LA CATENA - L’innalzamento della temperatura determinato dalle emissioni di CO2 ha ricadute allarmanti sull’ecosistema e sulla vita dell’uomo. Nel 2003, ad esempio, nel Nord Europa 30 mila persone sono morte a causa dell’ondata di caldo. Una dato che sembra eccessivamente allarmistico e al limite del catastrofismo ma che i ricercatori di Londra spiegano in modo semplice: la calura mette a rischio il sistema cardiovascolare e respiratorio e i dati confermano che, in modo particolare nelle aree meno abituate all’eccessiva irradiazione, le difese dell’organismo non reggono. Così i decessi, proprio nei periodi di maggiore e più pesante insolazione, aumentano. Il surricaldamento determina una catena di effetti a vari livello: stress, collassi, incidenti.
INONDAZIONI E CIBO – L’instabilità è la causa di inondazioni e uragani o all’opposto di siccità. Ne soffrono l’agricoltura e i raccolti. Il 17 per cento della colture di soia, di riso e di cereali va in fumo per ogni grado in più delle temperature. Già oggi, stimano gli studiosi, dieci milioni di bambini muoiono ogni anno a causa della pessima o insufficiente nutrizione. Le riserve d’acqua potabile si esauriscono (250 milioni di africani sono a rischio entro il 2020, ma il prosciugamento riguarda anche le grandi città del Centro America e persino dell’Europa, a cominciare dalla Catalogna). I numeri sono perciò destinati a modificarsi in maniera drammatica: la metà della popolazione mondiale, entro la fine del secolo, potrebbe essere costretta a fronteggiare «severe carenze di cibo» e gravi problemi di salute. Non solo per il collasso idrico-alimentare nelle zone già povere, ma anche per la progressiva diffusione di virus e di malattie (malaria, salmonella, infezioni intestinali). È un processo naturale, quello delle migrazioni, che, anche a causa dei cambiamenti climatici, si intensificherà. E se non saranno adottate misure sanitarie efficaci provocherà nuove epidemie.
LE SPECIE – Il caldo sta alterando l’ecosistema. Negli ultimi 30 anni il 25 per cento dei vertebrati che vivono sulla terra è stato cancellato. E così pure il 28 per cento delle specie marine. L’estinzione è un pericolo per numerosi animali. E’ un’altra minaccia alla catena alimentare.
NO AGLI ALLARMISMI – Il quadro della situazione è pessimo, ma lo scandalismo e il catastrofismo non servono. È vero che l’uomo sta esaurendo le sue capacità di adattamento alle nuove condizioni, ma non serve cadere nella disperazione. Gli scienziati dell’University College di Londra ritengono che vi siano i margini «per riparare» il disastro ambientale. E la prima sfida da vincere è quella della consapevolezza: dai governi ai semplici cittadini, nei Paesi sviluppati e nei Paesi poveri, tutti devono essere responsabilmente coinvolti in una campagna per la limitazione delle emissioni di CO2 e dunque per la difesa della salute. «È la sfida del ventunesimo secolo».
fonte: corriere.it
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