se non cambiano le abitudini di vita a breve si potrebbero avere gravi problemi di approvvigionamento idrico. Lo ha dichiarato il vicepresidente di Federutility Mauro D’Ascenzi, inaugurando a Bari la XVI conferenza europea “H2Obiettivo 2000” incentrato sul tema “Sostenibilità ambientale e servizio idrico nel bacino del Mediterraneo”. Nel 2025 più della metà della popolazione mondiale potrebbe vivere con a disposizione una quantità di acqua non sufficiente.
D’Ascenzi ha sottolineato quanto l’acqua sia importante per la sopravvivenza e come invece questo bene venga utilizzato senza criterio, sprecato a causa di acquedotti fatiscenti.
Ha poi definito le attuali regole tariffarie “obsolete” e con valori ‘‘estremamente bassi’‘, tali da ‘‘rendere difficoltosa anche la semplice manutenzione’‘ e non ‘‘orientate a favorire un uso sostenibile della risorsa idrica’‘, suggerendo l’eventualità di gestire a livello locale gli Ato (Ambiti territoriali ottimali), in modo che possano provvedere alla manutenzione ordinaria e straordinaria della rete idrica.

fonte: rinnovabili.it

Hawaii, reti da pesca riciclate in elettricità

Tra le misure da applicare a livello mondiale per ridurre l’inquinamento da rifiuti negli oceani, una soluzione potrebbe essere rappresentata da un singolare progetto hawaiano. L’arcipelago si trova quotidianamente a dover combattere con il problema della spazzatura marina, tanto da aver convinto il governo di Honolulu ad istituire una tassa sulle reti abbandonate, ree non solo di inquinare l’ambiente e distruggere la biodiversità marina, ma anche di danneggiare le imbarcazioni. La mossa ha portato a raccogliere in due anni oltre 70 tonnellate di materiale che ora sarà battezzata a nuova fonte di energia elettrica.
Con la collaborazione dell’Industria ittica e di cittadini volontari l’Honolulu Derelict Net Recycling Program, prevede la raccolta all’interno dei porti delle reti abbandonate come succede con la raccolta differenziata nelle isole ecologiche; tutto il materiale viene successivamente inviato al Campbell Industrial Park, sede della municipale HPower per essere processato. Fatte a pezzi e immesse su nastro trasportatore viene estratto grazie ad un magnete circa il 75% del materiale ferroso e tramite un tamburo rotante e rimossa sporcizia e sabbia, per poi indirizzare i rifiuti alla combustione. Il vapore generato nella caldaia è utilizzato per azionare una turbina accoppiata ad un generatore da 46 MW. Il progetto fa parte del programma finanziato dalla National Oceanic Atmospheric Administration (NOAA), l’agenzia federale che si occupa dello studio del clima a livello planetario.

fonte: rinnovabili.it

Scajola: eco-energie e nucleare per risparmiare

Claudio Scajola è intervenuto, ieri a Roma, all’assemblea di Confesercenti, ribadendo che in Italia l’energia ha un prezzo ancora troppo alto visto che paghiamo il 30% in più rispetto ai maggiori Paesi europei.
Per far fronte a questo problema ha suggerito di potenziare le infrastrutture ma soprattutto di puntare sulla diffusione delle energie rinnovabili, sull’efficientamento energetico, sullo sviluppo e l’incremento dell’utilizzo del carbone pulito e sulle tecnologie che aiutino a ridurre le emissioni dannose, nonché l’adesione al nucleare. Solo così l’Italia potrà diventare competitiva sul mercato energetico europeo e abbassare il costo delle bollette che gravano sulle finanze dei cittadini.
Il ministro ha poi voluto rassicurare i rappresentanti delle imprese presenti annunciando ‘‘stiamo affrontando questioni di grande interesse per le vostre aziende: la semplificazione burocratica, l’accelerazione della riscossione dei crediti verso la pubblica amministrazione, la dilazione dei pagamenti previdenziali, l’introduzione di meccanismi di compensazioni tra debiti con lo Stato e crediti verso enti e società pubbliche, l’istituzione di una legge annuale per le Pmi”

fonte: rinnovabili.it

Epaw, crociata anti-eolico per chiedere una moratoria europea

Cosa si potrebbe rimproverare all’eolico, tecnologia numero uno in Europa e che nel solo 2008 ha saputo superare qualsiasi altra istallazione energetica? Chiedetelo all’EPAW, l’European Platform Against Windfarms, un’Organizzazione non governativa che rappresenta a livello comunitario 341 tra federazioni ed associazioni determinate a intraprendere una vera e propria crociata contro questa fonte rinnovabile. La motivazione: lo sviluppo dell’eolico andrebbe sempre più spesso a deficere su caratteristiche imprescindibili, come la tutela ambientale, l’economia dei costi rispetto ai benefici e l’efficacia tecnologica. Proprio tenendo conto di questi aspetti l’EPAW ha annunciato che interpellerà ufficialmente Commissione e Parlamento europeo perché venga istituito un gruppo di esperti, totalmente indipendenti, che si adoperi ad elaborare un bilancio globale dell’impatto generato dall’utilizzazione dell’eolico, partendo dal ‘calcolo emissioni’ e immettendo anche quelle legate alla realizzazione, manutenzione, smantellamento dei parchi e implementazione da parte delle centrali tradizionali in caso di assenza di vento. La valutazione dovrà comprendere anche la stima dei costi diretti e indiretti della filiera annettendo anche l’impatto sulle spese pubbliche e sulle bollette degli utenti. Nel bilancio l’EPAW inserisce anche la voce sociale ed ambientale a fronte delle conseguenze che secondo la Piattaforma le windfarm avrebbero su salute umana, valore immobiliare e attrattiva turistica dei luoghi di istallazione. Ma ciò su cui la ONG insiste soprattutto sulla richiesta di una moratoria che blocchi la costruzione di tutte le centrali eoliche europee, compresi i progetti che hanno già ottenuto l’approvazione.

fonte: rinnovabili.it

Un anno di soprusi

Quasi 2.400 pene di morte eseguite, torture e maltrattamenti compiuti in 80 paesi, detenzioni illegali effettuate in 90 stati. Sono i numeri delle violazioni dei diritti umani nel 2008 fotografati dal Rapporto 2009 di Amnesty International che riguarda 157 paesi.

PENA DI MORTE: Almeno 2.390 prigionieri sono stati messi a morte in 25 Paesi. Il 78% delle esecuzioni ha avuto luogo nei paesi del G20.

ESECUZIONI EXTRAGIUDIZIALI-OMICIDI ILLEGALI: sono stati commessi in oltre 50 Paesi, il 47% di questi crimini è stato riscontrato nei Paesi del G20.

TORTURE E MALTRATTAMENTI: sono stati compiuti, nel corso degli interrogatori, in circa 80 paesi. Il 79% delle torture e maltrattamenti si è registrato nei paesi del G20.

PROCESSI INIQUI: celebrati in 50 Paesi, il 47% del totale si è svolto in paesi aderenti al G20. DETENZIONI ILLEGALI: prigionieri sono stati sottoposti a periodi di detenzione prolungata, spesso senza accusa né processo, in circa 90 Paesi. Il 74% di queste detenzioni ha avuto luogo nei Paesi del G20. RINVII FORZATI DI

RICHIEDENTI ASILO: persone che chiedevano asilo politico sono state respinte da almeno 27 paesi verso Stati in cui sono andate incontro ad arresti, torture e morte.

PRIGIONIERI DI COSCIENZA: ne sono finiti in carcere in almeno 50 paesi.

SGOMBERI FORZATI: sono stati eseguiti in almeno 24 paesi.

fonte: lanuovaecologia.it

Nuova linea elettrica a basso impatto ambientale

Grazie ad una un’intesa sottoscritta oggi tra la presidente della Regione Lombardia Mercedes Bresso e Terna la Lombardia e il Piemonte produrranno meno CO2. Ciò sarà possibile grazie alla sostituzione di ben 215 chilometri di linee elettriche con altre a basso impatto ambientale. Le emissioni saranno ridotte di circa 150 mila tonnellate l’anno.
Grazie a questo intervento sarà possibile risparmiare parecchi chilometri di cavo, saranno sufficienti infatti 94 chilometri di linea, che attraverseranno di tre province, 34 comuni e due Parchi Naturali. La nuova rete, più efficiente, eviterà i sovraccarichi ed eliminerà quasi totalmente la dispersione di energia lungo tutto il tragitto, consentendo un risparmio che è stato stimato pari a 21 milioni di euro annui.
‘‘Il beneficio per i cittadini – spiega la Bresso – sarà duplice: per la salute e per il risparmio sui consumi. Sviluppare l’efficienza energetica, sfruttando al meglio anche fonti tradizionali come in questo caso, è una delle sfide più importanti che la Regione sta portando avanti da alcuni anni con progetti e investimenti in tutto il Piemonte”.

