sabato 7 luglio 2007

L'ambiente chiede il conto e nessuno può pagare

Forse ci si sta rendendo conto che saldare i danni ambientali costa molto di più di politiche sostenibili serie e coerenti. Forse si è imboccata la strada giusta, perché non c'è nervo più sensibile della tasca...Quanto costa l'ambiente? E soprattutto cosa implica in termini economici per ogni governo portare avanti politiche ambientali serie e coerenti, invece di correre al riparo dei danni? In questi ultimi anni si è cercato di dare risposte a queste domande e l'ambiente è uscito dal modello naturalistico che lo aveva contraddistinto per entrare tra i calcoli dell'economia globalizzata, tanto che spesso sono le banche a spingere per un'inversione di rotta e si ragiona sempre più in termini di economie di scala. La Banca Mondiale in un suo recente rapporto ha stimato in 750mila i cinesi morti prematuramente ogni anno a causa dell'inquinamento, un numero che è sembrato tanto alto al governo cinese da chiederne la censura, per evitare «tensioni sociali». La Cina è proprio uno di quei paesi che derogano alle normative del Protocollo di Kyoto, per non dover limitare la loro crescita economica. Un ritmo di industrializzazione che fino ad oggi ha inquinato oltre un quarto della lunghezza dei sei principali fiumi cinesi e sette dei maggiori laghi esistenti sul territorio (dati della Sepa, l'organismo del governo cinese addetto al controllo dell'inquinamento). Le acque di fiumi e laghi sono tanto contaminate che il solo contatto brucia la pelle, figurarsi se usate come risorse idriche. In previsione delle Olimpiadi di Pechino nel 2008 l'autorità governativa ha già speso 15 miliardi di dollari per cercare di contenere lo smog nel centro urbano e permettere il regolare svolgimento dei Giochi. Gli atleti rischiano di non avere ossigeno e la Cina si sta interrogando sul suo stato ambientale per il denaro che sta spendendo e il rischio di brutta figura internazionale.E questi numeri sono solo una piccola parte. Già il Rapporto Stern nell'autunno del 2006 aveva quantificato che l'effetto serra mondiale se non contrastato sarebbe costato al mondo più di due guerre mondiali messe insieme; mentre Adair Turner rielaborando ulteriori dati anche del Comitato intergovernativo sul mutamento climatico (Ipcc) è giunto alla conclusione che la riduzione del 25% di emissioni globali entro il 2050 costerebbe meno dell1% del Pil globale (mediamente nei paesi occidentali dipendenti da energie fossili, gli approvvigionamenti energetici pesano tra il 4 e il 5 % del Pil nazionale).Anche due rapporti di Greenpeace sottolineano come avviando politiche a favore delle energie rinnovabili si risparmierebbe 10 volte di più rispetto a continuare ad utilizzare fonti fossili.L'ambiente fa i conti e anche i governi «meno ambientalisti» si stanno rendendo conto che i costi per uno sviluppo non compatibile non sono sostenibili, per i polmoni degli uomini e per le loro tasche.

fonte: vglobale.it

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