lunedì 3 dicembre 2007

In Italia ancora troppo frane

L'80% dei mille comuni più esposti ha ancora abitazioni in aree a rischio. Ancora in ritardo nella prevenzione il 71% delle amministrazioni. E un libro segnala le buone pratiche italiane. I dati sul rischio e la prevenzione di Legambiente e Protezione civile
FILE: I dati di Ecosistema Rischio
Sempre alto il pericolo frane e alluvioni in Italia: troppo cemento lungo i corsi d’acqua e ancora ritardi nella prevenzione. L’80% dei mille comuni più esposti a rischio idrogeologico ha abitazioni minacciate da frane e alluvioni, uno su tre interi quartieri e oltre la metà vede addirittura sorgere in zone a rischio fabbricati industriali. A



fronte di questo nel 39% dei comuni non viene ancora realizzata una manutenzione ordinaria delle sponde e le delocalizzazioni delle strutture presenti nelle aree più a rischio riguardano per le abitazioni appena l’11% dei comuni e per i fabbricati industriali solo il 6%. Nettamente migliore la situazione dell’organizzazione locale di protezione civile: quasi quattro amministrazioni comunali su cinque possiedono un piano d’emergenza da mettere in atto in caso di frana o alluvione, anche se oltre la metà non lo ha aggiornato negli ultimi anni, rendendolo così uno strumento meno efficace in situazioni di calamità.

È la fotografia sul pericolo frane e alluvioni per l’Italia scattata da Legambiente e dal Dipartimento della Protezione Civile con Ecosistema Rischio, l’indagine sulla situazione dei comuni italiani a rischio idrogeologico, realizzata con Operazione Fiumi 2007, la campagna d’informazione per la prevenzione dei rischi legati al dissesto idrogeologico, che ha monitorato le azioni che oltre 1000 amministrazioni comunali, classificate nel 2003 dal Ministero dell’Ambiente e dall’UPI a rischio idrogeologico, svolgono per la prevenzione di frane e alluvioni.

Ecosistema rischio 2007 è stato presentato questa mattina da Guido Bertolaso, capodipartimento della Protezione Civile e Francesco Ferrante, direttore generale di Legambiente, durante il convegno dedicato al libro “Le buone pratiche per gestire il territorio e ridurre il rischio idrogeologico” organizzato in occasione dell’VIII Congresso nazionale di Legambiente. «Gli effetti dei mutamenti climatici - sostiene Francesco Ferrante, direttore generale Legambiente – sommati a una gestione del territorio e dei fiumi troppo spesso sciagurata e irrazionale, portano tutta l’Italia ad essere estremamente soggetta al rischio frane e alluvioni. Ma di fronte a questo dato, sempre più evidente, sono ancora troppe le amministrazioni che sottovalutano l’importanza strategica di una prevenzione di qualità, che va dalla manutenzione ordinaria delle sponde alla delocalizzazione degli edifici delle aree a rischio».

Una pesante eredità del passato, si potrebbe dire, ma non solo. «I dati che abbiamo raccolto – continua Ferrante – dimostrano, infatti, come spesso proprio le opere di difesa idraulica diventano alibi per continuare a costruire e che l’abusivismo e il cemento continuano ancora oggi ad aggredire i corsi d’acqua. Benché possiamo contare su un sistema di protezione civile di assoluta eccellenza è necessario che l’adattamento ai mutamenti climatici passi anche e soprattutto da una concreta ed efficace cura del territorio».

«Il rischio alluvioni nel nostro Paese riguarda ovviamente i grandi fiumi, ma soprattutto l’immenso reticolo di corsi d’acqua minori di cui l’Italia è ricchissima – spiega Simone Andreotti, responsabile nazionale Protezione Civile Legambiente – Torrenti, fossi e fiumare sono sempre più spesso quelli dove si compiono gli scempi urbanistici più gravi, con intubazioni, discariche abusive, ponti sottostimati e con le case sin dentro gli alvei. Soprattutto in questi punti estremamente critici è prioritario iniziare ad abbattere le case abusive e a delocalizzare le strutture più a rischio, concretizzando interventi di messa in sicurezza di qualità. Una sfida – conclude Andreotti – di cui i sindaci devono diventare sempre più protagonisti».

fonte: lanuovaecologia.it

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