martedì 13 novembre 2007

"E' l'ora di una rivoluzione ecologica, che punti sul sole"

Un anniversario per riflettere. A vent'anni di distanza dal referendum dell’8 novembre 1987 che ha sancito la chiusura delle centrali nucleari in Italia, il tema dell'energia nucleare torna di grande attualità nel Bel Paese, in un momento in cui le prime avvisaglie di una futura crisi energetica diventano concrete. L'8 novembre 1987, 21 milioni di italiani dissero "no" all'energia atomica in Italia. Oggi, la questione del nucleare è di nuovo in discussione, e l'anniversario di quella data può di certo rappresentare un'occasione in più per riflettere su energia, riscaldamento globale e fonti rinnovabili.

Gli italiani preferiscono le energie pulite

L’emergenza climatica e ambientale in atto e la richiesta sempre più ingente di risorse energetiche rendono necessarie nuove strategie di approvvigionamento, che permettano di superare la dipendenza dal petrolio e da tutte le altre fonti fossili. Va sottolineato, però, che la ricetta suggerita da alcuni sostenitori dell’energia atomica non convince in primo luogo l’opinione pubblica del Paese: l’esortazione a sviluppare il nucleare per combattere il problema del riscaldamento globale, secondo un recente sondaggio pubblicato su la Repubblica, è condivisa solo dal 38% degli italiani, di fronte a un 56% che si dice invece contrario a questa possibilità. Ancora più netta è la contrarietà all'energia atomica se dal generico si passa al particolare, domandando agli italiani se sono disposti ad accogliere un nuova centrale nei pressi del loro comune di residenza. In questo caso i "no" salgono al 70 per cento, contro un 25 per cento di favorevoli e un 5 per cento di indecisi. La maggioranza dei cittadini, insomma, non vede nel ritorno al nucleare una soluzione accettabile, preferendo invece il potenziamento delle fonti rinnovabili e pulite per arginare la crisi energetica e rispettare la riduzione delle emissioni di gas serra imposte dal Protocollo di Kyoto e dall'Unione Europea.

"Portare avanti la rivoluzione ecologica dell'Italia. Il futuro sono le fonti rinnovabili"

"C’è una rivoluzione ecologica già in atto nel nostro Paese, adesso è il momento di portarla avanti con grande impegno". Questo l'auspicio del ministro dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare Alfonso Pecoraro Scanio, escpresso in occasione della cerimonia inaugurale di Ecomondo 2007, l’undicesima edizione della fiera internazionale del recupero di materie ed energia e dello sviluppo sostenibile, in corso a Rimini. Il Ministro ha ricordato il boom dell’energia solare fatto registrare in Italia nell’ultimo anno: "In un anno in Italia c'è stato il raddoppio del fotovoltaico grazie all'energia solare. Dobbiamo andare avanti di questo passo. Bisogna intervenire in alcuni settori strategici per dare ulteriore impulso allo sviluppo delle fonti rinnovabili e pulite e per divulgare una buona educazione ambientale, ponendo le basi di una autentica rivoluzione ecologica, che punti davvero sul sole, la nostra fonte di energia più grande".

"Con il no al nucleare nel referendum di venti anni fa - ha continuato il Ministro - gli italiani salvarono il Paese: fu una scelta intelligente e lungimirante perché il nucleare, ad oggi, e' l'energia piu' costosa e pericolosa del pianeta. Non a caso, ieri sera e' stata chiusa una centrale in Romania, nei mesi scorsi in Giappone".
"Il futuro - ha aggiunto - sta nelle fonti rinnovabili, nell'energia solare, nell'uso migliore delle fonti fossili. E non e' un caso che in tutti i sondaggi seri gli italiani risultino, per la stragrande maggioranza, contrari a ospitare una centrale nucleare'nella propria regione".

Nel suo intervento il ministro Pecoraro Scanio ha poi ribadito come il Parlamento europeo abbia votato a maggioranza per il sole e l'idrogeno non condividendo le tesi dei sostenitori del nucleare e del carbone. "Lo Stato– ha aggiunto il Ministro – deve investire sull'innovazione come sta facendo per esempio a Reggio Calabria, dove sono stato ieri: la Regione ha ceduto un terreno dove sorgerà la prima centrale termosolare da 50 megawatt. E in questa nuova prospettiva sarà importante stimolare anche il mondo delle imprese. È l'unica soluzione planetaria per il futuro". Non si può risolvere un problema con lo stesso modo di pensare che l'ha creato, diceva Albert Einstein. Con il petrolio in corsa verso i 100 dollari al barile, per far fronte a smog ed effetto serra non basta solo sostituire i combustibili fossili, ma conviene ripensare la struttura centralizzata dell'attuale rete di distribuzione dell'energia, incoraggiando la microgenerazione. Solare, eolico, biomassa e micro-idroelettrico permettono oggi al consumatore non solo di produrre direttamente i Kw che consuma, ma anche di convogliarli nella rete elettrica nazionale generando un reddito nei momenti di picco produttivo o di basso utilizzo. A oggi, per il Gestore dei servizi elettrici (Gse) non ci sono restrizioni sui soggetti che possono conferire energia alla rete elettrica nazionale e la strada della microgenerazione è aperta sia a privati che a Pmi e amministrazioni pubbliche.