fonte: rinnovabili.it

"Food city", il quartiere ad impatto zero

Dubai potrebbe avere un quartiere interamente autosufficiente. Gli architetti lo hanno chiamato “Food city” e lo hanno pensato sfruttando elementi della pianificazione urbana sostenibile, fra cui sistemi di energia rinnovabile e condizionamento termico.
Il progetto è stato suddiviso in 4 parti, la prima delle quali dovrebbe essere completata entro il 2012 nonostante i costi stimati risultino elevati, circa 200 milioni di dollari, ma gli Emirati Arabi non sono nuovi ad iniziative di questo livello.
Gli architetti del gruppo GCLA (Green Concepts Landscape Architects) hanno pensato a torri ricoperte da celle fotovoltaiche a film sottile e collegate a generatori di energia piezoelettrici regolati attraverso il moto urbano e ad un sistema per il recupero di metano dal percolato delle fogne.
L’approvvigionamento idrico è stato lo scoglio più duro visto che la cittadina è progettata per sorgere nel deserto; di conseguenza è stato ideato un sistema di raccoglimento dell’acqua atmosferica, uno che dissali quella marina rendendola potabile e infine sistemi di depurazione e riciclo delle acque grigie.
L’area a disposizione, destinata ad ospitare commercianti di prodotti alimentari impegnati nella grande distribuzione, misura 450mila metri quadrati, che potranno ospitare fino a 500 imprese. “Sarà tutto più facile per il commercio se le aziende saranno sotto lo stesso tetto, soprattutto per i controlli doganali e per lo stoccaggio. Sarà come un grande centro commerciale”, ha detto Farouk Qasim, capo del settore alimentare e delle bevande della Camera di Commercio e Industria (DCCI) di Dubai ai media locali. Secondo le prime stime, inoltre, “Food City” aumenterà la sicurezza alimentare di tutti gli Emirati Arabi, che importano quasi il 90 per cento dei propri prodotti alimentari. Il nuovo quartiere consentirà di praticare prezzi più competitivi e di avere sempre a disposizione scorte sufficienti in qualsiasi momento, così non ci sarà mai una carenza alimentare”, ha aggiunto Qasim.

fonte: rinnovabili.it

Dalle Camere di Commercio italiane 200 milioni per il fotovoltaico

L’importante iniziativa è del “Fondo Sistema Infrastrutture”, un’istituzione che è stata promossa circa sei mesi fa’ dalle Camere di Commercio Italiane. Questo è il primo investimento realizzato nell’ambito delle energie rinnovabili e più precisamente nel settore fotovoltaico.
L’operazione si concretizza nella struttura “Orizzonte Solare” srl, che nasce da una collaborazione che sarà sostenuta per l’80% dal Fondo Sistema Infrastrutture e per il restante 20% da un partner industriale, in questo caso la “Green Utility” spa.
Infatti, il “Fondo Sistema Infrastrutture” ha allo scopo realizzato un ambizioso accordo quadro con “Green Utility” (Gruppo Solon SE) per la costruzione di parchi fotovoltaici da 50 MWp, con un budget di oltre 200 milioni di euro entro il 2010. A questa data “Orizzonte Solare Srl” completerà l’installazione di impianti fotovoltaici per 12 MWp, con un investimento di oltre 50 milioni di euro.
Il primo investimento, con una potenza totale di 6 MWp, vedrà la luce in provincia di Foggia. Sarà la Solon (quale EPC contractor) che dovrà curare sia la realizzazione chiavi in mano, sia la manutenzione per i venti anni di durata degli incentivi del Conto Energia. In questo modo verrà garantito nel tempo sia il livello tecnologico ma anche la produttività degli stessi impianti fotovoltaici.
Inoltre, grazie ad un target di dotazione di 300 milioni di euro, l’FSI, è infatti per grandezza il secondo fondo specializzato nelle infrastrutture presente in Italia.
Si tratta quindi di un’iniziativa importante dal momento che il “Fondo Sistema Infrastrutture” promuove, realizza e gestisce impianti di grande interesse economico sia a livello locale, regionale che nazionale. Un’iniziativa concreta e di grande respiro che aiuterà l’Italia a rispettare le direttive europee e a mettersi in regola con i parametri del protocollo di Kyoto.

fonte: rinnovabili.it

In Italia l'acqua è "low cost" sos per fogne e depuratori

Quattro italiani su cento non hanno l'acqua corrente in casa. Quindici su cento non hanno gli scarichi collegati a una fogna. Trenta su cento non dispongono del servizio di depurazione. Non stiamo messi bene e l'Unione europea lo ha sottolineato aprendo un procedimento a carico dell'Italia per 300 casi di irregolarità. Dobbiamo colmare il ritardo e per farlo servono 60 miliardi di euro in 30 anni. Dove prenderli? Federutility, la federazione delle imprese energetiche e idriche, ha lanciato ieri a Bari, nel corso della Conferenza europea H2 Obiettivo 2000, la proposta degli "hydro bond", un finanziamento con tempi lunghi di ritorno del capitale basato sulla stabilità di aziende che lavorano in un mercato a domanda costante.

A Bari è stata presentata anche la radiografia del consumo di acqua degli italiani sintetizzata nel Blue Book. Nel 2008 il record delle tariffe più alte è toccato ad Agrigento, dove per un'utenza standard di 200 mila litri di acqua si sono sborsati 440 euro in un anno. Seguono Arezzo con 410 euro l'anno e Pesaro e Urbino con 409 euro. All'estremo opposto della classifica troviamo invece Milano (103 euro l'anno), seguita da Treviso e Isernia (rispettivamente a quota 108 e 109 euro). In media si paga 1,29 euro a metro cubo, con oscillazioni che vanno da 1,73 euro in Toscana a 0,92 euro in Lombardia.

Dall'analisi di Federutility risulta che le bollette dell'acqua degli italiani rappresentano una quota modesta della spesa domestica: 20 euro al mese per una famiglia di tre persone, rispetto ai 486 euro investititi in trasporti, ai 131 euro in combustibili, ai 131 euro alla voce "tempo libero e cultura", ai 26 euro per le sigarette.

Poco anche rispetto agli altri paesi. A Roma, ad esempio, una famiglia di tre persone paga 177 euro per 200 metri cubi di acqua. Nel panel di metropoli che vengono confrontate si spende meno solo a Buenos Aires (37 euro l'anno), Hong Kong (102 euro l'anno) e Miami (169 euro l'anno). Più care Berlino (968 euro l'anno), Zurigo, Parigi, Bruxelles, Helsinki.

Non tutti però sono d'accordo con l'idea di un servizio idrico che richiede più fondi e maggiore spazio per il capitale privato. I comitati contrari alla privatizzazione hanno contestato la riunione di Bari perché "promuove una logica di privatizzazione dei servizi pubblici e dell'acqua, il bene pubblico per eccellenza, in continuità con la politica che ha animato il Forum Mondiale sull'acqua di Istanbul, secondo il quale l'acqua deve essere considerata un bisogno - e, dunque, un bene economico commercializzabile da cui trarre profitto - e non un diritto umano inalienabile".

Resta il fatto che, come ha scritto l'economista Antonio Massurutto, "l'acqua è un dono di Dio, tuttavia Dio ha donato l'acqua, ma non i tubi e i depuratori: a quelli dobbiamo pensarci da soli". E dobbiamo pensarci presto. In base alla direttiva europea del 2000, dovremo affrontare a rapidi passi il percorso verso il disinquinamento totale del ciclo dell'acqua. Entro il 2015 i fiumi all'atrazina e i laghi eutrifizzati dagli scarichi agricoli e urbani dovranno essere un ricordo. Entro il 2020 i corsi d'acqua dovranno addirittura tornare allo "stato di natura".

"Per raggiungere questi obiettivi non si può improvvisare: è necessario programmare gli investimenti sapendo che il ritorno sarà a lunga scadenza: ci vuole capacità di gestione, efficienza e una normativa sufficientemente stabile", osserva Renato Drusiani, responsabile ambiente e acqua di Federutility.

fonte: repubblica.it

mercoledì 27 maggio 2009

Nuovi dati sulla crescita delle emissioni antropiche

Un nuovo rapporto del Joint Research Council (JRC), afferma che a livello mondiale le emissioni di gas serra antropiche sono aumentate del 15% tra il 2000 e il 2005, un brusco innalzamento del tasso di crescita previsto, soprattutto se confrontato con le percentuali per i periodi 1990-1995 (3%) e di del quinquennio compreso tra il 1995 e il 2000 (6%). In termini di tonnellate equivalenti di biossido di carbonio si è passati dai 24 miliardi del 1970 ai 33 miliardi nel 1990, fino ai 41 miliardi di tonnellate eq. di CO2 nel 2005. La relazione prende i suoi dati da EDGAR, acronimo di Emission Database for Global Atmospheric Research (‘Database delle emissioni per la ricerca atmosferica a livello mondiale’), un progetto congiunto tra lo stesso JRC e l’Agenzia di Valutazione Ambientale dei Paesi Bassi (PBL) che fornisce una rassegna dettagliata delle emissioni per paese e settore di emissione nei 35 anni che intercorrono dal 1970 al 2005.
Non riguarda quindi solo l’anidride carbonica, che rimane comunque la voce più significativa, ma tutti i gruppi di composti chimici noti per avere un effetto dannoso per l’ambiente, come il metano, gli idrofluorocarburi (HFC) ei perfluorocarburi (PFC).
Il database EDGAR colma una lacuna nelle attuali statistiche dei gas serra in quanto dà informazioni coerenti sia a livello dei paesi industrializzati che di quelli in via di sviluppo, mostrando come in quest’ultimi i livelli delle emissioni siano aumentati più velocemente dal 2004 rispetto ai primi. Il rapporto sarà consegnato presso Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (COP15), che si terrà a Copenaghen a dicembre.

