mercoledì 20 maggio 2009

La batteria ad aria che vive 10 volte di più

Batterie ricaricabili nutrite di aria, che promettono di far da base alle auto elettriche del futuro, quelle che ancora non possiamo neppure immaginare, ma anche che potranno dare energia a lungo ai laptop e ai telefoni cellulari, sempre più bisognosi di carica per vedere video, navigare, fare foto. Sono queste tipologie di batterie quelle studiate in Gran Bretagna, all’Università di St Andrews, e finanziate dall’agenzia britannica Engineering and Physical Sciences Research Council (EPSRC): è loro il primato di durata, che sarà di 10 volte di più rispetto alle batterie oggi in commercio. Il progetto è ora a metà del suo percorso, dopo 4 anni di sperimentazioni, e si concluderà nell’estate del 2011.

CELLE AD ARIA – La cella chiamata STAIR (St Andrews Air) messa a punto dai ricercatori inglesi, che sta alla base della nuova batteria, funziona ricaricandosi grazie a un nuovo componente costituito da un elettrodo di carbone poroso utilizzato al posto del litio usato fino a oggi, materiale oltretutto molto più costoso. Il carbone poroso contenuto nella cella STAIR «ruba» l’ossigeno catturandolo dall’aria intorno a sé, e continuando a «cibarsi» di energia anche quando il vento non soffia, o il sole non splende più. Per questo motivo tale cella è una bella speranza anche nel settore delle energie rinnovabili: intanto elimina completamente i componenti chimici – riuscendo oltretutto ad accumulare più energia anche con pile della stessa dimensione – e poi supera i problemi legati alle singole energie alternative, come la mancanza di vento o di energia solare per ricaricarsi. Tali energie infatti soffrono del problema dell’intermittenza, giacché a fenomeno assente il pannello non si ricarica più.

POTENZA DEL CARBONE – Diverso è l’uso di un sistema che crea energia semplicemente a contatto con l’aria. Grazie all’interazione tra il carbone poroso e l’ossigeno si crea un ciclo di carica, ma anche di scaricamento delle batterie, che può essere ripetuto infinite volte. Ora non resta che attendere la fine delle sperimentazioni e, a seguire, le prime applicazioni, che i ricercatori stessi prevedono non prima di 5 anni per la cella STAIR.

fonte: corriere.it

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