Microgenerazione all'italiana: il successo del Conto energia

La soluzione, di cui si parlerà anche a Milano il 22 e il 23 novembre durante «Le giornate della microgenerazione» a Palazzo Turati, promette di far bene sia al portafoglio che all'ambiente. Da solo, il settore residenziale è responsabile del 32% dei consumi nazionali (contro il 30% dei trasporti e il 28% dell'industria). Un altro vantaggio è che la produzione localizzata taglia le dispersioni di energia, spesso ben più alte dei consumi stessi. In Italia l'energia rinnovabile prodotta in maniera distribuita è appena il 5%, ma le esperienze non mancano in Germania (18%) e Danimarca (52%). In Italia una delle soluzioni più interessanti sul fronte della microgenerazione è senza dubbio il solare fotovoltaico, il quale, grazie agli incentivi del Conto energia che vanno da un minimo di 36 a un massimo di 49 centesimi di euro per Kilowattora prodotto, rende quello italiano uno dei mercati più interessanti anche per gli investitori esteri.
Un investimento che permetta di fornire fino a 20 Kilowatt per uso domestico, attraverso un impianto fotovoltaico con una durata di vita utile di 20 anni o più, è generalmente ripagabile in 10 anni e molti istituti di credito stanno cominciando a proporre prodotti specializzati per questi investimenti. Molti lamentano la complessità della burocrazia relativa alle autorizzazioni, ma il mercato mostra di gradire. Le registrazioni del Gse indicano che al 1 ottobre 2007 sono 3.548 gli impianti fotovoltaici entrati in esercizio con il Conto energia per una potenza di circa 37 Mw.

Esco: le imprese insieme per l'energia

Con l'evoluzione dell'efficienza del fotovoltaico grazie all'evoluzione tecnologia attesa nei prossimi anni sembra destinata ad aumentare. La tecnologia sta prendendo piede anche tra le Pmi che, accorpandosi, hanno la possibilità di diventare vere e proprie Esco (energy saving companies). Sulla costa adriatica, da Ferrara, Ravenna, Forlì, Cesena e Rimini sta riscuotendo successo il progetto "Riviera Solare" coinvolge 1.000 stabilimenti balneari sul tetto dei quali, a termine sorgeranno quasi 120mila mq di pannelli fotovoltaici con una produzione complessiva di circa 28mila MWh. La stessa energia, se prodotta da una centrale a carbone, ogni anno porterebbe al rilascio nell'atmosfera di 28mila tonnellate di CO2, 200 di anidride solforosa, 80 di ossidi di azoto e 15 di polveri sottili. Sul fronte dell'eolico l'Italia non sembra favorita dalla mappa dei venti e dall'opposizione di molti amministrazioni locali alle grandi turbine, ma arrivano dall'Università di Napoli le innovazioni della EolPower, che ha sviluppato e si appresta a produrre turbine ad asse orizzontale di piccola taglia da 5 e 20 kw per utenze remote e singole, e sta mettendo a punto turbine ad asse verticale da 1 a 3KW da installare in ambienti urbani e peri-urbani.

La cogenerazione da biomasse

Il campo della cogenerazione da biomasse è anch'esso in crescita. In questo caso gli impianti comprendono sia sistemi per il riutilizzo del calore prodotto da depositi di rifiuti animali o domestici e un motore a scoppio per la produzione di energia elettrica e calore. A Chieri, in provincia di Torino, il progetto Tandem avviato con il placet dell'amministrazione comunale, ha permesso l'installazione di un motore che può essere alimentato con i biogas prodotti da rifiuti o biomasse, ma anche da metano o gpl, in caso di scarsità, per produrre fino a 90mila Kwora l'anno. Il micro-idroelettrico (potenze inferiori ai 100 Kw) è una soluzione ancora poco sfruttata in Italia, ma interessante perché, anche se troppo piccoli per produrre certificati verdi, i produttori possono accedere a un mercato sicuro. Per il Gse, i prezzi minimi garantiti dell'energia per gli impianti idroelettrici di potenza nominale media annua fino a 1 MW sono 96,4 Euro/MWh per impianti 500 KWh annui. Nel Comune di Tovo San Giacomo, in provincia di Savona, il progetto che permetterebbe lo sfruttamento del salto d'acqua di 25 metri una piccola centrale idroelettrica degli anni 30 oggi dismessa, darebbe una potenza di 92 KW, in grado di produrre 390 MWora l'anno grazie a un investimento complessivo di 370mila euro.


