Anche le multinazionali che lottano contro il “climate change”, criticano i governi europei, come quello di Berlusconi, che non si adeguano alle normative Ue
Le multinazionali, che siedono spesso sul banco degli imputati, accusate d’inquinamento, possono invece contribuire al taglio della CO2 e dei gas tossici-nocivi responsabili del cambiamento climatico. Abbiamo dato qualche tempo fa la notizia che sotto l’egida dell’Onu si erano associate 55 multinazionali con l’eloquente sigla CCC, ovvero “Combat Climate Change”. Lars Josefsson, Presidente e CEO di Vattenfall (il 4° produttore e fornitore di energia elettrica in Europa) ha dichiarato, a nome delle multinazionali riunite nell’associazione, che il business può essere una soluzione concreta per bloccare il “climate change” e perciò occorre far “massa critica” e giungere compatti all’incontro a Poznan di metà dicembre sul clima, voluto dall’Onu in preparazione della convention di Copenaghen dell’anno prossimo.
Il CCC ritiene necessari i protocolli internazionali sul clima e che questi, più che un vincolo, costituiscano un’opportunità, convinto che dalla sollecitazione creata dai nuovi parametri ambientali, potrà prendere vita una spinta economica e dimostrarsi virtuosa per il futuro dell’industria e dei mercati.
Joseffson ha poi stigmatizzato l’inefficienza e i tempi lunghi con cui la politica affronta i temi suddetti e proprio per questo i vertici industriali dovranno mostrare le capacità di leadership e buon senso che fanno difetto ai politici.
Questa presa di posizione non lascia molto spazio alla fantasia e non è difficile scorgerci un’accusa alle titubanze di alcuni leader europei in merito all’approvazione del pacchetto clima-energia del piano “20-20-20” sottoscritto a Bruxelles dai paesi membri Ue. Tra le recalcitranti figure, anche il premier Berlusconi che ha valutato troppo onerosi i parametri imposti. Ma per il “Combat Climate Change”, supportato dal parere di altri analisti, non aderire al trattato europeo sul clima, vorrebbe dire pensare all’uovo oggi e non alla gallina domani. Quindi ritrovarsi a scontare pesantemente le mancate scelte in un futuro più o meno prossimo, non solo in termini ambientali, ma anche economici.
fonte: rinnovabili.it
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