fonte: rinnovabili.it

UE: Italia, la più indisciplinata sulla legislazione ambientale

La Direzione Generale Ambiente della Commissione Europa ha messo in lettura il rapporto annuale sullo stato di attuazione della legislazione ambientale europea, un documento di circa 200 pagine che ci classifica al primo posto tra gli indisciplinati in materia di rispetto delle leggi ambientali. Il triste primato ci è stato conferito a causa delle 45 procedure di infrazione che ci sono state inflitte nel 2008.
Complessivamente, all’interno della Comunità Europea, alla fine dello scorso anno sono state avviate un totale di 2044 infrazioni alla legislazione europea. Di queste ben 481 si riferiscono a politiche ambientali (rispetto alle 479 del 2007).
In particolare, sotto le categorie ‘‘rifiuti” e ‘‘natura” troviamo rispettivamente 111 e 105 casi; 95 riguardano invece questioni relative alla gestione idrica, 65 all’inquinamento atmosferico e 50 all’impatto ambientale.
Nel plico è dichiarato che 30 procedure d’infrazione sono state avviate anche nei confronti di Spagna, Irlanda, Francia e Regno Unito. Tra i più virtuosi, con meno di 10 procedure, si trovano invece Danimarca, Romania, Bulgaria, Olanda, Slovenia, Cipro e Svezia.
Si tratta per ora solo della versione ‘‘interna” del documento, di cui il mensile ‘‘Valori’‘ riporta alcuni significativi passaggi nell’attesa che quella definitiva sia approvata.
Per ciò che concerne l’Italia le cause principali che ci hanno portato ad essere il Paese meno adempiente sono soprattutto riconducibili alla questione dei rifiuti. “La severa crisi verificatasi a Napoli e in Campania – si legge nel rapporto – ha portato all’approvazione di numerose misure urgenti. Il governo italiano, con il supporto delle forze armate, ha riaperto un numero consistente di discariche nell’area. Ma se la situazione è parzialmente migliorata, rimangono ancora da stabilire ulteriori strategie nella gestione dei rifiuti, che mancano in molte regioni italiane”.

fonte: rinnovabili.it

Auto ad aria compressa, forse realtà dal 2011

Sta facendo il giro del web la notizia dell’ennesimo progetto tecnologico per la creazione di un’auto ibrida. Stavolta però non si tratta di motori a metano né a biocarburante bensì ad aria compressa.
Il mercato americano potrebbe proporle nel 2011 grazie al lavoro della compagnia francese Zero Pollution Motors che sta progettando il lancio della sua “macchina ad aria”. L’autovettura sfrutta l’espansione di aria fortemente compressa in combinazione con un motore tradizionale a benzina.
Sono necessarie circa quattro ore per raggiungere il massimo livello di pressurizzazione all’interno del serbatoio, quindi l’aria viene rilasciata gradualmente per mettere in moto i pistoni.
Ad una velocità inferiore ai 56 km/h, il veicolo si basa interamente sul serbatoio pressurizzato, emettendo di conseguenza solo aria fredda. A velocità più alta, un piccolo motore convenzionale provvede a riscaldare l’aria aumentandone la velocità di rilascio. Sono previsti consumi molto bassi, pari a 40 km percorsi con un litro di carburante e un prezzo che non dovrebbe superare i 14.500 euro, come dichiarato da Shiva Vencat, amministratore delegato della società, tuttavia la tecnologia si porta dietro ancora dure critiche.
Rispetto ad un’auto elettrica, infatti, possiede un’efficienza complessiva minore, sia perchè in fase di espansione l’aria restituisce un lavoro inferiore a quello speso per la sua compressione, sia per la necessità di riscaldare il gas per ottenere un’espansione ottimale. Inoltre il calcolo degli inquinanti non tiene conto delle emissioni connesse all’energia di pressurizzazione, ma solo di quelle “locali” dell’auto.

fonte: rinnovabili.it

Il futuro boom del solare termodinamico

Il solare a concentrazione avrà un ruolo determinante nello sforzo alla “decarbonizzazione” delle economie industrializzate e, con oltre due milioni di posti di lavoro al 2050, sarà uno dei settori trainanti della terza rivoluzione industriale ed energetica. Ciò è quanto colpisce dal recente rapporto “Global Concentrating Solar Power Outlook 09” pubblicato e redatto da Greenpeace insieme a Estela (European Solar Thermal Electricity Association) e SolarPACES (vedi allegato).

Le previsioni del report (88 pp.) stimano che nel caso di uno scenario avanzato con un forte sviluppo di misure di efficienza energetica, il solare a concentrazione sarà in grado di fornire il 7% circa dell’elettricità mondiale al 2030, e un quarto al 2050, pari a circa a 7.800 TWh. La capacità installata raggiungerà i 1.500 GW.
Per uno scenario più conservativo sarà invece capace di coprire il 3,6% circa dell’elettricità mondiale al 2030, e il 12% circa al 2050, pari a una potenza installata di 830 GW.
Lo scenario di riferimento (“business as usual”) si basa invece sulle ipotesi del rapporto “World Energy Outlook 2007” dell’International Energy Agency (IEA), e prevede che entro il 2050 la penetrazione della tecnologia non supererà lo 0,2% a livello mondiale, raggiungendo appena 18 GW e rimanendo sostanzialmente una tecnologia marginale.

Secondo gli estensori del report questo scenario, alla luce dei progetti già oggi in programma, appare poco credibile. Infatti negli ultimi cinque anni, l’industria del solare a concentrazione (CSP) è cresciuta velocemente e la tecnologia è ora matura per il decollo e la diffusione commerciale a livello mondiale, pronta per diventare il terzo settore, alle spalle di eolico e fotovoltaico, per quanto concerne la generazione pulita di energia. Il CSP non è in competizione con le altre tecnologie rinnovabili, ma rappresenta un’ulteriore soluzione economicamente perseguibile.
Alla fine del 2008 le centrali solari a concentrazione hanno raggiunto una potenza di 436 MW in tutto il mondo. I progetti attualmente in fase di realizzazione sono molti, principalmente in Spagna, dove verranno installati altri 1.000 MW entro il 2011. Negli Stati Uniti ci sono proposte di progetti per ulteriori 7.000 MW, mentre la Spagna ha l’obiettivo di raggiungere 10.000 MW entro il 2017.

Notizia di ieri è che la Pacific Gas & Electric (PG&E), utility californiana, ha stipulato un accordo per l’acquisto di energia elettrica prodotta da 7 centrali solari a concentrazione per una potenza totale di 1.310 MW che verranno realizzate da BrightSource Energy nel deserto di Mojave. Questa è una società americano-israeliana specializzata nella tecnologia delle centrali solari a torre e eliostati.

Secondo lo scenario di sviluppo moderato, il solare a concentrazione potrà creare oltre 200 mila posti di lavoro al 2020 nelle regioni esposte a maggiore radiazione solare. Il dato aumenta a oltre 1,1 milioni di posti da lavoro al 2050. Secondo lo scenario di sviluppo avanzato, invece, i posti di lavoro al 2050 supererebbero i due milioni.
Gli investimenti previsti per conseguire tale sviluppo ammontano a oltre 36 miliardi di euro al 2020 e 92,5 miliardi al 2050 nello scenario moderato. Già nel 2015 potrebbero superare i 20 miliardi di euro. Secondo lo scenario di sviluppo avanzato, invece, le risorse che questa tecnologia sarà in grado di mobilitare ammontano a 40 miliardi di euro al 2020 e 174,5 al 2050.

Nell’ipotesi che gas e carbone saranno ancora largamente utilizzati nei prossimi decenni, il rapporto assume che la tecnologia sia in grado di evitare 600 tonnellate di CO2 per ogni GWh prodotto.
Nello scenario moderato si potrebbero evitare circa 2,2 miliardi di tonnellate di CO2 annue al 2050, pari a circa quattro volte le emissioni attuali dell’Italia, due volte e mezzo le emissioni di CO2 della Germania, o pari a quelle dell’Africa.
Nello scenario avanzato gli effetti positivi per il clima, ammonteranno a oltre 4,7 miliardi di tonnellate di CO2, circa pari alle emissioni attuali dell’Europa.
Allo stesso tempo è interessante notare che le moderne tecnologie CSP raggiungono il pareggio delle emissioni di CO2 prodotte in fase di realizzazione, installazione e messa in opera degli impianti dopo appena 3-6 mesi di attività. La vita utile di una centrale CSP è di 20 anni.

Il costo dell’energia elettrica prodotta da centrali solari a concentrazione è in diminuzione e molti operatori confermano che diventerà presto competitivo con il costo dell’energia prodotta da centrali a gas di medie dimensioni. I costi di generazione dipendono dalla disponibilità di radiazione solare, dalle possibilità di collegarsi alla rete elettrica e dai tempi di realizzazione. Potranno essere ridotti aumentando la dimensione delle centrali e nei prossimi anni a condizioni favorevoli, quali finanziamento particolari, tasse e incentivi offerte dai governi.

Attualmente i costi di centrali CSP che utilizzano la tecnologia degli collettori parabolici lineari – la più diffusa, e la stessa utilizzata da Rubbia per il progetto “Archimede” di Priolo Gargallo – si aggirano attorno a 10-12 centesimi di dollaro per kWh prodotto negli Stati Uniti, mentre in Spagna si attestano a 20-23 centesimi di euro per kWh. I costi di generazione delle prime centrali costruite negli Stati Uniti nel periodo 1986-1992 erano tre volte tanto, pari a 40-44 cent $/kWh.

