venerdì 27 marzo 2009

Vivere (e morire) con l'amianto in casa

Il signor Vladimiro Tacca era il custode di una fabbrica di Paderno Dugnano. Ha vissuto lì con la famiglia dal 1974 al 1994. Tra le sue mansioni c'era anche quella di spazzar via le foglie dal tetto e dalle grondaie del capannone in Eternit. Tre anni fa s'è ammalato. Mesotelioma, è stata la diagnosi. In un anno se n'è andato. Aveva 76 anni. In via Russoli, a Milano, di storie come quella del signor Vladimiro gli abitanti delle case Aler ne mettono in fila diverse: quella del signor Giorgio, operaio dell'Alfa; del signor Luigi, finanziere; del signor Giacomo, commerciante. «Tutti morti perché vivevano in case piene d'amianto». La sua storia, invece, Luisa Minazzi, 56 anni, ex dirigente scolastico di Casale Monferrato, la racconta in prima persona: «Non ho mai lavorato in fabbrica, ma mi sono ammalata per colpa delle polveri dell'Eternit; il nostro cortile e il tetto del garage erano fatti con gli scarti della lavorazione che venivano regalati».

Vittime non solo in fabbrica
Le vittime dell'amianto, tra i 3.000 e 4.000 l'anno, non sono più solo ex lavoratori: «In tre casi su dieci, uomini e donne in pari misura, ci si ammala e si muore di mesotelioma (il cancro della pleura causato quasi esclusivamente dall'amianto) o cancro ai polmoni a causa di esposizioni extra professionali», spiega Alessandro Marinaccio, responsabile del Registro nazionale dei mesoteliomi dell'Ispesl. Vale a dire: «Gli ex lavoratori continuano a morire, ma sono sempre di più anche le persone che si ammalano dopo essere venute in contatto con l'amianto nell'ambiente, anche in casa. Non c'è una soglia minima, basta una piccola esposizione», denuncia il presidente dell'Associazione italiana esposti all'amianto Fulvio Aurora, ricordando come «il numero totale delle vittime ogni anno sia tre quello delle morti bianche». In contatto nell'ambiente, vicino alle fabbriche, ma non solo: degli oltre tre milioni e 700 mila tonnellate di amianto lavorati dal Dopoguerra, il 70% è stato impiegato nell'edilizia. Il British Journal of cancer denuncia l'aumento di carpentieri, elettricisti e idraulici tra le vittime dell'amianto. E ancora lo si trova ovunque: tetti, tubature, pavimenti in vinil-amianto. Entro il 2015 dovrà essere del tutto smaltito.

Il bando e la mappatura che non c'è
In Italia l'amianto è stato messo al bando nel '92 ma ancora ne esistono migliaia di tonnellate: se ne stimano 23 milioni. Già la legge 257 ha imposto alle Regioni un censimento, innanzitutto dell'amianto friabile, il più pericoloso. Un obbligo ribadito e regolato dalle successive normative. Ma a oggi, dopo 17 anni, quattro Regioni sono ancora inadempienti: «Calabria, Lazio, Sicilia e Provincia autonoma di Trento non hanno ancora consegnato alcun dato», dicono dal ministero dell'Ambiente. E anche leggendo i numeri forniti dalle altre Regioni si capisce che la mappatura è ben lontana dall'essere realizzata: dei 23 mila siti segnalati al ministero quasi 15 mila sono nelle Marche. «C'è chi ha segnalato solo gli stabilimenti dismessi, chi la presenza di amianto in scuole e ospedali, chi (pochi) nelle abitazioni», dice Achille Marconi del registro dell'Istituto superiore di sanità. «Ma sia chiaro: l'amianto non è pericoloso in assoluto, lo diventa quando si degrada e rilascia fibre». Bussando alla porta delle singole Regioni si capisce che le banche dati locali sono più ricche ma la raccolta dei dati non è armonizzata. E va ovunque a rilento. La colpa? «Mancano le sanzioni, per enti locali e cittadini», concordano addetti ai lavori, magistrati e l'Aiea. In Lombardia: «18.236 strutture private e 3.326 pubbliche censite, più 2.800.000 metri cubi di cemento amianto mappato con il telerilevamento». In Emilia Romagna: «Dei 31.0000 edifici censiti 1.889 i positivi, per il 40% condomini anni 1965-1983». Nell'«inadempiente» Lazio la mappatura è stata avviata a ottobre ma solo su edifici pubblici o aperti al pubblico. I dati saranno ora inviati al ministero ed enti competenti. «E quando arriveranno non è detto che saranno incrociati con quelli epidemiologici per attuare piani di intervento mirati e urgenti», dice Pietro Comba, dell'Iss. «La legge impone una conferenza all'anno. Dal '92 ne è stata fatta solo una». La competenza, dicono dall'Ambiente, «è della Commissione nazionale amianto del ministero della Salute». Ma da lì non sono arrivati né dati né risposte.

