Tranquilli e andiamo avanti. Lo studio commissionato in Inghilterra a un gruppo di ricercatori della London School of Hygiene & Tropical Medicine da parte della Food Standards Agency (FSA), che ha sollevato un grosso polverone nei giorni scorsi, è poco più di un esercizio intellettuale. Pur non essendo uno scienziato, ma essendo in possesso di elementi di base per cercare di capirne qualcosa, mi sono preso la briga di sfogliare le oltre cento pagine della ricerca "Comparison of composition of organically and conventionally produced foodstuffs" (Raffronto della composizione dei cibi biologici e convenzionali) e gli allegati riassunti.
Ho scoperto, innanzitutto, che la ricerca non contiene, per sua stessa definizione, alcunché di originale e di nuovo, non essendo altro che una rassegna degli studi esistenti sull'argomento, alcuni di questi commissionati da centri di ricerca i cui finanziatori hanno interessi forti nel settore dell'industria alimentare. In secondo luogo, la rassegna è orientata in modo prioritario sugli aspetti nutrizionali dei cibi: descrive gli elementi, le sostanze che li compongono. Insomma ci dice - con candore britannico - che una mela è una mela e infatti contiene questo e quest'altro, e una melanzana è una melanzana e infatti contiene elementi diversi da quelli della mela; che il latte è il latte. Aggiunge che, sotto questo profilo (le sostanze nutrienti), non c'è differenza particolare tra una mela biologica e una mela convenzionale, tra una melanzana biologica e una melanzana convenzionale. Ci trovate qualcosa di grave nel fatto che sia la mela biologica sia la mela convenzionale, di solito, non ingrassano?
Lo studio è talmente "asettico" - e qui casca ogni preoccupazione di un "attacco" al biologico, come non pochi l'hanno interpretato (abbiamo la coda di paglia?) - che finisce per essere una specie di difesa dei pesticidi, in quanto ricorda - ma non è proprio una novità - cosa dicono le leggi internazionali sui residui di pesticidi negli alimenti per evitare danni alla salute del consumatore, senza entrare nello specifico. Insomma, dà per scontato che i pesticidi, ben dosati, non fanno male: capite?
Come ha colto bene Carlo Petrini di Slow Food, lo studio dimentica una fondamentale e discriminante banalità: non ci dice, fermi restando gli elementi nutrizionali, quale sia il cibo più o meno innocuo alla nostra salute, se quello biologico o quello convenzionale. Non ci sono dubbi al riguardo: il vero cibo biologico offre garanzie che il cibo convenzionale non può offrire e non offre al consumatore. Lo sanno anche i sassi. Lo sanno all'Unione Europea, che non a caso ha deciso di investire risorse importanti per il biologico.
C'è un ultimo aspetto: le cattive interpretazioni dello studio londinese. Alcuni giornali, per enfatizzare la notizia, sono andati oltre, ci hanno marciato per fare cassetta. Asetticamente, i compilatori della rassegna scientifica infatti concludono affermando che alcuni studi presi in esame asseriscono sicuramente che il cibo biologico è più sano del cibo convenzionale e preannunciano di tenere monitorato il settore con nuove rassegne per il prossimo futuro. Tutto qui. Chi preferirebbe - come ha ricordato qui Federico Bertazzo giovedì scorso - un cibo biologico imbottito di vitamine e altri ingredienti per essere più nutriente? Nessuno. Perché non sarebbe più biologico.
Il finalino potrebbe essere: cari signori della FSA, permettete a chi crede ancora a madre natura di mettersi umilmente al suo servizio nella convinzione che ciò sia positivo per tutti. O no?
fonte: greenplanet.net
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lunedì 3 agosto 2009
Da Londra nulla di più di un gran polverone
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