lunedì 1 febbraio 2010

«Ecco da dove riparte il Sud» La strategia di Legambiente

Migliorare il contesto civile, culturale, sociale e ambientale, dotandosi anche di strumenti di verifica e valutazione delle politiche. Una lettura innovativa del Mezzogiorno d’Italia proposta da Legambiente. I luoghi comuni da sfatare e le eccezioni da valorizzare

Link Scarica il dossier Ambiente Sud

"Negli ultimi anni, nelle regioni meridionali, si è andato formando un variegato paesaggio di esperienze amministrative, di proposte, di pratiche imprenditoriali, di vittorie della legalità, di vivace presenza della società civile, di distretti industriali e di centri di ricerca, che non è ancora una politica nazionale ma da cui è opportuno partire per capire attraverso quali leve questa parte del Paese possa reagire alla crisi economica e alle criticità storiche che ne hanno condizionato lo sviluppo”. Da questo assunto parte l’idea di Legambiente di monitorare e promuovere le esperienze più originali e innovative attraverso l’istituzione del Premio Innovazione amica dell’ambiente per il Sud insieme al Comitato Mezzogiorno di Confindustria, e la realizzazione dossier periodici, inaugurati in questa giornata con la presentazione di “Ambiente Sud, materiali di lavoro per la rinascita del sud”, nel quale si cerca di fotografare attraverso l’analisi di alcuni parametri ambientali le fragilità e le debolezze, ma anche le eccellenze di un territorio variegato ed eterogeneo che ci spinge a parlare di tanti Sud diversi, con esempi positivi di amministrazione efficiente, di scuole e università di livello, di comunità consapevoli e capaci, di territori che reagiscono all’illegalità e alla criminalità, di distretti e singole imprese all’avanguardia nell’innovazione tecnologica, di risultati in campo ambientale importanti.

“La rinascita del Sud è condizione sine qua non per la rinascita dell’intero Paese - ha dichiarato il presidente nazionale di Legambiente, Vittorio Cogliati Dezza, nel suo intervento di introduzione al dossier -, ma per realizzarla è necessario sfatare i luoghi comuni che zavorrano le potenzialità di questa parte del Paese, a partire dall’idea diffusa che il Sud sia stato inondato di risorse pubbliche, mentre, in realtà, la spesa pubblica pro capite nel Sud negli ultimi dieci anni è diminuita a vantaggio del Centro Nord. Idem per quel che riguarda l’idea che alcuni problemi appartengano solo a quelle terre, come ad esempio la gestione delle risorse territoriali: non c’è nessuna differenza tra aree geografiche in merito ai canoni di concessione delle cave o delle acque minerali,che le regioni potrebbero imporre. Oppure, per quel che concerne i ritardi nella realizzazione delle opere pubbliche o l’incapacità di indirizzare gli sforzi sulle infrastrutture che servono. La stessa diffusione dell'illegalità mafiosa al Nord rientra in questo quadro. Il Sud è certamente un’area carica di debolezze e fragilità, ma sempre con importanti e significative eccezioni”.
Bisogna partire dalla valorizzazione delle novità che i tanti Sud stanno producendo, avviando una nuova programmazione delle risorse - come tentò di fare Carlo Azeglio Ciampi quando era ministro del Tesoro - concentrando l’intervento pubblico sul miglioramento delle condizioni di contesto perché il fattore fondante per lo sviluppo di qualità del Sud sta nel miglioramento delle condizioni civili, culturali, sociali e ambientali di tutta l’area. Tutto ciò come condizione di ordinarietà, fuori dall’emergenza e dagli interventi straordinari, portando a sistema le esperienze migliori, trasformandole in norme ed incentivi. Promuovendo cornici istituzionali variabili, favorendo l’aggregazione di nuove omogeneità territoriali senza badare ai confini amministrativi, costruendo un nuovo livello di collaborazione tra Regioni perché le politiche strategiche convergano verso un unico obiettivo: migliorare il contesto civile, culturale, sociale e ambientale, dotandosi anche di strumenti di verifica e valutazione delle politiche stesse. Per costruire un contesto di qualità diffuso, non si può non prescindere da due grandi leve: l'istruzione e l’ambiente. Serve infatti più cultura, e più diffusa, per avere un livello superiore di consapevolezza delle sfide che ogni cittadino, ed il Paese nel suo complesso, si trova ad affrontare, per valorizzare al meglio le risorse umane di un territorio e per cogliere le vocazioni specifiche di un ambiente.

