lunedì 25 maggio 2009

Cina, un anno senza buste di plastica

Non usare le buste di plastica, a favore di carta e stoffa: una goccia nel mare della lotta all’inquinamento, ma non se il Paese a farlo ha le dimensioni della Cina. Qui infatti, a un anno dall’entrata in vigore del divieto di usare la plastica per impacchettare la spesa, il conto del risparmio energetico è davvero positivo: risparmiati 1,6 milioni di tonnellate di petrolio e salvati dall’uso 40 miliardi di sacchetti. Sulle alternative alla plastica, però, è una ricerca canadese a mettere in allarme i consumatori: le buste in stoffa infatti, seppur resistenti ed ecologiche, non sarebbero igieniche e darebbero problemi alla salute. Risultati interessanti, ma di parte: la ricerca è infatti commissionata dalla Canadian Plastic Industry Association, ovvero la lobby delle aziende canadesi produttrici di plastica.

MEDAGLIA CINESE – La cinese Chain Store and Franchise Association ha fatto i conti a quasi un anno dalla legge che ha impedito la produzione di buste in plastica di spessore inferiore ai 0,025 millimetri e soprattutto ha vietato ai negozi la distribuzione gratuita ai clienti di sacchetti. Queste regole, introdotte il 1° giugno scorso, hanno portato alla chiusura della più grande fabbrica statale di plastica del Paese, e hanno convinto la grandi associazioni ambientaliste come Greenpeace della bontà della misura per combattere l’inquinamento bianco. Un anno dopo la legge, il bilancio è positivo: anche se molti negozianti – soprattutto i piccoli venditori – continuano a distribuire buste in plastica eludendo la regola, la Cina avrebbe comunque risparmiato 1,6 milioni di tonnellate di petrolio e rinunciato a 40 miliardi di sacchetti, con un crollo del loro consumo pari ai 2/3 rispetto a un anno fa. Il prossimo passo, sostiene l’associazione promotrice della ricerca, sarà donare gratuitamente borsine di stoffa riutilizzabili a tutti i cittadini.

STOFFA&BATTERI– Ma le sacche di stoffa con cui fare la spesa sarebbero addirittura dannose per la salute. Lo sostiene uno studio pubblicato dalla Canadian Plastic Industry Association, associazione di aziende produttrici, guarda caso, proprio delle buste inquinanti. In quello che è stato definito il primo studio del genere si dice che il 64 per cento delle borse riusabili sia contaminato da una qualche forma di batterio, e circa il 30 per cento tra queste abbia un livello di contaminazione batterica più alto di 500 CFU/ml (il limite massimo consentito per l'acqua potabile). Gli stessi esperti che hanno commentato la ricerca sottolineano che non si tratta di dati particolarmente allarmanti: usare il metro della qualità dell’acqua da bere per una borsa in stoffa, che contiene alimenti di varie origini, non deve allontanarci dall’utilizzarle. Basterà usare le normali regole di igiene casalinga, e lavare attentamente i cibi che vengono direttamente a contatto con la sportina

fonte: corriere.it

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