lunedì 29 giugno 2009

Usa: legge sul clima Obama contro le lobby

La battaglia di Obama sul terreno del clima e della politica energetica è appena iniziata. E sarà dura, in un paese fin’ora governato da un establishment sordo e cieco nei confronti di queste problematiche. Anzi, pesantemente condizionato e finanziato dalle lobby in assoluto più potenti al mondo, quella dei petrolieri, del carbone.
Obama sa di non poter risolvere la questione dando una spallata e mettere in pratica tutto e subito quello che ha promesso nella campagna elettorale. Anche perché le lobby non sono certo svanite con la sua elezione.
Per stare con i piedi ben saldi in terra, dobbiamo ricordare che la legge approvata qualche giorno fa dalla Camera è passata per soli sette voti, 219 contro 212, sembra con otto deputati repubblicani siano stati convinti a votare a favore, mentre ben 44 democratici abbiano votato contro.
E, per entrare nel merito della legge (l’American Clean Energy and Security Act, riduzione del 17% entro il 2020, con base i valori del 2005), molti osservatori hanno sottolineato come sia una legge che se da una parte fissa tagli dei gas serra e scadenze, dall’altra introduce ad esempio una singolare tassazione per chi inquina, i cosiddetti «cap and trade». Infatti questo disincentivo alle emissioni nocive non sarà applicabile per diversi anni all’industria del carbone che addirittura incasserà, per un certo periodo, delle agevolazioni per la realizzazione di nuove centrali.
Lo stesso presidente Obama ha ammesso che rispetto agli obiettivi iniziali di riduzione delle emissioni, quelli previsti dalla legge sono piuttosto modesti e probabilmente non in linea con le politiche energetiche di altri governi o con le aspettative delle associazioni ambientaliste.
Ma ha dichiarato che questo dovrebbe essere un primo passo verso un più severo e completo programma futuro della sua amministrazione. Non saranno pochi gli sforzi per spostare la nazione da un’economia basata sui combustibili fossili verso una costruita su fonti di energia rinnovabili, ha infatti dichiarato il presidente.
Gli altri commenti non sono certo positivi. Oggi stesso è uscita sul “Corriere della Sera” una corrispondenza dagli Usa dove si fa notare come “...La distanza tra le promesse elettorali e le dure necessità economiche e della politica cresce giorno dopo giorno…”
“Durante la campagna, il leader democratico – fa notare il corrispondente del quotidiano milanese – si era impegnato a difendere le foreste dai progetti di sfruttamento economico di Bush ma, a cinque mesi dal suo insediamento, gli avvocati di Obama hanno assunto la stessa posizione di quelli del suo predeces sore repubblicano nella battaglia per la protezione dei «polmoni verdi » in corso davanti alla Corte d’Appello”.
Paradossalmente la posizione dell Wwf americano non è così critica sulle carenze della politica di Obama, e mette sul piatto della bilancia anche il problema di un accordo condiviso a livello mondiale.
“Il cambiamento climatico è un problema globale che richiede una soluzione globale – ha reso noto oggi Moss, il responsabile Usa dell’associazione ambientalista – Le famiglie americane non saranno protette dagli impatti del cambiamento climatico se non si ridurranno le emissioni in tutto il mondo”.
Anche se poi rivolgendosi all’amministrazione Obama ribadisce: “Se vogliamo che altri Paesi si mettano maggiormente in gioco a Copenhagen, dobbiamo dimostrare che gli Stati Uniti sono finalmente pronti ad agire. Avviare una forte legge sul clima è l’azione più concreta che l’America possa fare per negoziare impegni più forti anche dagli altri Paesi”.
In tutto ciò, un altro segnale poco positivo è la defezione di Al Gore che era atteso a Washington per festeggiare la vittoria per il passaggio della legge. Il leader ambientalista, infatti non si è fatto vedere.

fonte: rinnovabili.it

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