Gli operatori fanno sapere che i costi operativi delle centrali solari a collettori parabolici stanno attraversando una fase di ottimizzazione, tanto da far prevedere che passeranno in breve tempo da 8 € cent/kWh a 3 € cent/kWh.
Per quanto riguarda altre tecnologie a concentrazione, come le recenti centrali “a torre” realizzate in Spagna recentemente, si possono fare meno valutazioni perché i progetti sono entrati in funzione da poco tempo, o sono ancora in fase di costruzione.

Secondo Greenpeace le scelte politiche di oggi definiranno la gravità della crisi climatica al 2050. L’associazione ritiene allora che per sviluppare il più rapidamente possibile tutte le fonti rinnovabili a disposizione occorra introdurre incentivi in “conto energia”, fissare obiettivi vincolanti per lo sviluppo delle rinnovabili, promuovere la diffusione delle nuove tecnologie nei Paesi in via di sviluppo, e in particolare nelle aree desertiche del Nord Africa, Medio Oriente e Nord America.

fonte: qualenergia.it

Posidonia sotto attacco

Greenpeace ha presentato una denuncia formale alla Commissione europea chiedendo l'applicazione delle norme comunitarie per la protezione dei prati di posidonia e in generale delle praterie di piante marine. Greenpeace - si legge in una nota dell'organizzazione ambientalista - ha presentato le prove che Italia, Francia, Grecia e Spagna hanno violato la direttiva 'Habitat' che elenca queste praterie tra gli habitat a protezione prioritaria.

"Quando si distrugge una prateria di posidonia perdiamo un elemento importante della vita del Mediterraneo - spiega Alessandro Giannì, responsabile delle campagne di Greenpeace Italia. "La posidonia ospita migliaia di specie, produce ossigeno e difende le coste e le spiagge". "In Italia, come in Francia e Spagna, si è provato a trapiantare la posidonia, distrutta e spostata per consentire attività ad alto impatto ambientale", aggiunge Giannì.

"Questi trapianti non funzionano e sono ormai vietati in Francia e in pratica bloccati in Spagna, poiché sono solo un inutile spreco di denaro che serve a giustificare la distruzione di un habitat a protezione prioritaria". La denuncia di Greenpeace mostra come Italia, Spagna, Francia e Grecia abbiano fallito nel compito di difendere davvero questo habitat fondamentale e chiede alla Commissione europea di garantire l'applicazione delle norme vigenti.

fonte: lanuovaecologia.it

Adotta una balena

'Adotta una balena': è il titolo dell'originale iniziativa dell'Istituto argentino per la conservazione (Icb) delle balene, il quale da tempo mantiene sotto controllo una decina di esemplari abitudinari delle coste sud del paese sudamericano. Chi intende procedere all'adozione potrà scegliere da una lista sul sito web dell'Istituto, dove gli animali appaiono con nome, foto e breve 'biografia'.

Le più anziane tra le balene prescelte per la possibile adozione, il cui costo è di 90 euro l'anno, sono conosciute e controllate dall'Istituto fin dai primi anni '70. Nel sito dell'Icb compaiono inoltre alcune foto dell' esemplare scelto ed il racconto degli episodi conosciuti della loro vita, precisano gli esperti dell"Istituto de conservacion de ballenas'. Così per esempio si potrà diventare genitori adottivi di Cassiopea, battezzata in questo modo per le caratteristiche macchie bianche che ha sul dorso, che ricordano la costellazione, oppure degli altri esemplari, quali 'Gabriela', 'Antonia' o 'Docksider'.

fonte: lanuovaecologia.it

Natura visionaria

Venerdì 29 maggio alle 11 si terrà, presso la Sala Mostre comunale di Canale Monterano (Roma), l’inaugurazione della mostra conclusiva del progetto “Natura Visionaria”, ideato dall’Associazione Altro Territorio e promosso dal settore di Educazione Ambientale dell’Agenzia Regionale per i Parchi del Lazio. Il progetto, realizzato con gli alunni della scuola media locale all’interno della Riserva Naturale Regionale Monterano, prevede, come passaggio finale, una mostra fotografica e narrativa realizzata dagli studenti stessi.

Sintesi di un lungo e articolato percorso formativo durato tre mesi, questo evento riveste particolare importanza per i ragazzi, perché dà loro la possibilità di comunicare e condividere con l’intera comunità locale la ricerca di un nuovo sguardo sulla Natura. Attraverso la conoscenza degli elementi naturalistici, territoriali, estetici e artistici, i ragazzi hanno, infatti, sperimentato, grazie all’utilizzo della fotografia, il passaggio verso un’etica della natura.
All’evento parteciperanno, oltre agli studenti con le loro famiglie e l’intera scuola, il direttore e la dirigente del settore educazione dell’Agenzia regionale per i parchi del Lazio, il direttore e i guardiaparco della riserva, il sindaco e la giunta comunale. La mostra rimarrà aperta al pubblico, presso la Sala Mostre, fino a venerdì 5 giugno. Da lunedì 8 giugno sarà visitabile presso i locali della Scuola Media di Canale Monterano in Piazza S. Maria De Mattias.

fonte: lanuovaecologia.it

Fotovoltaico: da Sharp un modulo di soli 0,8 mm per cellulari

Tutto è pronto in casa Sharp per immettere nel mercato “LR0GC02”, ovvero il modulo fotovoltaico destinato a dispositivi mobili, e a detta della società il più sottile al mondo nel settore in questione. Solo 0,8 mm di spessore per queste unità in silicio policristallino capaci, con l’illuminazione solare, di fornire una potenza massima in uscita di 300 mW.
Il segreto, rivela Sharp, è stato riuscire a fare un uso efficace della tecnologia di impacchettamento compatto dei semiconduttori. Il pattern di elettrodi può essere realizzato direttamente sulla superficie in maniera da andare incontro alle richieste dei produttori di dispositivi, consentendo la creazione di moduli con disegni originali. Le prime informazioni provenienti dall’azienda assicurano che la produzione di massa sarà avviata a partire dal 10 luglio 2009 con 100.000 unità mensili al prezzo di 3.000 yen, circa 22 euro.
L’accoppiata solare-telefonia mobile è in realtà una soluzione già sperimentata dal gruppo giapponese, che ha da poco presentato, in collaborazione con l’operatore mobile Softbank, anche un’altra novità nel campo degli eco-gadget: il primo cellulare ibrido. Il Solar Hybrid 936SH, questo il nome di battesimo, oltre alla normale alimentazione plug-in è dotato di minuscole celle integrate nella scocca grazie alle quali con 10 minuti di esposizione ai raggi solari acquista una carica di circa 2 ore in standby o un minuto di conversazione.

fonte: rinnovabili.it

Copenhagen Call: da multinazionali 6 passi verso l’accordo climatico globale

Si chiude il World Business Summit On Climate Change, la tre giorni che ha dato spazio nella capitale danese ai leader di centinaia di imprese del mondo, tra cui Unilever, BP, Duke Energy, e PepsiCo, e grandi esperti climatici per affrontare il tema della crisi ambientale ed elaborare modelli di sviluppo innovativi, collaborazioni e ipotesi di azioni da presentare al vertice ONU di dicembre. Il risultato del Summit è il Copenhagen Call una potente e concisa dichiarazione che definisce gli elementi ritenuti necessari dal mondo degli affari per creare un nuovo ed efficace accordo climatico globale. Si tratta di un documento in 6 punti, frutto di necessità condivise dalle aziende e multinazionali presenti all’evento, secondo cui per realizzare una solida base per un futuro economico sostenibile è indispensabile:
  1. Un accordo per la stabilizzazione dei gas serra su base scientifica, con obiettivi di riduzione al 2020 e al 2050. Si mette in chiaro la necessità di un’azione immediata attraverso decisioni politiche ambiziose che le imprese devono esser pronte a recepire, in maniera tale da limitare l’aumento medio globale della temperatura ad un massimo di 2 °C rispetto ai livelli pre-industriali. Questo richiede misure che portino ad un abbattimento di circa 17 Gt entro il 2020.
  1. Efficaci strumenti di misurazione, segnalazione e verifica delle emissioni da parte delle imprese.
  1. Incentivi dedicati per determinare un deciso incremento dei finanziamenti alle tecnologie a basse emissioni e la creazione di un mercato internazionale delle quote CO2 funzionante a partire dal 2013.
  1. La collaborazione tra governi e imprese per assicurare a tutte le nazioni pari accesso alle tecnologie verdi e lo sviluppo di nuove.
  1. Lo stanziamento di Fondi pubblici per rendere le comunità più resistenti e capaci di adattarsi ai mutamenti climatici.
  1. Innovative misure per salvaguardare il patrimonio forestale e bilanciare il ciclo del carbonio.

Consegnato al Primo Ministro danese, Lars Løkke Rasmussen, e a Yvo de Boer, segretario esecutivo della convenzione UNFCCC, il Copenhagen Call sarà portato avanti tramite loro durante gli ultimi sei mesi di negoziati prima della Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (COP15) di dicembre.

fonte: rinnovabili.it

Arizona: specchi parabolici per generare energia pulita

La APS (Arizona Public Service) e la “Starwood Energy Group Global” si sono accordate. Hanno in progetto la realizzazione di un impianto solare ad alta concentrazione da 290 MW, che dovrebbe essere costruito nella Harquahala Valley, a 75 miglia a ovest della città di Phoenix e che a regime servirà più di 73 mila abitazioni.
L’impianto verrà costruito su un’area di 1900 acri dove saranno posizionati 3500 specchi parabolici. Come da copione, l’energia solare viene concentrata per riscaldare un fluido scambiatore di calore che servirà a far evaporare l’acqua all’interno delle condutture e mettere quindi in moto le turbine dell’impianto.
L’impianto utilizza il sale fuso per incamerare l’energia solare e continuare a produrre elettricità per un massimo di sei ore dopo il tramonto.
Il completamento dei lavori è previsto per il 2013.

