Il prima parte dell'iniziativa è stata già avviata. L'APRE-E ha bandito una "call" (la richiesta di presentare progetti) per 150 milioni di dollari. L'intenzione è di finanziare circa 70 progetti di ricerca (con una media di 2,5 milioni di dollari a progetto). I risultati di questa "call" sono significativi per almeno tre ragioni.
La prima è che hanno risposto in moltissimi: sono state presentate, infatti, 3.500 domande. Significa che la comunità scientifica americana ha voglia di cimentarsi sul tema. Ma quale comunità scientifica: beh, a sorpresa ma non troppo, la domande sono state presentate da ricercatori che solo per il 13% lavorano nell'industria.
L'87% delle domande sono state proposte da ricercatori pubblici: il 47% da ricercatori che lavorano nelle università, il 21% da ricercatori che lavorano nel laboratori nazionali, il 19% da ricercatori che lavorano per una qualche agenzia di governo.
La seconda ragione che rende significativi i risultati è che al DOE non si aspettavano tanto entusiasmo. Insomma, sono risultati impreparati a gestire la fase di valutazione per un numero così grande di domande. Per questo hanno chiesto un surplus di tempo per rispondere. Tuttavia Chu assicura che il lavoro di valutazione sarà serio e rigoroso e che i 70 premiati saranno scelti sulla base del merito. C'è da crederci: non solo perché la persona è degna di fede, ma perché negli Usa c'è una grande tradizione nella valutazione della ricerca, ex-post (i risultati della ricerca) ma anche ex-ante (la fondatezza dei progetti).
La terza ragione, infine, è nella tipologia dei progetti. Ciascuno poteva scegliere il settore che più gli aggrada, quello per cui vede migliori prospettive, quello per cui vanta le migliori competenze. Ebbene, il 18% delle domande ha riguardato lo sviluppo di nuove idee sull'energia solare; il 15% sui biocarburanti; il 14% sull'efficienza energetica; l'11% sui trasporti.
È in questi settori, evidentemente, che la comunità scientifica americana "crede" di più. Solo il 2% ha presentato progetti di ricerca nel campo del nucleare. Evidentemente gli scienziati americani credono che questo settore possa dare contributi minori al cambiamento del paradigma energetico. Minori persino del miglioramento nell'uso del carbone, che ha avuto il 5% delle preferenze.
fonte: qualenergia.it
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