sabato 15 settembre 2007

«Il 2037 sarà l'anno delle catastrofi»

Che cosa spaventa di più i giovani italiani e britannici che guardano alla loro vita da qui a trent’anni? Il 2037 potrebbe essere l’anno dei disastri naturali, inquinamento, masse della popolazione mondiale spinte a migrare in fuga dalla povertà, rischio di destabilizzazione. È questo il quadro di sintesi di un sondaggio commissionato dall’ambasciata britannica a Roma e dal British Council e presentato al Convegno di Pontignano. I dati del sondaggio tra duemila britannici e italiani serviranno ai politici, imprenditori e opinion makers riuniti sotto la presidenza di Lord Chris Patten e Giuliano Amato come base di discussione sul tema dei «Climate Changes», i cambiamenti di clima che hanno un effetto a catena su crescita economica, stabilità dei sistemi politici e degli Stati.
IL PIANO BRITANNICO — «Tutti i settori della nostra società dovranno contribuire allo sforzo di trasformare la Gran Bretagna in un’economia a bassa emissione di CO2: siamo a una tappa rivoluzionaria che servirà di esempio al mondo», ha scritto il governo di Londra nella premessa al suo progetto di riduzione del 60 per cento entro il 2050 dell’emissione di anidride carbonica, principale responsabile del riscaldamento terrestre. Ma la maggioranza dei giovani intervistati teme che sia già troppo tardi. I più allarmati sono gli italiani: la prima paura del 51 per cento di loro sono inquinamento e disastri ambientali. La natura che si ribella è al primo posto anche nelle previsioni del 35 per cento dei britannici. Giuliano Amato ha osservato che «questi nostri giovani sono dieci volte più preoccupati dall'ambiente che dal terrorismo. Certo, i nostri giovani aspettano i governi, ma è chiaro che molto lo debbon saper fare i cittadini. Dal sondaggio emerge una grande attenzione al risparmio energico più che alla produzione di nuove energie». Ma pur convinti che la qualità della vita sulla terra peggiorerà, i coetanei di Italia e Gran Bretagna hanno aspettative diverse sul loro futuro: e nel Bel Paese sembra esserci maggiore ottimismo.
ITALIANI PIU' OTTIMISTI — Così, tra gli altri dati, il 48 per cento degli italiani immagina che la propria qualità privata di vita (affettiva, sentimentale, familiare) migliorerà. Mentre il 54 per cento dei britannici è pessimista. Secondo i sondaggisti questi risultati sono dovuti anche alla condizione psicologica nazionale: l’Italia viene da una fase di declino economico e quindi spera nel meglio, mentre la Gran Bretagna che da dieci anni è in crescita costante, mostra segni di ansia, di timore di perdere quanto è stato conquistato. «Il grido è giunto forte e chiaro — commenta l'ambasciatore di Sua Maestà a Roma Edward Chaplin — sta a tutti noi ora riflettere ed agire per cambiare, per far tornare i giovani a guardare con fiducia al futuro che li aspetta».
IL CONFRONTO DELL’ECONOMIST — È cambiato il clima anche nella lunga competizione italo-britannica. Nel 1987 il governo di Bettino Craxi proclamò il «sorpasso» del reddito nazionale e di quello pro-capite italiano sulla Gran Bretagna. Da allora «in termini macro i due Paesi sono rimasti sorprendentemente vicini», spiega l’Europe Editor dell’Economist, J ohn Peet, che ha elaborato per il convegno di Pontignano uno studio comparato (■ Leggi). I due Paesi hanno quasi la stessa popolazione: 58 milioni l’Italia, 60 il Regno Unito, gli standard di vita sono comparabili e sono simili la maggior parte degli indicatori sociali e sanitari. Però, dal 1987, gli indicatori dell’economia sono cambiati in modo sensibile: la crescita annua del Pil britannico negli ultimi anni è stata del 2,5 per cento in media; solo dell’1,3 per cento quella del Pil italiano. Il «controsorpasso» appare irreversibile: l’economia britannica oggi supera di circa un quarto quella italiana. Considerando anche le previsioni demografiche che suggeriscono un calo della popolazione italiana, destinata ad attestarsi nel 2050 a poco più di 50 milioni, mentre quella britannica potrebbe raggiungere i 65 milioni, lo studio dell’Economist vede nel 2050 un’economia della Gran Bretagna più forte del 50 per cento di quella italiana. Gli analisti del settimanale però hanno dato un’occhiata anche alla qualità della vita e nel campo della coesione sociale, della solidità del nucleo familiare e dell’aspettativa di vita l’Italia dà ancora dei punti alla Gran Bretagna.

fonte: corriere.it

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