Da qui si capisce come mai l'economia ecologica non ha e non può avere un cuore anti-industrialista nonostante ne riconosca i danni fatti in passato e nel presente, bensì creda nella riconversione del settore come unica strada per battere davvero la strada che conduce alla sostenibilità ambientale e sociale. E' l'economia che depaupera le materie prime e consuma energia, ma l'economia è l'uomo. L'economia non ha forza propria. L'economia può essere orientata dal mercato, ma anche (se non si vuole che il marcato faccia da sé) dal governo della polis. E dunque se la forza dell'industria italiana è il manifatturiero e se si ha come orizzonte la green economy come in passato anche la leader di Confindustria Emma Marcegalia ha detto - pur se inquadrandola come driver della crescita e non come obiettivo assoluto - quanto ha sostenuto Romano Prodi (Nella foto) ieri è sottoscrivibile dalla prima all'ultima parola: «Non ci sono più studi empirici e questo è molto grave: l'industria non la studia più nessuno e si danno premi Nobel ad economisti che elaborano modellini astratti su cui si fondano hedge fund che poi falliscono senza che i premi vengano restituiti». Per il peso che l'industria italiana ha sul Pil - si legge sul Sole - resta nettamente superiore a quello che ha altrove: dopo la Germania, siamo il secondo paese manifatturiero d'Europa, ed è «da lì che dobbiamo ripartire per uscire dalla crisi». Per tutte queste ragioni - si legge più avanti - è ora di riscoprire la centralità dell'industria manifatturiera senza paura di mettere in campo moderne politiche industriali e di puntare su settori nuovi che facciano leva sull'innovazione: «E preoccupante che negli ultimi 25 anni l'Italia non abbia lanciato alcun nuovo prodotto a consumo di massa» e quali sarebbero per Prodi "i nuovi settori verso cui dovrebbe orientarsi l'industria italiana?". «Principalmente due - spiega - salute-scienze della vita ed energia-atnbiente». Per sviluppare progetti e investimenti in questi campi molto dipende dagli imprenditori ma tutti devono fare la loro parte, ricordando, che «dalla crisi si esce con le guerre o con l'innovazione». «Dei problemi dell'industria del futuro - prosegue - bisogna parlare anche con le banche, sapendo che non fanno opere di carità ma che possono essere incentivate a sostenere investimenti in campi promettenti» e bisogna collegarli, ecco uno dei compiti essenziali della politica, a un diverso modo di organizzare la formazione e la ricerca.
Se si pensa che il governo Prodi ha dato vita a Industria 2015, ha posto le basi per una contabilità ambientale, varato gli incentivi per le energie rinnovabili e l'efficienza energetica, aggiungendo l'evoluzione verso i temi della sostenibilità ambientale e sociale fatti dall'ex ministro Padoa Schioppa, qualche rimpianto viene e dovrebbe venire anche a chi quel governo ha fatto cadere, ma ora quello che conta è altro. Conta premere anche su istituzioni non particolarmente aperte sull'economia ecologica (come l'attuale maggioranza) mostrando che questa è già in atto - e gli esempi sono moltissimi per fortuna - in modo che sia costretta a fare determinate scelte, con la speranza che presto o tardi una forza veramente ambientalista che col tempo significherà sempre più ‘realista' porti anche l'Italia ad ergersi a protagonista di questo necessario e virtuoso cambiamento.
fonte: greenreport.it
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