La nuova società, la Starwood Solar, sarà di proprietà della Starwood Energy e gestirà l’energia prodotta dal dispositivo della APS, mentre la Loocked Martin, azienda leader nel settore della sicurezza globale, si occuperà di costruire e gestire l’impianto.
“Un futuro più sostenibile che metta in risalto l’energia solare è una visione che condividiamo con i nostri partner della Arizona Corporation, con il governatore ed con i nostri clienti in tutto lo Stato”, ha affermato don Brandt, presidente e amministratore delegato della APS.
“La Starwood solar rappresenta un importante passo in avanti e rafforza ulteriormente la nostra posizione di leader tra i produttori che utilizzano il fotovoltaico per generare elettricità. Questo è un altro significativo passo avanti nel rendere l’Arizona la capitale del mondo solare”.
“Siamo lieti di creare una partnership con SPA e gli abitanti dell’ Arizona”, ha dichiarato Brad Nordholm, a.d. di Starwood energia. “Insieme con Lockheed Martin, non vediamo l’ora di completare questo progetto”.
Durante il precedente incontro di questo mese, era stato fatto l’annuncio di un ulteriore progetto della SPA Power ossia l’impegno in un nuovo progetto che fornisca energia solare al Grand Canyon.

Questo è il secondo accordo di potere d’acquisto da APS per l’energia prodotta da un impianto di concentrazione solare. Nel febbraio 2008, l’APS ha firmato un accordo con Abengoa solare per la fornitura di 280 megawatt dall’impianto Solana solare. Con Solana, Starwood e grazie anche ad altri accordi, l’APS dovrebbe avere a disposizione, nel 2014, 800 MW di energia proveniente da fonti energetiche rinnovabili.
Questa energia sarà sufficiente per quasi un quarto di un milione di clienti e consentirà ad SPA di superare i requisiti standard stabiliti per la produzione di energia da fonti rinnovabili.

fonte: rinnovabili.it

Taglio gas serra, la Cina apre -40% entro il dieci anni

Dal ping pong tra Germania e Cina esce la formula magica: 40 per cento al 2020. E' la proposta di taglio delle emissioni serra che terrà banco da oggi a dicembre, quando a Copenhaghen si riunirà il vertice delle Nazioni Unite sul clima. Per la prima volta sul tavolo del negoziato c'è una cifra in linea con le preoccupazioni degli scienziati che chiedono un taglio dell'80 per cento rispetto ai livelli del 1990 in tempi rapidi. Rapidi naturalmente va inteso in senso industriale: c'è da ricostruire la macchina energetica che per due secoli si è adagiata sulle scorte di combustibili fossili ignorando il rischio di un disastro climatico.

Il traguardo è dunque interessante: che realmente si raggiunga è tutto da vedere. Ieri Pechino ha ufficialmente appoggiato l'idea di un taglio del 40 per cento da parte del cartello dei paesi industrializzati, mentre per quanto riguarda le proprie emissioni è rimasta ferma a una generica disponibilità alla riduzione senza fissare paletti. Tutto ruota sempre attorno alla formula delle "comuni ma differenziate responsabilità": vuol dire che chi ha inquinato più a lungo deve impegnarsi di più. Ma quanto di più? E che tagli è giusto pretendere da paesi che, pur essendo arrivati recentemente alla fase industriale, figurano oggi ai vertici dell'inquinamento mondiale?
La bozza della possibile intesa di Copenghen, che da qualche giorno circola tra gli addetti ai lavori costellata da centinaia di parentesi che indicano i punti su cui non c'è ancora accordo (quasi tutti), sta cominciando a produrre una reazione a catena di risposte politiche. La Germania ha proposto che il cartello dei paesi industrializzati imiti l'esempio europeo di adesione al protocollo di Kyoto: si fissa un tetto collettivo (la proposta è il 40 per cento) e si suddivide il carico in maniera proporzionale alla forza e alla spinta verso l'innovazione industriale dei vari paesi. Per chi non se la sente di assumere un impegno così forte con misure solo domestiche, si allarga il ventaglio delle opzioni di intervento a favore dell'efficienza e delle rinnovabili da mettere in campo nelle aree più povere del mondo.

Un'iniezione di green economy pensata anche come un ricostituente per un'economia globale che ha bisogno di ripartire. E su questa ipotesi, per la prima volta, si registrano aperture da parte dei paesi non Ocse. Si va dalla Cina a Tuvalu, una delle piccole isole che rischiano di venire sommerse dall'innalzamento dei mari e che ora dichiara che anche i meno poveri tra i paesi in via di sviluppo devono fare la loro parte nel taglio delle emissioni serra

fonte: repubblica.it

martedì 26 maggio 2009

Greenpeace chiede ora la ‘Rivoluzione solare’

“Solar Revolution Now”: questo lo slogan riportato sopra un grande specchio da un gruppo di attivisti di Greenpeace oggi scesi a manifestare davanti la sede del G8 Energia. Un motto perfettamente in tema con il rapporto Global CSP Outlook 2009 redatto dall’associazione ambientalista assieme a Estella (European Solar Thermal Electricity Association) e SolarPACES e consegnato oggi nelle mani del Ministro Scajola. Il documento affronta la “calda” questione del solare a concentrazione (CSP per l’appunto), la tecnologia che produce calore ed elettricità usando centinaia di specchi per concentrare i raggi del sole a temperature comprese tipicamente tra 400 °C e 1000 °C. La rapida crescita a cui si è assistito in questi ultimi anni ha reso il CSP maturo per il decollo industriale e la diffusione commerciale a livello mondiale, pronto vale a dire per costituire la nuova frontiera della rivoluzione energetica diventando il terzo settore, alle spalle di eolico e fotovoltaico, per la generazione pulita.
Il documento illustra partendo dalla situazione attuale gli sviluppi attesi per questo settore che a fine 2008 si attestava ad una potenza di 436 MW globali, con California e Spagna a dominare la classifica dei progetti realizzati e con piani da oggi a 17 anni per altri migliaia di MW. Secondo le stime di “Global CSP Outlook 2009”, in uno scenario avanzato supportato da un forte sviluppo di misure di efficienza energetica, il solare a concentrazione nel 2030 potrebbe essere in grado di fornire il 7% circa dell’elettricità mondiale e un quarto al 2050 raggiungendo i 1.500 GW, pari a circa a 7.800 TWh.

I benefici conseguibili sono espressi sia in termini economici, ambientali che di ricadute occupazionali: oltre 1,1 milioni posti di lavoro al 2050 nelle regioni esposte a maggiore radiazione solare, nello scenario di sviluppo moderato, e circa 2,1 miliardi di tonnellate di CO2 annue in meno (pari a circa quattro volte le emissioni attuali dell’Italia).
“Le centrali a concentrazione possono fornire energia sicura a scala industriale per tutto il giorno ricorrendo a tecnologie di stoccaggio del calore” spiega Josè Nebrera, Presidente di Estella a cui fa eco Christoph Richter, Direttore di SolarPACES, “l’intensa attività di ricerca e sviluppo degli ultimi 15 anni ha permesso il decollo della tecnologia a cui assistiamo oggi”.
Si è dichiarato interessato ad approfondire le potenzialità, il ministro Scajola che dal canto suo ha riconosciuto come sul solare a concentrazione l’Italia sia in forte ritardo; il progetto da 5 MW di Priolo Gargallo a Siracusa è l’unico infatti in fase di realizzazione e non è stato ancora ultimato. “Sul solare dobbiamo crescere”. Ed è proprio quello che si augura Greenpeace.

fonte: rinnovabili.it

Italia inquinata dalle due ruote

L’università di Tessalonica ha concluso uno studio redatto per conto della Commissione europea. E’ stato rilevato che nel 2020 le emissioni di cicli e motocicli saranno maggiori rispetto a quelle di tutti gli altri veicoli in circolazione nell’intera Comunità, per questo risulta indispensabile monitorare i gas di scarico.
Attualmente nel Belpaese circolano circa 5 milioni mezzo di motocicli (800 mila dei quali solo nella Capitale), un numero solo sette volte inferirore a quello degli autoveicoli e che colloca la nostra Nazione al primo posto a livello europeo per ampiezza del parco moto e secondi dietro agli Usa a livello mondiale.
E mentre le autovetture virano lentamente all’ecologia, come previsto dalle norme euro 5 e 6, i motocicli rimangono ancora fermi alla normativa euro 2 e 3.
In tal senso la Commissione Europea ha proposto che si arrivi all’euro 5 entro il 2015 per le moto di cilindrata superiore ai 50 cc, e euro 4 entro il 2012 per i motorini con cilindrata inferiore ai 50 cc, con l’obiettivo che tale manovra riduca le emissioni inquinanti fino al 50% in meno.
La ricerca a indicato che “in materia di due ruote, la regolamentazione è in ritardo di almeno una dozzina d’anni rispetto a quella per le auto. Proprio perché il loro contributo al traffico è marginale, e percorrono meno chilometri l’anno, la Ue ha trascurato, e in fondo dimenticato, il loro impatto ambientale”. Questo sta a significare che ci sono ampi margini di miglioramento per la tecnologia a due ruote: ora bisogna solo agire.

