lunedì 30 luglio 2007

Mobbing: il datore di lavoro deve vigilare per impedirlo

La Cassazione, sezione lavoro. con sentenza del 20 luglio 2007, n. 16148, ha stabilito che il datore di lavoro è responsabile per il mobbing che i colleghi effettuano sul dipendente se non ha vigilato e non ha fatto nulla per far cessare i soprusi.Per quanto attiene al risarcimento la prescrizione decorre da quando si è manifestato il danno e non dal giorno in cui sono iniziate le vessazioni.Fatto e dirittoUn dipendente aveva convenuto in giudizio avanti al Tribunale l’azienda, chiedendone la condanna al risarcimento dei danni per inadempimento contrattuale e violazione dell'art. 2087 CC. Infatti il datore di lavoro, benché costantemente informato, aveva omesso di adottare gli opportuni provvedimenti per tutelare lo stesso e la moglie dalle continue aggressioni e minacce degli altri dipendenti che per ben 17 anni aveva subito.Per tali fatti delittuosi era stato iniziato un procedimento penale a carico di quattro dipendenti per i reati di furto, ingiurie, minacce e lesioni personali, che era stato concluso con sentenza istruttoria di improcedibilità per amnistia. Il dipendente mobbizzato aveva, quindi, lamentato che il datore di lavoro, benché a conoscenza dei fatti suddetti, non aveva accolto le sue domande di trasferimento sostenendo che, in conseguenza del comportamento negligente dell'azienda e per effetto delle continue aggressioni e minacce, egli stesso aveva subito dapprima una grave debilitazione psico fisica, seguita poi da un infarto, mentre la moglie era deceduta.L’azienda si era costituita ed eccepiva in via preliminare la prescrizione del diritto azionato dal dipendente. Nel merito chiedeva il rigetto della domanda. Il Tribunale rigettava la domanda per intervenuta prescrizione decennale. In primo e secondo grado la domanda era stata respinta perché i giudici di merito avevano stabilito che il diritto era caduto in prescrizione.Le motivazioni della CassazioneLa Corte di Cassazione ha accolto il ricorso del dipendente sia per la debilitazione psico-fisica, seguita poi da un infarto, ritenendo responsabile il datore di lavoro che non aveva preso alcun provvedimento per tutelarlo. La Corte, inoltre, ha stabilito che il periodo entro il quale può essere proposta l’azione decorre dal giorno in cui si è manifestato il danno e non dal primo atto vessatorio.Infatti, secondo la Cassazione, la Corte d’appello non doveva ritenere prescritto il diritto in quanto non è legittimo far decorrere tale prescrizione «dal fatto illecito lesivo anziché dal manifestarsi all’esterno della produzione del danno. Ne consegue che il termine di prescrizione, sia per responsabilità contrattuale che per responsabilità extracontrattuale, abbia decorrenza non dal momento in cui il fatto del terzo viene a ledere l’altrui diritto, bensì dal momento in cui la produzione del danno si manifesta all’esterno divenendo oggettivamente percepibile e riconoscibile».
Suprema Corte di Cassazione, sezione lavoro, sentenza 20 luglio 2007, n. 16148
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fonte: consulenzalavoro.com

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