Casale Monferrato e Broni
Eppure Casale Monferrato, dove la Eternit è stata attiva fino al 1986, è una ferita aperta. Bruno Pesce, coordinatore dell'Associazione familiari vittime dell'amianto, racconta come «oggi oltre i tre quarti dei nuovi casi di mesotelioma sono rappresentati da persone che non hanno mai lavorato in fabbrica: 45-50 nuove diagnosi l'anno». Il 6 aprile ci sarà la prima udienza preliminare del processo contro i vertici dell'Eternit: «Quasi 1500 vittime, di questi 250 cittadini (altre 200 pratiche pronte)». Casale è il centro più avanti sul fronte delle bonifiche: «Il piano interessa Casale e 48 comuni: gli edifici pubblici sono stati bonificati, ora siamo al 50% dei privati». Gli incentivi prevedono lo smaltimento gratuito del "polverino" e la copertura del 50% delle spese per la rimozione delle coperture in Eternit. Anche a Broni e dintorni (Pavia), «polverino» e scarti della Fibronit sono stati usati in larga misura. «Prima si sono ammalati gli ex operai, poi le loro mogli, di recente persone qualunque», spiega l'assessore all'Ambiente Mario Fugazza. Cinque centraline vigilano sull'ex stabilimento, ma qui nemmeno il censimento delle coperture, è stato completato: «Siamo all'80%: ha risposto solo il 25% dei cittadini». Il dito dell'assessore è puntato contro costi e mancanza di fondi: «Solo per la messa in sicurezza del sito servono 25 milioni, altri 10 per lo smaltimento: a oggi ne abbiamo ricevuti solo tre e altri tre sono stanziati».

Una soluzione che costa
Esclusi i fondi per il Programma nazionale bonifiche, il ministero dell'Ambiente nel 2001 ha stanziato 9 milioni per ulteriori risanamenti e per una mappatura completa. Altri 5 milioni sono stati previsti dalla Finanziaria 2008, di recente però annullati. Alcune Regioni hanno stanziato fondi propri. Il Veneto sta per approvare 15 milioni di incentivi. «Noi — afferma Gianfranco Bertani, direzione generale Sanità della Lombardia — avevamo stanziato un milione per il 2006-2007: i cittadini hanno presentato richieste per 50.000 euro, la delibera è stata sospesa». I piani regionali impongono ai proprietari degli immobili di denunciare all'Asl la presenza di manufatti in amianto friabile, alcuni anche quelli di cemento-amianto. «Non tutti i Comuni hanno però inviato le lettere informative. E quando l'hanno fatto non tutti i cittadini hanno risposto», dice Pietro Membri, presidente dell'associazione degli amministratori di immobili Anaci. «Mentre in Francia sono previste sanzioni per proprietari e amministratori (nell'atto di vendita bisogna attestare che nell'abitazione non è presente amianto) in Italia tutto tace», spiega il senatore Pd Felice Casson, firmatario di una proposta di legge che prevede tra l'altro anche l'indennizzo delle vittime civili. L'autodenuncia ha un costo a carico del privato: bisogna chiamare un'impresa certificata, fare una valutazione del rischio. Solo per un sopralluogo si va dai 150 ai 200 euro. Se poi si deve procedere alla bonifica, ad esempio di un tetto, si parla di migliaia di euro tra rimozione e smaltimento in discarica. Quelle autorizzate sono poche, le più grandi in via di esaurimento. Quelle individuate per sostituirle, come in provincia di Cremona, sono già diventate bersaglio della protesta dei cittadini. E quelle abusive ormai non si contano. Non è un caso che, come rivela uno studio dell'ospedale Montaldi di Napoli, un record di vittime da esposizione ambientale si registri proprio nelle aree dell'emergenza rifiuti: lì le persone colpite da mesotelioma sono aumentate del 50% in cinque anni. Più di nove su dieci non avevano mai lavorato in fabbrica.

fonte: corriere.it

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