fonte: rinnovabili.it

lunedì 25 maggio 2009

Rinnovabili e meno CO2 per un ambiente sano e sostenibile

La popolazione mondiale è d’accordo, c’è la necessità di un ambiente più sano e sostenibile. Questo sarà possibile soprattutto grazie al risparmio energetico e all’utilizzo delle fonti rinnovabili.
In Italia Enea si sta occupando soprattutto di progetti che ridurranno le emissioni di CO2 attraverso la produzione di energia da fonti pulite e rinnovabili.
Si sta analizzando un progetto che punta sul carbone pulito a zero emissioni, in modo da riuscire a migliorare l’efficienza energetica degli impianti che producono energia utilizzando carbone, inoltre si svilupperanno tecnologie innovative per la cattura della CO2.
Focus come già annunciato anche sul solare termodinamico grazie al quale viene prodotto, mediante sistemi a concentrazione, calore ad alta temperatura utilizzato poi per la produzione di energia elettrica, per la dissalazione dell’acqua di mare e per la generazione di calore e freddo per usi civili e industriali.
L’Enea è inoltre impegnata nella ricerca sul fotovoltaico per ottimizzare i processi di fabbricazione industriale, per la realizzazione di dispositivi a basso costo per sviluppare impianti fotovoltaici ibridi, utilizzabili per soddisfare sia la domanda di elettricità sia di calore a diversa temperatura.
Una ulteriore ramo della ricerca si sta concentrando sulle biomasse, sul solare termico, sull’efficienza energetica nel settore civile e nel settore industriale.
Si stanno studiando sistemi per la mobilità locale (urbana e metropolitana) sia per il trasporto passeggeri che per la distribuzione delle merci, sperimentando tecnologie per i veicoli innovativi e veicoli ibridi a ridotto consumo e bassissimo impatto ambientale.

fonte: rinnovabili.it

Fotovoltaico, ad ogni modulo il suo micro-inverter

Più moduli solari brillano sul tetto più energia si otterrà: una relazione semplice ma sui cui giocano ruoli importanti anche altri fattori. Uno di questi è l’inverter, per i meno pratici il dispositivo elettronico in grado di convertire la corrente continua proveniente dalle unità fotovoltaiche in corrente alternata, la forma utilizzata in ambito domestico e nella rete di distribuzione. La startup californiana Enphase Energy per aumentare l’efficienza dei suoi sistemi fotovoltaici ha deciso di realizzare dei micro-inverter da agganciare direttamente nel telaio sottostante ciascun modulo, rimpiazzando così un unico dispositivo centralizzato. La scelta di convertitori AC/CC individuali, sostiene l’azienda può ridurre il costo dell’energia solare determinando un aumento dell’efficienza di sistema fino al 25%.
Generalmente gli inverter sono in grado di ottenere la massima potenza disponibile in qualsiasi condizione meteorologica grazie a circuiti di ottimizzazione del rendimento, i cosiddetti MPPT (Maximum Power Point Tracking). Nei sistemi convenzionali i moduli tra loro connessi possono avere prestazioni differenti, anche semplicemente a causa di sporcizia o di accidentale ombreggiamento e in queste condizioni l’MPPT non riesce a svolgere correttamente la sua funzione adeguandosi al modulo con il rendimento peggiore e penalizzando così tutti gli altri. In tal caso si potrebbe ricorre ad un inverter con più circuiti MPPT indipendenti così da frazionare l’impianto, scelta adotta anche da Enphase, ma in questo caso scegliendo di moltiplicare l’inverter stesso.
Il concetto non è una novità, ma, spiega la società, fino ad oggi mancava la conoscenza tecnica per rendere pratici questi dispositivi. “Uno dei maggiori ostacoli alla tecnologia dei micro- inverter in passato è stata l’efficienza di conversione” che ha invece ora raggiunto il 95,5%, alla pari con quella dei grandi inverter tradizionali, che vanno dal 94 al 96%.
Questi micro dispositivi non solo massimizzano la potenza in uscita, ma rendono anche il sistema molto flessibile: riduzione dei tempi di cablaggio, rimozione dei punti di commutazione CC e “se si ha bisogno di maggiore potenza si possono semplicemente collegare più moduli, cosa assolutamente impossibile da fare con un sistema tradizionale se si supera la capacità dell’inverter”.Un ulteriore vantaggio risiede nel fatto che i micro-inverter rendono ogni singolo modulo fonte di alimentazione separata dando dunque al cliente la possibilità di scindere la produzione energetica in parte per le necessità personali ed il resto per l’immissione nella rete nazionale.

fonte: rinnovabili.it

Cina, un anno senza buste di plastica

Non usare le buste di plastica, a favore di carta e stoffa: una goccia nel mare della lotta all’inquinamento, ma non se il Paese a farlo ha le dimensioni della Cina. Qui infatti, a un anno dall’entrata in vigore del divieto di usare la plastica per impacchettare la spesa, il conto del risparmio energetico è davvero positivo: risparmiati 1,6 milioni di tonnellate di petrolio e salvati dall’uso 40 miliardi di sacchetti. Sulle alternative alla plastica, però, è una ricerca canadese a mettere in allarme i consumatori: le buste in stoffa infatti, seppur resistenti ed ecologiche, non sarebbero igieniche e darebbero problemi alla salute. Risultati interessanti, ma di parte: la ricerca è infatti commissionata dalla Canadian Plastic Industry Association, ovvero la lobby delle aziende canadesi produttrici di plastica.

MEDAGLIA CINESE – La cinese Chain Store and Franchise Association ha fatto i conti a quasi un anno dalla legge che ha impedito la produzione di buste in plastica di spessore inferiore ai 0,025 millimetri e soprattutto ha vietato ai negozi la distribuzione gratuita ai clienti di sacchetti. Queste regole, introdotte il 1° giugno scorso, hanno portato alla chiusura della più grande fabbrica statale di plastica del Paese, e hanno convinto la grandi associazioni ambientaliste come Greenpeace della bontà della misura per combattere l’inquinamento bianco. Un anno dopo la legge, il bilancio è positivo: anche se molti negozianti – soprattutto i piccoli venditori – continuano a distribuire buste in plastica eludendo la regola, la Cina avrebbe comunque risparmiato 1,6 milioni di tonnellate di petrolio e rinunciato a 40 miliardi di sacchetti, con un crollo del loro consumo pari ai 2/3 rispetto a un anno fa. Il prossimo passo, sostiene l’associazione promotrice della ricerca, sarà donare gratuitamente borsine di stoffa riutilizzabili a tutti i cittadini.

STOFFA&BATTERI– Ma le sacche di stoffa con cui fare la spesa sarebbero addirittura dannose per la salute. Lo sostiene uno studio pubblicato dalla Canadian Plastic Industry Association, associazione di aziende produttrici, guarda caso, proprio delle buste inquinanti. In quello che è stato definito il primo studio del genere si dice che il 64 per cento delle borse riusabili sia contaminato da una qualche forma di batterio, e circa il 30 per cento tra queste abbia un livello di contaminazione batterica più alto di 500 CFU/ml (il limite massimo consentito per l'acqua potabile). Gli stessi esperti che hanno commentato la ricerca sottolineano che non si tratta di dati particolarmente allarmanti: usare il metro della qualità dell’acqua da bere per una borsa in stoffa, che contiene alimenti di varie origini, non deve allontanarci dall’utilizzarle. Basterà usare le normali regole di igiene casalinga, e lavare attentamente i cibi che vengono direttamente a contatto con la sportina

fonte: corriere.it

Se la Spagna lascia il nucleare per le rinnovabili

Mentre il Governo italiano persevera nel suo disegno nucleare, dove le centrali già ci sono c’è chi pensa di chiudere con l’atomo e rimpiazzarlo completamente con le fonti rinnovabili. Succede in Spagna dove questa settimana la fondazione Ideas, think tank legato al Partito socialista, attualmente al governo, ha presentato un rapporto che contiene una visione del futuro energetico del paese molto chiara e in cui il nucleare non trova posto (vedi allegato). Entro il 2050, spiega il documento, intitolato “Un nuevo modelo energetico para España”, la nazione dovrà essere libera dal nucleare e libera dalla CO2.

La Spagna conta sei centrali funzionanti, che forniscono un quarto dell’elettricità del paese ma - secondo il rapporto presentato dall’ex ministro Jesús Caldera, ora responsabile del programma elettorale del Psoe, e redatto da numerosi esperti tra cui Jeremy Rifkin, Arjun Makhijani, Marcel Coderch e Valeriano Ruiz - la fonte nucleare ha troppi inconvenienti: dai rischi legati alla proliferazione bellica e allo stoccaggio delle scorie, agli enormi investimenti necessari. Le rinnovabili, al contrario, possono essere sviluppate a costi più bassi e sono in grado di creare molti più posti di lavoro: fino a 1 milione e 188 mila al 2050, secondo uno degli scenari dipinti dal report.