La qualità ambientale poi, è l’espressione diretta della coesione sociale delle comunità e della loro permeabilità al nuovo, della qualità del governo locale, del tessuto produttivo e delle opportunità occupazionali, della cultura che quel territorio esprime. Alcune politiche in questa direzione si sono avviate e soprattutto ci sono esperienze diverse che stanno concretamente trasformando le questioni ambientali in risorse per l’innovazione. E’ così nel settore dei rifiuti, dove crescono i comuni ricicloni e città come Salerno fanno registrare risultati di grande rilievo nella raccolta differenziata; è così nel settore dei trasporti regionali dove la Campania ha realizzato un sistema che può essere assunto come modello per tutte le Regioni e a Bari le politiche dei trasporti urbani hanno raggiunto risultati di assoluta eccellenza; è così per il settore delle energie rinnovabili, dove la Puglia è riuscita a imprimere un’accelerazione per niente scontata.
Non mancano, ovviamente, in questo quadro le contraddizioni, i ritardi e gli errori catastrofici. Tra questi sicuramente la grande piaga dell'illegalità, la questione della sicurezza idrogeologica che rappresenta un vero buco nero e l’uso dissennato che è stato fatto del territorio nei decenni passati che pesa come un macigno sull’attuale classe dirigente e sulla sicurezza di tutti.
Nel complesso però, i ritardi evidenti del Sud potrebbero trasformarsi oggi in leve per la rinascita, se si riesce a capire e a condividere la sfida che accompagnerà i prossimi decenni.

La tendenza verso un’economia a basse emissioni di CO2 infatti, comporterà nuovi prodotti, diversi consumi, nuova organizzazione del trasporto e del vivere in città, e questo aprirà la porta anche a nuovi lavori, nuove imprese, spazi per la ricerca e l’innovazione di processo e di prodotto. In questa sfida, che riguarda tutto il Paese e l’Europa, occorre sapere che il Sud può e deve giocare un ruolo eccezionale.
I dati, che presentiamo nel dossier confermano che il divario tra Sud e Centro-Nord ovviamente c’è, che si affastellano insieme problemi storici e strutturali e nuove emergenze, ma anche che ci sono numerosi segnali di novità e di esperienze positive. Quello che manca è una politica nazionale coerente che, a partire da quelle che oggi sono “eccezioni positive”, le porti a sistema, inaugurando un “modello Sud” originale e capace di migliorare le condizioni di chi al Sud vive e vuole continuare a vivere.

Nel dossier, oltre all’introduzione di Vittorio Cogliati Dezza, dal titolo Il Mezzogiorno terra di eccezioni, … e se le eccezioni fossero la regola?, interventi di Luca Bianchi, vicedirettore Svimez (Le risorse per il Mezzogiorno), Sebastiano Venneri (Il peso dell’illegalità) e Antonio Nicoletti (La conservazione della natura nelle strategie di sviluppo locale del Sud), seguiti da una serie di articoli e schede dedicate a “Settori, modalità d’intervento e proposte per un piano di sviluppo delle regioni del Mezzogiorno” così articolati: il territorio (Il rischio idrogeologico, Le cave, Il rischio incendi); la gestione delle risorse ambientali (Le risorse idriche, I rifiuti urbani, Le energie rinnovabili, L’agricoltura di qualità, L’impatto ambientale dell’industria, Il fenomeno delle ecomafie); Abitare e muoversi (Le città capoluogo viste da Ecosistema Urbano, I pendolari, Il Piano casa); la conoscenza per lo sviluppo (Il sistema dell’istruzione, I beni culturali).

fonte: lanuovaecologia.it

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