LO STUDIO – Le variabili tenute in considerazione dai ricercatori nella compilazione dello studio sono il prezzo del cibo, il livello della popolazione, il numero dei conflitti e, ovviamente, i dati sul clima. Tutte queste informazioni sono state messe in relazione fra loro, portando gli scienziati a concludere che ogni cambiamento climatico causa una riduzione del raccolto, da cui deriva poi l'aumento dei prezzi degli alimenti, che genera fame. E la fame a sua volta porta a tensioni sociali che sfociano generalmente in conflitti violenti. Teoria, questa, per certi versi già sposata dal segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-Moon, che in un recente articolo del Washington Post ha definito la guerra nel Darfur come "un conflitto alimentato in parte dalla desertificazione, dalla degradazione ecologica e dalla scarsità di risorse"; dal clima, quindi.
IL FUTURO – Le variazioni nella temperatura non sono certo l'unico fattore determinante quando si vuole ricercare una correlazione tra clima e guerre, ma di sicuro un clima insolitamente molto caldo o molto freddo è in grado di esasperare situazioni già di per sé tese e precarie, mentre storicamente un riequilibrio delle temperature pare abbia sempre portato a un raffreddamento delle tensioni. Gli studiosi guardano con interesse e preoccupazione al modello elaborato presso il Georgia Institute, poiché ritengono che possa essere d'aiuto nella previsione di conflitti futuri: sappiamo infatti che il nostro pianeta di sta surriscaldando, e che questo influirà sicuramente sulle coltivazioni, e se la società non riuscirà ad affrontare adeguatamente i problemi che sicuramente ne deriveranno, il risultato potrebbe essere ancora una volta la nascita di un conflitto.
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