IL PRIMO «BOTTINO» - La prima battuta di pesca della stagione, iniziata ufficialmente il primo di settembre, si è conclusa con un «bottino» di un centinaio di delfini dal naso a bottiglia e di una cinquantina di balene pilota. La prefettura di Wakayama, in cui si trova la città, ha dichiarato che dei cento delfini catturati, i 40 o 50 esemplari più belli saranno venduti agli acquari, mentre gli altri saranno nuovamente rilasciati in mare. La carne di balena, invece, sarà venduta ai mercati del pesce per essere consumata. La quota assegnata ai pescatori giapponesi dalla International Whaling Commission per quest'anno è di 240 pezzi, tra delfini e balene. Sulla liberazione dei delfini non destinati all'industria dello spettacolo, però, i gruppi animalisti e ambientalisti nutrono seri dubbi.
IMMAGINI RUBATE - L'avvio della stagione è stato contrassegnato dalle proteste e dagli scontri verbali tra i sostenitori della causa animalista e i pescatori della città, che a quanto riferiscono le cronache non hanno affatto gradito l'essere diventati protagonisti di un film. La pellicola era stata realizzata di nascosto, con telecamere radiocomandate mimetizzate tra gli alberi e registrazioni subacquee, dopo che invano i due registi avevano tentato di ottenere l'autorizzazione delle autorità ad effettuare le riprese alla luce del sole. Un diniego interpretato come la volontà di non far sapere come le cose stiano veramente. Le riprese effettuate in gran segreto avevano consentito ai due registi di raccogliere immagini agghiaccianti, come altre ne erano arrivate in passato - sempre catturate di straforo dagli animalisti -, e su tutte quella ormai tristemente famosa del mare completamente colorato di rosso dal sangue degli animali arpionati. Immagini, quelle del nuovo documentario, in grado di sconvolgere gli stessi giapponesi spesso ignari di cosa ci sia dietro i pezzi di pesce già ripulito, porzionato e confezionato che si ri trovano sugli scaffali dei supermercati, come ben si vede in una scena del documentario, accolto con grande interesse in tutto il mondo ma che con tutta probabilità avrà difficoltà a fare breccia in Giappone.BUSINESS E TRADIZIONE - Il Paese asiatico ha sempre difeso la propria pesca tradizionale e non a caso è uno di quelli che non ha sottoscritto la moratoria internazionale contro la caccia alle balene. Caccia che le sue navi continuano regolarmente a praticare, con la scusante della cattura a scopi «scientifici». Quanto ai delfini, le autorità nipponiche e le associazioni dell'industria ittica hanno spesso fatto notare che il consumo di carne di delfino o di balena non può essere contestato dalle popolazioni occidentali, che consumano altri tipi di carne senza che questo appaia come un sacrilegio. Insomma, da una parte i delfini e dall'altra manzo e maiali. «E' esattamente la stessa cosa» dicono alcuni abitanti della zona di Taiji, nelle corrispondenze delle agenzie di stampa. Non solo: molti ricordano come la caccia ai mammiferi marini non sia soltanto un business, ma una tradizione culturale, tanto che ogni anno vengono organizzate cerimonie rituali per rendere omaggio agli spiriti dei delfini e delle balene morte.
DELFINI PER BALENE - Gli animalisti però non ci stanno e ricordano come i delfini finiscano «per sbaglio» nelle reti gettate per catturare le balene e come spesso, nei ristoranti, la carne di delfino sia spacciata come carne di balena, particolarmente ricercata e per questo più costosa. Non solo: denunciano livelli di inquinamento da mercurio particolarmente elevati per i mammiferi che vivono in queste acque e che si trasferiscono poi, di conseguenza, nei piatti degli ignari consumatori. Il massacro che si perpetua anno dopo anno, è insomma il messaggio, non è solo crudele, ma anche dannoso in primo luogo per l'uomo.
fonte: corriere.it
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