E' questo che ha cercato di fare la ricercatrice Melanie Harsch del Bio-Protection Research Centre della Lincoln University, in Nuova Zelanda, che con il suo team ha analizzato 166 località del pianeta per capire cosa provoca gli spostamenti delle "treelines", ovvero i limiti di vegetazione arborea. In tutti i siti prescelti, questi spostamenti vengono monitorati costantemente dal 1900, quindi lo studio ha potuto prendere in esame e confrontare oltre un secolo di dati.
La ricerca ha tenuto conto di innumerevoli fattori climatici e non, dal caldo all'umidità, dal livello di piovosità alla conformazione geologica e geografica del territorio. "Da secoli sappiamo che via via che fa più caldo il limite degli alberi si alza di quota. Per capire cosa spinge i limiti di vegetazione a spostarsi non basta schematizzare tutto nel binomio caldo/freddo - spiega il climatologo Luca Mercalli, presidente della Società Meteorologica Italiana - poiché si tratta di meccanismi influenzati da un'infinità di fattori".
Dire ad esempio che gli alberi sopravvivono più facilmente a temperature calde, continua Mercalli, "è sbagliato: il melo se non ha abbastanza freddo d'inverno, non fruttifica. Per questa pianta l'inverno troppo mite può quindi essere un problema. Il legame tra aumento delle temperature e avanzamento della vegetazione è un dato di fatto, ma i fattori di controllo sono moltissimi, comprensibili fino in fondo solo agli addetti ai lavori".
Le parole di Mercalli trovano conferma nei dati raccolti dalla Harsch: il suo studio, pubblicato su Ecology Letters, ha riscontrato infatti uno spostamento progressivo della vegetazione arborea dalla costa occidentale americana verso Siberia del nord e sud-est asiatico, ma in modo tutt'altro che uniforme. In alcune località gli alberi sono avanzati verso nord, mentre in altre non è stato registrato alcuno spostamento.
I ricercatori hanno anche notato che la temperatura dell'aria negli ultimi 100 anni è aumentata in 111 siti su 166 (0,13 gradi in più ogni decennio) e che il riscaldamento estivo si è verificato in 117 siti (0,0189 gradi in più ogni decennio), ed è stato più frequente di quello invernale, registrato in 77 località (0,0199 gradi in più ogni anno). I limiti di vegetazione sono avanzati verso habitat finora ritenuti inospitali in ben 87 località, mentre sono in tutto 77 i luoghi in cui la vegetazione non si è mossa e due quelli in cui ha finito con l'occupare un ambito ancora più ristretto del proprio territorio, recedendo. "Ci aspettavamo che l'elemento trainante fosse l'aumento delle temperature estive - spiega Harsch - e invece sono le variazioni di quelle invernali a scatenare tutto".
"Una soglia termica minima invernale - conclude Mercalli - può semplicemente uccidere la pianta e quindi impedirle di svilupparsi. Un inverno più mite, indipendentemente dall'estate, elimina il fattore limitante e la specie può salire di quota. La cautela interpretativa sta però nel fatto che tutto ciò dipende dalla specie vegetale e dal tipo di ambiente. E' chiaro che per far crescere gli olivi sulle Alpi, oltre a un'estate sufficientemente mite, dovrò eliminare tutti i minimi invernali minori di circa -10 C, temperatura critica dell'olivo, sotto la quale la pianta muore".
fonte: repubblica.it
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