La Spagna può e deve di conseguenza arrivare a coprire il 100% del suo fabbisogno con le energie pulite nei prossimi 40 anni: “In uno scenario con un aumento della domanda medio – si legge – le fonti rinnovabili elettriche potrebbero rimpiazzare la produzione nucleare attuale in meno di un decennio”. La strada da seguire sarebbe quella dell’abbandono progressivo delle centrali una volta che hanno sorpassato i 40 anni di vita: si inizierebbe subito da quella di Garoña (già “pensionabile”) e si spegnerebbe l’ultima delle sei nel 2028. Una strada, quella dell’abbandono progressivo dell’atomo, che l’esecutivo Zapatero sembra intenzionato a seguire: anche se all’interno del partito di governo non mancano alcuni nuclearisti convinti, il premier e il ministro dell’industria Miguel Sebastián sono dichiaratamente contrari alla realizzazione di nuovi reattori.

Diversa, come ben sappiamo la situazione nel nostro paese, dove il progetto di far sorgere da zero le nuove centrali procede, spaccando il paese e le istituzioni. Il disegno di legge 1195, approvato la settimana scorsa, che affida al Governo pieni poteri in fatto di autorizzazioni e localizzazione delle centrali, come abbiamo scritto, sta infatti suscitando una vera e propria levata di scudi da parte delle Regioni. Ieri la Conferenza delle Regioni ha chiesto un incontro urgente al Governo perché, come ha dichiarato il presidente Vasco Errani, il provvedimento “nei fatti straccia le competenze delle Regioni, per le quali non è stata prevista nessuna forma di coinvolgimento”.

In una delle molte Regioni che si sono già apertamente rifiutate di ospitare eventuali centrali, il Piemonte, 8.520 citadini hanno consegnato nei giorni scorsi le loro firme per introdurre nella legge regionale di pianificazione energetico-ambientale il principio esplicito dell’ “esclusione della produzione di energia da fonte nucleare”. Anche i Comuni insistono per “un adeguato confronto” sulla questione della localizzazione dei siti nucleari: è questa la richiesta, definita urgente e indispensabile, contenuta nella lettera che il presidente dell’Anci, Sergio Chiamparino, e il coordinatore della Consulta Comuni sedi di servitù nucleari, Fabio Callori, hanno inviato al ministro per lo Sviluppo Economico, Claudio Scajola.

Che il nucleare non sia la strada da seguire per ridurre le emissioni in questi giorni lo ha ribadito il Congresso Usa: è stato infatti bocciato l’emendamento alla legge sul clima che avrebbe permesso alle utility americane di avere sconti sulla quota obbligatoria di energia da generare con le rinnovabili qualora producessero elettricità da nuove centrali atomiche. Henry Waxman, l’autore principale del Climate Bill, nel chiedere la bocciatura dell’emendamento nuclearista ha spiegato che il nucleare non può essere accomunato alle fonti rinnovabili, perché si basa su di una risorsa limitata, l’uranio. La quota obbligatoria, ha sottolineato Waxman, serve invece a promuovere fonti e tecnologie nuove e pulite. Parole che paiono sottointendere lo stesso messaggio del report spagnolo: il nucleare appartiene al passato ed è su altre fonti che bisogna puntare

fonte: qualenergia.it

Test nucleari, no al risarcimento per dodici ex militari francesi

Non ci sarà alcun risarcimento per i dodici ex militari francesi che, tra il 1960 ed il 1996, hanno partecipato ai test atomici del Sahara algerino e in Polinesia, contraendo subito dopo malattie gravi come cancro dei reni, del sangue e della pelle. Lo ha deciso la corte d'appello di Parigi confermando una decisione già presa nel 2006 dalla Commissione di indennizzo delle vittime di infrazione penale (Civi). Scelta definita "scandalosa" dall' Associazione dei veterani dei test atomici che si batte da anni per avere il riconoscimento dei propri diritti. A sua volta l'avvocato delle vittime, Francois Lafforgue, ha parlato di "decisione inammissibile" dopo aver denunciato per mesi la leggerezza con cui l'esercito francese, poche ore dopo il lancio, mandava i suoi soldati nelle zone di tiro vestiti solo in maglietta e lasciava loro fare il bagno nelle acque di Mururoa già all'indomani degli esperimenti. Non sono il diritto al risarcimento e la responsabilità dello stato ad essere state oggi rimesse in causa.

Il legame tra le malattie e l'esposizione alle radiazioni è stato infatti ormai riconosciuto dalla Francia, con molti anni di ritardo rispetto a Gran Bretagna e Stati Uniti anche se solo a marzo scorso è stato stanziato un fondo di 10 milioni di euro per il 2009 destinato ai risarcimenti delle vittime. Tutto questo, dopo 36 anni di test e dopo tanti anni di lotta a lungo inascoltata delle vittime o delle loro famiglie. Solo cinque dei dodici ex soldati le cui domande sono state respinte sono ancora in vita. Se la corte di Parigi ha respinto oggi le loro richieste è perché la maggior parte di queste riguardano fatti anteriori al primo gennaio 1976, data limite fissata dalla legge per il risarcimento delle vittime da parte della Commissione di indennizzo delle vittime di infrazione penale (Civi). Per uno dei dodici casi in particolare, che riguarda l'esposizione ai test atomici del 1983-84 in Polinesia, la corte ha ritenuto invece che l'ex militare avrebbe dovuto rivolgersi piuttosto al Tribunale delle pensioni militari e non al Civi.

Eppure l'assenso del Civi è necessario per poter accedere al Fondo di garanzia destinato a decine di migliaia di vittime. Il totale dei risarcimenti per i dodici casi dovrebbe ammontare, secondo gli avvocati, a 5-6 milioni di euro. Il problema dei risarcimenti riguarda in Francia diverse centinaia di persone, tra ex militari, civili e popolazione locale. Dopo il primo lancio nel Sahara, nel febbraio del 1960, la Francia ne compì altri 17 nel deserto africano fino al 1966, prima di scegliere il Pacifico come nuova zona di tiro. Per trent'anni nuovi ordigni atomici sono stati sganciati al largo degli atolli di Mururoa e Fangataufa, 1.200 km a sud-est di Tahiti. Nel Pacifico sono stati 193 i test, per un totale di 210.

fonte: lanuovaecologia.it

Il mondo consuma meno elettricità È la prima volta nel dopoguerra

Per la prima volta dal dopoguerra i consumi energetici globali sono in netta flessione: il 2009 si chiuderà a quota meno 3,5 per cento. Un segnale negativo dal punto di vista economico ma anche preoccupante dal punto di vista ambientale. Il rapporto dell'International Energy Agency, distribuito al G8 energia aperto ieri a Roma, precisa infatti che nell'immediato la crisi ha portato a una riduzione del carico inquinante (6 per cento in meno di emissioni di anidride carbonica nel 2008 e una quota analoga nel 2009), ma nel lungo periodo i gas serra aumenteranno: "I bassi prezzi dei combustibili fossili e le difficoltà finanziarie possono portare a una riduzione degli investimenti nelle tecnologie pulite, aumentando il bisogno di centrali alimentate con i fossili".

Nel 2009, aggiunge l'Iea, in assenza di interventi correttivi da parte dei governi si potrebbe registrare una caduta del 38 per cento degli investimenti nelle fonti rinnovabili, interrompendo un trend di crescita molto incoraggiante (più 85 per cento nel 2007). E' per questo che i ministri dei 23 paesi che hanno partecipato ai lavori del G8 di Roma e che rappresentano più dell'80 per cento del mercato globale dell'energia si sono dati tre obiettivi. Primo: definire strategie condivise per affrontare il cambiamento climatico globale che non può superare la soglia dei 2 gradi senza conseguenze catastrofiche. Secondo: promuovere gli investimenti per la sicurezza energetica e lo sviluppo sostenibile. Terzo: dare energia al miliardo e 600 milioni di persone che non hanno accesso alla rete elettrica.

I primi atti concreti sono stati la firma da parte di 13 paesi dell'accordo internazionale sull'efficienza energetica, l'intesa tra l'Enel e l'ente elettrico statale egiziano per rilanciare le fonti rinnovabili, un accordo italo giapponese per la promozione del nucleare. "Si tratta di creare una sinergia positiva tra i governi, che devono dare le regole, e le imprese, che devono mettere a disposizione i capitali", ha detto il ministro dello Sviluppo economico Claudio Scajola. "Perciò per la prima volta nel corso di una riunione dei ministri dell'Economia è stato organizzato un incontro tra governi e imprese".

Non è detto infatti che il prezzo del barile del greggio si fermi tra i 60 e i 70 dollari, quella che il presidente dell'Eni Roberto Poli ha definito la "fascia magica" che stimola l'innovazione senza deprimere il mercato. E in presenza di sbalzi continui e violenti, come ha sottolineato l'amministratore delegato di Sorgenia Massimo Orlandi, "serve un quadro stabile di regole e incentivi che consenta alle imprese di fare gli investimenti necessari a garantire la sicurezza energetica e quella climatica". Spingere sull'innovazione e sull'energia pulita, ha aggiunto l'amministratore delegato del Gse Nando Pasquali, avrebbe ricadute positive anche sul piano occupazionale: "Le fonti rinnovabili hanno creato 2,3 milioni di posti di lavoro negli ultimi 5 anni e in Italia potranno dare nei prossimi anni 60-70 mila posti di lavoro".

fonte: repubblica.it

Uccelli virtuosi del canto? Dipende tutto dal clima

ALCUNI emettono solo pochi suoni, un po' monotoni. Altri invece sono dei virtuosi, dal canto talmente elaborato da riuscire ad incantare - e sorprendere - un pubblico particolarmente esigente. In questo caso, quello degli scienziati, che, analizzando gorgheggi e richiami degli uccelli canori sono giunti ad una inedita conclusione: il segreto della particolare abilità "melodica" di certi esemplari è legato al clima. Più questo è incerto ed imprevedibile, più gli uccelli sviluppano una capacità particolare di variare e modulare il loro canto.

