martedì 10 luglio 2007

Cardia: banche care e conflitti d' interesse

Un mercato ancora dominato dalle banche, che vendono agli investitori non i prodotti migliori ma quelli che convengono di più a loro, facendo pagare costi eccessivi, e sono immerse fino al collo nei conflitti di interesse. Quanto alle società quotate, aumentano quelle controllate da un unico azionista (nella maggior parte dei casi un patto di sindacato) e il 92% di esse ha una posizione in prodotti derivati, anche se l’importo complessivo è modesto; nell’80% dei casi, inoltre, almeno uno dei componenti del consiglio di amministrazione ha cariche in altre società quotate e per 162 società oltre la metà dei consiglieri sono in questa situazione. Queste affermazioni non sono contenute nella denuncia di un’associazione di difesa dei risparmiatori, ma nella relazione annuale del presidente della Consob Lamberto Cardia, tenuta a Milano davanti a 400 “big” della finanza, dell’industria e della politica.Banche e clienti. Parlando del prossimo recepimento della direttiva europea sui servizi d’investimento (Mifid), Cardia ha detto: “Le reti distributive negli ultimi anni hanno visto privilegiare la vendita dei prodotti finanziari a più elevati margini di rendimento per i distributori e funzionali alle strategie di finanziamento dei gruppi di appartenenza. Gli alti costi di distribuzione riducono non solo il rendimento finale per gli investitori , ma anche le risorse destinabili all'innalzamento della qualità del servizio di gestione".Dopo i casi Cirio e Parmalat le imprese faticano a finanziarsi sul mercato obbligazionario, perché gli investitori non si fidano più. A collocare obbligazioni sono rimaste quasi soltanto le banche, ma, dopo che la Consob ha invitato a inserire nei prospetti un confronto con i rendimenti dei titoli di Stato, è emerso che su un campione di 150 obbligazioni ordinarie emesse nel 2006 da banche medio-piccole, la maggior parte di esse ha avuto un rendimento peggiore di quello dei Bot. In particolare hanno riportato risultati inferiori 53 obbligazioni a tasso fisso su 83 e 55 a tasso variabile su 67. Inoltre poco meno della metà delle obbligazioni emesse sono “strutturate”, cioè funzionano in base a meccanismi complessi legati ad indici di mercato o delle Borse, impossibili da controllare per il normale investitore che oltretutto, nella maggior parte dei casi, non è in grado di valutarne correttamente i rischi. La Consob, ha detto Cardia, “da tempo è impegnata nella vigilanza sui possibili problemi derivanti dalle difficoltà di rappresentazione e di percezione dei profili di rischio di questi strumenti. Tale attività, che ha influito sulla virtuale scomparsa di categorie di prodotti particolarmente inadatti per la clientela al dettaglio, sarà ulteriormente sviluppata con il supporto di specifici modelli di analisi”.Comunque, il risultato è che “l'aumento dei ricavi dei principali gruppi bancari italiani nel 2005 è stato trainato da una forte crescita delle commissioni nette (+16,4%) e del margine di interesse (+9,2), mentre si sono ridotti gli altri proventi di gestione (-54,5%) e i profitti da operazioni finanziarie (-27,2%)". Tradotto dal linguaggio tecnico, significa che le banche hanno aumentato i profitti non perché hanno impiegato bene il denaro, ma perché hanno fatto pagare ai clienti spese e commissioni più salate.Conflitti d’interesse. Oltre metà (52,4%) delle società entrate in Borsa l'anno scorso aveva rapporti creditizi con gli istituti che le hanno accompagnate nel percorso di quotazione.
Non solo, i debiti finanziari contratti dalle “ matricole” con i propri intermediari o sponsor rappresentano in media circa il 36% dell'indebitamento totale (contro il 24% nel 2005), mentre un quarto circa delle società aveva legami anche di natura partecipativa.Quanto agli “investitori istituzionali”, quelli che dovrebbero fungere da cane da guardia del mercato nei confronti delle società, in Italia oggi sono essenzialmente le Sgr (Società di gestione del risparmio) Ebbene, i consiglieri delle Sgr presenti anche nel board della capogruppo (che è un gruppo bancario o assicurativo) o in altre società del gruppo sono ben il 67% del totale (erano il 69% l'anno precedente). Si può immaginare quanto abbiano voglia le Sgr di contestare in assemblea le decisioni di una società che è magari tra i migliori clienti della “casa madre”, se non magari addirittura collegata. In questo stesso capitolo si possono far rientrare gli incroci degli incarichi in diversi consigli di amministrazione di cui si è detto più sopra. Date queste situazioni, la Consob "ha allo studio l'ipotesi di assoggettare a più stringenti obblighi di informazione sulle operazioni con parti correlate le società che presentano un più elevato rischio di conflitto di interessi. Tali società potrebbero essere individuate in ragione degli assetti proprietari ovvero dell'articolazione delle attività del gruppo di appartenenza "

fonte: repubblica.it

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