A Bari è stata presentata anche la radiografia del consumo di acqua degli italiani sintetizzata nel Blue Book. Nel 2008 il record delle tariffe più alte è toccato ad Agrigento, dove per un'utenza standard di 200 mila litri di acqua si sono sborsati 440 euro in un anno. Seguono Arezzo con 410 euro l'anno e Pesaro e Urbino con 409 euro. All'estremo opposto della classifica troviamo invece Milano (103 euro l'anno), seguita da Treviso e Isernia (rispettivamente a quota 108 e 109 euro). In media si paga 1,29 euro a metro cubo, con oscillazioni che vanno da 1,73 euro in Toscana a 0,92 euro in Lombardia.
Dall'analisi di Federutility risulta che le bollette dell'acqua degli italiani rappresentano una quota modesta della spesa domestica: 20 euro al mese per una famiglia di tre persone, rispetto ai 486 euro investititi in trasporti, ai 131 euro in combustibili, ai 131 euro alla voce "tempo libero e cultura", ai 26 euro per le sigarette.
Poco anche rispetto agli altri paesi. A Roma, ad esempio, una famiglia di tre persone paga 177 euro per 200 metri cubi di acqua. Nel panel di metropoli che vengono confrontate si spende meno solo a Buenos Aires (37 euro l'anno), Hong Kong (102 euro l'anno) e Miami (169 euro l'anno). Più care Berlino (968 euro l'anno), Zurigo, Parigi, Bruxelles, Helsinki.
Non tutti però sono d'accordo con l'idea di un servizio idrico che richiede più fondi e maggiore spazio per il capitale privato. I comitati contrari alla privatizzazione hanno contestato la riunione di Bari perché "promuove una logica di privatizzazione dei servizi pubblici e dell'acqua, il bene pubblico per eccellenza, in continuità con la politica che ha animato il Forum Mondiale sull'acqua di Istanbul, secondo il quale l'acqua deve essere considerata un bisogno - e, dunque, un bene economico commercializzabile da cui trarre profitto - e non un diritto umano inalienabile".
Resta il fatto che, come ha scritto l'economista Antonio Massurutto, "l'acqua è un dono di Dio, tuttavia Dio ha donato l'acqua, ma non i tubi e i depuratori: a quelli dobbiamo pensarci da soli". E dobbiamo pensarci presto. In base alla direttiva europea del 2000, dovremo affrontare a rapidi passi il percorso verso il disinquinamento totale del ciclo dell'acqua. Entro il 2015 i fiumi all'atrazina e i laghi eutrifizzati dagli scarichi agricoli e urbani dovranno essere un ricordo. Entro il 2020 i corsi d'acqua dovranno addirittura tornare allo "stato di natura".
"Per raggiungere questi obiettivi non si può improvvisare: è necessario programmare gli investimenti sapendo che il ritorno sarà a lunga scadenza: ci vuole capacità di gestione, efficienza e una normativa sufficientemente stabile", osserva Renato Drusiani, responsabile ambiente e acqua di Federutility.
fonte: repubblica.it
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