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Le tre principali associazioni ambientaliste italiane dichiarano guerra alla nuova ventata di nucleare, visto come un "ritorno al passato". Greenpeace, Legambiente e Wwf si schierano in prima linea contro i progetti nuclearisti del governo, illustrando le proprie ragioni in un dossier presentato alla stampa. Secondo le associazionila soluzione per fermare la febbre del pianeta e ridurre la bolletta energetica italiana è completamente diversa, e si basa su tre cardini: risparmio, efficienza energetica e sviluppo delle fonti rinnovabili. "All'Italia - ha detto il presidente di Legambiente Vittorio Cogliati Dezza - non serve una produzione di energia da grandi centrali, ma piuttosto un sistema di produzione distribuita, da energie rinnovabili". Per il direttore delle campagne di Greenpeace Italia Giuseppe Onufrio "il ritorno al nucleare è una vera e propria dichiarazione di guerra agli ambientalisti", mentre secondo il direttore generale del Wwf Michele Candotti la campagna sul nucleare celerebbe "interessi privati molto forti da parte di grandi compagnie". Ecco nel dettaglio le eco-ragioni del no al nucleare: COSTI E TEMPI DI REALIZZAZIONE: il nucleare non è economico. Gran parte del costo dell'elettricità da nucleare - dicono le associazioni - è legato al costo di investimento per progettare e realizzare le centrali, che è almeno doppio di quanto ufficialmente dichiarato, e richiede tempi di ritorno di circa 20 anni. Dove l'energia costa apparentemente poco è perché lo Stato si fa carico dei costi per lo smaltimento definitivo delle scorie e per lo smantellamento delle centrali, scoraggiando investimenti privati. MERCATO: Secondo recenti stime del Dipartimento energia del governo Usa - si legge nel dossier - il costo industriale dell' elettricità da nucleare è più alto rispetto alle fonti tradizionali. Tra costo industriale e sussidi per sostenere l' atomo il costo raggiunge circa gli 80 dollari al Mwh. BOLLETTA: in Italia "il nucleare non consentirebbe di ridurre le bollette". Occorrerebbe costruire da zero tutta la filiera, con un immenso esborso di risorse pubbliche. Servirebbero almeno 10 centrali, per un totale di 10-15mila MW di potenza installata, e tra i 30 e i 50 miliardi di euro di investimenti. Centrali che, nella migliore delle ipotesi, entrerebbero in funzione dopo il 2020, con investimenti che rientrerebbero solo dopo 15 o 20 anni. CAMBIAMENTI CLIMATICI: se la priorità fosse realizzare centrali nucleari - secondo il dossier - dovremmo dire addio agli obiettivi comunitari e vincolanti del 30% di riduzione delle emissioni di CO2, del 20% di produzione energetica da rinnovabili e del 20% di miglioramento dell'efficienza al 2020. SICUREZZA: a oltre 22 anni dall'incidente di Chernobyl "non esistono garanzie per l'eliminazione del rischio di incidente nucleare e la conseguente contaminazione radioattiva". Nella migliore delle ipotesi, si parla del 2030 per vedere in attività la prima centrale di IV generazione. SCORIE: non esistono ad oggi - si legge infine nel dossier - soluzioni concrete. Le circa 250mila tonnellate di rifiuti radioattivi prodotte finora nel mondo sono tutte in attesa di essere conferite in siti di smaltimento definitivi. In Italia si rischia di tornare a Scanzano Jonico. fonte: lanuovaecologia.it |
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venerdì 30 maggio 2008
«Fronte comune contro il nucleare»
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