sabato 31 maggio 2008

Draghi: "L'Italia può tornare a crescere la crisi attuale non è ineluttabile"

La fase di debolezza dell'economia italiana "si protrarrà almeno per l'anno in corso, ma "il Paese ha desiderio, ambizione, risorse per tornare a crescere": a sostenerlo è il governatore della Banca d'Italia Mario Draghi, nelle 'Considerazioni finali' dell'Assemblea Ordinaria dei Partecipanti. Produttività stagnante, rallentamento degli investimenti, consumi quasi fermi, Mezzogiorno arretrato sono problemi annosi dell'Italia, aggravati dalla "turbolenza finanziaria che ha colpito i maggiori Paesi avanzati", ancora in corso. Ma, afferma Draghi, l'Italia "ha una storia a testimoniare che non c'è niente di ineluttabile nella crisi di crescita che da anni lo paralizza".

Certo, perché il Paese si rimetta in marcia occorrono uno sforzo, ma anche un progetto condiviso: "Il consenso sulle cose da fare è vasto, ma si infrange nell'urto con gli interessi costituiti che negli ultimi anni hanno scritto il nostro impoverimento". E quindi, dice il governatore, "La stabilità della politica, la forza delle istituzioni sono le fondamenta su cui costruire l'intervento risanatore. La sua attuazione richiederà l'impegno di tutte le forze di cui dispone il Paese. Il premio è la ripresa duratura della crescita". Un obiettivo al quale devono concorre, e del quale devono finalmente godere, sottolinea Draghi, soprattutto "coloro che hanno in mano il futuro: i giovani, oggi mortificati da un'istruzione inadeguata, da un mercato del lavoro che li discrimina a favore dei più anziani, da un'organizzazione produttiva che troppo spesso non premia il merito, non valorizza le capacità".

La turbolenza finanziaria mondiale. "Nel corso del 2007 - ricorda Draghi - l'economia italiana ha risentito, come tutta l'area dell'euro, del ripiegamento ciclico mondiale e dell'accelerazione dei prezzi delle materie prime: ma ha rallentato più marcatamente degli altri paesi dell'area". E questo nonostante la sostanziale tenuta del sistema bancario italiano rispetto alla crisi dei mutui subprime: "La turbolenza dei mercati finanziari internazionali ha toccato le banche italiane assai meno che quelle di altri paesi. Le svalutazioni sono state contenute; la reddittività si è solo moderatamente ridotta". E tuttavia, ribadisce il governatore, la tempesta dei mercati finanziari potrebbe non aver ancora esaurito i suoi effetti: "E' presto per dire se è terminata". E poi, "è ancora presto per valutarne pienamente le conseguenze sull'economia reale: molto dipenderà dalla dimensione e dalla rapidità del processo di ricapitalizzazione in corso presso le maggiori istituzioni finanziarie mondiali".

I nodi dell'Italia. La debolezza dell'economia italiana non è tuttavia tanto dovuta alla crisi mondiale, che ne ha certo aggravato le conseguenze, ma a nodi strutturali antichi. Il nodo della produttività, innanzitutto che, ricorda Draghi, "non si scioglie, da più di 10 anni". E questo nonostante "le imprese esposte alla concorrenza internazionale non sono rimaste inerti". "Parti del sistema produttivo hanno iniziato a ristrutturarsi", rileva il governatore. E un riscontro di questo processo virtuoso si trova nelle esportazioni, "aumentate nel passato biennio di quasi il 6 per cento l'anno", e che sono state "il principale sostegno alla crescita del prodotto".

Di contro, "la dinamica della domanda interna è stata molto modesta; i margini di capacità inutilizzata si sono ampliati; gli investimenti hanno rallentato fortemente; sono peggiorati gli indicatori di fiducia delle imprese". Sul fronte delle famiglie, la spesa "è frenata dalla scarsa progressione del reddito disponibile, dal rialzo dei prezzi, che negli ultimi mesi ha colpito soprattutto i consumi delle famiglie a reddito più basso". I consumi, rileva il governatore, "continuano a risentire dell'instabilità dei rapporti d'impiego, diffusa specialmente tra i giovani e nelle fasce marginali del mercato del lavoro".

Le politiche di bilancio. Altro problema cronico del Paese è quello del bilancio pubblico: "Nell'ultimo biennio la situazione dei conti pubblici è migliorata. Nel 2007 l'indebitamento netto è sceso all'1,9 per cento del Pil. Il debito pubblico è calato al 104 per cento del prodotto, il livello del 2004". Ma "i risultati per l'anno in corso si prospettano meno favorevoli", ammonisce Draghi, che ricorda che "la politica di bilancio deve restare ancorata all'esisenza macroeconomica di ridurre il debito pubblico in rapporto al prodotto". E tuttavia, senza la crescita, "lo stesso risanamento della finanza pubblica è reso più difficile".

La ricetta. Cosa fare per uscire da una situazione che rischia di portare il Paese indietro, allontandolo sempre di più dai partner europei e dai paesi più progrediti? Innanzitutto, Draghi suggerisce rigore finanziario: "Anche in un contesto congiunturale difficile, il rapporto tra debito e prodotto deve restare su un sentiero di flessione". Per rilanciare i consumi inoltre occorre abbassare la pressione fiscale: Bankitalia suggerisce "la definizione di un percorso pluriennale di riduzione di alcune importanti aliquote d'imposte" sia per le imprese che per le famiglie. Fondamentale poi la riduzione della spesa primaria, e il graduale innalzamento dell'età della pensione, con l'abbattimento dei vincoli che impediscono in questo momento anche a chi lo voglia di continuare a lavorare dopo i 65 anni.

Il Mezzogiorno. Al Mezzogiorno Draghi dedica un intero capitolo delle sue "Considerazioni", chiedendo che "il sistema dei trasferimenti agli enti decentrati" abbandoni "il criterio della spesa storica, che premia l'inefficienza", a favore di un sistema che premi l'efficienza e indirizzi le risorse verso gli usi più produttivi e le priorità più urgenti.

fonte: repubblica.it

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