Lui c’era e ricorda: «Nelle navi in quel momento c’era una certa quantità di fusti che non erano stati smaltiti all’estero...». I motoscafi li procurò Franco Muto, boss di Cetraro, al quale andarono 200 milioni di lire per il disturbo; dall’Olanda arrivarono una decina di casse di esplosivo militare; il carico finito in fondo al mare, invece, secondo il pentito era di origine norvegese. Al magistrato racconta i preparativi con Muto: «Ci siamo incontrati in quel negozio di mobili. Spaccarotelle è il nome del mobilificio. Noi gli abbiamo detto che avevamo bisogno di un paio di motoscafi e lui ha detto: 'No, non ci sono problemi. Quanto grandi li volete? Da altura, da mezzo mare?'. E ci procurò due motoscafi. Noi caricammo... il materiale esplosivo l’avevamo portato da San Luca e, da Cetraro Marina, alla fine del lato Nord, c’erano i motoscafi, fin là si può arrivare anche con le macchine sulla strada interna del lungomare... Abbiamo preso le casse di esplosivo, le abbiamo messe sui motoscafi e siamo partiti al largo, siamo arrivati alle navi, gli autisti dei motoscafi hanno aspettato, noi abbiamo fatto il trasbordo e le abbiamo lasciate lì. Il giorno dopo siamo tornati di nuovo per sistemare l’esplosivo nei punti dove doveva esplodere per far imbarcare l’acqua e mandarle a fondo. Solamente che affondarle tutte e tre assieme lì abbiamo pensato che non era tanto intelligente, e abbiamo deciso una di farla affondare lì, le altre due di mandarle una verso lo Ionio, a Metaponto, e l’altra verso Maratea ». Il magistrato, quasi stupito, gli chiede del viaggio a Metaponto, e Fonti spiega: «Ma sopra c’era l’equipaggio eh...! Faceva tutto il giro» dello Stretto di Messina.
Qualcuno sostiene che nel Mediterraneo la criminalità organizzata, dagli anni ’80, potrebbe aver affondato decine di navi cariche di veleni. Sono state disegnate trame complicatissime, che coinvolgerebbero uomini dei servizi, politici, faccendieri di tutto il mondo, fra Olanda e Somalia, Calabria ed ex Jugoslavia.
Molte cose restano da verificare, ed è difficile. «Ma il velo è squarciato, nessuno può più sostenere che le navi non ci sono», dice Bruno Giordano, capo della Procura di Paola dal luglio 2008. È il magistrato che ha riannodato le fila di un’inchiesta che si trascinava da tempo. Prima ha scoperto lungo il greto del torrente Oliva, tra Aiello Calabro e Serra d’Aiello, la presenza di metalli pesanti, radioattività di origine artificiale, «quantità rilevantissime di mercurio». Poi, mesi fa, sul suo tavolo è arrivato un documento dell’Arpacal, una rilevazione condotta nel Tirreno: fuori da Cetraro sottacqua c’era qualcosa di lungo, almeno 80 metri. La Marina non aveva mezzi a disposizione, Giordano si è rivolto a Silvio Greco, assessore all’Ambiente della Regione Calabria e biologo marino, che ha trovato un robot in grado di ispezionare i fondali. E siamo a sabato scorso: a 500 metri di profondità, al largo di Cetraro, nel tratto di mare indicato da Fonti, il robot filma un relitto. «Laggiù la pressione è 50 atmosfere — dice Greco —: la telecamera ha inquadrato almeno un fusto quasi del tutto schiacciato. Gli altri dovrebbero essere nella stiva: ora bisogna capire che cosa contengono e come trattarli. Poi vanno cercate le altre due navi di cui parla il pentito ». Francesco Fonti non fa più parte del programma di protezione per collaboratori di giustizia, si nasconde in centro Italia, ma se il suo racconto è attendibile, e ora smentirlo è più difficile, le altre due navi potrebbero trovarsi fra 3 e 5 mila metri di profondità. Oggi Greco sarà a Roma, a parlare con i tecnici del ministero dell’Ambiente. Forse un giorno verrà ascoltato anche il dottor Giacomino Brancati, medico e consulente della Procura. La sua relazione fa paura. «Si può confermare l’esistenza di un eccesso statisticamente significativo di mortalità nel distretto di Amantea rispetto al restante territorio regionale, dal ‘92 al 2001, in particolare nei comuni di Serra d’Aiello, Amantea, Cleto e Malito ». Parla di tumori maligni di colon, retto, fegato, mammella. Invita a indagare lungo il corso dell’Oliva.
Ancora dal verbale di Fonti: «Avvenne di sera, era buio. Eravamo già gennaio, quindi verso le 7 e mezzo di sera... C’erano dei detonatori, però a breve portata, mi sembra 300 metri. Sono stati fatti brillare dal motoscafo». Quante altre volte è successo? E chi ha comprato i servizi della ‘ndrangheta per liberarsi di rifiuti tossici?
fonte: corriere.it
2 commenti:
necessita di verificare:)
imparato molto
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