giovedì 17 settembre 2009

Lamento «alla Vate» di una categoria

Pioggia e polemiche in tutta Italia. I media nella bufera. Lamento di una categoria, come l’avrebbe scritto il Va­te.

Taci. Su le soglie / del losco non odo / parole che dici sane; ma odo parole non nuove / che parlano furie e voglie lontane. / Ascolta. Piove dalle nuvole sparse. / Piove su candidate ministre e comparse, / piove su Fini scaglioso ed irto, / piove su i papi divini, / su i fatti recenti all’estero accolti, / su i colleghi ebbri / di promozioni recenti, / piove sulle nostre chiusu­re la sera, / piove sulla nostra tastiera ignuda, / su i nostri pati­menti leggeri, / su stanchi pensieri che l’anima schiude, / po’ rella, su la favola bella / che ieri c’illuse, che oggi c’illude, o Ita­lia. Odi? La pioggia cade su la solitaria apertura con un crepitio che dura / e varia nell’aria secondo le bande / più rudi, men rudi. Ascolta. Risponde al pianto il canto / delle cicale aziendali, / che il senso professionale non impaura, / né il ciel cinerino. E il Tigì ha un suono, e Chi altro suono, e il Giornale / altro ancora, strumenti diversi / sotto le stesse dita. E stremati noi siam tra destre e sinistre, / d’amare risse travolti; e il tuo volto stanco / è molle di pioggia come una sfoglia, / e il tuo bel nome sbiadisce eccome / trimestre dopo trimestre, o luogo terrestre che hai no­me Italia.

Se non siete tipi poetici, met­tiamola in modo prosaico. In una democrazia sono i media che con­trollano il potere, non il potere che controlla i media. Vedere il giornali del Capo che assaltano i critici del Capo non è un bello spettacolo: mi dispiace, Vittorio.

E «Porta a Porta», martedì,per­ché è stato un errore? Per almeno tre motivi: ha reso retorica una cosa bella (la consegna delle prime case ai terremotati); ha mo­strato, con quegli ascolti infimi, che il monologo autocelebrati­vo ha fatto il suo tempo (forse anche a Cuba e a Caracas, certa­mente in Italia); ha mostrato che Silvio Berlusconi controlla, se vuole, tutta la televisione in chiaro (spostato «Ballarò» di Rai Tre, cancellato «Matrix» a Canale 5).

Quest’ultimo punto è fondamentale. Solo tonti, distratti e ma­lintenzionati pensano che la Tv non pesi nella formazione del consenso. Non fosse così, spiegatemi perché i candidati presi­denziali americani spendono gli ultimi soldi in martellanti spot Tv. Oppure ditemi come mai il russo Putin ha vietato ogni criti­ca dal piccolo schermo. Giornali e libri, passi. Televisione, niet.

Il nostro Capo dice: «Non possiamo più sopportare che la Rai sia l’unica televisione pubblica al mondo che attacchi il gover­no». Sincero, ma inesatto (tutte televisioni pubbliche criticano il governo). E incompleto. Avrebbe dovuto aggiungere che la te­levisione privata è sua e — ovviamente — non è autorizzata ad attaccare il proprietario. Ergo, la TV italiana — tutta — dovreb­be star buona: solo elogi, niente critiche. Be’, non è così che funziona una democrazia. E se dicendo questo rientro nel Club dei Farabutti, così sia.

fonte: corriere.it

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