mercoledì 9 settembre 2009

Nuovo paradigma Europa

Il futuro dell'Europa è condannato al declino se non interverrà una politica ambiziosa a rilevarne le sorti, che pare non essere contenuta nel piano quinquennale che Josè Manuel Barroso ha presentato ieri per la sua candidatura a ricoprire il prossimo mandato di presidente della Commissione.
Questo è il pensiero di Wolfgang Munchau, condirettore del Financial Times, pubblicato oggi sul sole 24 ore, che assume invece come sensata (anche se non esaustiva) la lista dei sei punti presentata dall'Istituto Brugel per portare l'Europa fuori dalla crisi e rilanciarne il ruolo come economia avanzata.

Nelle misure da adottare si parla di mantenere ancora le politiche di stimolo adottate dai vari paesi, per evitare la seconda coda della crisi, un piano quinquennale di crescita, superare i vincoli del patto di stabilità e di crescita e le strategie di medio termine, ampliare il coordinamento tra le politiche nazionali e garantire una rappresentanza esterna dei paesi dell'eurozona che andrebbe ampliata ai paesi che ancora non ne fanno parte.

Per adottare queste politiche servirebbe secondo Munchau, una leadership di cui l'Europa è carente così come appare priva di ambizione e d'immaginazione il piano quinquennale di Barroso.

Quindi in questa situazione contingente, scrive Munchau, «Eurolandia probabilmente sopravviverà, ma potrebbe logorarsi, a mano a mano che diminuiscono la crescita potenziale e il tenore di vita. L'Europa correva già il rischio di entrate a far parte della categoria dei luoghi irrilevanti ma piacevoli per viverci. Ora nemmeno la seconda parte è più garantita».

Un'analisi caustica cui consegue un altrettanto caustico giudizio sul futuro per il nostro continente che però non tiene minimamente conto del ruolo che l'Europa potrebbe assumere se continuasse sul percorso intrapreso per svolgere un ruolo di leadership nella lotta ai cambiamenti climatici, con la scelta della strategia del 20-20-20 adottata nel marzo 2007 e approvata a dicembre 2008 con il pacchetto clima energia.

Una strategia che si pone come obiettivi al 2020 di ridurre i gas ad effetto serra di almeno il 20% rispetto ai livelli del 1990 (del 30% se gli altri paesi sviluppati assumeranno impegni analoghi); incrementare l'uso delle energie rinnovabili giungendo ad una quota del 20% sul totale dei consumi di energia e diminuire il consumo di energia del 20% rispetto ai livelli previsti per il 2020 grazie ad una migliore efficienza energetica.

Obiettivi che potrebbero far assumere all'Europa un ruolo strategico non solo in vista del vertice di Copenhagen del prossimo dicembre in cui è auspicabile che venga raggiunto un accordo per il post Kyoto, il cui esito positivo non è ancora garantito nonostante le aperture da parte dei paesi emergenti, il nuovo approccio dell'amministrazione Obama e adesso anche del Giappone con l'annuncio del neo presidente Hatoyama dell'intenzione di dar seguito a quanto promesso in campagna elettorale di tagliare del 25% i gas serra (su base dati 1990) entro il 2020.

Ma il ruolo strategico dell'Europa andrebbe interpretato soprattutto alla luce delle nuove politiche adottate negli Usa di Barack Obama, per cominciare a delineare una politica economica a basso contenuto di carbonio e sempre più orientata alla sostenibilità.

Nella attuale situazione contemporanea in cui è emerso in maniera palese l'intreccio tra crisi ecologica, crisi climatica e crisi economica, e la incapacità dell'attuale modello di sviluppo di garantire un futuro stabile al pianeta e a chi lo abita, le misure necessarie a scongiurare un declino dovrebbero essere sì ambiziose e capaci d'immaginazione, ma per riscrivere una economia globale basata su diversi paradigmi e in cui non potrà più essere la crescita illimitata il totem cui ispirarsi, ma un'economia crescita che tenga conto dei limiti delle risorse, delle diseguaglianze con cui queste vengono utilizzate e della disparità tra chi detiene ricchezza in capitale naturale e chi lo sfrutta per garantire la propria ricchezza economica.

Il declino del tenore di vita, cui si riferisce il giornalista del FT, e cui potrebbe andare incontro Eurolandia è purtroppo lo spettro che si delinea per le economie ricche se questo modello non verrà rivisitato ma è già la cruda realtà per quei miliardi di poveri che già oggi, come scrive Ulrich Beck «riesce a inquietare la cattiva coscienza dei ricchi, e anche questo solo di rado».

fonte: greenreport.it

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