Soltanto ieri è stata inaugurata presso l’Envirorment Park di Torino una piccola centrale a idrogeno frutto dell’accordo stretto tra il parco scientifico e l’azienda novarese Giacomini. Realizzata con un programma di studio durato dal 2001 al 2004 e con la consulenza di istituti di ricerca come i Psi di Zurigo, il Politecnico di Milano e l’Università di Genova, l’impianto è solo l’ennesima dimostrazione di come il mondo scientifico non smetta di credere alla promessa di un futuro all’ “H2”. Se la tecnologia per sfruttare questo vettore può contare su risultati consolidati, diverso è però il discorso per quella produttiva. Il processo di sintesi richiede energia e come ottenerla senza che la produzione del vettore abbia costi energetici maggiori rispetto a quelli riottenibili è ovviamente la questione principe. Molte delle indagini stanno vertendo sulle rinnovabili per trasformare l’idrogeno in una sorta di sistema di stoccaggio dell’energia. In questo filone di indagine rientra anche il lavoro condotto dall’University of Wisconsin-Madison, scopritore di un nuovo processo per idrolizzare i legami chimici delle molecole d’acqua impiegando rumori ambientali. Gli scienziati hanno coltivato dei nanocristalli di ossido di zinco e titanato di bario. Posti in acqua hanno poi stimolato le molecole con vibrazioni ultrasoniche, accorgendosi che le strutture nanoscopiche si flettevano fungendo da catalizzatori per la reazione di rottura delle molecole d’acqua in idrogeno e ossigeno. Finora i ricercatori hanno raggiunto un’efficienza del 18 per cento con i nanocristalli, una percentuale più alta rispetto alle altre fonti energetiche sperimentali. Huifang Xu, capo progetto, ha spiegato: “Poichè siamo in grado di regolare le dimensioni delle fibre e delle piastre, possiamo utilizzare anche piccole quantità di rumore – come una vibrazione o l’acqua che scorre – per piegare i nano dispositivi”.
fonte: rinnovabili.it
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martedì 16 marzo 2010
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