Per i ricercatori, è questione di sopravvivenza. Se gli uccelli si trovano ad affrontare inverni duri, climi particolarmente asciutti o con variazioni imprevedibili, diventa più difficile per loro cavarsela e riuscire a riprodursi. Il cibo rischia di scarseggiare da un momento all'altro, e l'ambiente può diventare improvvisamente ostile. Studiando una specie particolare, il mockingbird, (mimo poliglotto), ricercatori americani hanno osservato che proprio gli esemplari che vivono in ambienti estremi tendono a cantare in modo più variato ed elaborato. "Un collegamento sorprendente", secondo il dottor Carlos Botero del National Environmental Synthesis Center, uno degli autori dello studio pubblicato su Current Biology, "che indica che il clima rivela molto del luogo in cui gli animali vivono ma anche della loro personalità e qualità".

Il canto è uno strumento di seduzione per gli uccelli, che lo utilizzano per attirare le femmine e respingere i rivali in amore. Allo stesso tempo è un codice che rivela moltissime informazioni su chi lo emette. Gli uccelli, infatti, imparano a cantare, e i risultati che raggiungono in questa abilità sono indicativi delle loro capacità mentali. In ambienti dal clima particolarmente incerto, comunicare con note melodiose e sofisticate non è solo un vezzo per gli uccelli, ma diventa un'abilità critica, perché le femmine si fanno altamente selettive nella ricerca di un compagno. E chi canta meglio, rivela di essere più adatto a sopravvivere in un ambiente difficile, mostrando la propria intelligenza ed inventiva. E quindi risulta più appetibile.

Gli studiosi - hanno partecipato alla ricerca anche il Cornell Lab of Ornithology e la McGill University - hanno analizzato il canto del mockingbird in ambienti molto diversi, dal deserto alla giungla. Le registrazioni di fischi, gorgheggi, trilli e pigolii sono state studiate e convertite via computer in sonogrammi, che permettono ai ricercatori di "vedere" il suono. Dati successivamente confrontati con database di informazioni climatiche, con precipitazioni atmosferiche e temperature relative alle diverse località. L'analisi dei dati ha lasciato pochi dubbi: gli uccelli che vivevano nelle zone più difficili e variabili climaticamente, sono risultati nettamente più abili nel canto.

La cosa ci interessa da vicino, perché qualcosa di simile accade anche per l'uomo. Si ipotizza da tempo, ricorda Botero, che alcune manifestazioni umane, come il linguaggio, la musica l'arte e la letteratura, si siano evolute come segnali di intelligenza nel processo di selezione sessuale. E i nostri dati, sottolinea lo studioso, "indicano che un processo simile si verifica negli uccelli canori". Per gli scienziati è un'opportunità in più per comprendere quali sono le forze che agiscono favorendo l'evoluzione di tratti così importanti anche per l'uomo.

fonte: repubblica.it

Dal Ponte sullo Stretto al Mose Bloccate le nomine dei 16 commissari

La lista dei sedici nomi era pronta. Qualche al­to papavero ministeriale, qualche superburocrate, qual­che tecnico. Pronti per avere il bollo del governo: commis­sari alle grandi opere pubbli­che. Uno per ognuna delle in­frastrutture strategiche per il Paese. Impacchettata per il via libera del Consiglio dei ministri della scorsa settima­na, all’ultimo momento è sta­ta rimessa nel cassetto. Tutto rimandato. A quando? Appe­na possibile. Ma a questo punto, settimana più, setti­mana meno… Da quando il governo ha varato il decreto anticrisi con le misure urgenti (urgenti!) per far ripartire l’economia, fra cui figura proprio (artico­lo 20) l’istituzione dei com­missari per mettere il turbo al­le opere infrastrutturali che procedono a passo di lumaca, sono passati sei mesi. Quat­tro, invece, da quando il Parla­mento ha convertito definiti­vamente in legge il provvedi­mento. Ma dei famosi com­missari nemmeno l’ombra. Si dirà che per i tempi italiani, dove le decisioni si prendono al ritmo delle ere geologiche, quattro o sei mesi non sono niente. Peccato soltanto che gli effetti della crisi non aspet­tino i comodi della nostra bu­rocrazia.

Negli ambienti della mag­gioranza, dove i commissari vengono ovviamente difesi a spada tratta, si rigetta la tesi che tutto si sia bloccato a cau­sa di contrasti politici o scon­tri fra poteri. I continui rinvii avrebbero a che fare piutto­sto con altre questioni. Prima è sorto il problema di defini­re con esattezza le risorse a di­sposizione per il nuovo piano di infrastrutture: a un certo punto era stata ventilata l’eventualità di dirottare lì una parte dei soldi non utiliz­zati per gli ammortizzatori so­ciali. Poi c’è stato il terremoto dell’Abruzzo, che ha oggetti­vamente complicato tutto. Con la conseguenza di rende­re più difficile la decisione sulle opere da accelerare. Qua­li affidare ai commissari? Il Ponte sullo Stretto di Messi­na? La Salerno-Reggio Cala­bria? Oppure il Mose? O ma­gari la fantomatica autostra­da Livorno-Civitavecchia, che sta tanto a cuore al mini­stro delle Infrastrutture Alte­ro Matteoli, sindaco di Orbe­tello? Inutile dire che anche qui c’è stato un bel tira e mol­la.

Non che non ci siano an­che altri problemini. Vero è che i nuovi commissari si so­no visti accrescere i poteri ri­spetto ai loro precedessori. Per esempio, potranno agire in deroga ad alcune norme vi­genti, in caso di necessità. Ma anche intervenire quando ci si trovi di fronte a ritardi in­giustificati. E perfino propor­re la revoca dei finanziamen­ti. Senza però avere in mano i cordoni della borsa, che resta­no saldamente in pugno alle cosiddette «stazioni appaltan­ti »: le Ferrovie, l’Anas… Un meccanismo che rischia di mettere oggettivamente i commissari in contrasto con i vertici di quelle «stazioni ap­paltanti ». Ecco perché Ange­lo Cicolani, ex direttore gene­rale dell’Astaldi, parlamenta­re del Pdl considerato fra i massimi esperti di questo set­tore, aveva suggerito di nomi­nare commissari proprio lo­ro. Soluzione ora sempre pos­sibile, ma non esplicitamente prevista.

Esiste poi una pattuglia di burocrati frenatori che, in centro e in periferia, ha sem­pre considerato i commissari un’inutile iattura, buona sol­tanto a pestare i piedi ai prov­veditori alle opere pubbliche. Insomma, non manca nem­meno chi, sotto sotto, non ha mai smesso di remare contro. C’è da dire che i precedenti non sono esaltanti. I commis­sari alle grandi opere sono un’invenzione del primo go­verno di Romano Prodi, mini­stro l’ex sindaco di Venezia Paolo Costa. Senza grandi ri­sultati. Non migliore fu l’espe­rienza dei commissari nomi­nati nel 2003 dal secondo go­verno di Silvio Berlusconi, che con la legge obiettivo con­tava di rinverdire (parole del­l’ex ministro delle Infrastrut­ture Pietro Lunardi) i fasti del Colosseo e delle Piramidi. «Avevano poteri limitati. E so­no serviti concretamente in poche occasioni», ricorda og­gi uno di loro: Aurelio Misiti, ex presidente del consiglio su­periore dei Lavori pubblici, assessore della Regione Cala­bria, attualmente parlamenta­re dell’Italia dei Valori. Allora i commissari si dividevano cinque macroaree. A Misiti toccò il Sud e la Sicilia. Ma do­po qualche tempo si dimise in polemica con il governo avendo preso atto che, nono­stante quanto era scritto nel piano delle grandi opere, non c’era alcuna intenzione di rea­lizzare l’alta velocità ferrovia­ria fra Salerno e Palermo. Il secondo governo di Ro­mano Prodi, estremamente diffidente nei confronti del piano infrastrutturale berlu­sconiano e diviso al proprio interno, dove i Verdi esercita­vano un notevole potere di condizionamento, ereditò con il massimo scetticismo quei commissari. E alla sca­denza degli incarichi non li rinnovò: da allora sono passa­ti più di due anni.

fonte: corriere.it

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Passatempo Preistorico

Moonstone Madness

Pronti a partire, pronti per distruggere tutto? Bene, allora fate un salto indietro nell'era preistorica e immergetevi in questa nuova avventura dal gusto tribale. A bordo del vostro cinghiale dovrete raccogliere le gemme preziose necessarie per passare alle missioni successive, saltando gli ostacoli se non volete perdere il vostro bottino e distruggendo i totem a testate per conquistare altre gemme utili. Inoltre, una magica piuma vi catapulterà verso il cielo dove punti e gemme preziose sono presenti in gran quantità, per cui approfittatene! cercate di completare la missione entro il tempo limite, utilizzando le FRECCE direzionali per muovervi, abbassarvi e saltare, e la SPACEBAR per prendere a testate i totem.

Change.org|Start Petition

Blog Action Day 2009

24 October 2009 INTERNATIONAL DAY OF CLIMATE ACTION

Parco Sempione - Ecopass 2008

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