giovedì 24 settembre 2009

La lotta al global warming efficace se interna a un nuovo paradigma economico

Dalla lotta ai cambiamenti climatici passa la sostenibilità ambientale e sociale del pianeta e dunque il futuro delle prossime generazioni. A patto però che attraverso di essa si costruisca anche un nuovo paradigma economico. La dissipazione senza soluzione di continuità delle risorse di energia e di materia è ciò che porterà davvero alla catastrofe del genere umano.

Ridurre la nostra impronta ecologica è possibile e auspicabile solo attraverso accordi globali - visto che di una governace neppure se ne parla più - come quello di Copenhagen e dunque è di buon auspicio che ieri a New York intanto un certezza la si è imposta: il global warming esiste e tutti gli Stati sono disposti a ridurre drasticamente le proprie emissioni di C02.

Non vale la pena ‘ragionar' di quelli come Franco Battaglia che ancora negano il climate change ipotizzando un complotto internazionale a favore della lobby dei pannelli fotovoltaici e delle pale eoliche e quindi guardiamo e passiamo oltre verso le cose davvero serie.

L'asse trainante è ora quello rappresentato da Giappone, Gran Bretagna, Germania e Francia con gli Stati Uniti e la Cina che finalmente sembrano pronti a mettere numeri concreti dietro le belle parole (e Greenpeace per esempio già critica l'intervento di Obama). Tutti insomma - a parte l'Italia sulla cui condotta è meglio sorvolare e leggersi altri pezzi di greenreport di oggi - sono convinti della necessità di agire, non poco rispetto a quanto accaduto in passato, ma ancora niente rispetto a quanto effettivamente si deve fare. In tutto questo percorso virtuoso tuttavia vogliamo come sempre alzare l'asticella della discussione e dell'analisi.

Ridurre le emissioni significa risparmio ed efficienza energetica, significa energie rinnovabili, significa anche tecnologia al servizio dell'ambiente. Dalla disamine degli interventi dei leader mondiali questo viene interpretato però anche con più nucleare e scommessa sul carbon capture. La questione climatica-energetica dunque è molto complessa e che questa venga risolta con più nucleare è tutto da dimostrare.
Come l'impatto ambientale del carbone non lo si risolve semplicemente con la cattura delle emissioni di C02 delle centrali alimentate a coke.

L'impressione dunque è quella di voler trovare una medicina al malato, senza voler intervenire sulle ragioni della malattia. Metter mano ai flussi di energia per ridurre le emissioni deve andare di pari passo con il metter mano ai flussi di materia perché altrimenti la sostenibilità ambientale e sociale resta un miraggio.

Con un paradigma economico centrato sull'ecologia - e quindi dove i due corni del problema vengono affrontati contemporaneamente - tutte le caselle per la riduzione dell'impatto antropico possono pur con grandi sacrifici andare al loro posto. Ridurre le emissioni, per fare un esempio, semplicemente mettendo dei filtri (o catturando la C02) non renderebbero le fonti energetiche fossili rinnovabili e quindi non risolverebbero il problema se si guarda al futuro del pianeta.

Così non si può sperare in una sostenibilità ambientale e sociale se l'idea della crescita resta dominante e il problema sembra solo quello di trovare un nuovo consumatore al posto di quello americano e si chiede alla Cina di darsi alla pazza gioia. Affrontare un problema alla volta è una strategia valida se si sa dove si vuole arrivare e come, insomma se si tratta di una strategia vera e propria, se invece è la strada scelta perché la più semplice (parola che con questo contesto appare abbastanza fuori luogo) si rischia di non arrivare mai a una soluzione duratura.

fonte: greenreport.it

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