venerdì 29 agosto 2008

Le città perdute dell'Amazzonia

UNA RETE di piccole cittadine, protette da mura e sviluppate attorno a una piazza centrale. Centri urbani evoluti, oggi completamente nascosti dalla foresta tropicale amazzonica, che ben prima dell'arrivo dei colonizzatori europei erano abitati da società precolombiane. E' una rete sociale complessa e ben strutturata quella rivelata da un'équipe di antropologi americani e brasiliani nel bel mezzo della natura "vergine".

Sull'ultimo numero di Science gli scienziati guidati dal professor Michael Heckenberger dell'Università della Florida, insieme a colleghi brasiliani e ad un membro della comunità indigena Kuikuro del Mato Grosso, descrivono in dettaglio la regione dello Xingu superiore, nell'Amazzonia brasiliana occidentale.

Grazie a diverse tecniche archeologiche, testimonianze della popolazione locale incrociate con rilevamenti Gps e immagini satellitari, la fotografia che emerge di quest'area immersa nella foresta è quella di una galassia di piccole città e villaggi altamente popolati, collegati fra loro da strade, sviluppati attorno a centri comunitari riservati alla celebrazione di rituali pubblici.

Un'immagine nettamente in contrasto con l'idea prevalente fra gli studiosi nel secolo scorso, in base alla quale le dure condizioni ambientali della zona, in particolare l'aridità del suolo e la mancanza di fonti proteiche per il sostentamento, non potevano che precludere lo sviluppo di società allargate e di livello avanzato, ricorda Charles C. Mann in un articolo di commento alla ricerca.

"Se si guarda alla tipica città medievale o alla polis greca, la maggior parte hanno le stesse dimensioni degli insediamenti in questa parte dell'Amazzonia. Che però risultano più complessi da un punto di vista della pianificazione" spiega Mike Heckenberger, primo autore dello studio.

Negli ultimi anni si sono accumulate prove che descrivono una regione abitata da comunità organizzate a livello regionale, in grado di superare gli ostacoli di una natura proibitiva e di plasmare l'ambiente in base alle loro necessità. Un vero "crocevia culturale" tra le società dell'Amazzonia orientale e le Ande, secondo Susanna Hecht, geografa dell'università della California a Los Angeles.

Il massimo sviluppo di queste concentrazioni urbane si ebbe tra il tredicesimo ed il sedicesimo secolo, quando i colonizzatori europei e le malattie da loro portate decimarono la popolazione, riducendola di almeno due terzi. La natura allora riprese il sopravvento e la foresta oscurò gli insediamenti, salvaguardandone però le tracce nascoste oggi riaffiorate.

Centri non certo paragonabili a metropoli come l'antica Atene, ma "piuttosto alle altre migliaia di polis che esistevano nell'antica Grecia" sottolinea Heckenberger. Qualcosa che ricorda da vicino quelle "città-giardino" descritte da Howard all'inizio del '900, pianificate in modo da promuovere la sostenibilità della crescita urbana, ma adattate in questo caso all'ambiente della foresta. Un modello che potrebbe tornare utile anche oggi per il futuro della regione, in alternativa alle grandi città dominanti in aree tropicali e più vicino all'idea di uno sviluppo sostenibile

fonte: repubblica.it

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