martedì 25 settembre 2007

Legambiente: «Quando i rifiuti valgono oro»

L'associazione racconta i casi virtuosi: comuni che brillano per la gestione degli scarti e aziende che fanno un business del riclaggio. Il 28, 29 e 30 settembre ritorna Puliamo il mondo / Gli appuntamenti in Emilia Romagna / LINK: Pim 2007
Ci sono casi in cui definire rifiuti i rifiuti può sembrare un paradosso. Esistono infatti realtà, tra aziende private, amministrazioni locali o consorzi di Comuni, in cui l’immondizia si trasforma in oro, o quantomeno in euro. Dove il business dei rifiuti, per una volta, è un business pulito e non ha nulla a che fare con i traffici illegali dell’ecomafia. Dove si è compreso che si tratta di una risorsa economica, che la raccolta differenziata non è una fissazione degli ambientalisti, bensì il punto di partenza fondamentale su cui impostare un ciclo dei rifiuti conveniente sia sotto il profilo ambientale che sotto quello economico. Legambiente li ha raccolti in occasione del lancio nazionale della XIV edizione di Puliamo il Mondo, l’annuale iniziativa di volontariato ambientale che raduna dal 28 al 30 settembre centinaia di migliaia di cittadini per liberare strade, piazze, fiumi, parchi e spiagge dall’immondizia abbandonata.È proprio nella Regione simbolo dell’emergenza rifiuti uno dei comuni più virtuosi. L’esperienza di Mercato San Severino, 20mila abitanti nel Salernitano, dimostra che anche in Campania si può fare una corretta raccolta differenziata, raggiungendo in pochi anni il traguardo del 65%. Sei anni fa, all’improvviso, sono stati fatti sparire i cassonetti dalle strade costringendo i cittadini a tenersi l’immondizia in casa attivando il sistema della raccolta porta a porta secondo un calendario prestabilito. Poi sono stati consegnati alle famiglie dei codici a barre adesivi da applicare sui sacchi di carta, plastica e su quello per l’alluminio e la banda stagnata, il Comune attribuisce degli sconti tariffari, per un totale di circa 40-50mila euro annui, ossia dei bonus che scala dalle bollette dei cittadini. Nella terra dell’emergenza rifiuti c’è anche chi con le bottiglie vuote dell’acqua e delle bibite riesce a dare lavoro a 30 persone. A Gricignano d’Aversa, in provincia di Caserta, la Erreplast produce RiPet, scaglie di PET da riciclo proveniente delle bottiglie di plastica che andrebbero in discarica o nell’inceneritore. Con questo prodotto industriale si realizza fibra-fiocco per mobili, automobili e capi d’abbigliamento, tappeti, imbottiture e moquettes, prodotti per l’edilizia come il geotessile, ma anche foglia poliestere che serve per contenitori e vaschette da imballaggio, cinghie industriali, pellicole radiografiche e fotografiche e molto altro. In provincia di Bergamo, invece, a Calcinate, c’è l’impianto per il compostaggio della Berco che tratta 60.500 tonnellate all’anno di rifiuti organici provenienti dalle case di tutta la provincia e produce e vende ammendanti e terricci per l’orto-florovivaismo. Aperta nel 2001, l’azienda occupa 15 dipendenti e ha un fatturato annuo che si aggira intorno ai 6-7 milioni di euro. Quello della società che commercializza il compost, la Fertil, è di circa 5 milioni.E poi c’è il consorzio Priula che associa 23 comuni, per 225.000 cittadini, in provincia di Treviso dove un contatore determina la tariffa per lo smaltimento della frazione secca non riciclabile: ogni svuotamento del contenitore da 120 litri (8-10 volte all’anno di media per una famiglia di 3 persone) equivale a uno scatto di 10,23 euro. A questo importo si aggiunge una quota fissa di 80 euro annui. Il camion che fa la raccolta registra il segnale del dispositivo installato sul bidone che contiene il codice associato alla famiglia a cui appartiene e a cui inviare la bolletta.In Piemonte, in provincia di Cuneo, c’è la Pkarton azienda specializzata nella produzione di cartoncino riciclato; c’è una probabilità su quattro che il rotolo su cui è avvolta la carta igienica nel nostro bagno o il pacco di spaghetti nella dispensa sia uscito dagli stabilimenti di Roccavione. Nata solo lo scorso anno sulle ceneri di una storica cartiera datata 1872, realizza cartoncino patinato, oggi è la seconda azienda italiana del settore. C’è poi un buon risultato che fa onore a tutto il Paese: Sono 200 le aziende sul territorio italiano, per un bacino di 32,5 milioni di persone, che si occupano del recupero degli imballaggi in alluminio e che garantiscono oltre 35mila tonnellate di materiali avviate al riciclo. Un’attività che permette si consumare il 95% in meno dell’energia necessaria alla produzione dalla materia prima, la bauxite, e riduce in proporzione le emissioni di CO2 in atmosfera, consentendo un notevole risparmio sia ambientale che economico. Il nostro Paese è il terzo al mondo nell’industria del riciclaggio di questo metallo dopo Stati Uniti e Giappone

fonte: lanuovaecologia.it

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