giovedì 27 agosto 2009

Silvestrini (Kyoto Club): «L'Italia non andrà fino in fondo sul nucleare. Farà la fine del Ponte»

«Non credo proprio che l'Italia andrà fino in fondo sul nucleare, come del resto è già successo per il Ponte sullo Stretto». Gianni Silvestrini, direttore del Kyoto Club, risponde così a greenreport alla luce delle nuove dichiarazioni del ministro Scajola e alle parole dell'Ad di Enel Fulvio Conti pubblicate dal Sole24Ore, che oggi dà ampio risalto alla notizia pubblicando anche un dossier sulla legge sviluppo del governo. Sfogliando il quotidiano di Confindustria il ritorno all'atomo del nostro Paese sembrerebbe certo, ma nella realtà non è - per fortuna dal nostro punto di vista - così scontato.

Silvestrini, visto che questo governo difficilmente cadrà prima della fine della legislatura e visto che il primo mattone di una nuova centrale nucleare lo vorrebbe porre prima che questa finisca, non c'è il rischio che trovati eventualmente gli investitori non si possa più fermare il treno neppure con un governo di un altro colore politiche, ammesso poi che questo sia contrario al nucleare?
«Io guardo a quello che è successo per il Ponte sullo Stretto, è l'esempio di un fallimento che credo accadrà anche per il nucleare. Certo si getteranno via un po' di soldi, ma il punto più delicato è proprio la difficoltà che incontreranno nel trovarli questi soldi per non parlare della localizzazioni delle centrali stesse»

Per la localizzazione delle centrali e dei siti di stoccaggio delle scorie il governo ha detto che fisserà solo i criteri (parole del sottosegretario Saglia), mentre sarà il mercato a trovare le aree destinate: può funzionare questo meccanismo e quali garanzie ha il cittadino?
«Il governo escluderà soltanto una serie di aree, dicono, e poi le aziende troveranno quelle giuste. Che cosa ne penso? Che è molto complicato questo passaggio malgrado tutti i paletti che sono stati imposti per limitare i poteri decisionali alle regioni e agli enti locali. Scanzano insegna che le imposizioni dall'alto, se poi c'è un rigetto dal basso, sono assai problematiche. Quindi andare ad identificare i siti sarà dura. Inoltre credo che ci siano già conflitti tra aziende che vogliono entrare nel nucleare come quelli già emersi tra Enel e A2A, ma anche sull'idea di sposare l'Epr francese con Scajola che però annuncia un prossimo accordo anche con gli Usa, insomma anche questa partita non credo che filerà tanto liscia.».

Scajola ha detto che ci sono molti enti locali già disposti ad ospitare impianti nucleari. Le risulta?
«Li voglio vedere anch'io...quand'anche un sindaco si fosse fatto avanti mi piacerebbe sarebbe che cosa ne pensano i suoi concittadini».

Quali sono allora le reali necessità del governo per il ritorno al nucleare?
«E' la combinazione di tre fattori. Investimenti colossali almeno potenziali, anche se poi questi soldi andrebbero in gran parte all'estero; messaggio ideologico come quello del Ponte, di un governo quindi che si rifà l'immagine con grandi opere pensando al futuro; grande mancanza di informazione per cui soprattutto quando l'anno scorso il petrolio ha raggiunto prezzi altissimi al barile è stata individuata nel nucleare la soluzione salvifica che risolve tutti problemi italiani, una soluzione tranquillizzante fatta da chi non sa cosa fare».

Lei sa qual è il costo reale della costruzione di un impianto?
«Non lo sa nessuno! I nuovi impianti Epr come quello di Olkiluoto in Finlandia hanno extracosti enormi e lo si potrà calcolare solo alla conclusione, tra tre anni, ricordo infatti che la centrale doveva essere inaugurata il mese scorso... In sostanza, comunque, i costi sono in ascesa e ben più alti dei 4 miliardi di euro paventati dal governo, realisticamente una centrale nucleare da 1600 mw dovrebbe costare circa sei miliardi, quasi quanto il poste sullo Stretto, valutato in 8»

Quanto saranno penalizzate le rinnovabili da questa corsa all'atomo?
«
Questo è il problema più serio. Da un lato se si vogliono realizzare queste potenze nucleari, anche se nel 2020-2030, c'è un conflitto con gli accordi europei che prevedono per l'energia elettrica una produzione per l'Italia pari al 28/30% e quindi con l'atomo sarebbero sottoutilizzare le centrali termoelettriche esistenti. Ma il punto è il dopo 2020 per le rinnovabili: raggiunto l'obiettivo europeo che per l'Italia è del 17%, tutto fa pensare che il boom vero sarà dopo il 2020 quando il fotovoltaico avrà un costo molto più basso e questo è incompatibile con la scelta di puntare sul nucleare. Altro elemento è che il cittadino non ci guadagnerà niente: le poche esperienze americane ci dicono che le aziende che investono nel nucleare prevedono incrementi in bolletta del 3-5%. Alla fine solo le grandi industrie energivore da 50miliardi di chilowattora in su avranno un vantaggio in Italia, mentre alcuno ne avranno la piccola azienda e il cittadino».

Infine nel decreto si velocizzano le autorizzazioni per i rigassificatori e per l'estrazione di idrocarburi, inoltre sono previsti incentivi alle aziende energivore per costruire nuove reti elettriche di interconnessione con l'estero. Nascerà inoltre la borsa del gas: che ne pensa?
«In tutto il mondo, basti vedere la Cina, si investe più sulle rinnovabili che sul nucleare e tutto il resto. Chi mette i soldi sull'atomo lo fa per ristrutturare l'esistente e anche chi lo fa per nuove centrali, destina più soldi per le rinnovabili. L'Italia non ha un piano energetico nazionale, Scajola annuncia che lo presenterà in autunno ma a me risulta che non è neppure in preparazione. Sul gas va ricordato che qualche giorno fa Fatih Birol, Direttore degli Studi Economici all'IEA, ha detto che sono troppi i gasdotti previsti con il rischio che molti di questi neppure funzionino visto che la domanda di energia in Ue è in calo».

Come valuta quindi questa strategia energetica del nostro Paese e cosa si può fare, nel caso, per opporsi?
«Si rischia di far perdere al paese delle grandi opportunità. Sul nucleare tantissimi annunci, ma poi anche negli Stati Uniti gli investitori, quando vedono i costi, si ritirano. L'Italia ha già perso il treno delle rinnovabili dopo il referendum sul nucleare e ora se non lo prende in questa fase storica di prossimo boom rischia di perderlo di nuovo proprio perché vuol tornare all'atomo. Ci ritroveremo ad aver investito risorse economiche e umane sul nella direzione sbagliata, anche perché le chiavi del know how del nucleare le hanno gli altri, quindi questa è decisamente una strategia perdente».

fonte: greenreport.it

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