Un quadrato di 210 per 210 chilometri. Poco più grande di metà della pianura padana. Ma nel Sahara.
«Questo quadrato ipotetico rappresenterebbe comunque poco più di un millesimo dei deserti esistenti – spiega il premio Nobel Carlo Rubbia – ma su di lui il Sole ogni anno irraggia in media 15 terawatt di energia, tanti quanti ne consuma l'intera nostra civiltà. E supponiamo, come ci dicono i trend, che al 2030 si vada al raddoppio. Si tratterebbe solo di aggiungere un altro millesimo di deserto solare, e di metterlo al lavoro».
Questo è il sogno energetico che ormai da più di un decennio muove centinaia di menti e di organizzazioni, pubbliche e private, non solo in Europa ma anche nel Nord-Africa, nel Mediterraneo e negli Usa. E non è solo un sogno, ma una necessità: «al 2025 l'Europa a 25 avrà un deficit elettrico di metà dei suoi consumi – dice Hans Muller-Steinaghen, del Dlr, centro aerospaziale tedesco – pari a oltre 230 gigawatt (l'Italia al 2030 per 16 gigawatt, ndr), a mano a mano che le vecchie centrali fossili verranno dismesse. E altri 230 aggiuntivi verranno dalla crescita dei consumi elettrici dei paesi Mediterranei e del Medio Oriente. Un fabbisogno enorme, che solo una fonte può sostenere: il grande solare desertico, l'unica con un potenziale di oltre cento volte gli scenari più estremi».

Per tre anni gli esperti tedeschi, guidati dal ministero dell'Ambiente di Berlino (insieme a colleghi giordani, marocchini, egiziani e algerini) hanno lavorato sugli scenari tecnologici di Trans-Csp e Med-Csp, due grossi volumi, irti di cifre e grafici, su come dovrà cambiare l'intero contesto energetico dei due continenti. Europa, Nord-Africa e Medio Oriente interconnessi da una sola rete elettrica ad alta capacità di trasporto in corrente continua, e grandi centrali solari termodinamiche a concentrazione desertiche (Csp, concentrated solar power) in grado di produrre e inviare centinaia di gigawatt di potenza fin nel nord-Europa, oltre a soddisfare i consumi locali (anche di acqua desalinizzata). Una visione grandiosa, quasi temeraria (uno dei suoi primi sostenitori, negli anni '90, è stato Carlo Rubbia), ma che ora comincia a diventare realtà.

Se ne è avuta una prova in occasione di World Solar Power 2007, la prima conferenza internazionale sul Csp tenutasi in Europa, a Siviglia. Una tre giorni che ha visto la partecipazione di un centinaio tra aziende, centri di ricerca e istituti finanziari provenienti da Europa, Usa e Medio Oriente. L'occasione per l'organizzatore, la spagnola Abengoa, di esibire la sua creatura solare nuova di zecca, la grande centrale Ps10 con i suoi 600 specchi da 120 metri quadri sempre puntati sulla torre centrale alta 115 metri a Sanlucar, capace di produrre 10 megawatt. Attiva dallo scorso giugno, Ps10 è la prima del suo genere di tipo commerciale (dopo una quindicina di torri solari di ricerca costruite negli ultimi venti anni) ed è già in costruzione Ps20, di doppia potenza (12mila case servite) e poi è allo studio Ps 50, con tecnologie ancora in fase di sviluppo.
Il caso spagnolo, infatti, è il primo e più massiccio segnale di movimento concreto. Lo scorso 25 maggio il Governo di Madrid ha assicurato, per decreto, una generosa tariffa elettrica incentivata per le centrali solari Csp fino a 50 megawatt: 26,9 centesimi di euro per chilowattora (quasi tre volte il prezzo di mercato) fissi per 25 anni. «Abbastanza per far partire i progetti con le tecnologie solari attuali – osserva Mark Geyer di Solar Paces, l'associazione mondiale del solare termodinamico – per ripagare gli investimenti e i finanziamenti. E soprattutto per avviare quella curva di apprendimento che, al 2020, dovrebbe far scendere il costo del chilowattora solare sotto la soglia magica dei dieci centesimi, competitiva con il gas e il carbone. A quella data gravati da una carbon tax o dal sequestro della CO2».

E la Spagna, con le sue grandi pianure meridionali a tassi di insolazione nord-africani, sta correndo: «Al ministero finora sono affluiti progetti per ben 4.100 megawatt complessivi, di cui 412 megawatt già approvati – spiega Almudena Carrasco della Red Electrica de Espana – una risposta ben superiore alle previsioni». Oggi si contano almeno 35 centrali solari in fase di avvio o di progetto, con una chiara concentrazione in Andalusia e in tutto il centro-sud spagnolo. «La maggiore concentrazione europea, e soltanto noi di Abengoa contiamo di investire due miliardi di euro in un sistema di quattro impianti a SanLucar-Siviglia da 131 megawatt complessivi – spiega Santiago Seage, presidente di Abengoa Solar – ma gli investimenti sono in moto in tutto il mondo. Ad oggi noi stimiamo progetti per 6 gigawatt complessivi (e 20 miliardi di euro) in Europa del Sud, Usa, Nordafrica e Medio Oriente. E presto si aggiungerà alla lista l'Asia, oltre alle prevedibili centrali australiane. E saranno in prima fila anche India e Cina».

Restiamo però al Mediterraneo. Marocco e Algeria sono già della partita. Il primo a Ain Ben Mathar, con un impianto ibrido solare Csp (20 megawatt) e gas a ciclo combinato da 470 megawatt. E i primi 183mila metri quadrati di specchi solari serviranno agli ingegneri marocchini per farsi le ossa, dal 2010 sulla nuova tecnologia. E poi replicarla per esportare in Europa, via interconnessione con la Spagna, elettricità pulita e a basso costo. Altrettanto, e forse anche di più, per l'Algeria. Qui è stata già avviata una tariffa incentivata (non lontana da quella spagnola) e il primo passo prevede un impianto solare-gas da 160 megawatt a Hassi r'Mel. «Ma in questo complesso gasiero al centro dell'Algeria contiamo di sviluppare un tecnopolo solare tra i primi al mondo: al 2015 – dice Tewfik Hasni, direttore generale di Neal (New Energy Algeria, nuova consociata di Sonatrach) – prevediamo un investimento da un miliardo di dollari per 500 megawatt diretti al mercato interno e al 2020 un salto a 18 miliardi di dollari con un obbiettivo di 6mila megawatt solari per esportare elettricità in Europa. E vogliamo fare di Hassi r'Mel un punto di eccellenza mondiale, anche per lo sviluppo di nuove tecnologie». «E quella algerina è oggi la scommessa più massiccia, forse persino superiore a quella spagnola», commenta Carlo Rubbia.

Questi i progetti operativi presentati alla tre giorni di Siviglia. Ma anche Tunisia, Libia e Egitto stanno muovendosi. Israele ha già due centrali solari in funzione (e vari aziende leader, tra cui Solel e Luz due) mentre negli Emirati, ad Abu Dhabi, è stata recentemente inaugurata una intera nuova università tecnica, il Masdar Institute of Technology, interamente dedicata alle rinnovabili e con apporti del Mit e dell'Imperial College.
Il sogno dell'integrazione elettrica-solare del Mediterraneo, oltre ai collegamenti già attivi (Spagna-Marocco) prevede poi, al 2010, altri dodici elettrodotti (in tecnologia a corrente continua ad alto voltaggio) di cui quattro cross-mediterranei. E la Terna ha già annunciato il collegamento dalla Sicilia a Tunisi. Ma a questi dovrebbero seguire connessioni dirette con la Libia e dalla Sardegna all'Algeria. Mentre dalle coste spagnole partirà un cavo fino ad Orano.
E via Turchia la rete ad alta potenza risalirà fino in Germania. «Obbiettivo: al 2050 almeno 80 gigawatt affluiranno in Europa da una ventina di siti solari sulle altre sponde – conclude Muller-Steinaghen –. E almeno il 15% del consumo elettrico europeo dovrà essere assicurato, via solare, a 5-7 centesimi per chilowattora. Non è questione di sogni, ma di sopravvivenza e di sostenibilità. Per entrambi. Dobbiamo mettere al lavoro il nuovo oro del deserto».

fonte: minambiente.it

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